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Vorrei che il cielo fosse imparziale
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Vorrei che il cielo fosse imparziale
E-book210 pagine3 ore

Vorrei che il cielo fosse imparziale

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Info su questo ebook

Annalisa vive da anni nella sua tenuta, spersa nel cuore degli Abruzzi. Si è lasciata andare, ritrovandosi trasandata, grassa e soprattutto ‘sola’. Orfana di entrambi i genitori non si è mai sposata e, dopo un’infausta esperienza lavorativa post laurea vissuta a Roma, si è chiusa in una sorta di autosufficienza esistenziale dalla quale non intende assolutamente uscire. Ci penseranno Gemma e i suoi amici a risvegliarla, giovani musicisti girovaghi che giunti per caso una sera a casa sua, nel bene e nel male la sproneranno e accompagneranno in una difficile ricerca interiore. Il terremoto dell’Abruzzo, l’alcolismo e una naturale inclinazione di Annalisa all’autocommiserazione, non basteranno a fermarla nella riscoperta di se stessa. Una prova ostica di vita, che non mancherà di assumere connotati drammatici… fino all’inatteso finale.
LinguaItaliano
Data di uscita4 dic 2011
ISBN9788896086292
Vorrei che il cielo fosse imparziale

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    Anteprima del libro

    Vorrei che il cielo fosse imparziale - Vito Introna

    Edizioni DIVERSA SINTONIA
    Collana: Narrativa/essenza
    09

    -

    Vito Introna
    VORREI CHE IL CIELO FOSSE IMPARZIALE
    Romanzo

    E-BOOK

    EPUB version

    -

    Impianto grafico, editing e impaginazione

    by EDS & DOMIST

    Copertina:

    Confliggenza di Paolo Casadei

    grafica di Marco Melone

    -

    ISBN: 978-88-96086-30-8

    Pubblicato in formato elettronico

    previo contratto dell’autore con

    www.edizionidiversasintonia.it

    Copyright © 2011 Vito Introna

    Tutti i diritti riservati

    -

    Edizione cartacea originale © 2010 Vito Introna

    ISBN: 978-88-96086-08-7

    -

    Edizioni DIVERSA SINTONIA © 2011

    -

    Vito Introna

    VORREI CHE IL CIELO

    FOSSE IMPARZIALE

    -

    Edizioni DIVERSA SINTONIA

    -

    Ad Anna e Gabriella,
    inconsce ispiratrici di molte pagine.
    A zio Gino,
    venutomi a mancare troppo presto.

    -

    I

    Il grano fresco di semina prosperava lento, sotto l’incerto sole autunnale.

    La provincia di Teramo non è famosa per la rimuneratività delle sue coltivazioni, ma ad Annalisa questo non interessava. Non era soltanto da quei cinque e più ettari di terra semi-esausta, coltivata a grano rachitico, che traeva il suo sostentamento. La trentottenne Annalisa misurava un metro e sessantanove per una buona ottantina di chilogrammi di peso, era bruna e a detta di molti, dotata di un bel viso mediterraneo. Laureata in economia, aveva tentato il salto di qualità spedendo curricula a dritta e a manca per oltre un biennio, prima di prendere atto della realtà lavorativa dell’epoca.

    Poche le offerte ricevute, tutte sul genere vendita a porta a porta, operatore finanziario a provvigione o addirittura telelavoro. La grande impresa di Milano, Roma, Treviso o Torino pescava i neolaureati direttamente nel proprio indotto e la sua candidatura era stata rapidissimamente cestinata. Giunta all’età di trentasei anni senza ancora avere arte né parte, di seguito a un’inguaribile malattia contratta da sua madre, era rientrata ad aiutare il padre nella gestione dell’azienda agricola di famiglia.

    Deposte definitivamente le speranze di una carriera da ‘telefilm americano’, si era lasciata andare in quel faticoso e snervante tran tran poco bucolico e per niente poetico che pure conosceva, da quanto aveva aperto gli occhi sul letto dei suoi genitori, tanti anni addietro. Non era incline ad abbandonarsi alla disperazione, per quanto intimamente sola; sebbene si sforzasse di non pensarci, a volte nel suo intimo occhieggiava bieca la solitudine.

    Dopo essersi laureata aveva intrattenuto alcune avventure sentimentali saltuarie, non permettendo a nessuno di entrare stabilmente nella sua vita, convinta com’era che se non quell’oggi, l’indomani al telefono l’avrebbe contattata la voce che avrebbe dato un senso alla sua vita e magari introdotta nel mondo opulento della grande impresa, da lei idealizzato senza alcuna esperienza diretta.

    Era vissuta a Roma per gli anni successivi alla laurea, praticando svogliatamente il tirocinio da dottoressa commercialista e insistendo nella ricerca di un lavoro serio e remunerativo che l’affrancasse dall’assegno mensile somministratole dai genitori. Essendo d’aspetto gradevole, si riteneva una candidata non disprezzabile per tante ditte in cerca di forze fresche da inserire in organico e perciò frequentava una palestra di spinning per tenere a bada la sua atavica tendenza a ingrassare. Aveva rinnovato gradualmente il suo guardaroba da adolescente, con vestiti di taglio vagamente manageriale e dal gusto discutibile. Purtroppo però le sue autocandidature erano state tutte cestinate in blocco, e dopo anni d’attesa la famiglia s’era stufata di mantenerla a Roma.

    La bocciatura all’esame di stato da commercialista assestò alle sue velleità un colpo di grazia non meno decisivo della malattia della madre, riportandola al poco rimpianto focolare domestico.

    In realtà l’insuccesso di Annalisa risiedeva in una sua trascorsa leggerezza piuttosto che nella semplice sfortuna, la mancanza di conoscenze o la scarsa attitudine all’auto-marketing. Poco prima di laurearsi difatti, aveva preso a frequentare un giovane intellettuale anch’egli studente fuori sede. Si chiamava Fabrizio e proveniva da Reggio Calabria. Di famiglia ricca, era piuttosto posato e un po’ noioso, per quanto alto, stempiato e di aspetto gradevole.

    La loro relazione sfociò presto in timidi amplessi giovanili, pudichi e sdolcinati, sembravano fatti l’uno per l’altra. Questo ciò che pensavano le due coinquiline di Annalisa, vedendo ogni sera Fabrizio sgattaiolare in casa loro e poi infilarsi nella sua stanza. A notte fonda sentivano i suoi passi nel corridoio, segno che se ne andava. Il tutto ripetuto ogni santo giorno, per quasi due anni.

    Lui le era stato vicino durante il periodo di tensione che precedette l’esame di laurea, aiutandola anche a ribattere al computer la tesi dopo le correzioni dell’ultima ora apposte dal docente relatore. Tuttavia il giorno dell’esame Annalisa non se la sentì di presentarlo ai familiari, se non in qualità di semplice collega.

    Fabrizio non la prese a male, in fondo nemmeno lui le aveva mai presentato i suoi genitori, né tanto meno invitata a Reggio, dove pure di tanto in tanto tornava.

    Se però lui era fiducioso sull’andamento del loro rapporto, l’idea di Annalisa era assai differente. Lei sperava di tirare avanti per ancora qualche tempo in quella storia dolce e sessualmente valida quanto monotona e soffocante, e spiccare poi il volo verso lidi più gioiosi. Di lì a poco incominciò a frequentare un grande studio di commercialisti e revisori per espletare il tirocinio.

    In quello studio, nonostante un sensibile grado di stress e depressione diffusi, strinse amicizia con una ragazza tarantina fuori sede. Sabrina, questo il nome della collega di tirocinio. Era avvenente e spigliata, quasi sempre scollata e in minigonna, rideva facilmente a qualsiasi fesseria le fosse stata raccontata e, per quanto sul lavoro dimostrasse spesso di essere pronta e sveglia, brillava soprattutto per l’elevatissimo numero di frequentazioni extra lavorative con i colleghi uomini, che lei per prima non si curava minimamente di nascondere.

    Annalisa non era molto attratta dallo stile di vita ostentato da Sabrina, sebbene di suo da contrapporre a tanta mondanità non avesse altro che la bigia quotidianità di Fabrizio, per il quale una pizza con lei e una coppia di colleghi di sabato sera e il derby Catania-Reggina in TV come leit motiv della serata, costituivano la massima apertura concessa alla socializzazione.

    Una sera Sabrina si approssimò alla sua scrivania e le chiese di accompagnarla a una festa poco fuori città; Annalisa, che non attendeva altro, disse di sì incondizionatamente, senza nemmeno informarsi sul cosa avesse tanto repentinamente accettato. Telefonò a Fabrizio e con secca determinazione gli chiese di non passare da lei quella sera, poiché si sarebbe trattenuta fino a tardi a casa di colleghi.

    - E’ una festa tra noi, non sono invitati i partner. Non essere pesante! - concluse lei di fronte alle sue rimostranze.

    Spense il cellulare per evitare piazzate telefoniche e corse a casa a farsi bella, per piacere ai fantomatici personaggi che sperava d’incontrare quella sera.

    Poco prima delle dieci scese nel portone ad aspettare Sabrina, che sarebbe passata a prenderla per quell’ora. Circa un quarto d’ora più tardi, mentre iniziava a spazientirsi, un grosso SUV accostò al marciapiede davanti al portone. Sabrina si sporse dal finestrino del passeggero anteriore e le fece cenno di salire in auto.

    Alla guida del fuoristrada sedeva un elegante uomo sui quaranta. Sul sedile posteriore l’attendeva un signore brizzolato prossimo alla cinquantina, anch’egli ben vestito e d’aspetto non propriamente gradevole. Esterrefatta da quella duplice conoscenza, Annalisa rispose svogliatamente alle domande del tipo seduto al suo fianco, un odontoiatra romano separato da poco. Quell’uomo fumava come una ciminiera e di primo acchito le parve esaurito e indigeribile... Sabrina pensava forse di appiopparglielo per quella sera?

    L’auto intanto, imboccata la Tiburtina aveva presto superato il raccordo anulare, per immergersi poi nella campagna orientale di Roma fino a raggiungere una gran villa isolata, illuminata a festa.

    L’aria era ancora tiepida, l’inverno non si era ancora fatto sentire, nel cortile una moltitudine di persone s’accalcava promiscuamente ai tavoli dei cocktail. Scesa dall’auto finalmente Annalisa poté trarre un sospiro di sollievo, contenta di non essere ancora costretta ad ascoltare le cantilenanti vicende post separazione di quel tipo. Lui in piedi aveva un aspetto ancor più ripugnante, non molto alto e curvo, con occhi spiritati tipici di chi da tempo è soggetto agli ansiolitici.

    Dal canto suo il cavaliere di Sabrina non sembrava un Adone, per quanto fosse più alto e presentabile era comunque decisamente grasso, di modi rozzi e maldestri. Era un costruttore edile, single per scelta – scelta di chi? pensò lei – e cercava l’anima gemella perché... la vita incomincia a quarant’anni!

    I due uomini le condussero al centro del cortile, dove incominciarono a presentarle ad alcune persone. Si trattava di molti uomini e poche donne, quasi tutti d’età avanzata anche se, seduti sulle panchine o a passeggio là intorno, ogni tanto spiccava qualche gruppetto di trentenni.

    Quella sera Annalisa s’annoiò mortalmente, la gente era chiusa e distante e voglia di rompere il ghiaccio pareva averne soltanto lei. Sabrina sparì da subito, lasciandola in compagnia di un angelo azzurro. Era facile intuire cosa stesse facendo, meno con chi, considerato che i due accompagnatori le si erano seduti di fronte e cercavano a turno d’incrociare il suo sguardo, sperando in una sua improvvisa apertura.

    A un certo punto pensò di sganciarsi e s’alzò in cerca del bagno. Uno dei camerieri le indicò l’ingresso principale della villa, spiegandole che per trovarlo avrebbe dovuto percorrere un piccolo corridoio, in fondo a destra.

    -

    L’uomo che dall’ombra l’afferrò alle spalle immobilizzandola, la fece quasi morire di spavento. Fu trascinata con poco sforzo all’interno della villa e, con una mano premuta sulla bocca, deposta su di un tappeto.

    -

    Nel buio l’uomo l’aveva poi abbracciata, baciata e posseduta completamente.

    Avrebbe dovuto lottare e scappare via urlando terrorizzata, mettere a soqquadro la villa e telefonare di volata ai Carabinieri. Al contrario, quell’amplesso estortole con forza le era piaciuto ben più della sessualità quotidiana che praticava con Fabrizio. Cercò il bagno per ricomporsi e, trovatolo, finalmente poté accendere la luce e verificare se avesse riportato danni dall’aggressione. S’aggiustò il vestito, si pettinò i capelli e lavò via dall’intimo il ricordo del suo violentatore. Chissà chi era stato, sembrava un uomo adulto di media corporatura, a parte una sagoma oscura non ne ricordava alcun particolare, salvo un vago sentore di dopobarba.

    Tornò in giardino come se nulla fosse accaduto e con la testa fra le nuvole. Era stato bello, aveva goduto immensamente, un’esperienza così folle non l’aveva mai provata.

    L’appagamento sessuale di quella sera la fece deragliare dai binari della normalità, questo è certo, di norma è improbabile che una ragazza per bene reagisca in modo così atipico a una sudicia violenza sessuale. Quel fugace amplesso animalesco in realtà la segnò profondamente, né riuscì mai a liberarsi da quell’insieme di ricordi contraddittori: paura, rabbia, calore, dolcezza, felicità. Il suo pensiero ritornava spesso a quella follia di una notte, a tutti i guai che da quel giorno in poi le piovvero addosso a cascata, fino a piegarla all’ineluttabile.

    La festa convogliò al noioso appartarsi di alcune coppie mentre gli uomini rimasti soli diradarono gradualmente. Sabrina verso l’una di notte ricomparve con gli occhi a mezz’asta e una risata isterica tirata sulle labbra.

    Al rientro a casa Annalisa, che aveva evitato di commentare la serata con l’amica, rifiutò lo scambio dei cellulari all’inopportuno accompagnatore e si fiondò a letto; dormì profondamente per tredici ore.

    L’indomani Fabrizio, preoccupatissimo per aver trovato il suo cellulare ancora spento, fece irruzione nella sua stanza e la trovò ancora profondamente addormentata quando ormai mezzogiorno era scoccato da un pezzo.

    Annalisa, svegliata di soprassalto dal fidanzato, si tirò su e urlò come mai aveva urlato in vita sua. - Tu mi soffochi, mi asfissi, non sai darmi nulla di nulla! Ieri sera sono andata a una festa frequentata da gente meravigliosa, mentre con te non ci sarei andata mai e poi mai. Mi annoi, ora mi rompi i coglioni anche mentre dormo, basta! Fabrizio va via, io non ti amo più!

    Fabrizio si vide crollare il mondo addosso e disperato tentò di farla ragionare, addebitando l’incredibile accesso d’ira di lei a qualche bicchiere di troppo. Forse anche il poco alcol da lei bevuto la sera prima giocò il suo ruolo, va da sé che Annalisa ruppe ogni argine e glielo disse tra i denti: - Fabrizio, ieri mi ha presa un altro uomo. Io non lo volevo, mi sono anche opposta ma poi è stato bello, molto di più delle centinaia di volte in cui l’ho fatto con te. Perdonami ma non ti amo più!

    Il giovane barcollò per un attimo, sentì le forze venirgli meno... poi le assestò un fortissimo schiaffo in viso, infilò la porta e scomparve. Per sempre.

    Annalisa aveva corteggiato per breve tempo Sabrina, sperando che la introducesse in altri giri altolocati, nella recondita speranza di rintracciare il suo seduttore. La collega però non amava caricarsi gente né dividere il suo mondo con nessun altro, e i suoi inviti furono pochi e svogliati. Le ultime tre o quattro feste hit alle quali partecipò si rivelarono dei flop tremendi, nessun incontro particolare, pochi corteggiatori e tutti ben al di sopra dei quaranta, un timido tiro di cocaina sufficiente a mandarla di gran carriera all’ospedale e punto. Dopo aver creato scompiglio nella villa di un noto politico centrista per via del suo malore post cocaina, si rese conto di essere stata espulsa da quel giro e in cuor suo se ne dispiacque ben poco. Lui non l’avrebbe più ritrovato e forse era meglio così.

    Era già una donna, aveva voluto vivere per un po’ da ragazza leggera ma i panni della puttanella incominciavano ad andarle stretti, doveva rivoltare pagina. Alla fine sostenne l’esame di stato per il conseguimento dell’abilitazione senza riuscire a superarlo, negli ultimi tempi oltretutto aveva trascorso le sue serate leggendo riviste di moda o semplicemente oziando, persa nelle sue fantasticherie senza impegnarsi più di tanto sui libri.

    Tentò in ogni modo di trovare un’occupazione lavorativa al fine di affrancarsi un po’ dall’assegno mensile che le spedivano i genitori, e fu proprio in quei frangenti che il destino calò improvviso e violento. Recatasi a un colloquio di lavoro con un selezionatore di una grande agenzia di recruiting, a sorpresa si ritrovò di fronte Fabrizio. Il suo ex fidanzato era leggermente ingrassato, vestiva con maggiore eleganza e sfoggiava un’impegnativa barba a collare. I suoi occhi erano di ghiaccio, come nel giorno del fattaccio, poco più di due anni prima. La salutò meccanicamente e, dandole del lei, incominciò a chiederle delucidazioni sulle esperienze lavorative da lei elencate nel curriculum.

    Erano quasi tutte false e lui lo sapeva perfettamente.

    Malignamente le chiese di esibire l’attestato di superamento dell’esame di stato che lei aveva scontatamente ritenuto acquisito, inviando in giro molti curricula prima d’apprendere della sua bocciatura.

    - Vorrebbe poi chiarirmi in cosa è consistita questa esperienza di amministratrice unica nell’azienda di famiglia? Che genere d’azienda gestisce la sua famiglia, come mai non lo ha specificato?

    Già, mettere in colonna qualche partita doppia sugli incassi della vendita delle ciliegie e dell’ortofrutta non è propriamente un’esperienza rivendibile nel terziario.

    - Fabrizio, perdonami se sono stata così stronza con te... lo giuro, non intendevo farti soffrire. Non so cosa mi prese allora e se rivivessi cento volte non lo rifarei mai più, a te e a nessun altro. Credimi, sono affranta per quanto è successo e per come mi sono comportata con te.

    Purtroppo per lei, Fabrizio poggiò le mani sulla scrivania di noce e mostrò una brillante fedina all’anulare.

    - Troppo tardi come vedi. Dopo un bimestre di insonnia e di depressione, quando mi piovevano addosso voci assurde sulle tue partecipazioni ai coca party del venerdì e mi sentivo l’uomo più coglione e inutile della terra, ebbene... allora mi è capitato quello che in genere succede solo in TV. Mentre andavo in giro per la spesa, da un balcone mi è caduta addosso della biancheria. Mi sono chinato per raccoglierla e...

    - Io sono contenta per te Fabrizio, meritavi una donna migliore di me, e se ora sei felice... io lo sono ancora di più.

    - Molto bene, ma adesso veniamo a noi: le esperienze che citi nel curriculum non sono compatibili con nessuna posizione attualmente ricercata. Ti consiglio di sopprimere l’inciso ‘Abilitata all’esercizio della professione di dottore commercialista’. Torna da noi l’anno prossimo se riuscirai a superare l’esame. Questo è tutto. Ora se per favore puoi lasciarmi, devo sostenere altri otto colloqui con giovani laureati.

    Questo fu il brusco commiato che le concesse il suo ex fidanzato.

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