Il mistero della corazzata russa. Fuoco, fango e sangue. II edizione riveduta e ampliata
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Anteprima del libro
Il mistero della corazzata russa. Fuoco, fango e sangue. II edizione riveduta e ampliata - Luca Ribustini
Collana
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LUCA RIBUSTINI
IL MISTERO
DELLA CORAZZATA RUSSA
fuoco, fango e sangue
Proprietà letteraria riservata
© by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
St Edizione eBook 2018
Isbn:978-88-6822-692-3
Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza
Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672
Sito internet: www.pellegrinieditore.it - www.pellegrinieditore.com
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
a mio nonno Rino Carassiti, giornalista
ai miei figli Neli e Marcello e ai loro sogni
Nota dell’autore
Occuparsi di un fatto così tragico dopo quasi sessant’anni significa avere la consapevolezza che la ricerca della verità dei fatti si scontra inevitabilmente con la morte di molti dei protagonisti di quella vicenda, con la reticenza o il silenzio di quelli ancora in vita, con gli insabbiamenti di Stato avvenuti sia da parte italiana che da parte sovietica.
I russi volevano chiudere la questione in fretta, gli italiani non hanno mai voluto parlarne. Solo alcuni dei sopravvissuti parlano, ma dicono poco e – probabilmente – non solo perché non sanno; forse hanno paura, forse alcune cose non possono dirle.
In questo contesto difficile e omertoso, è stato tuttavia possibile raccogliere la testimonianza di alcuni dei personaggi che ebbero un ruolo in questa storia e trovare una serie di documenti esclusivi che stabiliscono in modo inequivocabile che l’Italia in quegli anni non solo era in grado di portare a compimento un’operazione di sabotaggio di quel genere, ma che organizzazioni paramilitari di destra godevano di appoggi e coperture da parte di alcuni apparati delle istituzioni oltre che del sostegno della CIA.
Questi ritrovamenti sono importanti nella misura in cui l’Unione Sovietica ha sempre negato che l’Italia avesse uomini e mezzi per compiere un’operazione di sabotaggio in acque extraterritoriali.
Una tesi che ha consentito negli anni di rafforzare e rendere quasi esclusiva la versione ufficiale della commissione sovietica che nel novembre del 1955 attribuì ad una mina magnetica tedesca del tipo Rmh l’affondamento della nave. Se la tragedia è stata un atto di sabotaggio, e non un incidente provocato da una mina, chi ha compiuto l’operazione e chi l’ha coperta, ha provveduto a mantenere una riservatezza totale su protagonisti e dettagli, così come specularmente, da parte sovietica, la vicenda fu presto archiviata, le prove distrutte o classificate e imposto il segreto assoluto ai pochi marinai russi superstiti.
Per i sovietici quell’affondamento fu uno smacco insanabile. Evidenziava, nell’ipotesi di un mina, carenze imperdonabili nell’opera di sminamento e, nel caso di un sabotaggio, deficienze nella protezione e difesa del porto di Sebastopoli dove avvenne l’affondamento.
Una ferita profonda inferta all’orgoglio dell’Armata Rossa che aveva forse la necessità storica e politica di una motivazione più legata al caso che non al dolo. Per gli italiani era fortissimo il desiderio di lavare l’onta ricevuta a seguito delle dure clausole dettate dal Trattato di Pace che imponeva la cessione dell’intera flotta militare italiana ai paesi vincitori.
Se le pubblicazioni russe sono numerose ed approfondite ma insistono sul loro punto di osservazione per quanto accadde a Sebastopoli, il contributo di questo libro vuole invece indagare la tragedia da parte italiana.
Le testimonianze di alcuni protagonisti di questa vicenda, anche se recepite con la dovuta cautela, meritano la massima attenzione perché inserite in un contesto in cui non sono le uniche a dar voce all’ipotesi del sabotaggio da parte della Xª MAS.
Infine i documenti, numerosi e coerenti con l’ipotesi di lavoro di questo libro: seppure parzialmente risolutivi, lasciano nuovo spazio a fondati sospetti e ragionevoli certezze, stringendo ancora di più il cerchio sulle cause di una storia di cui nessuno ha mai più voluto parlare e che dopo sessant’anni, con la memoria che va agli oltre 600 marinai russi morti in quell’affondamento, riemerge in tutta la sua drammaticità.
Abbreviazioni
ACS: Archivio Centrale dello Stato
CIA: Central Intelligence Agency
CPCi: Capitaneria di Porto di Civitavecchia
FR: fonte riservata
MDD: Ministero della Difesa
MDDMa: Ministero della Difesa – Marina
MDI: Ministero dell’Interno
MDM: Ministero della Marina
NARA: National Archives and Records Administration
SIFAR: Servizio Informazioni delle Forze Armate
SIOS: Servizio Informazioni Operative e Situazione
SIS: Servizi Informativi e Speciali
SMD: Stato Maggiore della Difesa
SMM: Stato Maggiore della Marina
UAS: Ufficio Armamento e Spedizioni
USMM: Ufficio Storico della Marina Militare
Prefazione
Il saggio qui presentato tenta di svelare, sulla scorta di un’accurata analisi di documenti rinvenuti negli archivi civili e militari italiani russi e statunitensi, nonché di importanti testimonianze di alcuni dei protagonisti, il mistero che avvolge l’affondamento della corazzata sovietica Novorossiysk, avvenuto nella notte tra il 28 e il 29 ottobre del 1955 nelle acque del porto di Sebastopoli. Il Novorossiysk non era altro che la corazzata Giulio Cesare, ceduta ai sovietici nel 1949 come risarcimento di guerra.
Come noto, l’Italia cedette all’Unione Sovietica la nave scuola Cristoforo Colombo, l’incrociatore Duca D’Aosta, il cacciatorpediniere Artigliere e appunto la corazzata Giulio Cesare, fiore all’occhiello della Regia marina.
Il caso del Novorossiysk è stato negli ultimi anni oggetto di studio ed approfondimento da parte della storiografia russa che, contrariamente alla versione ufficiale data a suo tempo dalle autorità sovietiche, ha riscontrato nuovi elementi che individuerebbero negli italiani gli autori dell’affondamento.
Sulla ricostruzione delle cause dell’affondamento della corazzata sovietica e del ruolo svolto dagli italiani meritano particolare attenzione due libri, pubblicati rispettivamente nel 2013 in Russia, a cura dell’ammiraglio Nikolai Titorenko e nel 2014 in Italia, a cura del giornalista italiano Luca Ribustini, di cui viene qui riproposta la seconda edizione ampliata ed arricchita di nuove prove documentali.
Il libro di Ribustini, almeno in Italia, è dunque il primo testo ad occuparsi in maniera approfondita del presunto sabotaggio subito dal Novorossiysk e del probabile coinvolgimento di ex aderenti alla Xª MAS del Principe Junio Valerio Borghese.
Luca Ribustini, che, come il lettore avrà occasione di notare, unisce magistralmente tecnica del giornalismo investigativo e metodologia storiografica, ci introduce, con dovizia di particolari, nel contesto storico in cui si è consumato l’affondamento della corazzata. Siamo agli albori della Guerra Fredda. L’episodio del Novorossiysk, seppur marginale, potrebbe inserirsi, come sembra suggerire Ribustini, nel quadro delle attività coperte operate dai servizi segreti occidentali contro l’URSS.
Nel caso specifico dell’affondamento del Giulio Cesare, la manovalanza
coinvolta sarebbe stata composta da alcuni ex incursori del gruppo Gamma della Xª Flottiglia MAS. Se così è stato, è lecito chiedersi quale sia stata in seguito la risposta operativa
dei sovietici ad un tale affronto. Ma a parte queste considerazioni, il saggio ripropone, direttamente e indirettamente, alcune questioni fondamentali che ciclicamente si sono ripresentate nella storia della Repubblica italiana: il rapporto tra i servizi segreti italiani e quelli statunitensi, le connivenze
, vere o presunte, tra gli apparati dello Stato e alcuni gruppi estremisti, la questione della limitazione della sovranità nazionale e gli scarsi gradi di libertà della politica estera repubblicana.
Un altro aspetto degno di nota che emerge dalla lettura del saggio è quello collegato alle personalità di alcuni dei protagonisti citati ed anche intervistati dall’autore.
Si tratta di marinai, un tempo nemici, che tuttavia nelle risposte date all’autore non provano astio, ma al contrario sembrano esprimere una sorta di solidarietà e di stima reciproca che trascende il ruolo che il destino aveva loro assegnato nel corso del Secondo conflitto mondiale e negli anni del primo dopoguerra.
Per quanto riguarda gli ex incursori della Xª, cui la ricostruzione storica riportata nel saggio imputa la responsabilità dell’affondamento, essi fanno parte di un considerevole numero di giovanissimi che durante la Seconda Guerra Mondiale seguirono il destino della Repubblica sociale italiana e che ebbero come loro guida il carismatico e controverso comandante Borghese. Dopo la fine del conflitto, questi uomini rimasero in stretto contatto e, pur prendendo strade diverse, nella maggioranza dei casi, non rinnegarono mai il loro passato e la loro appartenenza al corpo scelto di Borghese.
Alcuni di essi rimasero vicini al Principe e lo seguirono nelle sue attività politiche come la cronaca, anche giudiziaria, ci ha trasmesso, altri misero a frutto le loro competenze come istruttori delle Marine di diversi paesi, tra cui l’Argentina, Israele, l’Algeria e l’Egitto come riportato da Ribustini, altri ancora si reinserirono nella società raggiungendo, in taluni casi, una certa notorietà, come il creatore di Corto Maltese, Hugo Pratt, o il regista e paroliere Piero Vivarelli, l’attore e showman Walter Chiari e il giornalista d’inchiesta Mauro De Mauro.
Tiberio Graziani
Capitolo 1
L’affondamento del Novorossiysk
Sebastopoli, Crimea del sud. Alle ore 18.00 del 28 ottobre 1955, la più grande corazzata della flotta sovietica entra lenta e maestosa nel porto. Dirige, come di consueto, alla boa n. 12 ma quella sera, inspiegabilmente, il comandante della flotta viceammiraglio Viktor Parchomenko riceve l’ordine di ormeggiare alla boa n. 3[1]. Era il Novorossiysk, così lo ribattezzarono i russi dopo averlo preso in consegna dagli italiani che dovettero cederlo nel 1949 come risarcimento di guerra a seguito delle clausole imposte dal Trattato di Pace.
Il mare è calmo e gelido. Uno specchio d’acqua scura che riflette le luci della bella città ucraina. La piccola Italia
, così gli ucraini chiamano la penisola di Crimea, è una terra fertile che domina il mar Nero; in estate il clima è mite ma già dall’autunno le temperature diventano rigide. Nella costa sud-occidentale della penisola si trova Sebastopoli, base principale della Flotta del Mar Nero, situata tra il porto di Odessa a nord e lo stretto dei Dardanelli a sud-ovest, a una distanza di circa 750 miglia marine dalle nostre coste meridionali.
Nel 1955 l’equipaggio sovietico aveva finalmente concluso l’addestramento, reso più complesso per la dotazione dei manuali di bordo tutti solo in lingua italiana, e iniziava a prendere confidenza con le attrezzature e gli armamenti. Dal 1949 il Novorossiysk era stato condotto nei cantieri sovietici almeno otto volte per lavori di ammodernamento. Allestito con radar Volley-M e sostituiti i vecchi motori con due potenti turbine costruite nelle fabbriche di Kharkov che sviluppavano una velocità di 28 nodi, la corazzata diventa in pochi anni un temibile mezzo bellico nel cuore del vecchio continente. I sistemi di puntamento dei giganteschi cannoni da 320/44 mm delle due torri trinate e due binate situate in posizione prodiera e poppiera, sono elettrici e non più idraulici. Le cabine, ormai ben isolate, proteggono dalle basse temperature e dai venti gelidi che soffiano dalla Siberia. Il