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Archivio Storico della Calabria - Nuova Serie - Anno I. Numero 1
Archivio Storico della Calabria - Nuova Serie - Anno I. Numero 1
Archivio Storico della Calabria - Nuova Serie - Anno I. Numero 1
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Archivio Storico della Calabria - Nuova Serie - Anno I. Numero 1

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ARCHIVIO STORICO DELLA CALABRIA NUOVA SERIE A CURA DI GIOVANNI PITITTO

Direttori: Giovanni Pititto, Saverio Di Bella, Walter Pellegrini.
Continuazione dell’Archivio Storico della Calabria, fondato e diretto da Francesco Pititto e da Hettore Capialbi, già edito in Mileto (1912 - 1918).
ANNO I (2012)
Numero 1

Sommario

SEZIONE I-II. NAPOLEONICA. CALABRIA. BATTAGLIA DI MILETO (1807). PRIMA PARTE: LE FONTI.

SEZIONE III - IL REGNO.

- Archeologia Medievale.
- Calabria: Bivona - Vibona.
- Calabria: Mileto.
- Mattia Preti.
- Monumenti Italia Meridionale.
- Murat. Gioacchino Murat.
- Napoli Museo Archeologico.
- Orsi. Palo Orsi.
- San Leucio.

APPENDICI - LE ARTI

- Alloati. Scultura.
- Bach. Figura ed opera.
- Calzabigi a Napoli. 1794.
- Estetica musicale.
- Gauguin. Pittura.
- Gluck. Orfeo ed Euridice.
- Preti. Mattia Preti (II).

SEZIONE IV - SEZIONE BIBLIOGRAFICA.
APPARATI E NOTE
LinguaItaliano
Data di uscita18 gen 2013
ISBN9788881019731
Archivio Storico della Calabria - Nuova Serie - Anno I. Numero 1

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    Anteprima del libro

    Archivio Storico della Calabria - Nuova Serie - Anno I. Numero 1 - Giovanni Pititto

    ARCHIVIO STORICO DELLA CALABRIA - NUOVA SERIE

    ANNO I (2012)

    ARCHIVIO STORICO DELLA CALABRIA

    NUOVA SERIE

    A CURA DI GIOVANNI PITITTO

    Direttori

    Giovanni Pititto

    Saverio Di Bella

    Walter Pellegrini

    Continuazione dell'Archivio Storico della Calabria, fondato e diretto da Francesco Pititto e da Hettore Capialbi; già edito in Mileto (1912 - 1918)

    ANNO I

    (2012)

    Numero 1

    Colophon

    Proprietà letteraria riservata.

    © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy

    Pubblicato in forma di Epub in Italia nel mese di settembre 2012 per conto di

    Pellegrini Editore

    Via De Rada, 67/c

    87100 Cosenza

    Tel. 0984 795065

    Fax 0984 792672

    Sito internet : www.pellegrinieditore.it

    E-mail : info@pellegrinieditore.it

    Progetto E-book a cura di Giovanni Pititto.

    Realizzazione E-book / E-pub a cura di Marta Pellegrini.

    Validazione a cura di E-text.

    Registrazione C.N.R. - ISSN: 2281-1109

    ISBN: 978-88-8101-973-1

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi.

    Copertina: Ideazione, progetto grafico e realizzazione di Giovanni Pititto con la collaborazione di Riccardo Crema web designer. Dall'alto verso il basso in senso orario:

    Liotard, Arciduchessa Maria Carolina d'Asburgo-Lorena

    Mioll, Dolente, Wien, Kaisergrufte

    Principe Luigi Hesse-Philippsthal, Capitano Generale

    Antonio Canova, Ferdinando IV

    Maria Carolina, regina

    Antonio Canova, Napoleone

    Al centro: G. A. Cacciatore, Orazione Funerale in onore dei Caduti a Mileto nella Battaglia del 1807.

    ASC - NS, NUMERO 1

    Sommario 

    SEZIONE I

    PITITTO. Giovanni Pititto, Corrispondenza con un uomo di studio e lettere ad un ecclesiastico. Francesco mons. Pititto (Mileto, 31 gennaio 1879 – Ivi, 29 dicembre 1963), fondatore dellʼArchivio Storico della Calabria. 

    PITITTO. Giovanni Pititto, Battaglia di Mileto. Fonti. Sviluppi. Correlazioni. 

    SEZIONE II

    DI BELLA. Saverio Di Bella, La Battaglia di Mileto. Introduzione. 

    PITITTO. Francesco Pititto, La Battaglia di Mileto. 

    - Capitolo primo. Avvenimenti anteriori alla battaglia. 

    - Capitolo secondo. Spedizione in Calabria.

    - Capitolo terzo. La battaglia. 

    - Documenti. 

    SEZIONE III

    APPENDICE I

    VERDILE. Nadia Verdile, Tra leggi illuminate e lettere private: il 1789 di Maria Carolina d’Asburgo. 2008. 

    APPENDICE II

    CIMAGLIA. Natale Maria Cimaglia, Della natura e sorte della badia della SS. Trinità e S. Angelo di Mileto,  1762, Napoli. 

    CARAFA. Giuseppe Maria Carafa (vescovo di Mileto), Difesa del vescovo di Mileto e del Collegio de’ Greci contro un’Istanza Fiscale,  ed una Scrittura stampata col titolo di Dimostrazione del Padronato della Real Corona sulla Chiesa e Badia della Trinità di Mileto. [1769] 

    DE MARCO.  Carlo De Marco, ministro real casa. Napoli, Palazzo. 1794, maggio 28. Ordine regio trasporto epigrafe Tempio di Proserpina, da Mileto Antica diruta a Napoli. 

    SALAZARO. Demetrio Salazaro, Studi sui Monumenti della Italia meridionale dal IV al XIII secolo, parte I, Napoli, 1871. 

    CAPIALBI. Hettore Capialbi. Recensione a: Fra' Mattia Preti nel suo terzo centenario (1613-1913). Discorso di monsignor Carmelo Pujia, arcivescovo di Santa Severina con vari documenti storici. (Tip. Pont. Artig. 1913). 

    PITITTO. Francesco Pititto, recensione a: P(aolo) Orsi, Di una iscrizione in lingua brezzia, Napoli, 1913, in-8°, pp. 10 (Estratto dal periodico  Neapolis, anno I, fasc. II.

    CAPIALBI. Hettore Capialbi, Il Re Gioacchino Murat (in Archivio Storico della Calabria – edito a cura di Francesco Pititto ed Hettore Capialbi, A. III (1915), Fasc. I-II, pp. 155-173). 

    CORTI. Maria Corti, La Napoli angioina di Francesco Sabatini. (1975). 

    IANNELLI. Maria Teresa Iannelli, Presentazione di: Antonio Montesanti, Tra Mare e Terra, Roma, Edizioni Fegica, 1999.  

    PITITTO. Giovanni Pititto, Recensione a: Lucilla De Lachenal, Spolia. 2000. 

    PITITTO. Giovanni Pititto. Abbazia di San Michele Arcangelo e della SS.ma Trinità di  Mileto. Fonti. Diplomatico. Regesti. Schede trascrittive ed elaborazioni a cura di Giovanni Pititto. 2001. (Prima parte). 

    APPENDICE III

    LE ARTI

    LEGRAND. Gèrard Legrand, Gauguin (In Le Arti, A. XVI, N.5 (Maggio 1966), pagg. 4-9).

    SALVINI. Roberto Salvini, La scultura di Alloati, (In Le Arti, A. XVI, N.5 (Maggio 1966), pag. 22).

    THEA. Paolo Thea, La spada di Mattia Preti

    CARUSELLI. Giovanni Caruselli, Bach

    CAROSOTTI. Giovanni Carosotti, Estetica d’avanguardia e ricerca musicale: per la formazione di un ascolto critico.  

    CANDIANI. Rosy Candiani, L'intellettuale censurato: Calzabigi e l’Elvira a Napoli nel 1794.

    PITITTO. Giovanni Pititto, Κατάβασις: Orfeo ed Euridice

    - Fonti epigrafiche e letterarie. 

    - Orfeo ed Euridice: il Mito. 

    - Apparati. 

    E. a. L. (a cura di), Κατάβασις: Orfeo ed Euridice. Euridice nella Contemporaneità. Sguardi Incrociati. Molecole del Sentire. Il Mito di Euridice nella Contemporaneità. Vibrazioni di una Naumachìa dell'Anima. 

    - Alda Merini: La Presenza di Orfeo.

    SEZIONE IV

    SEZIONE BIBLIOGRAFICA. PARTE PRIMA: 

    - Appendici 

    - Addenda - Note bio-bibliografiche:

    - CANDIANI. Rosy Candiani.

    - CARAFA. Giuseppe Maria Carafa. 

    - CIMAGLIA. Natale Maria Cimaglia. 

    SEZIONE BIBLIOGRAFICA. PARTE SECONDA: 

    - Schede bibliografiche a cura di Annamaria Cirillo. 

    APPARATI E NOTE

    Presentazione

    Mileto, 28 maggio 1807: si scontrano l'esercito francese guidato dal Reynier, uno dei più brillanti generali di Napoleone imperatore, e l'esercito napoletano del re Ferdinando IV di Borbone, guidato dal principe d'Assia-Philippsthal.

    Le armate napoleoniche, dopo l'invasione del Regno di Napoli avvenuta nel 1806, tendono a conquistare e controllarne il territorio.

    Le truppe napoletane, dopo un primo sbandamento – sconfitta di Campotenese (10 marzo 1806) – si sono riorganizzate anche con l'aiuto degli inglesi.

    Per di più l'opposizione popolare alle armate napoleoniche si manifesta in Calabria con azioni di guerriglia spietata e con la rivolta di numerose città e villaggi.

    Per i francesi il controllo del napoletano e, in particolare, della Calabria, si presenta perciò difficile. In questo contesto le armate francesi sono state sconfitte a Maida (7 luglio 1806) da un esercito anglo-napoletano guidato dal generale Stuart.

    E' per questo che la battaglia di Mileto si profila per i contemporanei come determinante: Napoleone deve decidere se proseguire l'impresa di conquistare col Regno di napoli la Sicilia e quindi proiettarsi verso il dominio del Mediterraneo, o interrompere il progetto.

    La battaglia è cruentissima e si sviluppa per ore lungo le pendici e i valloni che separano Mileto dai comuni di Ionadi e Filandari e da Vibo Valentia, allora Monteleone, da dove mosse l'esercito francese alle quattro di mattina di quel 28 maggio.

    Lo scontro si sviluppa anche all'interno della città di Mileto e coinvolge la popolazione.

    L'esercito napoletano è costretto alla ritirata verso Rosarno e Reggio Calabria lasciando sul campo migliaia di morti.

    La guerriglia indomabile, la sconfitta di Maida, il prezzo cruento della vittoria delle truppe francesi a Mileto spingono Napoleone a rinunciare alla Sicilia e al sogno imperiale di diventare Maitre de la Mediterranée.

    Il libro di Francesco Pititto, La Battaglia di Mileto, viene rivisitato dagli scritti di Saverio Di Bella, Giovanni Pititto, Massimo Zanca che svelano retroscena inimmaginabili della battaglia.

    Campotenese, 10 marzo 1806; Maida, 7 luglio 1806 e Mileto 28 maggio 1807: l'illusione del destino esige un prezzo straordinariamente pesante e quando gli storici fanno i conti con le ricorrenze hanno il dovere di rendere noto il punto di vista che scelgono, le risposte concrete e ideali a domande ideali e non solo storiche.

    Con quale animo e con quale aspettative, con quale criterio infine ricostruiamo quelle drammatiche lacerazioni, quelle guerre civili feroci, quegli scontri spietati nei quali uomini e cose – villaggi, donne, bambini – erano immersi nell'orrore, distrutti e annientati dalle contrapposte passioni, divorati dall'odio di parte, infiammati dall'amore per la propria causa?

    I posteri sappiano infatti che i «calunniati sol perché sono stati infelici» non sono soltanto i vinti della prima ora, i generosi e impavidi martiri della Repubblica Partenopea.

    La stessa sorte, quasi una nemesi storica implacabile, sarebbe stata riservata agli strenui difensori della monarchia borbonica quando era evidente l'inutilità del sacrificio per l'inevitabile definitivo tracollo della stessa.

    E la stessa sorte toccò ai contadini in armi dell'una e dell'altra parte: blanditi e armati, coccolati ed esaltati quando il loro coraggio e la loro furia erano un patrimonio guerriero indispensabile per la vittoria e bollati come briganti non appena, cessato il pericolo, riemergeva il loro sogno di terra, la loro sete di libertà.

    Libertà della fame, sogno di campagne senza padroni. Sogni proibiti. Proibiti durante la Partenopea, sotto Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, sotto i Borboni, sotto i Savoia...

    È anche per rendere giustizia a quei ribelli contadini che la prospettiva storica si modifica e i tempi della storia si ripensano e si rifanno le cronologie di base.

    Perché la verità storica testimonia che quel sogno di libertà e quella fame di terra avrebbero avuto una risposta solo con la Repubblica.

    Solo allora la sovranità popolare sarebbe stata riconosciuta e sancita e solo con il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 e l'entrata in vigore della Costituzione il 1° gennaio 1948 le guerre civili si chiudono in Italia e nel Mezzogiorno.

    Giacobini e Sanfedisti, borbonici e unitari, sabaudi e repubblicani sono tutti consegnati a una dimensione che ormai ne può raccontare le storie e le motivazioni, le gesta e la ferocia nella consapevolezza che le scelte di ciascuno di loro furono il frutto di ragioni e passioni per le quali vivere, uccidere, morire per dare al futuro un volto che ne rispecchiasse le speranze.

    Noi siamo comunque eredi e figli di quella storia.

    E, come capita, però somigliamo, stranamente per alcuni, ma con logica storicamente ferrea agli uni e agli altri come testimonia ancora il giudizio partigiano di chi cerca i padri lontani dimenticando che i padri di un popolo sono tutti gli antenati di quel popolo.

    Vanno cercati perciò gli esempi non i padri, i valori, non gli schieramenti all'interno dei quali furono storicamente espressi.

    E va riconosciuta la coerenza e il valore di chi appartenne agli sconfitti del momento, poiché si può vincere nel futuro e perché la grandezza di una vittoria si misura sul valore dei vinti con una ulteriore precisazione: la storia non racconta e non valuta solo gli aspetti militari di una guerra.

    Soprattutto quando la guerra è una guerra civile.

    Il bilancio finale e gli esiti delle guerre sono complessi e vincitori e vinti creano il futuro.

    Noi siamo il Futuro di quelle guerre.

    Saverio Di Bella

    Sezione I

    PITITTO. Giovanni Pititto, Corrispondenza con un uomo di studio e lettere ad un ecclesiastico. Francesco mons. Pititto (Mileto, 31 gennaio 1879 – Ivi, 29 dicembre 1963), fondatore dell'Archivio Storico della Calabria.

    [1]

    (di Giovanni Pititto)

    ||141||

    Onorato al delineare alcune brevi note sulla figura di mons. Francesco Pititto, fratello di mio nonno, una precisa delimitazione vi sottenderebbe. E tale, se ne precisa, è tutta conchiusa nell'interrogativo di cui al titolo del mio contributo: egli fu, al contempo, brillante erudito, fervente ed attivo ecclesiastico, umanissimo benefattore.

    È sembrato qui opportuno presentare stralci ed aspetti inerenti il primo, degli aspetti, di tale poliedrica personalità; lasciando a chi di certo maggiormente qualificato di me ogni notazione sulla sua vita di fede, di apostolato, di missione. Nonché ad una di certo augurabile stagione di maggiore attenzione in Mileto alle Fonti moderne, quella sul ʻvissuto sociale' della medesima dalla rifondazione (1784) innanzi. Tra cui l'opera di Pititto.

    Per un giudizio complessivo sulla figura ed opera, valga quanto scriveva Vincenzo Francesco Luzzi:

    Il 31 agosto 1905 il giovane professore Francesco Pititto sul feretro del barone Nicola Taccone-Gallucci nella Cattolica di Mileto, iniziava così il suo discorso: «Signori, Quell'uomo che oggi vedete inchinato dinanzi all'angelo della morte /.../ è il primo Cittadino di questa illustre / città di / Mileto» (Disc. 31.8.05). E aveva ben ragione. Il filosofo Nicola Taccone-Gallucci fu il più illustre figlio di Mileto nel secolo XIX. Questa sera, dinanzi alla veneranda figura di sacerdote che onoriamo, io sento di potervi dire: monsignor Francesco Pititto è stato l'uomo che più ha onorato Mileto e la sua diocesi in questo secolo XX. Tale egli veramente appare dalla considerazione della sua vita e delle sue || 142 || opere. Io sono ora qui a rievocare questa vita e queste opere dinanzi a voi e dinanzi a lui stesso, che mi sorride col suo sorriso bonario di sempre, forse sorpreso di quanto dirò, perché molte sue cose anche lui ha dimenticato e avrebbe voluto che fossero lasciate sepolte per sempre nell'oblìo. Ma io ho scavato nelle sue opere e nelle sue carte, e da queste, senza istituire nessun processo conoscitivo con interrogazioni di testi, la sua figura e le sue opere mi sono apparse, e spero si riveleranno sorprendentemente anche a voi, davvero ammirevoli e grandi.[2]

    In merito alla Dottrina:

    1934, febbraio 10. ʻDal Vaticano – Segreteria di Stato di Sua Santità'. G. card. Pizzardo, a Francesco Pititto.

    Ill.mo e rev.mo signore, Mi è pervenuta la pregiata lettera della s.v. ill.ma e rev.ma in data 31 gennaio 1934 ed il suo recente volume di Lezioni di superiore cultura religiosa, del quale prenderò con interesse intera conoscenza appena possibile. Mi affretto a ringraziarla del cortese omaggio con l'augurio che il suo lavoro porti un buon contributo alla formazione della gioventù femminile di Azione Cattolica. Nulla osta che ella faccia omaggio del suo lavoro al Santo Padre, che tanto ama l'Azione Cattolica. [3]

    1934, ottobre 15. ʻSacra Congregazione del Concilio – Ufficio Catechistico'. S. Fagiolo, sottosegretario, a Francesco Pititto.

    Rev.mo signore, Sua em. il card. Serafini, prefetto di questa S. Congregazione, ||143|| ringrazia la s.v. rev.ma dell'omaggio della pubblicazione Lezioni di superiore cultura religiosa con auguri di copiosi frutti di bene.[4]

    Alla Carità:

    1941, agosto 21. Codeville. Paolo Albera, vescovo di Mileto, allo stesso.

    Rev.mo mons. Pititto, mi affretto a rispondere alla gradita sua del 15, oggi ricevuta, per esprimere la mia riconoscenza a lei e alla Gioventù femminile di Azione cattolica per le preghiere fatte a mio vantaggio. Sono favorevole al giro di propaganda in diocesi, desiderato dal Centro nazionale, e credo opportuna la data del 26 e 27 del p. v. novembre; non ho però, al riguardo, ancora ricevuta la circolare di s. ecc.za Colli. Esprimo la mia ammirazione per il suo intento, di erigere in Mileto con la cooperazione della famiglia Scarano, un ricovero per i poveri; farò quanto mi sarà possibile per coadiuvarla; mi sembra però che il locale richiesto non sia dei più adatti; secondo me vi è un altro locale che meglio si presterebbe. E siccome è imminente il mio ritorno – spero di essere a Mileto il 30 corrente – mi riservo di trattare la cosa di presenza per meglio insieme cercare la via migliore. + Paolo, vescovo.[5]

    All'Apostolato:

    1951, dicembre 21. Vaticano. Segreteria di Stato. Montini, sostituto. Telegramma, d'ordine di Sua Santità, allo stesso.

    Nella circostanza del 50° anno di sacerdozio di monsignor ||144|| Francesco Pititto, Sua Santità di cuore gli imparte, propiziatrice di nuovi abbondanti lumi e conforto celeste, l'implorata, apostolica benedizione, estensibile a congiunti ed ai presenti alla messa giubilare.[6]

    Ma è indubbiamente nelle annate de il suo Archivio Storico della Calabria , periodico bimestrale illustrato (1912-1918), avente a direttori Francesco Pititto ed il conte Hettore Capialbi, edito a Mileto e diffuso Per il servizio librario Libreria Federico & Ardia -Napoli, via Quercia, 23. Stab. tip. Muca via Misericordiella, 25 – Napoli , che l'aspetto dell'uomo di studio e di ricerca maggiormente se ne disvela. Fu la rivista maggiormente innovativa, in quella Mileto del primo ventennio '900. « Più che una rivista, la pubblicazione dovrebbe essere una raccolta di documenti, e di monografie » ... Così scriveva Francesco Pititto in quell'ormai lontano 24 gennaio 1911, nel delineare l'intento come nel fissarne di già il programma di tale sua creatura. Dichiarazione d'intenti in cui tutto è racchiuso e del metodo suo conchiuso, delle cinque annate del pubblicato. Le sue scelte si orientavano verso espositivi fortemente oggettivanti; quanto egli sentiva per i luoghi ed i tempi utile anzi del tutto indispensabile: che la critica storica ed artistica dovesse poggiarsi maggiormente sull'aspetto documentario.

    Tratteggiare ai fini di una compiuta monografia della vita ed opere di un singolare e poliedrico interessante personaggio quale fu Francesco mons. Pititto necessita anzitutto sceverare fra tutti i documenti del pur copioso archivio, che risultano giacenti presso l'Archivio Storico Diocesano di Mileto. Trovansi infatti nelle serie presso ASDM il fondo detto di Francesco Mons.r Pititto , ove, unitamente a carte di natura squisitamente privata, ossia della Famiglia Pititto (secondo l'uso primonovecentesco affidategli), ulteriori e moltissime in specie ragguagliano – documentandolo – tutto il trascorso inerente il personaggio.

    ||145|| Ivi punti aspetti epoche e luoghi dello stesso ed in esso racchiusi:

    del seminarista a Mileto (1889-1899); studente universitario a Napoli (laureato in Belle Lettere il 19.12.1904); del docente nel miletese seminario (cattedra di materie letterarie 1904-1929 nella V ginnasiale); ispettore onorario dei monumenti, degli scavi e degli oggetti di antichità e d'arte (dal 1912); arciprete in cattedrale (dal 1917); del rettore nello stesso seminario (1918-1929); ecclesiastico diocesano assistente (1928-1951); del fondatore della Casa del Povero (1942);

    nomine e onorificenze (canonico della cattedrale: 17.07.1908; arciprete della stessa: 07.01.1917; cameriere segreto soprannumerario di Sua Santità Pio XI: 13. 08. 1924; prelato domestico di Sua Santità Pio XII (11.12.1948); esaminatore prosinodale; promotore di giustizia e difensore del vincolo nel Tribunale Diocesano; parroco consultore; membro del Consiglio diocesano di amministrazione e dell'Ufficio catechistico diocesano; deputato per la disciplina nel seminario; assistente diocesano delle donne e della Gioventù femminile di A. C.

    E – purtroppo – della mesta e definitiva terrena conclusione (morì nella sua amata Mileto, il 29 dicembre 1963). «Storiografo e Benefattore». Così, ne l'aulico L'Osservatore Romano del 20-21 gennaio 1964 Vito Giuseppe Galati titolava il necrologio in rammemorazione di Francesco mons. Pititto: Nella sua Mileto, la città di Ruggero il normanno, si è spento monsignor Francesco Pititto, ultimo rappresentante di una generazione di sacerdoti calabresi, che, dagli ultimi decenni del secolo scorso, illustrarono, con la eccellenza della vita, la cultura sacra e profana, quella storica diocesi. [7]

    Riportiamo a seguito pertanto notizie e documenti che possano collocarsi fra i due termini entro cui fu racchiuso tutto il progetto || 146|| ideativo de l'Archivio Storico della Calabria : 1911-1918. E se ne aggiungiamo altro del 1940 è perché strettamente ed ancora connesso proprio con La Battaglia di Mileto. Ancora ne il suo insegnamento maggiormente alla documentazione lasciamo la parola. A che ci informi, del caso ci illumini, comunque rievochi cose ed aspetti di vita lontana.

    Sia consentita infine una citazione:

    Era una splendida sera di agosto. La campagna, tranquilla e maestosa, avèa preso un aspetto uniforme: non tirava un alito di vento. La luna di mezzo a un cielo tesissimo proiettava numerosi fasci di luce, e il lontano Appennino pareva sorgere dall'immensità di un oceano. Fra tanta calma di cielo e di terra fissavo lo sguardo nell'infinito e pensavo... pensavo che sul terreno, che mi si apriva alla vista, una poetessa, in tempi remoti, si aggirava solitaria fra gli sparsi rottami di un'antichità perduta a interrogare le vetuste grandezze della patria; pensavo che quel medesimo chiarore di luna, quella silente armonia, le dolcezze, le ebbrezze divine di una notte incantata come quella avean dovuto ispirarle quei versi, in cui è vivo e magnifico il sentimento della natura. Udii lo stridulo canto di un uccello notturno: mi parve un rimpianto; il rimpianto di un intero passato che evaniva e si perdeva nel nulla... Eppure che immensa resurrezione nel mio pensiero! non di creature distinte, non di avvenimenti umani depositati nella storia (sarebbe follia sperarlo!), ma di visioni fantastiche, attraverso le quali il passato pigliava nuove forme e nuovi colori. Qui mi pareva di vedere cuspidi di famose basiliche lanciarsi al cielo, là mura turrite, colonne erette ad eroi infrante, poi altre mura sorgere solitarie sotto il raggio lunare a sfidare la forze del tempo, poi ancora vecchi castelli, poi dirute case, poi boschi, ch'erano boschi reali, poi tenebre fitte ed oblio...

    Con la dolcezza silèna di quell' evaniva , così scriveva Francesco Pititto, nel 1907. È una descrizione trasognata (... avea varcato || 147|| i confini del reale...) del sito della Mileto Antica, che costituirà negli anni oggetto di copiose parti della propria produzione editoriale: ...il rimpianto di un intero passato che evaniva e si perdeva nel nulla....[8]

    1911, febbraio 2. Napoli. Michelangelo Schipa, allo stesso.

    Caro Pititto, Mi congratulo de' risultati raggiunti nella preparazione di codesta rivista, che attendo con vivo interesse. Bravo, coraggio e perseveranza! Vostro Michelangelo Schipa (Ordinario di Storia Moderna nell'Università di Napoli).[9]

    1912, settembre 6. Posillipo, Villa Mazza. Napoli. Memmo Cagiati, allo stesso.

    Chiarissimo signore, ringrazio il prof. Barone che mi ha procurato l'onore del suo biglietto e sono ben lieto di mettermi a sua disposizione per quanto ella potrà credermi utile. Domani (sabato) dalle 9 alle 1 e dalle 17 alle 20, (domenica) dalle 9 alle 12, io sarò in casa ad attenderla, se vorrà favorirmi di una sua visita. Se crederà invece darmi un appuntamento a casa sua, o dove meglio crederà opportuno, abbia la bontà di telefonarmi (10-014). Con ogni riguardo mi creda suo devotissimo Memmo Cagiati.[10]

    1912, ottobre 5. Posillipo, Villa Mazza. Napoli. Memmo Cagiati , allo stesso.

    Mio carissimo amico, In procinto di partire per Roma le scrivo in tutta fretta due righe per dirle che ho ricevuto la sua lettera, i due pregevoli opuscoli, di cui ha voluto con tanta bontà farmi dono, ed il libro del Capialbi che terrò presente per il lavoretto che le promisi. ||148|| L'epoca in cui hanno dovuto essere coniati gli armellini di Pizzo è aragonese, molto probabilmente di Ferdinando I. Sarà una vera fortuna se ella potrà, interessandosene con l'attività e la competenza che la rendono preziosissimo, trovare qualche notizia che dia un'altra zecca alla sua cara Calabria. Con mille affettuosi saluti mi creda suo affezionatissimo Memmo Cagiati.[11]

    1912, dicembre 22. Posillipo, Villa Mazza. Napoli. Memmo Cagiati, allo stesso.

    Mio carissimo e gentile signor Pititto, Le sono sommamente grato per il cortese pensiero che ha avuto per me. Io sono intanto sempre in attesa del disegno dello stemma di Mileto e possibilmente di quello di un'impresa antica della città, da riprodurre nella monografìa delle monete di Mileto che ho già pronta, con tutti clichès per l'Archivio Storico Calabrese, che le farò vedere alla sua prossima venuta a Napoli che mi auguro presto. Con mille auguri per le prossime feste e mille affettuosi saluti mi creda Suo devoto ed aff.mo Memmo Cagiati.[12]

    1912, dicembre 12. Acri. Antonio Julia, allo stesso.

    Stimatissimo professore ed amico, Ricevetti, giorni dietro, il 1° fascicolo dell'Archivio; magnifico, davvero. Bravo! Le fo tenere la continuazione e fine del mio studio folklorico; e spero di mandarle, fra giorni, qualche fotografia illustrativa, se pure non mi verrà meno nella promessa fattamene l'unico dilettante-fotografo che qui si trovi...Le auguro felicissimo il nuovo anno; e mi creda, con stima ed affetto, dev.mo Antonio Julia.[13]

    ||149|| 1914, giugno 1. Posillipo, Villa Mazza. Napoli. Memmo Cagiati, allo stesso.

    Amico mio carissimo, il silenzio è stato grave! ma noi non ci siamo dimenticati certamente, che anzi tra le nostre occupazioni, che hanno comuni ideali, il ricordo dell'amico lontano non è venuto mai meno! La mia recente pubblicazione ti giunga gradita e venga a dirti che costantemente sentiti sono gli affettuosi sensi della mia cordiale amicizia per te! Tuo Memmo Cagiati.[14]

    1913, gennaio 5. Monteleone. Raffaele Corso.

    L'Archivio Storico della Calabria è finalmente venuto alla luce tra l'aspettazione generale, e siamo fortunati di poter annunziare sul nostro giornale questa primizia, che fa onore non solo ai due valorosi uomini che lo dirigono, ma anche all'intera Calabria. Basta leggere la prefazione e dare uno sguardo al sommario, per accorgersi con quali virili propositi l'opera, oltremodo difficile ed audace, è stata iniziata. Molti dei nostri lettori avranno già avuto tra le mani il superbo lavoro, avran sentito vibrare il loro cuore di entusiasmo, e, pieni di ammirazione, avranno salutato l'opera di civiltà che il periodico è destinato infallibilmente a preparare. I ricordi di un passato che rifulge della più splendida gloria vengono opportuni in un tempo in cui la nostra gente si rinnova preparandosi a maggiori conquiste e guarda con fede sicura l'avvenire.[15]

    1914, maggio 21. Napoli.

    L'Archivio Storico della Calabria, diretto dal conte Ettore Capialbi e dal prof. Francesco Pititto in Mileto, è fonte poderosa e gagliarda di tutto quanto può riguardare la generosa regione Calabra. Percorrendo i fascicoli bimestrali, riccamente illustrati con riproduzioni di uomini insigni, che vi nacquero ||150|| e i loro nomi resero celebri, vi si trova una vera ricca miniera di cose ignote in qualsiasi sfera di disciplina e di attività: La storia, l'archeologia, l'etnografia, vi hanno largo posto, e i vari articoli, che posson dirsi vere monografie, sono corredati di note illustrative che accrescono di molto l'importanza della rivista. L'insurrezione calabra del 1806 del magg. G. De Mayo, l'assedio di Amantea dello stesso, l'articolo del prof. M. Schipa sulla migrazione del nome Calabria, le fonti di storia calabrese dello Zeno, l'epistolario ufficiale del governatore di Calabria Ultra, Lorenzo Cenami, di L. Volpicella, e gli articoli di P. Orsi sugli scavi di Calabria negli anni 1910-1911, sono davvero delle gemme; ed attraverso quelle pagine l'anima si rinfranca e la mente riceve un vital nutrimento. I fascicoli del primo anno contengono, oltre un ricco bollettino bibliografico, che sarà sempre arricchito, una bella appendice, opera postuma del conte Vito Capialbi: La continuazione all'Italia Sacra dell'Ughelli, per i vescovadi di Calabria dal 1700 fino ai nostri giorni, un periodo importante di storia ecclesiastica calabrese che si riannoda alla storia generale di quella regione. La pubblicazione di questo Archivio devesi davvero raccomandare a quanti hanno a cuore simili studii, la quale ha innumerevoli pregi, anche dal lato tipografico, per cui meritano grandi elogi i direttori, che con calabra tenacia cercano di renderla sempre più degna.[16]

    1915, febbraio 11. Pisa. P. card. Maffei, allo stesso.

    Il cardinale Pietro Maffi prega il rev. signor can. dott. Pititto di gradire questa tardiva ma vivissima grazia per il dono dei nn. 3-5, 1914, dell'Archivio ed insieme di permettere una parola di congratulazione sincera per la bella pubblicazione, alla quale augura il successo, che si merita, di stima e di ammirazione. + Il cardinale P. Maffi.[17]

    S. d., ma 1916. Nicotera? . Diego Corso a Francesco Pititto.

    La famiglia De Luca si è estinta fin dall'anno 1852 nella persona del cappellano militare d. Giovanni De Luca, che io appena ricordo. Nell'archivio di mia famiglia esiste una patente di maestro di Camera ossia fiscale della corte della città di Nicotera in persona del mag.co d. Francesco Antonio De Luca, del 29 gennaio 1785. Il maggiore d. Giuseppe De Luca figlio del sopra menzionato d. Franc. Antonio e di Petronilla Brancia, nato ai 18 febb. 1775, fu valoroso soldato e si distinse in Civita Castellana, nella campagna di Campotenese, nella battaglia di S. Eufemia col grado di capitano ajutante di campo del generale inglese Stuart, e nella battaglia di Mileto, ove morì combattendo, ovvero per mano dell'ubriaco principe Philistphat). La chiesetta di questa marina fu riedificata nel 1800 per cura del cappellano della real marina in Napoli d. Giovanni De Luca. Questi avendo fatto a sue spese l'altare di marmo, pose la seguente epigrafe: Joannes De Luca Fecit An. 1800 hoc templum, et anno 1832 Altare ædificavit. Queste sono le poche notizie che posso darle riguardanti la famiglia De Luca, che si estinse nella persona del cappellano d. Giovanni morto in Napoli nel 1852».[18]

    ||151|| 1917, giugno 22. Ferrara. G. M. Ferrari, allo stesso.

    Mio carissimo professore, ricevei a Bologna il suo Archivio, e molto mi rallegro con lei sia per l'importante pubblicazione, sia per la sua diligente e acuta monografia. G. M. Ferrari (della R. Università di Bologna.[19]

    1917, giugno 22. Roma. F. Nunziante, allo stesso.

    Chiarissimo professore, ho ricevuto il gradito, direi prezioso, dono della sua importantissima monografia intorno alla Battaglia di Mileto. Può comprendere con quale interessamento ho incominciato a leggerlo! La sua opera è di singolare importanza, per la chiara e precisa esposizione, per la ricchezza dei documenti inediti, per la forma elegantissima. F. marchese Nunziante, deputato.[20]

    1917, giugno 23. Siracusa. Paolo Orsi, allo stesso.

    Caro ispettore, rallegramenti e felicitazioni per il nuovo poderoso numero del suo Archivio, che ella attraverso difficoltà di ogni maniera, materiali e morali, conduce intrepidamente avanti. Evviva la Calabria! e con mille cordiali saluti mi abbia per suo aff.mo P. Orsi - Direttore del r. museo di Siracusa e r. sopraintendente degli scavi archeologici in Calabria.[21]

    1917, agosto 20. Roma. Gaetano card. Lai, allo stesso.

    Il cardinale De Lai, grato dell'invio dell'erudito lavoro sui vescovi di Calabria, presenta al m. r. arciprete Pititto coi suoi ringraziamenti le sue molte felicitazioni. Ogni benedizione del Signore. + G. Card. De Lai.[22]

    ||152|| 1917, agosto 31. Vaticano. Segreteria di Stato di Sua Santità. Pietro card. Gasparri, allo stesso.

    Rev.mo signore, ho ricevuto il quarto volume dell'Archivio Storico della Calabria, la continuazione dell'Italia Sacra dell'Ughelli per i vescovadi di codesta regione ed altre pubblicazioni minori di indole storica, che ella mi ha inviato in questi giorni, perché a nome suo e del conte Ettore Capialbi ne facessi un devoto omaggio al Santo Padre. Un desiderio tanto pio ben meritava di essere premurosamente assecondato; ma, ciò che a lei potrà maggiormente interessare, sono lieto di poterle comunicare che l'augusto pontefice si è degnato accogliere con paterna benevolenza il dono delle pregevoli opere. Illustrare i fasti delle singole città e borgate, se riesce un lavoro piacevole a chi serba verso esse soavi vincoli di affetto e dolci ricordi, è sempre un aggiungere gemme preziose alla fulgida corona di gloria che cinge la chiesa, autrice della civiltà e delle arti, madre di pace e di benessere. Alla s. v. pertanto e a colui che principalmente condivide i suoi studi e i suoi meriti, il conte Ettore Capialbi, l'augusto pontefice non solo esprime vivi ringraziamenti per l'omaggio filiale ma tributa altresì una sovrana parola di lode e di incoraggiamento, mentre in attestato di paterna benevolenza impartisce di cuore l'apostolica benedizione. Nell'augurare all'opera della s. v. ogni migliore successo, volentieri mi dichiaro di v. s. rev.ma aff.mo per servirla + card. Gasparri.[23]

    1934, febbraio 10. ʻDal Vaticano – Segreteria di Stato di Sua Santità'. G. card. Pizzardo, a Francesco Pititto.

    Ill.mo e rev.mo signore, Mi è pervenuta la pregiata lettera della s.v. ill.ma e rev.ma in data 31 gennaio 1934 ed il suo recente volume di Lezioni di superiore cultura religiosa, del quale prenderò con interesse intera conoscenza appena possibile. Mi affretto a ringraziarla del cortese omaggio con l'augurio che il suo lavoro porti un buon contributo alla formazione della gioventù femminile di Azione Cattolica. Nulla osta che ella faccia omaggio del suo lavoro al Santo Padre, che tanto ama l'Azione Cattolica.[24]

    1934, ottobre 15. ʻSacra Congregazione del Concilio – Ufficio Catechistico'. S. Fagiolo, sottosegretario, a Francesco Pititto.

    Rev.mo signore, Sua em. il card. Serafini, prefetto di questa S. Congregazione, ||143|| ringrazia la s.v. rev.ma dell'omaggio della pubblicazione Lezioni di superiore cultura religiosa con auguri di copiosi frutti di bene.[25]

    1940, luglio 18. Napoli. Deputazione Storia Patria. Presidenza. Ernesto Pontieri, allo stesso.

    Illustre e reverendissimo monsignore, ho avuto stamani la vostra Battaglia di Mileto, che avevo letto parecchio tempo || 153 || fa con profitto e diletto. Del dono graditissimo vi sono molto grato. Non è il caso che io rilevi qui i pregi di questo vostro lavoro giovanile: esso mostra in voi cultura, senso critico e qualità letterarie notevoli. Onde il mio compiacimento profondo insieme all'espressione del mio compiacimento per essermi incontrato, attraverso il vostro pregevole dono, con voi, di cui conoscevo il nome e l'alta stima che riscuotete in cotesta regione. Auguri vivissimi a voi e alle vostre attività, così feconde di bene. Credetemi, con sentita stima e cordialità. Obbl.mo, Ernesto Pontieri.[26]

    1941, agosto 21. Codeville. Paolo Albera, vescovo di Mileto, allo stesso.

    Rev.mo mons. Pititto, mi affretto a rispondere alla gradita sua del 15, oggi ricevuta, per esprimere la mia riconoscenza a lei e alla Gioventù femminile di Azione cattolica per le preghiere fatte a mio vantaggio. Sono favorevole al giro di propaganda in diocesi, desiderato dal Centro nazionale, e credo opportuna la data del 26 e 27 del p. v. novembre; non ho però, al riguardo, ancora ricevuta la circolare di s. ecc.za Colli. Esprimo la mia ammirazione per il suo intento, di erigere in Mileto con la cooperazione della famiglia Scarano, un ricovero per i poveri; farò quanto mi sarà possibile per coadiuvarla; mi sembra però che il locale richiesto non sia dei più adatti; secondo me vi è un altro locale che meglio si presterebbe. E siccome è imminente il mio ritorno – spero di essere a Mileto il 30 corrente – mi riservo di trattare la cosa di presenza per meglio insieme cercare la via migliore. + Paolo, vescovo.[27]

    1951, dicembre 21. Vaticano. Segreteria di Stato. Montini, sostituto. Telegramma, d'ordine di Sua Santità, allo stesso.

    Nella circostanza del 50° anno di sacerdozio di monsignor ||144|| Francesco Pititto, Sua Santità di cuore gli imparte, propiziatrice di nuovi abbondanti lumi e conforto celeste, l'implorata, apostolica benedizione, estensibile a congiunti ed ai presenti alla messa giubilare.[28]

    PITITTO. Giovanni Pititto, Battaglia di Mileto. Fonti. Sviluppi. Correlazioni.

    [29]

    (di Giovanni Pititto)

    ||346|| Della Battaglia di Mileto, evento la cui consistenza militare ed effettiva portata politico-strategica sono in ogni modo da dimensionare all'interno degli epocali avvenimenti del periodo napoleonico, difficilmente si troverebbe una disamina esaustiva in sede storiografica.[30]

    Unico saggio specifico, monografico, e ricco d'interessanti apparati documentari, è Francesco Pititto, La Battaglia di Mileto, pubblicato sulla propria rivista primonovecentesca Archivio Storico della Calabria, (1916).[31]

    Per tali ragioni è da ritenersi, nella presente pubblicazione, quale fonte principale. È un'opera pregevole, non solo per la ricerca e pubblicazione delle numerosi fonti in essa contenute, ma anche perché illustra una vicenda altrimenti dimenticata dell'epopea napoleonica. E per quanto concerne la documentazione ormai dispersa, perduta, come se ne specifica distrutta, fonte unica ed insostituibile.[32]

    ||347|| È, infatti, opportuno porre in risalto che la documentazione da egli offertaci in appendice all'op. cit. è oltremodo preziosa anche perché concerne serie, d'ASN, e docc., ad oggi risultanti se proprio non tutti nella maggior parte irrimediabilmente perduti perché distrutti nel bombardamento del 4 agosto 1943, che danneggiò gravissimamente la sede di Pizzofalcone.[33]

    ||348|| Ne il proprio La Battaglia di Mileto, varie le menzioni e le citazioni d'eventi del panorama, di specifici documenti, di fonti varie manoscritte e pubblicistiche. In essi, e nell'uso degli stessi, la comprensione fattiva della strutturazione stessa e della composizione dell'opera. Ne diamo in ordine cronologico, con qualche tocco d'utile approfondimento ove n'occorra, e di richiamo ai punti salienti.

    Il saggio di Pititto, pubblicato come si è detto ne il suo Archivio Storico della Calabria, attiene a tutto un corpus di fonti armonicamente dispieganti un suo e di propri collaboratori programma d'analisi del Decennio francese, che egli editò nella veste di direttore dell'Archivio di sopra citato.

    Da ciò se ne ha che ai fini di una proficua comprensione sia dell'evento di Mileto sia della complessiva campagna, come anche di vari aspetti di un diverso approccio storiografico al problema dell'insorgenza antifrancese nei territori della Calabria, è opportuno il rinvio a tutti i saggi distribuiti in detta sua rivista nel pubblicato di almeno un quinquennio. E che in vari punti ne formano una catena, dell'espositivo come della documentazione, integrandosi e completandosi l'uno alla luce dell'altro.

    Il tutto, ancora, filologicamente apporta ad una comprensione non solo dell'ivi trattato evento militare, ma anche della genesi stessa de il saggio La Battaglia di Mileto.

    Del pubblicato, si ritiene di fare cosa utile segnalare tali saggi per espositivo d'eventi; a che ci accompagnino nella conoscenza e del citato programma, del Pititto, e del cronologico succedersi del suo narrato attraverso la proposizione di vari qualificati Autori.

    I. 1799. Vincenzo Ruffo, Il cardinale Fabrizio Ruffo e la controrivoluzione del 1799.[34]

    – Impossibile è anche solo il condensare in una ||349|| misura limitata il vastissimo saggio, vera vasta e densissima monografia, sul cardinale Ruffo e le vicende del 1799. Come anche – dato il particolare assunto dell'opera – riteniamo opportuno lasciare all'Autore la parola stessa nella presentazione almeno dei propri intenti:

    [3] Introduzione

    Affrontare l'opinione pubblica, schiava della tradizione o delle autorità, scuotere la servilità di spirito, ostile a qualunque indipendente idea, è sempre un'ardua impresa. Tale quella che io mi assumo nel ricostruire la maschia personalità del cardinale Fabrizio Ruffo, ben diversa da quella [4] che tutti hanno appreso ad aborrire dai racconti pseudo-storici del Cuoco, del Botta (Storia d'Italia dal 1789 al 1814) e del Colletta (Storia del reame di Napoli dal 1734 al 1825, Capolago 1834 e Milano 1848).

    Di lui, sia per ignoranza dei documenti, sia per mala fede, si è voluto fino un capo di briganti.[35] La sua vita fu artificiosamente messa sotto una sinistra luce: e tutti i fulmini furono rivolti contro colui, che con grand'audacia aveva abbattuta la repubblica franco partenopea.

    Ma ciò non è permesso allo storico, il quale deve vagliare i fatti, trasportarsi nel tempo e nell'ambiente in cui si svolsero, freddamente giudicare uomini e cose, scevro di passione e di fiele. Il propagarsi di un'opinione o di un'idea, quando sia dovuta all'autorità di qualche nome, accade per suggestione più tosto che per dimostrazione; e quando essa trovi alimento nelle passioni, la sua ||350|| influenza è senza freno. Le folle – dice Le Bon (Lois psychologique de l'èvolution des peuples, Paris, Fèlix Alean éditeur, 1900, pag. 131-132) – non si lasciano persuadere da dimostrazioni, ma solo da affermazioni, e l'autorità di queste affermazioni dipende unicamente dal prestigio di colui che le enuncia.

    Ciò spiega perché le asserzioni del Cuoco, del Botta e quelle ancora più audaci del Colletta, furono per tanto tempo accettate religiosamente come il vangelo della rivoluzione napoletana del 1799.

    Pasquale Villari (Nelson, Caracciolo e la repubblica partenopea (1799), Nuova Antologia, fasc. 652, 1° febbraio 1899, pag. 664 e seguenti), alludendo al Colletta, che col suo stile incisivo drammatizzò quei fatti, scriveva: Il suo racconto restò impresso con caratteri indelebili nella [5] memoria degl'italiani ed anche di molti stranieri. E tale è il fascino del Colletta che lo stesso Villari, dopo aver detto come sorsero dubbi sopra alcune asserzioni degli emigranti napoletani e sull'incondizionata veracità del Colletta, aggiunge: Si finì spesso col troppo diffidare di lui dimenticando che non di rado anche là dove non è molto esatto nei particolari, riproduce lo spirito dei fatti meglio di coloro che sono più di lui scrupolosi ricercatori di documenti degli archivi.

    E più recentemente il dottor Bruto Amante (Fra' Diavolo e il suo tempo (1796-1806), Firenze, Bemporad, 1904, pag. 240-241), con minore sobrietà e imparzialità anche minore, scriveva: distrutti per ordine reale i processi della Giunta di Stato, e le carte (i Borboni) favorirono libelli e pseudo libri storici per confutare e denigrare gli storici severi ed imparziali del tristissimo dramma. Soprattutto fu preso di mira il Colletta, contro il quale il Cacciatore ed altri diedero alla stampa, degni storici di un tanto re, volumi che il tempo ha condannato all'oblio, facendo ognora più rifulgere nella sua bellezza d'arte, e in gran parte anche di verità, l'opera di Pietro Colletta.

    Ma purtroppo da vari anni alcuni hanno preso l'andazzo di parlare con poco rispetto della Storia di lui, come se fosse ripiena di errori e d'invenzioni.

    Già alludendo al medesimo scrittore, Pietro Calà Ulloa, duca di Lauria, faceva un giorno notare alla principessa Walkonshi «come la storia di quei tempi sia stata scritta da esuli, i quali o odiando, o sperando, di falsi racconti si nudrono».

    A prescindere dall'esagerazione di un'accusa così generica, ||351|| che ha un valore affatto relativo, e malgrado tutti gli sforzi tentati dal Sacchinelli, dal Cacciatore e da altri per confutare il Colletta, è certo che la scoperta di diari o mss. contemporanei non fa che confermare sempre più come quella classica opera sia assai meno inesatta di quanto da molti si suol [6] ritenere, tanto per preconcetto infondato, quanto per la scabrosa smania di critica a di dire al rovescio di quanto scrissero e credettero i nostri padri.

    Così, nonostante che una miriade di documenti importantissimi e di ricerche preziose abbiano, per lo meno, dimostrato la poca attendibilità delle asserzioni del Cuoco, del Botta, del Colletta e d'altri storici, tutt'altro che severi ed imparziali: nell'insegnamento ufficiale, nelle mastodontiche enciclopedie, nella coltura storica ordinaria dei più, e nel gran pubblico, l'opinione sul cardinal Ruffo è restata sempre la stessa.

    E quei pochi che hanno dovuto inchinarsi all'evidenza dei documenti, tolte rarissime eccezioni, pare che l'abbiano fatto a malincuore, quasi dolenti di dover abbandonare l'antiquato bagaglio intellettuale; o almeno, che, timorosi di urtare l'opinione pubblica, non osino levare alta la voce, per timore di perdere il loro prestigio o la loro autorità. (...)

    Per mia natura (...) non proclive a seguire ciecamente l'opinione pubblica, mi piace risalire alla sua fonte, e vedere quale essa sia e donde sorga, e quando questa fonte sia falsa, erronea e per lo meno traviata, è permesso, io credo, di liberarsi dalla [7] tradizione, di confutare l'opinione delle autorità, spogliandosi dell'istinto gregario e delle tendenze servili.

    Spiegato in linea generale perché, non ostante le felici ricerche, la pubblicazione di preziosi documenti e dei carteggi, le dotte dissertazioni, le giuste critiche alla storia del Colletta, le memorie originali fatte in Italia, Inghilterra, Germania, Austria ed ovunque, sulla rivoluzione e controrivoluzione napoletane del 1799, non sia stata fatta aperta e completa giustizia alla memoria del Ruffo: resta ancora da considerare un cumolo di cause particolari che crearono l'ambiente artificiale, da cui la figura del celebre general - cardinale pareva non doversi mai liberare.

    Tra coloro si ribellarono alle ingiuste e false accuse che d'ogni parte piovevano su Fabrizio Ruffo, esagerate fino al ridicolo, e ||352|| che crearono una nuova luce sulla questione, sgombrando la via da molti pregiudizi, io dovrò intrattenermi – senza far torto agli altri – di tre in particolar modo. Sia perché, venendo a intervalli quasi eguali l'uno dall'altro, seguono tre periodi marcati: sia perché ebbero in generale di mira la riabilitazione del Ruffo: Domenico Sacchinelli nel 1836[36] [8] Alessandro Dumas nel 1862, e il barone von Helfert nel 1882 (Alessandro Dumas, I Borboni di Napoli, Ivi, 1862. – von Helfert, Fabrizio Ruffo, Rivoluzione e controrivoluzione di Napoli dal novembre 1798 all'agosto 1799, Firenze, Svescher & Sceber, 1885. Nel 1882 era stata stampata a Vienna in tedesco).

    II. 1799.

    F. Pititto (sotto la voce: il Bibliofilo), recensione a Vincenzo De Cristo M., Il primo documento ufficiale sull'espugnazione del Forte di Vigliena del 13 giugno 1799. Presentato quale: estratto dai fascicoli III – IV. Anno I, 1912, del Giornale Araldico – Storico - Genealogico, Roma, via delle Muratte, 87. Se ne riporta un punto: per ora fa d'uopo dichiararlo con franchezza possiamo soltanto prendere atto del documento, da lui esibito, sull'espugnazione del ||353|| Forte di Vigliena, accettando, inoltre, con la massima riserva le chiose che l'accompagnano, nonché le conclusioni alle quali l'autore ha ritenuto di poter giungere sulla base del suo contenuto.[37]

    III. 1799.

    F. Pititto, recensione a V. De Cristo M., Cittanuova nei fasti del Risorgimento italiano dal 1799 al 1870, Messina, Tipogr. S. Giuseppe, 1913. Se ne stralcia un brano. Particolarmente espressivo, poiché è appunto uno dei luoghi ove Pititto disvela apertamente l'idealità completa del proprio – in genere piuttosto riservato – programma editoriale (i tempi erano quelli che erano):

    Sono pagine riboccanti di caldo entusiasmo e piene di grande significato morale. Al di sopra di ogni competizione di parte, il De Cristo vede nel moto rivoluzionario calabrese una generale, sana riscossa della coscienza in cerca di una forma di vita migliore, politica, civile, morale: fu squilla che chiamò tutti, di ogni condizione e partito, a militare sotto una sola bandiera. Ed ora egli vuole che le memorie dei nostri sacrifici, dei patimenti, del sangue dei nostri martiri siano come acque lustrali per la nuova generazione, che, per un mal compreso amor patrio, ha cercato di travisare, di mistificare nello spirito e nel significato quei tempi di epico eroismo, e ci facciano assurgere a quel grado di dignità, di rispetto, di riguardi, che è ben sostenuto dal diritto che ci viene dalla storia nostra.[38]

    IV. 1806.

    Diego Corso, L'Assedio di Amantea nell'insurrezione calabrese del 1806. E' memoria dichiaratamente – e per particolari – aggiuntiva all'opera di Cesare Cesari, L'assedio di Amantea, 1911. Autore ne tratta specificamente dell'opera di guerriglia dei principali comandanti dei Corpi Volanti. Tra cui, e ne diffonde, su Michele Pezza (alias Frà Diavolo).[39]

    ||354||

    V. 1806.

    Guido De Mayo, L'insurrezione calabrese dalla battaglia di Maida all'assedio di Amantea. Intento dell'Autore è di memoria esplicativa al denso saggio del col. Giuseppe Ferrari (storico militare presso il comando del Corpo di Stato Maggiore Esercito. Ufficio Storico): L'insurrezione calabrese dalla battaglia di Maida all'assedio di Amantea, 1911. Riscontransi, alle pagg. 67-70, una addenda di Di Mayo, da Napoli nel settembre 1912, in cui richiamandosi alla cit. pubblicazione dell'Ufficio Storico la chiosa con ricostruttive storiografiche. E conclude con: sediamo presso gli avelli dei padri nostri e diciamo le loro lodi ai presenti: esse saran feconde. // [Da Imbriani].[40]

    VI. 1806.

    G. De Mayo, L'assedio di Amantea. Intento dell'Autore è anche qui di memoria esplicativa, ma al saggio del ten. Cesare Cesari; quello commissionato al Cesari dal proprio superiore, il già menzionato col. Giuseppe Ferrari (Comando Corpo Stato Maggiore Esercito. Ufficio Storico): L'assedio di Amantea, 1911. Riscontransi, alle pagg. 268-69, una chiusa di Di Mayo, da Napoli nel dicembre 1912, in cui – richiamandosi alle citt. pubblicazioni dell'Ufficio Storico ed al programma già a pieno titolo dal Pititto dispiegato ne l'Archivio Storico della Calabria – auspica con la continuativa delle ampie disamine intraprese, anche un novello orientamento di natura culturale, storiografica e politica nei confronti ||355|| del fenomeno dell'insorgenza anti francese nel Decennio. A livello documentaristico-editoriale tale chiusa maggiormente sembrerebbe una lettera del maggiore De Mayo, a Pititto, che lo stesso – nella propria qualità di direttore – supponibilmente abbia ritenuto di pubblicare in calce al saggio. A ciò pertinentemente apportano particolarità stilistiche dell'espositivo. Che, in ogni caso, si chiude con: volgiti agli avi tuoi, guasto lignaggio ! / Mira queste ruine / E le carte e le tele e i marmi e i templi / Pensa qual terra premi. // [Da Lomonaco].[41]

    VII. 1807.

    Armando Lucifero,[42] Cotrone nel 1805, 1806 e 1807. La riproposizione in Archivio Storico della Calabria, di lunghi brani del Lucifero, è aperta da una breve nota introduttiva dello stesso direttore, F. Pititto, a p. 105: da una Cronaca della città di Cotrone, ||356|| dovuta alla studiosa diligenza del nostro amico Armando Lucifero, togliamo tre capitoli relativi agli anni 1805, 1806 e 1807, perché crediamo che siano sufficienti a dare un'idea esatta del pregevole lavoro di quella cronaca, e perché debbono riuscire interessanti per le notizie, che riferiscono sulle consuetudini e giurisdizioni amministrative dei nostri comuni anteriori ai nuovi ordinamenti, che prevalsero al principio dello scorso secolo. Ed abbiamo prescelto – prosegue – questi tre capitoli della Cronaca, che a parte le condizioni locali di quel cospicuo comune, riflettono cose e persone, fatti ed avvenimenti verificatisi in molte altre contrade della Calabria, trascurati nei loro dettagli dagli scrittori che se n'occuparono o almeno genericamente furono riferiti, al momento della seconda invasione straniera, e delle tristi vicende, e della resistenza non del tutto ingloriosa, che quell'invasione ostacolò, e che infine non riuscì ad impedire il consolidamento dei domini dei due regni francesi sino al 1815. Queste pagine della Cronaca Cotronese contribuiranno a portare un po' più di luce su quegli anni fortunosi.[43]

    VIII. 1807.

    a) F. Pititto, La battaglia di Mileto (28 maggio 1807).[44]

    Ne il proprio La Battaglia di Mileto, varie le menzioni e le citazioni di eventi del panorama, di specifici documenti, di fonti varie manoscritte e pubblicistiche. In essi, e nell'uso degli stessi, la comprensione fattiva della strutturazione stessa e della composizione dell'opera.

    Ne diamo in ordine cronologico, con qualche tocco d'utile approfondimento ove n'occorra, e di richiamo ai punti salienti.

    b) Fonti manoscritte

    1775, gennaio 29. Lettere patenti di maestro di camera, ossia fiscale, di Nicotera, a favore di Francesco Antonio De Luca. – Menzione.[45]

    1806 - 1808. Costanzo, colonnello, Giornale dei vari fatti d'arme combattuti nella Calabria dal mese d'agosto 1806 al 5 aprile 1808 scritti dal colonnello Costanzo comandante del genio dell'armata francese destinata per le Calabrie.[46]

    1806, ottobre 15. Palermo. Ferdinando IV di Borbone. Decreto assegnazione comandi corpi militari in previsione sbarco su territorio delle Calabria per recupero sovranità perduta su parte peninsulare del Regno.[47]

    1807, maggio 28. Scilla. Saverio Schistino, a Michele maresciallo De Curtis, consigliere e commissario generale civile della Calabria. – Rapporto sulla disfatta di Mileto.[48]

    1807, maggio 28. Reggio Calabria. Michele maresciallo De Curtis, consigliere e commissario generale civile della Calabria, a Ferdinando IV, re, per il tramite della Segreteria di Stato, Guerra e Marina. Palermo. – Rapporto sulla disfatta di Mileto.[49]

    1807, maggio 29. Reggio Calabria. Michele de Curtis, maresciallo, ||358|| lettera al re Ferdinando IV.

    1807, maggio 29. Messina. Giovanni Guillichini, rapporto al brigadiere Giovanni Battista Colajanni.[50]

    1807, maggio 30. Messina. Michele de Curtis, maresciallo, lettera al re Ferdinando IV.

    1807, maggio 30. Messina. D'Hassia Philippsthal, principe e capitano generale, al marchese Di Circello. Relazione sulla battaglia di Mileto.[51]

    1807, maggio 30. Messina. Giovanni Guillichini, lettera al brigadiere Giovanni Battista Colajanni.[52]

    1807, maggio 30. Reggio Calabria. Vincenzo Micarelli, abate, lettera al re Ferdinando IV.[53]

    1807, maggio 31 (?). S.l. Giuseppe Vanni, colonnello, Relazione dei fatti accaduti nella spedizione di Calabria, da dì 20 fino allo 31 spirato mese di maggio.[54]

    ||359|| 1807, giugno 05. Messina. D'Hassia Philippsthal, principe e capitano generale, rapporto al sovrano e nota di trasmissione propri atti al marchese Di Circello.[55]

    1807, giugno 11. Messina. Leone Toro, colonnello, lettera al maresciallo Giuseppe barone Acton, regio ispettore della cavalleria, Palermo.[56]

    1807, giugno 11. Messina. Leone Toro, colonnello, lettera al maresciallo Giuseppe barone Acton, regio ispettore della cavalleria, Palermo.[57]

    1807, giugno 15. Messina. D'Hassia Philippsthal, principe e capitano generale, al marchese Di Circello. Stato....[58]

    ||360||

    1807, giugno 15. Messina. D'Hassia Philippsthal, principe e capitano generale, comunicazione al marchese di Circello. Soldati borbonici resi prigionieri dei francesi nella Battaglia di Mileto.[59]

    1807, giugno (?). Giovanni Vivenzio, rapporto al brigadiere Giovanni Battista Colajanni.[60]

    1807, agosto 20. Luigi Pousset, maggiore graduato e capitano dei Granatieri Reali, Giornale della battaglia di Mileto.[61]

    1807, novembre 9. Palermo. Giovanbattista brigadiere Colajanni, direttore della Segreteria di Stato, Guerra e Marina, a Luigi principe d'Hassia Philippsthal. – Inchiesta a carico del maggiore graduato Luigi Pousset.

    1810, giugno 6. Palermo. Maria Carolina, regina. Attestazione in plauso e calorosi ringraziamenti al colonnello Vito Nunziante, per il personale valore dimostrato nella campagna di Calabria unitamente al reggimento dei Real Sanniti al suo comando.[62]

    ||361||

    1810, giugno 11. Palermo. Ferdinando IV, re, in controfirma Giovanni Battista Colajanni, ministro, al colonnello del reggimento di fanteria Reali Sanniti Vito Nunziante. Privilegio reale in forma di encomio solenne, in effetto del quale – a causa del riconoscimento al comportamento in armi e valor militare del colonnello Vito Nunziante nella campagna di Calabria e nella fattispecie della battaglia di Mileto unitamente al reggimento dei Real Sanniti al suo comando – è promosso brigadiere agli ordini del principe capitano generale d'Hassia Philippsthal con effetto immediato.[63]

    1810, ottobre 1. Palermo. D'Hassia Philippsthal, principe e capitano generale dell'omonimo corpo di spedizione in Calabria. Attestazione in plauso al comportamento in armi e valor militare del colonnello brigadiere Vito Nunziante, già al suo comando, nella campagna di Calabria e nella fattispecie della battaglia di Mileto.[64]

    S.d. ma 1913-1916, Nicotera. Diego Corso, a Francesco Pititto, Mileto. Comunicazione in ordine a: 1775, gennaio 29. Lettere patenti di maestro di camera, ossia fiscale, di Nicotera, a favore di Francesco Antonio De Luca. – Detenuta in Archivio privato Diego Corso.

    c) Fonti a stampa

    1805, dicembre 27. Schönbrunn. Napoleone. Proclama. ||362|| D'ordine imperiale promulgato da Alexandre Berthier, maggior generale della Grand'Armata 37.[65]

    1807. Corriere di Napoli, 8 giugno 1807 – lunedì, N° 128.

    1807. Monitore Napolitano. Supplemento, Relazione degli ultimi avvenimenti della Calabria pubblicata nel «Monitore Napoletano» il 9 giugno 1807, Num. 135.

    S. d. Antologia militare, Napoli, Real Tipografia della Guerra, s.d. st.; in cui: Vito Nunziante, Rapporto a S. E. il Ministro della Guerra, 1836.

    1836. R. Liberatore, Il tenente generale Vito Nunziante, Napoli, 1836.

    1840. M. Dumas, Cenno sugli avvenimenti militari, Napoli, 1840, tom. XIX.

    ||363||

    S. d. Antologia militare, Anno IV, Vol. XIV, Napoli, Real Tipografia della Guerra, s.d. st., (in cui: Bardet, maggiore, Spedizione in Calabria).

    1842. Antonio Ulloa (a cura di), Antologia militare, Anno VII, Vol. XIV, Napoli, Real Tipografia della Guerra, 1842 (in cui: Bardet, maggiore, Diario).

    1847. Guglielmo Pepe, generale, Memorie, Parigi, Baudry, Libreria Europea, 1847, vol. I.

    1871. Pietro Calà - Ulloa, Della sollevazione delle Calabrie contro a' Francesi, Roma, Tip. Di B. Morini, 1871.

    1872. Luigi Maria Greco, Annali di Citeriore Calabria dal 1806 al 1811, Cosenza, 1872.

    1909. Grios, generale, Mémoires du general Grios (1792-1822), Tom. premiere, Paris, Librairie Plon, 1909.

    1911. Cesare Cesari, L'Assedio di Amantea (in Memorie Storiche Militari, Fascic. I, 1911), Roma, Officina Poligrafìca Editrice, 1911.

    1911. Ferrari, L' insurrezione Calabrese dalla battaglia di Maida all'assedio d'Amantea. (in Memorie Storiche Militari, Fascic. I, 1911), Roma, Officina Poligrafica Editrice, 1911.

    1911. Eduard Gachot, La troisième campagne d'Italie, Paris, Librairie Plon, 1911.

    1911. Jacques Rambaud, Naples sous Joseph Bonaparte (1806-1808), Paris, Plon-Nourrit et C.ie impr. ed., 1911.

    1911. Francesco Lemmi, Periodo Napoleonico dal 1799 al 1814, Milano, Vallardi.

    d) Schede Biografiche

    De Damas Ruggero (ASC, 1916, p. 307, n. 1). De Luca Giuseppe (ASC, 1916, p. 342, n. 1)

    D'Hassia Louis principe Philippsthal. (ASC, 1916, p. 320, n. 5).

    Massena Andrea, generale francese. (ASC, 1916, p. 306, n. 2).

    Reynier Giovanni Luigi conte Ebezener. (ASC, 1916, p. 308, n. 1).

    ||364||

    IX. 1807.

    F. Pititto, Un nucleo di documenti ufficiali sull'assedio di Cotrone nell'anno 1807.[66] Nel merito di quest'ultima sia consentito riportarne la breve notazione che Pititto ne fa in apertura (p. 298), perché ci riporta alla sua stessa elaborazione de il saggio La Battaglia di Mileto: sono dieci documenti venuti fuori per caso mentre attendevamo, nell'Archivio di Stato in Napoli (Sezione IV, Segreteria di Guerra, fascio 2142, anno 1807 a 1808), allo studio della Battaglia di Mileto ( Archivio Storico della Calabria, A. IV, pp. 305-421). La loro pubblicazione, con la pianta della piazza forte, che è anch'essa una bella novità, varrà ad illustrare sempre più un periodo così denso d'avvenimenti per la nostra regione. Il nostro egregio collaboratore A(rmando) Lucifero trattò l'assedio e la conseguente caduta di Cotrone, con ampiezza e diligenza, nel precedente volume di quest'Archivio Storico; e noi siamo lieti di aggiungere questi documenti, interamente inediti, a quel pregevole studio.[67]

    X. 1807.

    Francesco Solimena, Francesi, giacobini e briganti in Calabria, un processo verbale del 1807. Autore offre trascrizione completa di un Processo verbale , per la verifica del saccheggio sofferto dal dottor d(on) Filippo Solimèna, ed altro ut intus – compilato – dalla regia corte d'Aiello in vigore di commessa dell'ill.mo signor intendente della provincia. La documentazione attiene a persecuzione politica sofferta dalla famiglia Solimèna, in Aiello, per supposto giacobinismo. Nonché a gravi reati di cui furono vittime vari esponenti della stessa, commessi a loro danno da massisti borbonici. Narrativa offertaci dalla documentazione si estende da 1794 a 1807. La liquidazione dei danni subiti fu in 1810. Autore dell'articolo così conclude: c'è stato chi ha scritto che il brigantaggio politico del 1799-1810 sia stata una gloria e non un'onta per noi calabresi. Io non divido l'opinione, certamente dovuta a malinteso amor patrio, ma non apro una polemica per la quale sento di non avere ancora sufficiente preparazione. Però constato che il fatto di perseguitare e trattare oneste famiglie, incapaci ||356|| di offese private, nel modo come s'è veduto e che nessuna politica scusa, e spogliarla delle sue sostanze, non solo non ha da chiamarsi gloria, ma è macchiarsi di delitto comune. O per gloria dovrebbe intendersi tutt'altro di quanto sotto questo titolo è stampato nel vocabolario italiano.[68]

    XI. 1815, ottobre.

    E concludiamo questo florilegio con Hettore Capialbi: Il re Gioacchino Murat.[69] La mia non sarà una conferenza, sarà invece come una commemorazione di un re, di un soldato, di un uomo.

    (...) Fra gli avvenimenti del 1815 ve ne fu uno compiuto in una cittadina della nostra provincia, cittadina, che si specchia sopra un mare sempre ridente, che ne acquistò drammatica risonanza. Il giorno 13 ottobre di quell'anno al Pizzo, un re di Napoli, che si chiamò Gioacchino Napoleone Murat venne fucilato. Di lui vi parlerò con animo appassionato, e coll'unico intendimento, non di glorificarne la memoria, o di tacerne i difetti, ma di rivendicare l'oltraggio di una fine ingiuriosa, e di ricordarne il nome e le benemerenze nel secolare anniversario della sua morte. (...) qui nell'ambito della provincia, dove la truce condanna fu eseguita, valga questo modesto ricordo a propiziare i Mani di re Gioacchino, a riscattare l'odiosità della sua morte, ad onorarne la memoria. (...) non si è ancora spenta, resa più tenace dal senso di pietà che destò la sua morte, che circonda di un'aureola di martirio il ricordo di questo re di Napoli, cavalleresco paladino così miseramente finito.

    (...)

    ... fu come una meteora splendida di promesse, i cui bagliori incitavano Alessandro Manzoni a dirigere al re Gioacchino la canzone rimasta tronca: o dalle imprese alla più degna accinto / Signor, che la parola hai profferito / Che tante etadi Italia indarno attese. //

    Sezione II

    La Battaglia di Mileto. Introduzione.

    [70]

    (di Saverio Di Bella)

    ||9|| La città di Mileto ha deciso di ristampare per benemerita iniziativa della Pro loco il prezioso volume del Pititto dedicato alla battaglia che a Mileto e dintorni si combatté tra truppe francesi e truppe napoletane il 28 maggio 1807.

    L'opera del Pititto è stata pubblicata nell'ormai lontano 1916[71] e conserva intatto il valore documentario datale dalla preziosa silloge di documenti che impreziosiscono l'opera e ne consentono anche una lettura sulla battaglia di Mileto diversa rispetto all'Autore. Al cui merito basti ricordare che ancora oggi però non siamo nelle condizioni di utilizzare le fonti francesi per una ricostruzione completa ed esaustiva della battaglia.[72]

    Sullo svolgimento della battaglia e sui motivi della sconfitta delle truppe napoletane resta ancora senza risposta una domanda ||10|| fondamentale: qual è stato il

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