Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Sognando il primo amore
Sognando il primo amore
Sognando il primo amore
E-book120 pagine1 ora

Sognando il primo amore

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

“Il primo amore non si scorda mai”, recita un noto proverbio.
E anche per le protagoniste di questi quattro lunghi racconti, il primo amore resta un sogno da custodire gelosamente nel cuore per tutta la vita, un ricordo a volte dolce a volte amaro, ma sempre legato agli anni incantati della prima giovinezza.
Un sogno da rimpiangere e magari sperare di tradurre nuovamente in realtà, come accade a Giovanna che, dopo una vita errabonda segnata da un grande dolore e molti amori sbagliati, ritorna al piccolo paese da cui era fuggita più di vent’anni prima, ragazzina ribelle e anticonformista, spinta dall’ansia verso l’indipendenza.
E come succede a Viviana, unica figlia di una coppia benestante e molto snob, il cui primo tenero amore era stato osteggiato dai genitori.
Un sogno che per una vita ha provocato rabbia e sofferenza a Carla nel momento in cui rammentava Ermanno, ragazzo ebreo da lei amato fin da quando era bambina. Un amore difficile, perché Ermanno, pur amandola, non era completamente suo, c’era nel suo cuore e nella sua mente qualcosa che egli amava assai più di lei.
Per Annesa è il sogno di una passione segreta e violenta vissuta tanti anni prima in una Sardegna aspra e dura, ancora quasi primordiale, e che affiora alla memoria nel momento più importante della sua vita portando finalmente la quiete.
Quattro storie che hanno per protagoniste donne molto diverse tra di loro, ma unite nel comune ricordo dell’esaltante scoperta dell’amore.
LinguaItaliano
Data di uscita27 mag 2013
ISBN9788867559770
Sognando il primo amore

Leggi altro di Silvana Sanna

Correlato a Sognando il primo amore

Ebook correlati

Racconti per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Sognando il primo amore

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Sognando il primo amore - Silvana Sanna

    MIRTO

    TORNANDO A CASA

    In cima alla salita, dopo l'ultima curva, apparve il bianco campanile che, nascosto in parte dalla folta vegetazione, dominava dall'alto della collina il paese sottostante.

    Giovanna percorse adagio l'ultimo tratto di strada tra le basse case, poi posteggiò l'auto in fondo alla scalinata che conduceva alla chiesa. La via, a quell'ora del tardo pomeriggio, era deserta: evidentemente gli uomini erano tutti sui campi e le donne in casa impegnate nelle solite faccende. Solo, davanti al piccolo bar della Società Agricola di Mutuo Soccorso, due uomini anziani erano seduti in silenzio su delle sedie di plastica e la osservarono incuriositi mentre scendeva dall'auto e cominciava a salire i primi gradini di pietra.

    L'aria era immobile e faceva ancora molto caldo. Giovanna che aveva iniziato baldanzosa la salita, dovette presto rallentare il passo.

    Non mi ricordavo che fosse così faticosa si disse fermandosi un attimo a sostare nel gradino più ampio che si trovava, lo sapeva bene, esattamente a metà della scala.

    Da ragazzina era capace di percorrere la scalinata di corsa quattro o cinque volte di fila e scalpitava spazientita quando, dovendo adattarsi al passo della nonna, era costretta a procedere adagio e a sostare spesso per aspettarla.

    - Eh, - diceva la nonna col fiato corto - sto diventando vecchia, questi beati gradini non finiscono più e mi fanno sempre più fatica, una volta o l'altra mi toccherà di rinunciare a venire in chiesa.

    Anche Giovanna aveva il respiro un po' affannoso nel momento in cui si ritrovò sull'ampio piazzale e con piacere accolse sul volto la lieve brezza che sempre spirava lassù e faceva muovere le foglie degli alti pioppi disposti sul limitare senza un ordine preciso.

    Si guardò attorno: tutto era esattamente come lo aveva lasciato. La facciata della chiesa era ugualmente scrostata, sul timpano triangolare l'affresco che raffigurava San Giorgio in procinto di uccidere il drago, ugualmente stinto e triste, persino gli alberi parevano aver arrestato la loro crescita... Unica novità due vasi con dei gerani fioriti ai lati della porta che conduceva alla canonica.

    Giovanna si avviò verso l'ingresso della chiesa e spinse il pesante portone di legno.

    La luce scarsa, venendo lei dal pieno sole, le impedì di distinguere con chiarezza l'interno ma dopo qualche istante poté vedere che sull'altare un giovane prete stava officiando Messa e una dozzina di donne, che si erano girate tutte a tempo ad osservarla al cigolio dell'uscio che aveva sottolineato il suo ingresso, erano sedute nei vecchi banchi di legno disposti in doppia fila nell'unica navata.

    La penombra era piacevolmente fresca, ma un odore inconfondibile ristagnava nell'aria. Un odore che lei ricordava bene, un misto di polvere e di paramenti di stoffa intaccati dall'umidità del luogo chiuso e mal areato, di fiori non più freschi, di... non avrebbe saputo dire di cos'altro ancora, ma l'odore di quella chiesa lo avrebbe riconosciuto tra mille altri con sicurezza.

    Avanzò adagio verso il corridoio centrale e si sedette nel secondo banco della fila di destra, proprio sotto la bacheca di San Giuseppe. Poi sorrise tra sé: le gambe l'avevano automaticamente portata al suo solito posto, quello che aveva occupato per tanti anni insieme alla nonna. Si accomodò sulla dura panca e senza volere la mano corse a esplorare il retro del bordo dello schienale del banco davanti, in cerca di qualcosa...

    Assurdo! pensò tra sé.

    Si sentiva addosso gli occhi dello sparuto gruppo di donne che ormai, lo sapeva per certo, seguivano la Messa con minor attenzione prese come erano a scrutarla per cercare di capire chi fosse. E infatti dopo qualche minuto, nel parlottare dietro di lei, riuscì a distinguere alcune frasi nello stretto dialetto piemontese:

    - Ma sì, l'è la nipote della Maddalena buonanima...

    - La sorella della Maria Rosa?

    - Proprio lei.

    - Maria Vergine com'è cambiata!

    - Eh, ormai sarà ben sopra i quaranta, aveva più o meno l'età della mia Mariuccia.

    - Son tanti di quegli anni che non si fa più vedere... Chissà se...

    Proprio tutto come allora pensò Giovanna.

    Smise di far caso alle parole sussurrate che le arrivavano dai banchi dietro di lei e prese a guardarsi attorno. Era tutto talmente uguale lì dentro a come lo aveva lasciato che le pareva fosse passato solo un giorno dall'ultima volta che aveva messo piede nella chiesa: ombre inquietanti e misteriose si annidavano ancora negli angoli scuri degli altari laterali, i quadri della via crucis ancora mostravano, in un’immobilità eterna che da bambina le procurava un doloroso disagio, l'orrore dei patimenti di Gesù... La Madonnina di gesso col mantello azzurro ormai stinto, ancora schiacciava la testa del serpente col piede nudo e gli occhi del Cristo in croce, sull'altare maggiore, la guardavano con la stessa quieta dolcezza. Le avevano sempre fatto impressione quegli occhi, le parevano vivi per la capacità che avevano di seguirla in ogni sua mossa.

    Quando la nonna le minacciava i castighi divini per il suo comportamento, lei non se ne lasciava impressionare: era sicura che quel Dio che la osservava con tanto amore la capisse e la perdonasse sempre.

    Fin da quando aveva sette anni Giovanna, essendo la maggiore delle due nipoti, aveva l'incarico di accompagnare in chiesa la nonna Lena, ormai anziana e malferma sulle gambe dopo una vita passata a sgobbare sui campi. E siccome al di là della devozione religiosa, queste sortite erano per la nonna l'unica occasione di svago e di incontro, non mancava mai di partecipare alle novene, ai tridui, alle sante quarant'ore, ai rosari, ai penitenziali, per non parlare dei funerali e dei vespri domenicali.

    Giovanna si sedeva rassegnata nel banco accanto a lei e, per sopportare la forzata immobilità, dondolava le gambe avanti e indietro, si arrotolava le trecce attorno alle dita o cercava di indovinare dall'odore che emanavano, che cosa avessero mangiato o fatto le vicine di banco prima di venire in chiesa: un pungente odore verde denotava che Teresina era andata a far l'erba per i conigli, ed era chiaro che una volta uscita dalla stalla la toelette della Pina era stata piuttosto sommaria, e di sicuro Fiorinda aveva cenato a pane e aglio... E intanto Giovanna masticava con energia la gomma americana, finché un pizzicotto della nonna, che sospendeva per un momento di sgranare la nera corona del rosario, la richiamava all'ordine:

    - Sta’ ferma con le gambe, non continuare a girarti indietro e smettila di masticare la ciuinga - sibilava irritata cercando lo sguardo delle donne sedute lì accanto con l'aria rassegnata di chi dice: E' toccata a noi e dobbiamo tenercela.

    Giovanna si toglieva con lenta ostentazione la gomma di bocca, poi la attaccava sotto il bordo dello schienale del banco davanti, in attesa di riprendersela, condita di polvere e a volte di un brandello di ragnatela, alla fine della funzione: solo al sabato aveva i soldi per comprarsi la gomma da masticare e dunque doveva farsela durare tutta la settimana, tanto che a casa, di notte, la teneva dentro un bicchiere in un dito di acqua zuccherata.

    Il tempo trascorso in chiesa era interminabile, specie la domenica pomeriggio al vespro, quando arrivavano fin lì gli schiamazzi dei maschi che giocavano a ce l'hai giù in basso, sulla piazza del municipio, e che le facevano realizzare la disgrazia di essere nata femmina e prima della sorella.

    Ma il disagio di dover accompagnare la nonna a tutte le funzioni non era niente confronto alla Messa grande della domenica, per la quale era d'obbligo bardarsi di tutto punto, col vestito buono della festa, fatto fare apposta dalla sartina del paese, che d'estate era corredato di gale e di pizzi e che le veniva imposto senza tenere conto della sua volontà e dei suoi gusti. Un vestito orrendo, uguale a quello di Maria Rosa, (la mamma aveva sempre avuto la mania di vestire le figlie allo stesso modo anche se tra loro c'erano cinque anni di differenza) che la sorella trovava delizioso ma che Giovanna odiava con tutto il cuore. E poi, si chiedeva, che senso aveva mettersi in ghingheri, (sua madre la domenica sfoggiava i suoi modesti gioielli), per andare a pregare un Dio che era nato e vissuto povero? Non era una contraddizione questa?

    - Io il vestito buono non me lo metto - si opponeva talvolta - sono sicura che Dio mi preferisce vestita da tutti i giorni!

    - Questa bambina mi farà morire - si lamentava la mamma - véstiti e non fare tante storie che per farvi fare bella figura mi costate un occhio...

    - Appunto, per fare bella figura con gli altri. A Dio non gliene frega niente di come sono vestita, anzi sono sicura che non è contento se vede che sprechiamo il denaro così.

    - Come sarebbe che sprechiamo il denaro? Con tutti i sacrifici che faccio per farvi stare al pari delle altre!

    - Ecco, allora non fare più i sacrifici e se ti avanzano i soldi invece di farmi un vestito regalali a poveri. Io ci scommetto che Dio quando ci vede entrare in casa sua tutte bardate e indorate, invece di ammirarci si arrabbia da matto.

    - Ma chi gliele metterà in testa queste idee? - si indignava la nonna - Sei una sfacciata, una ribelle, non sai nemmeno lontanamente che cosa vogliano dire la riconoscenza e la buona creanza! Il Signore ti castigherà per come rispondi a tua madre. Guarda tua sorella, lei sì che è buona e ubbidiente!

    Se Giovanna avesse potuto almeno fare il chierichetto, l'obbligo del vestito buono, che sarebbe sparito sotto la larga tunica banca coi bordi rossi, le avrebbe dato meno fastidio. Ma, allora, era una mansione riservata solo ai maschi che sapevano di essere dei privilegiati e se ne approfittavano. Specie Luigino che dall'altare la guardava beffardo e che all'Elevazione,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1