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Sospetti (eLit): eLit
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E-book218 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Il pericolo è in agguato nelle scure profondità della palude.

I sospetti dell'avvocato Lorena Fortier sulla morte del padre la portano in una piccola cittadina nella zona delle Everglades, in Florida. Lì, dopo poco, qualcuno, o qualcosa, comincia a mietere vittime innocenti e lei non sa cosa pensare. Oltre a questo, l'attrazione non proprio innocente che prova per il poliziotto Jesse Crane, coinvolto nelle indagini, non facilita la situazione. Anche lui potrebbe mentire, ma Lorena ha bisogno di fidarsi di qualcuno e Jesse è la sua unica possibilità di salvezza.
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2017
ISBN9788858979136
Sospetti (eLit): eLit
Autore

Heather Graham

New York Times and USA Today bestselling author Heather Graham has written more than a hundred novels. She's a winner of the RWA's Lifetime Achievement Award, and the Thriller Writers' Silver Bullet. She is an active member of International Thriller Writers and Mystery Writers of America. For more information, check out her websites: TheOriginalHeatherGraham.com, eHeatherGraham.com, and HeatherGraham.tv. You can also find Heather on Facebook.

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    Anteprima del libro

    Sospetti (eLit) - Heather Graham

    Prologo

    Gli occhi lo fissavano al di sopra dello specchio d'acqua.

    Occhi senza anima, occhi di un predatore a sangue freddo, un animale addestrato da milioni di anni di esperienza a cacciare e uccidere.

    Appena visibili, gli occhi apparivano malefici e terribili come pozzi neri in un inferno buio.

    Il mostro preistorico lo guardava. E attendeva.

    Seduto sull'asse centrale del suo malconcio fuoribordo, Billy Ray Hare sollevò la lattina di birra in un brindisi rivolto alla temibile creatura. Socchiuse gli occhi nel tentativo di valutare le dimensioni della bestia, una stima azzardata perché la maggior parte dell'enorme corpo era nascosta dall'acqua. È bello grosso, pensò. Ormai non se ne vedevano più tanti così grandi da quelle parti. Billy aveva persino letto un articolo in cui si asseriva che gli alligatori nelle Everglades si stavano indebolendo e riducendo di dimensione poiché sopravvivevano nutrendosi di insetti e piccole prede. Tuttavia, di tanto in tanto, gli capitava ancora di avvistare qualche enorme bestione che prendeva il sole sulle rive di un canale della zona paludosa.

    Billy sentì un rumore frusciante provenire dalla riva del canale e si voltò. Un alligatore più piccolo, forse un metro e venti di lunghezza, si stava muovendo. Nonostante l'aspetto brutto e goffo, la creatura si spostava sul terreno con mosse agili, aggraziate e fluide. Con una velocità che metteva i brividi... Il rettile più piccolo si lasciò scivolare lungo la riva viscida e si immerse in acqua. Billy rimase a osservare. Conosceva sia i canali sia gli alligatori alla perfezione e sapeva che la sfortunata gru che stava tentando di recuperare il pasto a riva era ormai spacciata.

    «Ehi, uccellino!» modulò con voce lieve. «Non hai visto il sole? È ora di cena, piccolo, ora di cena.»

    L'alligatore si immerse completamente nell'acqua, il corpo che spariva del tutto sotto la superficie sulla quale rimasero visibili solo i due occhi maligni.

    Pochi secondi dopo l'animale parve esplodere proiettato fuori dall'acqua, le fauci spalancate. L'uccello lanciò uno strido: le sue ali bianche batterono pateticamente, freneticamente. Ma le grandi mascelle si richiusero con uno scatto. L'alligatore scosse con violenza la testa avanti e indietro, con una forza demoniaca. Poi tornò a immergersi per dare alla vittima il colpo di grazia, annegandola.

    «Che brutto questo mondo in cui ci si mangia l'uno con l'altro» mormorò Billy con voce amara. Bevve l'ultima goccia di birra Allungò la mano verso un'altra lattina e in quel momento si rese conto di aver finito la confezione da dodici. Imprecando, notò che il grande alligatore dall'altra parte del canale non si era mosso. Quei gelidi occhi di rettile, malvagi come quelli di Satana, continuavano a sorvegliarlo. Billy gettò la lattina verso il bestione. «Mangiati questa, brutto bastardo!» gracidò e scoppiò a ridere. Poi tornò a tacere e si guardò attorno, pensando per un attimo che Jesse Crane potesse essergli alle spalle, pronto a saltargli addosso per aver profanato il suo prezioso buco di fango e sozzura. Ma Billy Ray era solo nella palude. Solo con gli insetti, i rettili e gli uccelli, senza più birra e senza un dannato pesce che abboccasse. «Bang, bang, sei morto! Io ho fame ed è ora di cena. Maledetti ambientalisti!» Tempo addietro, avrebbe potuto uccidere l'alligatore. Ora quelle malefiche bestie erano protette. Era necessario aspettare l'apertura della stagione di caccia agli alligatori per uccidere qualche esemplare da poco e anche in quei frangenti era necessario considerare tutta una serie di limitazioni. Già, per fare fuori uno di quei maledetti assassini bisognava rispettare delle norme rigide. Un vero peccato. Un tempo, un alligatore come quello avrebbe fruttato un bel gruzzolo...

    Guadagnavano un sacco di soldi giù al centro per gli alligatori. Il vecchio Harry e quel suo amico scienziato, quel fetente australiano che pensava di essere l'alter ego di Crocodile Dundee, e anche Jack Pine, l'indiano Seminole, oltre a tutti gli altri. Si intascavano un bel po' di verdoni grazie ai coccodrilli. Maledetto Jesse, che adesso faceva parte della polizia tribale, e anche la dannata legge per i bianchi.

    Billy Ray scosse il capo. Che il diavolo si portasse all'inferno Jesse Crane e tutta la sua gente. Ne sapeva sempre di più degli altri. Alto e scuro, maledettamente troppo bello e potente, un piede nella palude, l'altro solidamente piantato nel mondo dei bianchi. Educazione universitaria e un bel po' di soldi, per la precisione il denaro della sua defunta moglie. Che scomparisse insieme a tutti gli ambientalisti. E anche a tutti i bianchi. Erano stati loro a rovinare la palude, tanto per cominciare. Mentre tutto il paese non faceva altro che strillare a favore dei diritti... paghe uguali per le donne, giustizia effettiva per i neri, aiuti per i rifugiati... Jesse Crane non si accorgeva che gli indiani, i nativi americani, marcivano ancora nelle paludi. Jesse aveva l'abitudine di scrollare le spalle e fissarlo con quei suoi gelidi occhi verdi, eredità dei bianchi, e dirgli che nessun uomo pallido lo costringeva a comportarsi come un farabutto, come uno sporco alcolizzato che godeva a picchiare la moglie. Jesse voleva che Billy Ray finisse in galera. Ma Ginny, che il cielo benedicesse il suo grasso e brutto posteriore, Ginny non avrebbe mai sporto denuncia contro di lui. Lei sapeva bene quale fosse il posto che una moglie doveva tenere.

    Alcolizzato. Col cavolo! Lui no di certo. Dio, come voleva un'altra birra. Maledetto Jesse Crane.

    «E maledetto anche tu» disse a voce alta, fissando l'alligatore. Quegli occhi neri non si erano mossi. La creatura lo stava ancora fissando come una sorta di preistorica sentinella. Magari era persino già morto. Billy socchiuse le palpebre, guardando con attenzione. Adesso era più difficile vedere perché stava imbrunendo. Era ora di cena.

    Il tramonto. Era quasi sera. Billy non sapeva che cosa desiderasse di più: se qualcosa da mangiare o un'altra birra. Non aveva né l'uno né l'altra.

    Il cielo era rosso e arancione, le meravigliose sfumature del sole che si tuffava oltre l'orizzonte. Mentre spariva, creava una distesa colorata, bellissima e fantasmagorica, sulla superficie dell'acqua, ammantandone anche i rami degli alberi che crescevano ai lati. Le Everglades avevano assunto un particolare aspetto, simile a un infinito fiume d'erba. Ogni cosa aveva cambiato sfumatura. Gli uccelli bianchi si erano chiazzati di rosa e oro e persino il caldo opprimente si era fatto più sopportabile. Billy Ray era certo che Jesse non avrebbe sdegnato di sedersi su un ciocco di legno a pensare che quel luogo... con la sua aria densa di zanzare e la puzza di marcio... fosse qualcosa di molto simile al paradiso. Che era la sua terra. Be', lui avrebbe voluto urlargli in faccia che loro non erano i primi nativi americani che abitavano lì. I primi erano stati spazzati via da quelle zone con una ferocia quasi disumana. Ma Jesse sembrava non considerare queste cose, per il solo fatto di essere mezzo indiano si sentiva il protettore di quel reame incantato.

    Billy sorrise. Maledetto Jesse! Gli dava gran piacere formulare pensieri cattivi su quell'uomo.

    Una gru lanciò il suo richiamo sopra la testa di Billy Ray, poi effettuò una lenta planata e si abbassò per pescare la sua preda in acqua. Quando risalì in aria, aveva un pesce nel becco. Uccello furbo... si cibava e volava via senza aspettare di diventare a sua volta un'esca. In effetti, era una scena magnifica, pensò acido Billy. Degna di National Geographic. Sembrava un meraviglioso quadro. La maledetta gru si era procurata la cena, il piccolo alligatore aveva catturato il suo pasto e Billy Ray era riuscito solo a procurarsi un'insolazione e un mal di testa da birra.

    E poi c'era quell'altro alligatore. Abbastanza grosso da mangiarsi quello piccolo in un solo boccone. Diavolo, poteva misurare almeno tre metri. Ma anche di più. Billy non poteva essere certo delle sue dimensioni. Sapeva solo che era enorme, punto e basta. E lo stava ancora fissando. Con occhi che scintillavano come onice alla luce morente del sole. Senza muoversi. Senza battere nemmeno le palpebre.

    Forse quel grande alligatore era veramente morto. Forse Billy sarebbe riuscito ad agganciarlo, spellarlo e mangiarlo prima che quegli impiccioni degli ecologisti potessero accorgersi di che cosa era accaduto. Ginny era una maestra nel cucinare la carne di alligatore. L'aveva preparata in molti ristoranti alla moda quando questi avevano iniziato a metterla nei loro menu. Accidenti, con quell'esemplare avrebbero avuto carne per settimane...

    «Ehi, tu, brutta bestia!» lo apostrofò Billy Ray. Si alzò e la barca beccheggiò. Meglio sedersi. La birra aveva avuto effetto su di lui più di quanto avesse immaginato. Prese il remo e cominciò ad avvicinarsi lentamente all'alligatore. L'animale ancora non si mosse. Sollevò il remo sopra l'acqua. Poi, di colpo, si rese conto, di quanto era stato stupido. L'alligatore era vivo. Bastava vedere come stava nell'acqua.

    E come gli occhi lo fissassero.

    Come il piccolo alligatore aveva guardato la gru.

    «Oh, no, brutto bastardo!» gridò Billy Rae. «Non metterti strane idee in testa. È ora di cena per me

    Come se fosse stato sfidato, l'animale cominciò a muoversi. Billy Ray riuscì a vedere il corpo che sembrava non finire mai.... Tre metri, tre metri e mezzo... quattro. Era l'alligatore più grande che avesse mai visto in tutta la sua vita... forse era un coccodrillo marino sconfinato nella palude. Ma no, lui sapeva riconoscere un coccodrillo e sapeva che non si era sbagliato. Quell'animale aveva il muso largo e le narici nettamente separate. E in quel momento si stava avvicinando dolcemente a lui, il corpo massiccio che scivolava nell'acqua. Più veloce... sempre più veloce.

    Billy aggrottò la fronte e scosse il capo. Doveva essere veramente ubriaco. Gli alligatori non hanno l'abitudine di nuotare verso le barche. Possono addentare la mano che qualcuno incautamente ha immerso nell'acqua, ma Billy lo aveva visto fare solo una volta da una femmina che voleva difendere la nidiata.

    Diavolo, dove era il suo fucile? Doveva averlo sicuramente messo in barca...

    Incapace di distogliere lo sguardo dagli occhi minacciosi della bestia, frugò sul fondo del natante alla ricerca del fucile. L'afferrò. La creatura stava ancora avanzando. Billy si alzò e prese la mira.

    Sparò e la colpì. Sapeva di averla centrata.

    Ma l'alligatore continuò ad avanzare.

    L'animale centrò la barca.

    Billy Ray cadde nell'acqua.

    Il sole era tramontato.

    Tutto era nero e Billy non riusciva a vedere attorno. Cominciò a nuotare freneticamente verso riva. Aveva colpito quel bastardo, ne era certo. Ma chissà quanto tempo avrebbe impiegato a crepare. Era stato uno stupido, ma se fosse uscito di lì non avrebbe più toccato una goccia d'alcol...

    La testa dell'alligatore apparve un attimo accanto a lui e Billy vide ancora quegli occhi freddi, brutali e spietati. Poi l'animale si immerse e pochi secondi dopo Billy cominciò a urlare fino a quando una forza immane non lo trascinò sotto.

    Billy Ray aveva avuto ragione: era ora di cena...

    1

    In un primo momento sembrò che il suono della sirena non fosse nemmeno penetrato nella coscienza della persona al volante.

    O era così, oppure quella Lexus aveva intenzione di gareggiare in velocità con lui per tutto il percorso nella zona meridionale dello stato fino alla città di Naples, pensò irritato Jesse Crane.

    Era abbastanza naturale premere sul pedale dell'acceleratore... quello era probabilmente il tratto di strada più lungo e strano del mondo, molte miglia di erba, fango e canali, intersecati di tanto in tanto da una stazione di rifornimento, un negozio di ricambi, piste d'atterraggio e accampamenti dei Miccosukee.

    Ma dopo aver superato il casinò, dirigendosi verso ovest, le tracce di civilizzazione diventavano sempre più rare e distanziate. Tuttavia, rimaneva una strada pericolosa. Una lunga serie di autisti spericolati con le loro manovre azzardate di sorpasso aveva causato parecchi incidenti mortali.

    Jesse di solito lasciava perdere quando notava che il conducente, pur superando il limite di velocità, sembrava avere una certa dimestichezza con la guida.

    Ma quella Lexus...

    Alla fine il guidatore sembrò accorgersi di essere seguito da una macchina a sirene spiegate e con le luci lampeggianti.

    Mentre Jesse accostava l'auto al ciglio della strada, scorse una testa bionda che si abbassava... l'occupante stava cercando i documenti di circolazione. O una pistola? Quella zona era ampiamente frequentata da delinquenti di ogni risma perché era abbastanza isolata e offriva buone possibilità di portare a termine, impuniti, una numerosa serie di misfatti. Con prudenza, come era nel suo carattere, Jesse scese dall'auto.

    Mentre si avvicinava all'auto, il finestrino venne abbassato. Un viso femminile si sporse verso di lui. Jesse venne preso in contropiede ed esitò qualche secondo.

    Quella donna era bellissima. Non solo attraente. Era incantevole. I capelli biondi brillavano alla luce del sole. I tratti del volto erano delicati. I grandi occhi nocciola erano screziati di verde e grigio. Le ciglia erano lunghe e folte. Le labbra carnose erano simili alla madreperla rosata. Perfette per la pelle chiara e il colore dei capelli.

    «Stavo guidando troppo veloce?» chiese la bionda, parlando con un tono come se lui fosse solo un evento senza importanza nella sua vita.

    Sì. Era quel genere di donna che poteva stregare un uomo. Ma c'era anche qualcosa di terribilmente irritante in lei!

    Il rumore soffocato di qualcosa che cadeva in acqua attrasse l'attenzione di Jesse. La donna girò la testa e rabbrividì mentre lo sguardo di entrambi si posava sul canale. Un piccolo alligatore aveva abbandonato il punto soleggiato dove era rimasto immobile fino a quel momento e si era tuffato in acqua.

    Di nuovo la donna si voltò a guardare Jesse, concedendogli tutta la propria attenzione. Lo osservò concentrata per qualche istante. «È... uno scherzo?» chiese poi.

    «No, signora. Nessuno scherzo» tagliò corto lui. «Libretto e patente, per favore.»

    «Ma stavo superando i limiti di velocità?» domandò ancora lei, questa volta in tono più preoccupato.

    «I limiti? Oh, sì» rispose. «Libretto e patente, per favore.»

    «Ma di sicuro non andavo così veloce» ribatté lei. Adesso lo stava fissando intensamente, non più distratta. Aggrottò la fronte. «Ma lei è davvero un poliziotto?» domandò di punto in bianco.

    «Sì.»

    Lei si voltò a guardare la sua auto. «Ma quella non è un'auto della stradale.»

    «No, non sono della polizia.»

    «E allora...»

    «Miccosukee. Polizia indiana» la informò succinto.

    «Polizia indiana?» ripeté lei e tornò a fissarlo. Jesse si sentì montare la mosca al naso. Era come se lei con quel tono avesse voluto lasciar intendere che il corpo a cui apparteneva non aveva alcuna autorità.

    «Questa è la mia giurisdizione» disse brusco. «E adesso, per l'ultima volta: patente e libretto.»

    La donna digrignò i denti, mentre l'espressione di curiosità veniva sostituita da una di sfida. Poi, con movimenti che tradivano la sua irritazione, infilò la mano nel portadocumenti nel cruscotto. «Ecco il

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