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Viviamo follemente ogni istante
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E-book104 pagine1 ora

Viviamo follemente ogni istante

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Info su questo ebook

Fatti quotidiani e cronaca nera hanno stimolato nell’opinione pubblica accesi dibattiti sulle malattie mentali e sulla chiusura dei manicomi. Incontrando nella narrazione Mario Tobino e Vittorino Andreoli, fari nel labirinto psichiatrico, l’autore indaga il ruolo dell’anaffettivo femminicida inserendolo nel contesto quotidiano.
Dunque non più il “mostro” ma Alberto, Aldo, Alessio, Ciro, Cristiano, Enrico, Gabriele, Gianni, Giuliano, Jean, Luciano, Luigi, Manuel, Michele, Mihail, Mohamed, Nicola, Paolo, Pietro, Salvatore, Samuele, Silvano, Stefano, Vincenzo, Vittorio e centinaia di altri, che come maschi hanno ucciso una donna.
Corocher scrive questo libro ispirato a fatti veri e a persone conosciute personalmente, raccontando di come un incidente stradale e la successiva odissea ospedaliera possano aprire nuovi e inconsueti punti di vista sulle difficoltà e il disagio mentale.
 
LinguaItaliano
Data di uscita20 lug 2020
ISBN9788832281491
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    Anteprima del libro

    Viviamo follemente ogni istante - Emanuele Corocher

    edizioni

    Copyright

    © Copyright Argot edizioni

    © Copyright Andrea Giannasi editore

    Lucca, luglio 2020

    1° edizione

    Tutti i diritti sono riservati. Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633).

    ISBN 978-88-32281-49-1

    I lettori che desiderano informazioni possono visitare il sito internet: www.tralerighelibri.com

    Epigrafe

    Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti. Sono nate lì le mie più belle amicizie.

    I matti son simpatici, non così i dementi,

    che sono tutti fuori, nel mondo.

    I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita.

    (Alda Merini)

    Il pazzo è un sognatore sveglio.

    (Sigmund Freud)

    Se non ricordi che l’amore t’abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato.

    (William Shakespeare)

    I pazzi aprono le vie che poi percorrono i savi.

    (Carlo Dossi)

    Le idee migliori non vengono dalla ragione,

    ma da una lucida, visionaria follia.

    (Erasmo da Rotterdam)

    L’imperfezione è bellezza, la pazzia è genialità, ed è meglio essere assolutamente ridicoli che assolutamente noiosi.

    (Marilyn Monroe)

    Prefazione

    L’autore, nella stesura di questo Actuality Book, si è ispirato a fatti veri e a persone conosciute personalmente. Corocher, racconta fatti quotidiani con un linguaggio conciso, producendo evocazioni familiari e sociali.

    Alcuni fatti di cronaca nera hanno stimolato nell’opinione pubblica, accesi dibattiti sulle malattie mentali e i manicomi, che nel libro vengono analizzate in modo leggero. Fruibile da chiunque.

    Le figure degli scienziati Mario Tobino e Vittorino Andreoli sono fari nel labirinto psichiatrico, ignorato dalla collettività e lo scrittore vuole ricordarlo a tutti noi.

    I nomi e i luoghi sono di fantasia.

    Per scelta non è stato attribuito nessun nome all’anaffettivo femminicida e viene identificato come il mostro. Ogni persona può attribuirgli il nome che vuole: Alberto, Aldo, Alessio, Ciro, Cristiano, Enrico, Gabriele, Gianni, Giuliano, Jean, Luciano, Luigi, Manuel, Michele, Mihail, Mohamed, Nicola, Paolo, Pietro, Salvatore, Samuele, Silvano, Stefano, Vincenzo, Vittorio e aggiungerne purtroppo, centinaia di altri. Uomini che hanno ucciso una donna da veri mostri.

    Lo scrittore ha subito un incidente stradale e ha potuto rendere bene l’odissea che ogni paziente deve intraprendere fino alla sperata guarigione. Ogni lettore troverà situazioni conosciute.

    Inoltre, questo libro dona speranza nella vera Amicizia, nell’Amore e nella Giustizia che può arrivare per vie inconsuete, ma che puntualmente arriva.

    Note di Critica

    Recentemente Emanuele Corocher ha subito uno spaventoso incidente stradale che lo ha obbligato ad un’ordalia esistenziale, ad una sorta di prova della sua personalità, ad una sorta di verifica della vera Amicizia, dell’Amore, della Giustizia. Ma, al di sopra di tutto, l’aleatorietà della vita lo ha condotto alla coscienza, alla maturazione, alla metabolizzazione, come si evince soprattutto dal titolo dell’opera, del carpe diem!!!

    «Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero».

    «Mentre si parla, il tempo è già in fuga, come se ci odiasse! Così cogli la giornata, non credere al domani».

    (Orazio: Odi 1,11,18)

    È un invito a godere ogni giorno dei beni offerti dalla vita, dato che il futuro non è prevedibile, da intendersi non come invito alla ricerca del piacere, ma ad apprezzare ciò che si ha. Si tratta non solo di una delle più celebri orazioni della latinità, ma anche di una delle filosofie di vita più influenti della storia, nella quale Orazio fece confluire tutta la potenza lirica della sua poesia. La «filosofia» oraziana del carpe diem si fonda sulla considerazione che all’uomo non è dato di conoscere il futuro, né tantomeno di determinarlo. Solo sul presente l’uomo può intervenire e solo sul presente, quindi, devono concentrarsi le sue azioni, che, in ogni sua manifestazione, deve sempre cercare di cogliere le occasioni, le opportunità, le gioie che si presentano oggi, senza alcun condizionamento derivante da ipotetiche speranze o ansiosi timori per il futuro. Si tratta di una «filosofia» che pone in primo piano la libertà dell’uomo nel gestire la propria vita e invita a essere responsabili del proprio tempo, perché è inutile sprecare la vita cercando di conoscere il futuro.

    L’esistenza è vista come limitata e precaria, che può essere bruscamente interrotta da qualsiasi accidente e perciò deve essere vissuta cercando l’assenza di dolore per non pensare alla fine inevitabile. Orazio volle infondere una serena dignità all’uomo che dia valore alla propria esistenza sfidando l’usura del tempo e il suo status effimero. Il carpe diem è ispirato alla concezione epicurea di felicità come assenza di dolore ed esprime l’angosciosa imprevedibilità del futuro, la gioia dignitosa della vita e la rassegnazione nell’accettare gli eventi infausti, che il poeta cerca di esorcizzare con l’invito a vivere il presente per non pensare al negativo. Orazio enfatizza l’espressione alludendo all’esplorazione lirica del paesaggio, talvolta meraviglioso e sublime, talvolta cupo e fosco: riflesso perenne di un’esistenza complessa, di un reticolo fittissimo di esperienze ed emozioni che è lecito vivere intensamente quale contraltare di ogni negatività. (Tratto da: Wikipedia)

    Emanuele fa riferimento alla condizione di insania. Ma cosa vuol dire matto? Chiunque può sembrare o avere talora un atteggiamento da matto, soprattutto quando ci si trova in mezzo ad altri matti.

    Necesse habent cum insanientibus furere (Tra i pazzi devono necessariamente impazzire) – Petronio.

    Ma i matti, in realtà, sono soggetti dotati di un’intelligenza più acuta dei normali. I matti non vanno confusi con i de-menti, coloro cioè che hanno una sottrazione mentale, intesa come limitata capacità intellettiva. Il matto, per Emanuele, è colui il quale ha visioni oniriche nel momento delle sue piene facoltà mentali, di giorno, al lavoro, in qualsiasi vicenda della vita quotidiana. Si pensi agli amanti: Amantes amentes.

    La frase risale alla trattazione lucreziana del De rerum natura e letteralmente vuol dire pazzi amanti. Nel pensiero lucreziano si intendeva l’amore come una forma di pazzia (ossia: amentia), che pervadeva l’uomo e lo spingeva alla hybris greca. La frase è usata per indicare la fase di follia che l’innamoramento comporta. (Tratto da: Wikipedia).

    Ed infatti Emanuele cita Shakespeare: Se non ricordi che l’amore t’abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato.

    I matti sono spesso dei visionari incompresi e vilipesi, ma ante-litteram della scienza, dell’esplorazione di ogni campo dello scibile e delle vicende umane. Sono gli apri-pista di chi poi, di questa follia, raccoglierà i frutti. Spesso i colpi di genio altro non sono che lampi di una folgorante follia!

    Corocher coinvolge Vittorino Andreoli e Mario Tobino, quali luminari delle Neuro-Scienze.

    Vittorino Andreoli, Veronese, Neuro-Chirurgo e Ricercatore. Il comportamento dell’uomo e la follia sono il fulcro dei suoi interessi. Vittorino Andreoli ha affermato di credere in un dio alla maniera di Einstein, definendosi deista e rigettando l’idea del caso all’origine dell’Universo. Importante questa precisazione per enfatizzare la sua laicità scientifica, nei suoi studi e nelle sue considerazioni, da condizionamenti teologici. Si oppone fermamente alla concezione lombrosiana del delitto secondo cui il crimine veniva commesso necessariamente da un malato di mente e sostiene la compatibilità della normalità con gli omicidi più efferati.

    (Nel testo Corocher fa riferimento ad un anaffettivo femminicida).

    Nel periodo compreso tra il 1962 e il 1984, Vittorino Andreoli ha formulato e, per certi aspetti anticipato, l’importanza della plasticità encefalica come luogo per la patologia mentale e, dunque, ha sostenuto e sostiene che l’ambiente contribuisce a strutturare la biologia della follia insieme all’eredità genetica.

    Mario Tobino, Versiliese.

    Le forze motrici della sua esistenza, principalmente,

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