I Colori del Sangue - Absorption: The Deception Series, #2
Di Eugene Pitch
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Info su questo ebook
Che posso fare? Io sono solo David, un semplice cameriere.
Avevo un amico una volta. Quasi un padre. Era il professor Jonathan Deadstone.
Poi è sparito. E solo una cosa mi è rimasta di lui: la sua pipa.
Dentro c'é un biglietto aereo per Tokyo a nome mio.
Ora devo ritrovare il professore, anche a costo di rovinare per sempre la mia inutile vita.
David fugge da un misterioso passato e vive ora a Londra, in un appartamento fatiscente e lavorando fino a tardi come cameriere in un bar.
Il professor Deadstone è il suo unico amico, un uomo che come lui è appassionato d'arte, cliente del bar e con cui instaura un'insolita amicizia.
Quando quest'ultimo sparisce nel nulla, lasciando come unica traccia la sua amata pipa, David si vede costretto a intraprendere un viaggio nella speranza di ritrovarlo.
Un viaggio che stravolgerà la sua esistenza per sempre.
Absorption - I Colori del Sangue è un romanzo della Deception Series.*
*All'interno di ogni libro trovi un link per ricevere un audiolibro esclusivo.
"Absorption – I Colori del Sangue, è un libro che ti rimane dentro, che non vorresti mai smettere di leggere. Ricordatevi quando leggerete questo Hyperbook che nulla è mai come sembra."
S. – bookblogger
"Eugene Pitch, come un bravo autore di thriller deve saper fare, mi ha scombussolato le idee fino all'ultimo capitolo. Un libro scritto molto bene e con una ritmicità incalzante."
S. - bookblogger
"Penso di non aver mai letto un libro così tanto coinvolgente, mi è dispiaciuto finirlo, ma è stato comunque un bel viaggio."
A. - bookblogger
THE DECEPTION SERIES
1 Conception - La Perfezione del Male
1.5 Ignition - Il Volo della Morte (spin-off)
2 Absorption - I Colori del Sangue
2.5 Redemption - Il Volto dell'Inferno (spin-off)
3 Fascination - L'Insidia della Bellezza
Serie spin-off dell'ispettore Van Der Meer
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Anteprima del libro
I Colori del Sangue - Absorption - Eugene Pitch
I Colori del Sangue
Absorption
Eugene Pitch
image-placeholderHyperbooks Publishing
Opera ideata e scritta da Eugene Pitch
Copertina a cura di Eugene Pitch
Editing a cura di Paolo Perlini
® Tutti i Diritti Riservati, 2017
Seconda edizione, 2018
Quest’opera è soggetta alla licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia (CC BY-NC-ND 3.0 IT).
Per maggiori informazioni si prega di visitare le seguenti pagine web: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/deed.it
e
https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/legalcode
SOMMARIO
DEDICA
DISCLAIMER
1.PREFAZIONE
2.PROLOGO
3.CAPITOLO 1
4.CAPITOLO 2
5.CAPITOLO 3
6.CAPITOLO 4
7.CAPITOLO 5
8.CAPITOLO 6
9.CAPITOLO 7
10.CAPITOLO 8
11.CAPITOLO 9
12.CAPITOLO 10
13.CAPITOLO 11
14.CAPITOLO 12
15.CAPITOLO 13
16.CAPITOLO 14
17.CAPITOLO 15
18.CAPITOLO 16
19.CAPITOLO 17
20.CAPITOLO 18
21.CAPITOLO 19
22.CAPITOLO 20
23.CAPITOLO 21
24.CAPITOLO 22
25.CAPITOLO 23
26.CAPITOLO 24
27.CAPITOLO 25
28.CAPITOLO 26
29.CAPITOLO 27
30.CAPITOLO 28
31.CAPITOLO 29
32.CAPITOLO 29
33.CAPITOLO 30
34.CAPITOLO 31
35.CAPITOLO 32
36.CAPITOLO 33
37.CAPITOLO 34
38.CAPITOLO 35
39.CAPITOLO 36
40.CAPITOLO 37
41.EPILOGO
43.MESSAGGIO FINALE
44.NELLA STESSA SERIE
45.NOTA DELL’AUTORE
46.PERSONAGGI
47.HYPERBOOK
48.RINGRAZIAMENTI
A mio figlio che ancora non sa leggere,
a mia moglie e ai miei genitori,
ai miei amici più cari,
ai miei amati parenti,
a mio zio Pino,
che spero apprezzerà la mia scrittura
nonostante non sia il suo genere preferito,
e mio zio Romano
che purtroppo non potrà mai leggere questo romanzo.
DISCLAIMER
Questo romanzo di pura finzione include alcuni personaggi reali le cui caratteristiche, azioni e pensieri sono stati volutamente reinterpretati in chiave romanzesca al fine di inserirli in una cornice che non corrisponde alla realtà. La mia intenzione non è mai stata di infangarne la memoria, bensì semplicemente di integrarli in un racconto di pura finzione con l’intento di intrattenere il lettore.
Se qualcuno intende ritenersene offeso, l’autore se ne scusa a priori.
I pensieri e il giudizio che alcuni personaggi danno rispetto a luoghi, persone e culture specifiche non rispecchiano in alcun modo quelli dell’autore.
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PREFAZIONE
Il mistero di Eugene
Un intrico di fili misteriosi collega i personaggi e le scene di Absorption - I Colori del Sangue, tanto che si rimane spiazzati dal continuo avvicendarsi delle situazioni, dove l’oggi, il passato e il futuro sono segmenti non definiti.
La narrazione infatti si complica e si semplifica continuamente; una matassa che pare a tratti si dipani, ma che ancor più invece si riavvolge, perché il mistero entra ed esce, si fa persona e storia, e il labirinto infine pare essere il connotato di Absorption.
Peraltro sul primo personaggio che si incontra, che guarda caso si chiama Eugenie, si impernia tutto il libro, e rimane un’icona decisiva nella narrazione di Eugene Pitch, direi una sorta di filo sottinteso o forse meglio: il manifesto della bellezza, il senso profondo del vivere, la necessità prima, per cui anche soffrire, anche morire. Mentre restano sospesi i riferimenti, rimane il nome di quell’Eugenie che fa barcollare qualsiasi certezza.
Ed è l’arte che ci porta a tutto ciò. Perché il richiamo alla bellezza? Perché, come dice il poeta Bonnefoy in un suo verso, la bellezza grida: Chiedetemi di essere di più del mondo
. Parole che superano anche le asserzioni di Plotino quando afferma che la bellezza è qualcosa che è necessario cercare perché venga a noi incontro, ma che nel poeta francese va oltre in quanto la bellezza non è solo un’attesa o un dono a cui consegnarsi, bensì la dimensione prima a cui il mondo deve innanzitutto rifarsi.
E l’arte ci deve incamminare su questo percorso virtuoso e infinito. E anche Pitch, penso, voglia iniettare nelle vene del mondo questo senso della bellezza.
L’intreccio si estende come una giungla, come una rete dai connotati sospesi; le vite dei personaggi si frammentano e si ricompongono, con frequenti colpi di scena che attirano il lettore in uno spazio colmo di tensioni e di tracce. Tracce che si snodano in mille rivoli, in mille direzioni, essendo molteplici gli scenari e i mondi rappresentati. Perché il romanzo è anche un crocevia di luoghi e Eugene Pitch ama addentrarsi e descrivere i luoghi, che divengono non puramente situazioni geografiche, in quanto sconfinano in molteplici spazi
: nelle tradizioni locali, nella varietà dei cibi, nelle fisionomie delle città, nel pulsare delle vie.
Pitch ha anche sensibilità verso le tematiche sociali e psicologiche delle persone che si muovono in un vortice senza fine. Sono le vite sconsolate dei tanti. Sono le forzate migrazioni, con il relativo, frequente, fallimento personale e collettivo.
Ma tutto ciò non con pesantezza morale o sociologica, caratteristiche che ucciderebbero il romanzo, ma semplicemente procedendo con lievi pennellate, nel volgere dei colori del tempo che scorre veloce e ci inghiotte. Ecco quindi frammenti di Europa, ma anche di Oriente. Un nugolo di ricorrenze, di vie, di cibi e di battiti del cuore. Come viverci in diretta. Come vivere le bellezze, le ansie, le articolazioni vive o sospese o minacciose delle città del mondo.
Eugene Pitch ha scritto Absorption - I Colori del Sangue con sentimento ed entusiasmo, quello che pensiamo sia un romanzo di formazione, con le sue vene autentiche, perché non macchiate da certo manierismo.
Un thriller che entra con garbo nel mondo letterario, nell’intento di costruire una storia che non è solo un depistaggio continuo, ma uno sguardo attento alla vita personale e collettiva di questi anni.
Loretto Rafanelli - poeta, scrittore e saggista
PROLOGO
La follia è come un quadro. Il titolo potrebbe essere Assorbimento
. L’uomo assorbe il dolore come la terra il sangue. E così pure la tela assorbe i colori e le sfumature dell’odio. Un circolo senza fine che può completarsi solo con la morte.
Il notiziario della sera riportava nuovi aggiornamenti riguardo la recente esplosione avvenuta nel pieno centro di Berlino. L’ordigno usato, contenente un misto di perossido di acetone e altre sostanze chimiche collegate a un timer acquistato su internet, era esploso in un vagone della metropolitana e aveva ucciso otto persone.
«Non male, ma si potrebbe fare anche di meglio...» Le mani sfogliavano le pagine del libro tremando di eccitazione.
«Il mondo intero è precipitato nell’incubo. La memoria del terrore non può essere cancellata.»
Sullo schermo scene di agonia e panico.
«Bisogna collegare i fili... Tutto deve essere collegato.»
La penna si agitava sulla carta tracciando gli appunti.
«Siamo proprio sicuri che ce la faremo?»
«È un piano perfetto, non potremo fallire.»
Il coltello tagliò uno spicchio di mela e poi fu osservato con fascinazione.
«Armi da fuoco o armi bianche?»
Gli occhi trovarono l’orologio.
«Bisogna sbrigarsi ad andare anche in farmacia prima che chiuda.»
La lista per l’occorrente era abbandonata sul tavolo.
«C’è quasi tutto. Bene.»
La televisione venne spenta. Un ultimo sguardo a quella nuova applicazione di distorsione vocale sullo smartphone. Tra poco il paradiso si sarebbe concretizzato e la vita sarebbe cambiata per sempre. Ma per cambiare la propria vita era prima necessario cambiare quella degli altri. Cambiarla attraverso il dolore. Un dolore spietato e freddo: ma qual è la temperatura del dolore? Sono i gradi della temperatura di un’esplosione di chiodi, o quelli necessari a forgiare la lama di un coltello, oppure quelli di un cadavere di poche ore?
CAPITOLO 1
Amsterdam, 5 ºC
Le otto erano ormai passate da un pezzo. Quella mattina la coltre di nubi nel cielo pareva ancora più spessa del solito ed emanava un’atmosfera cupa quando si rifletteva nelle pozzanghere sui marciapiedi. Il vento freddo di novembre pareva spazzare via anche l’ultimo desiderio residuo di camminare per strada.
Il quartiere del Jordaan era vivo come al solito, ma pareva ci fosse meno gente in giro. C’era qualcosa di desolante nel vagare per le strette vie di Amsterdam. Di tanto in tanto il silenzio era rotto dallo scalpiccio dei tacchi delle signore, dal fruscio delle biciclette che sfrecciavano a tutta velocità o dal rumore delle auto che si dirigevano verso destinazioni sconosciute.
Eugenie aveva un brutto presentimento. Continuava a stringere con la mano la borsetta, freneticamente, assicurandosi continuamente che la lampo fosse chiusa. Quando la mano trovava la cerniera, la esplorava con le dita umidicce per poi lasciarla andare. E dopo pochi minuti ecco che quelle stesse dita ritornavano a cercarla. Eugenie si affannava per la strada e quando doveva fermarsi a un semaforo per attraversare, la sua impazienza aumentava. Certo non era facile destreggiarsi in tutta velocità con quei tacchi così alti, ma ad ogni modo si era innamorata di quelle scarpe fin dal primo sguardo e quel giorno aveva voluto indossarle assolutamente.
I suoi occhi verdi si posarono sui vetri oscurati di un’automobile che passava davanti al negozio di scarpe di Nils Kalf. "Chissà perché certa gente – pensava -
ha paura a farsi vedere in giro". Lei, nonostante portasse un nome importante, non disdegnava di andarsene ogni tanto a passeggio per la città. Si sentiva una donna libera e riteneva la propria indipendenza fondamentale. Per questo si era rifiutata di continuare l’attività del padre; per questo aveva litigato con Jonathan; per questo aveva pubblicato quel libro.
Eppure ora che era riuscita finalmente a completarlo e a darlo in pasto alla critica, sentiva che qualcosa la disturbava: era la sensazione di essersi forse spinta troppo oltre. Perché mai aveva ereditato quel carattere così fiero e spavaldo dal padre, perché non poteva avere un lavoro normale e tranquillo come receptionist d’albergo o magari come segretaria, rinchiusa in un ufficio di nove metri quadrati, vivendo nella più totale, anonima banalità? Perché c’era una voce dentro di lei che la spingeva ad andare avanti e a combattere.
Le foglie sugli alberi si agitavano dolcemente. Guardò l’orologio: era quasi in ritardo. Doveva incontrare un informatore che le avrebbe svelato dettagli importanti a proposito di quelle lettere anonime che aveva ricevuto. Non ne conosceva l'identità, ma il messaggio che le aveva inviato aveva attirato la sua attenzione. Lui la aspettava in un bar nella zona est della città. Ripensando a quelle lettere un brivido le corse lungo la schiena. Forse era semplicemente il vento del nord.
Affrettando il passo incespicò e quasi andò a urtare contro una donna in giacca beige che la fiancheggiava sul marciapiede. Non ebbe nemmeno il tempo di scusarsi che il suo cellulare squillò.
«Dimmi pure.»
«Eugenie, sono Marta. Senti, per quella presentazione di sabato prossimo, temo che dovremo rimandare.»
«E perché?»
«Guarda, io gliel’ho detto che non c’era alcun problema, ma insistono nel dire che per come stanno messe le cose non se la sentono di appoggiarti.»
«Quindi vogliono annullare l’evento?»
«Ascolta Eugenie, mi dispiace davvero. Io te l’avevo detto che forse non era il momento giusto per proporre un libro del genere, ma tu hai voluto fare di testa tua come al solito e...»
«Non me ne importa niente, io l’ho scritto e lo pubblico così com’è. Ne avevamo già parlato prima che salissi sull’aereo per venire a fare promozione qua ad Amsterdam.»
«Ma se noi rimettessimo mano al testo... in fondo è appena uscito...»
«Lascia perdere. Io ho proposto la mia visione, se loro hanno paura che vadano al diavolo!»
«Ma se tu gli telefonassi...»
Un’auto inchiodò bruscamente a pochi centimetri dai suoi piedi. Il finestrino si abbassò e...
«Ehi tu, guarda dove vai! Il semaforo era ancora rosso!»
«E tu vedi di imparare a guidare!» ribatté lei.
Il conducente borbottò qualcosa con stizza e proseguì per la sua strada.
«Scusa, un tizio stava quasi per mettermi sotto con la macchina! Guarda, sto di fretta ora. Ti richiamo dopo.» E rimise il cellulare nella tasca del cappotto. Una folata di vento le scompigliò i capelli castani. Prima dell’arrivo di quella maledetta telefonata già avvertiva una certa inquietudine, ma ora sentiva la rabbia avvamparle il collo.
Il centro di Amsterdam pareva una gemma incastonata tra le case signorili e i tipici canali che facevano della capitale olandese la cosiddetta Venezia del nord
. Si voltò a osservare i panni stesi su una barca. Era fantastica l’idea di poter vivere sia sopra l’acqua, nei palazzi, che in essa, nelle centinaia imbarcazioni che ogni giorno ne solcavano i canali silenziosamente. Eugenie, pur essendo londinese, amava quelle strade e quella città dalle mille contraddizioni, e ora la sua opera avrebbe forse dato una svolta al modo di pensare della gente qualunque, aprendo gli occhi su problematiche mai del tutto affrontate fino a quel momento.
Il vento continuava a soffiare con rabbia e i suoi capelli si agitavano dandole un’aria folle. Forse, in effetti, non era mai stata come le altre donne. Lei si era sempre considerata diversa: era creativa, passionale, intelligente e i suoi reportage avevano sempre scatenato accesi dibattiti. Ma questa volta il dibattito sarebbe stato diverso. La sua ultima creazione superava di gran lunga tutte le altre pubblicazioni a cui aveva preso parte. Sebbene fosse solo un libro di meno di duecento pagine, le ci era voluto un sacco di tempo e notti in bianco per completarlo. Era stato come un parto lungo e difficile, ma almeno poteva dire di averci messo tutta sé stessa curando nei minimi dettagli fino all’ultima parola. Nulla era stato lasciato al caso: il suo scoop sulle moschee in Inghilterra e in Olanda avrebbe riecheggiato in tutta Europa. Non importava se aveva dovuto rimaneggiare la bozza un’infinità di volte: lei esigeva solo il meglio. E quel dannato libro era davvero il meglio che potesse scrivere.
Avrebbe voluto parlare con Marta di quelle lettere. Sentiva il bisogno di vedere una faccia amica. Lei era una delle poche persone con le quali poteva davvero aprirsi, vincendo la sua nota riservatezza. Decise che l’avrebbe richiamata nel pomeriggio.
Sbucò in una piazzetta seguendo una