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E-book193 pagine1 ora

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Info su questo ebook

Dall'introduzione di Milan Kundera:
«È la nostra cecità, una cecità esistenziale, a rendere così misterioso il mondo intorno a noi. Con il suo fare discreto, Petr Král scosta questo velo. Sappiamo cosa significhi la parola “fumare”, ma non eravamo in grado di vedere cosa voglia dire in concreto, in che modo quei gesti insignificanti e automatici ci leghino al mondo o ci permettano di allontanarcene, come testimonia la storia di Lenin, non fumatore, che chiede a Trockij una sigaretta per dimenticare la rivoluzione, foss’anche per un secondo. Sappiamo cosa cosa sia la “solitudine”, ma quella cecità esistenziale ci impediva di renderci conto che solo una porta esile e risonante separa la nostra “cella” dal salone dove la festa continua a rumoreggiare. Quante volte abbiamo veduto una donna andarsene sola, alla fine di una serata? Ma ciò di cui si è colmato l’ultimo sguardo gettato su di lei, l’abbiamo dimenticato dopo appena un secondo. È sorprendente come tutte queste situazioni quotidiane, semplici e persino umili, si lascino influenzare così poco dalle particolarità psicologiche dei singoli. Esse ci fanno la posta, ci mettono sotto. Questa è la lezione di modestia che l’insolita e bella enciclopedia esistenziale della quotidianità di Král impartisce al nostro individualismo.»

Saper vedere, sapersi stupire dei minimi fatti quotidiani, quelli che non vediamo, che non vediamo più: così procede Král, componendo con un centinaio di brevi prose una «insolita e bella enciclopedia esistenziale della quotidianità» (Kundera). Lo sguardo di Král si posa su tutto, oggetti, momenti, sentimenti, luoghi, vergine e umile, uno stupore pieno di grazia. I testi di Král hanno il passo di una passeggiata in città, ma sono piccoli viaggi, intense prose poetiche che della realtà illuminano i dettagli e le relazioni divenuti invisibili, negletti, risvegliando il nostro sguardo e sostenendoci mentre attraversiamo le nostre giornate.
LinguaItaliano
Data di uscita13 mar 2017
ISBN9788899815387
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    Anteprima del libro

    Nozioni-di-base - Petr Kral

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    Prefazione di Milan Kundera

    Prefazione di Massimo Rizzante

    Prefazione di Yves Hersant

    Nozioni di base

    Il caffè

    La camicia

    L’alba

    Lo spettacolo

    Colazione, Breakfast

    Radersi

    Il mattino

    Gli orologi

    Il mercato

    Le scale

    Il bastone da passeggio

    L’attaccapanni

    Il cappello

    Il treno

    Passaggi a livello

    Treni

    Il brindisi

    Il barman

    Il tragitto

    Dal treno

    La porta

    Il cestino

    Lo starnuto

    Il riso

    Svuotare la vescica

    Il punto e la scia

    Le voci

    Il balcone

    La luce

    I Profeti e le Parche

    La donna sconosciuta

    Il commiato

    La fica

    La cipolla e la rosa

    … ti

    La notte

    Topinambur

    Unire, separare

    Il crepuscolo

    Attaccare

    Il vento

    Il buio e la penombra

    Hotel

    La pioggia

    La familiarità

    Le macchie e i ritagli

    La curva

    Sfiorare

    La conquista

    Con una mano

    Adulti

    La festa

    L’arena

    Altrove

    L’attimo di nessuno

    I bagni degli uomini

    La vasca

    Il cacatore

    Attraversare la strada

    Il vecchio saggio

    La bella donna

    Il temporale

    Entrare

    Solitudine

    Amicizia

    Quasi

    La delusione

    Bloccarsi

    Il bagno altrui

    Spogliarsi

    Il nemico

    Il cancello

    Il ritorno

    Per il mondo

    Il Sud

    Il muro e il recinto

    I dettagli

    L’amore

    Il peso

    Il concerto

    Assolo

    La porta girevole

    Il coltello e il peso

    La zuppa di pesce

    Il senso

    I tavolini all’aperto

    Il dirigibile

    Il capolinea

    Durante la corsa

    La vista

    L’assenza

    Lo scontro

    Lo stuzzicadenti

    Il buon gusto

    Il pranzo

    Godersela

    La legge

    Madri e figlie

    Nuovi desideri e vecchi pantaloni

    Riuscire a prendere il treno

    La valigia

    Il romanzo

    Gli addii

    Fuochi d’artificio e fulmini

    Il verde e il blu

    La settimana

    La domenica

    La Spagna e l’Italia

    La barca e la pozzanghera

    Il mare e la montagna

    L’albero, il viale

    Vedere

    La noia

    Fumare

    L’ultima goccia

    Il vino della notte

    Il fuoco

    Coppie

    La folla

    La rete segreta

    La campagna

    Spaventare

    Nuda

    tamizdat ( 3 )

    © Editions Flammarion, Paris, 2005 (Notions de base)

    © 2016 Miraggi edizioni

    via Mazzini 46 – 10123 Torino

    www.miraggiedizioni.it

    Titolo originale della prima edizione ceca:

    Základní pojmy (Klokočí a Knihovna Jana Drdy, Praha a Příbram 2002).

    Translation of this book was realized with the support of the Ministry of Culture of the Czech Republic

    Ringraziamo il Ministero della Cultura della Repubblica Ceca per il sostegno alla traduzione

    Progetto grafico Miraggi

    VERSIONE E-BOOK

    marzo 2017

    ISBN 9788899815387

    VERSIONE CARTACEA

    Prima edizione: marzo 2017 tamizdat

    ISBN 9788899815110

    Prefazione di Milan Kundera

    (traduzione di Massimo Rizzante)

    È la nostra cecità, cecità esistenziale, che rende il mondo che ci circonda così misterioso. Petr Král, con discrezione, ce lo svela. Pur sapendo che cosa vuol dire la parola fumare, non eravamo in grado di vedere quel che fumare significa in concreto, in che modo gesti banali e automatici ci legano al mondo o ci permettono di allontanarcene, come testimonia la storia del non fumatore Lenin che chiede una sigaretta a Trockij allo scopo di dimenticare per un minuto la rivoluzione. Pur sapendo che cosa vuol dire solitudine, la cecità esistenziale ci impediva di renderci conto che soltanto una porta sottile separa la nostra stanza della solitudine dal salone dove rumorosamente la festa continua. Quante volte, alla fine di una serata, abbiamo visto una donna andarsene, ma tutto ciò che riempiva l’ultimo sguardo che gettavamo su di lei lo dimenticavamo un secondo dopo. È sorprendente come tutte queste situazioni quotidiane, tanto insignificanti quanto elementari, si lascino così poco influenzare dall’originalità di una psicologia. Esse ci attendono, ci sottomettono. È una lezione di modestia che la bella e strana enciclopedia esistenziale della vita quotidiana di Král impartisce al nostro individualismo.

    Prefazione di Massimo Rizzante

    «Ancora una volta, al mattino, assistere stupiti allo spettacolo del portacenere, dei bicchieri e della caraffa, che immobili disegnano la pianura del tavolo».

    Questa nozione di base di Petr Král è tra le più brevi composte dal poeta. Per questo rivela l’essenza di tutte le altre, anche di quelle più lunghe.

    Che si parli di una camicia che «ha fatto il suo tempo» e che ci ispira un «addio così commosso» quale quello che daremmo a «un’amante», o di una porta che durante una visita ad alcuni amici ci introduce in una stanza «attrezzata ma vacante» che «estende il nostro soggiorno» su questa terra di uno «spazio supplementare», o ancora di una vasca da bagno che improvvisamente da letto d’amore si trasforma «nella nostra tomba», tutto ciò che Petr Král tocca diventa spettacolo, spectaculum, ovvero, apparenza.

    È grazie al suo stupore davanti agli oggetti e alle situazioni della vita quotidiana, concepiti come apparenze, che il poeta scopre una dimensione nascosta della prosa del mondo.

    La regola d’oro di Král è che basta guardare a lungo una camicia per distorcerla di un nonnulla e gettarla nella pianura sconosciuta dove ci abbraccia come un’amante dimenticata.

    Ma da dove viene lo stupore del poeta che libera le cose dalla loro funzione e che gli permette di camminare senza quel pesante fardello per le strade della prosa? Da dove viene questa grazia?

    Non si è mai tanto vicini alla grazia come durante quei mattini quando si assiste «stupiti allo spettacolo» di ciò che si conosce a memoria. È durante quei risvegli che tutti gli oggetti e tutte le situazioni della vita quotidiana mostrano quel che potrebbero essere, che il presente ama contemplarsi davanti allo specchio delle sue possibilità.

    Così Petr Král, indossando ogni giorno una camicia bianca fresca di bucato, saluta il volto mattutino di quell’amante che ogni notte dimentichiamo: l’esistenza.

    Prefazione di Yves Hersant

    (traduzione di Francesco Forlani)

    Tutto quel che dice, è di sfuggita. Senza indugio, senza mai lanciare sulle cose uno sguardo totalizzante. Ma scrutandone i dettagli, o lasciando che vengano a lui le fugaci apparizioni; lasciando che l’acutezza dell’occhiata subentri a ogni teoria; lasciando risuonare nella memoria – la sua e la nostra, che vengono quasi a confondersi – il discreto rumore dei passi, o il tintinnio del bicchiere sopra al bancone. La sua motricità pedonale, per riprendere la bizzarra espressione di Michel de Certeau, può condurlo nei più reconditi luoghi del nostro mondo mondializzato; però è tra gli arabeschi delle nostre città, dove le sue erranze evocano a volte il grand Flâneur del xix secolo, che realizza di preferenza i suoi fecondi micro viaggi. Né geografico, né geometrico, né panottico, il suo spazio è da subito quello della poesia e del mito.

    Eppure si rivela perfino romanzesco, perché popolato da virtualità concrete. Sgombra d’ogni lirismo e soprattutto alleata di una prosa che etichettare come poetica sarebbe quanto di più prosaico si possa dire, la poesia di Petr Král non è affatto incompatibile con la saggezza del romanzo. Di questo romanzo che scrive in pieno cammino, come una storia multipla e frammentaria, senza smettere di scrivere nemmeno in curva. Non è stato forse proprio lui a dirlo chiaro e forte: «La missione del poeta non è affatto quella del fine dicitore, quanto più semplicemente d’un topografo (agrimensore, per dirla con Franz Kafka) dell’esistenza?».

    In un’opera precedente (Testimone dei crepuscoli, 1989) Petr Král offriva in parallelo una serie di poesie e il racconto degli aneddoti che li avevano generati. Al contrario, nelle pagine che state per leggere, le due correnti sono confuse: La camicia come Il vecchio saggio, La vasca come La folla, sono minuscoli ma intensi racconti-poemi incoativi, in cui si manifesta l’antica potenza delle forme brevi. Dinamitardo delicato, Petr Král apre brecce nel quotidiano che decisamente non ha nulla di banale; analista minuzioso delle condotte più surrettizie, ci riconcilia con il mondo lacerando ogni nostra certezza. Questo amante del burlesque diventa così un grande educatore dello sguardo: d’un colpo solo, ci insegna che la nostra realtà ne nasconde ben altre. Dietro ad ogni porta può aprirsi una vita nuova.

    Nozioni di base

    Traduzione dal ceco di Laura Angeloni

    Per Danka

    Il caffè

    Il sabato, dopo aver dormito a lungo, usciamo e scivoliamo indietro nel tempo con la morbida indeterminatezza che solo la mattina meno impegnata della settimana consente; ci uniamo ai vivi, un po’ di sbieco, solo quando, appoggiati al bancone del bar, ordiniamo un caffè che berremo osservando incuranti la strada e il suo sfocato viavai dietro il vetro. Lasciarsi portare verso se stessi da un sorso bollente, inaspettatamente preciso, della bevanda che ci scorre in corpo insieme ai residui del buio notturno, significa concentrarsi di colpo e affermare chiaramente la propria presenza, nonostante la momentanea indefinitezza dei nostri gesti e la sonnolenza del momento.

    La camicia

    a Milan Schulz

    Una camicia pulita è la nostra seconda – e miglior – pelle: i suoi ondeggiamenti e rigonfiamenti dilatano il respiro di quella che ci è data una volta per sempre, la onorano e la cullano quasi affettuosamente. Anche il giorno che ci circonda, insinuandosi con un colpo d’aria sotto la camicia, sembra quasi accarezzarci. Quando una camicia ha ormai fatto il suo tempo ci congediamo da lei lentamente, come fosse una donna. La camicia ci è più vicina di un cappotto, nelle cui tasche già vaghiamo a volte desolati come nel mondo. E con i pantaloni, che ogni mattina sono lontani quanto la stazione, non va certo meglio.

    L’alba

    a Christian Hubin

    Coloro che affermano di amare il mattino si riferiscono solitamente a un’ora ormai avanzata, abbastanza luminosa e sicura di sé da costituire semplicemente un fresco sfondo per svolgere le varie attività quotidiane.

    Molto più rari sono invece i fautori dell’alba, quell’attimo livido e indeterminato in cui tutto si rigenera nell’incertezza e ripiega verso la soglia dell’inesistenza, finché non ricomincia da zero; l’attimo in cui le cose, assorbite da un’inconsistenza che le accomuna, diventano eloquenti e nel loro muto tremore portatrici di un messaggio. Un osso spolpato fino al midollo, che rivela di colpo tutto il suo pallore.

    Secondo la testimonianza di due giornalisti che andarono a intervistarlo in Messico, poco prima della

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