Indagine bollente (eLit): eLit
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Samantha Hunter
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Indagine bollente (eLit) - Samantha Hunter
successivo.
1
Sarah Jessup si stiracchiò languidamente sotto i caldi raggi del sole. A fine giugno, gli alberghi di Virginia Beach erano già gremiti di villeggianti: bambini che giocavano sotto lo sguardo attento delle madri, e la solita folla in bikini desiderosa di vedere e farsi vedere. Sarah era senza dubbio tra quelle che volevano farsi vedere.
I lunghi capelli ricci avevano lasciato il posto a un taglio estivo piuttosto sbarazzino che dava risalto ai lineamenti del viso marcati. Gli occhi azzurri, celati dietro grandi occhiali da sole scuri, si restrinsero mentre lei scandagliava la scena. Mettendosi comoda sulla sedia, sollevò un ginocchio in modo che la stoffa impalpabile del copricostume fluttuasse attorno a sé.
Si spalmò un altro po' di crema solare sulla pelle delicata della coscia e sorrise civettuola a qualche passante maschio che chiaramente apprezzava i suoi sforzi. Non voleva abbronzarsi, benché il costume che indossava esponesse gran parte della pelle al sole, quindi stava prendendo qualche precauzione.
Cresciuta nell'area di New York City, e quindi avvezza ai climi nordici, si era trasferita in Virginia soltanto nell'agosto precedente, quando aveva accettato un nuovo incarico come investigatrice di reati informatici per il dipartimento di polizia di Norfolk. Mai e poi mai si sarebbe immaginata un lavoro così perfetto.
Prima di unirsi alla squadra, sbarcava il lunario facendo l'hacker part-time nel suo minuscolo appartamentino a Brooklyn, scovando siti porno su Internet e mettendo a parte di quanto scoperto i federali. Le era sempre piaciuta l'ironia di infrangere la legge per farla rispettare.
Nella ristretta comunità degli hacker, aveva conosciuto persone grazie alla cui zelante, anche se non proprio lecita, collaborazione era riuscita a inchiodare veri e propri squali. Erano amici, sapevano ciò che faceva ma non perché, e non glielo avevano mai chiesto. Eppure l'avevano aiutata, e lei a sua volta aveva aiutato l'FBI.
Era stato così che aveva conosciuto Ian Chandler, il fuoriclasse dell'FBI a cui era arrivata buona parte delle sue informazioni. Una volta appesi i guanti da federale per dirigere una squadra tutta sua a Norfolk, l'aveva ingaggiata.
E adesso eccola lì, con un impiego redditizio che le consentiva di esprimersi al meglio e di guadagnare abbastanza per pagarsi l'affitto e comprarsi tutti i gadget elettronici che desiderava.
Sarah scrutò il pallido orizzonte sull'oceano. Negli ultimi sei mesi, tra le missioni e il corso accelerato all'Accademia di polizia di Norfolk, non si era presa neanche un giorno di respiro, eppure era più felice che mai.
Sorrise quando un aitante ventenne le sfilò accanto, regalandole una panoramica del suo didietro perfetto, impreziosito da un paio di bermuda rossi attillati. Le gambe forti e muscolose si divaricarono leggermente a V mentre lui le si piazzava davanti parlando al cellulare. Sarah si slacciò il nodo del copricostume, se lo sfilò e si abbassò a ripiegarlo con cura prima di distendersi.
Il ragazzo si spostò appena, il telefonino non proprio nella posizione più idonea a una conversazione, e Sarah si esaltò. Si allungò di nuovo e lasciò che un piede cadesse a fianco della sedia, le dita che giocherellavano nella sabbia. Voleva essere certa di avere in pugno la sua attenzione. L'aveva eccome. E aveva in pugno anche lui.
Lo salutò con un cenno provocante, anche se il giovanotto pareva guardare altrove. Raggelò.
Bingo.
L'attimo dopo era schizzato via come un fulmine e Sarah lo marcava stretto. Era veloce, ma non si poteva certo dire che lei fosse da meno. Quasi un metro e ottanta di altezza, era tutta gambe e filava come un bolide. Inoltre era molto, molto motivata.
Il bellone si stancò assai presto, si voltò trafelato e le rivolse un sorriso seducente. «Ehi, bellezza.»
Sarah si avvicinò, il tono amichevole. «Bella giornata, vero?»
Il ragazzo sembrava nervoso e si guardava attorno. Indietreggiò. «Sì. Fantastica.»
«Eppure, non capisco perché le persone che vengono in questo posto meraviglioso e rilassante passino il loro tempo attaccate al cellulare.»
«Alcuni hanno affari da sbrigare.»
«E quali affari devi sbrigare tu?»
Scorse il suo fremito di terrore e seppe di averlo incastrato.
«Perché non mi dai il telefonino e parliamo delle foto che mi stavi facendo?»
Lui sogghignò. «Sei pazza.»
«Davvero? Giurerei invece che tu abbia fatto dei bei primi piani alle mie parti intime. Sono settimane che batti questa spiaggia. Ho visto che le foto delle tue improvvisate modelle finiscono in rete, e, lasciatelo dire, non sono per niente lusinghiere.»
Il ragazzo la fissò un istante, incerto sul da farsi. Poi lanciò il telefono in acqua e tagliò la corda.
«Bastardo!»
Sarah balzò in direzione dell'apparecchio e riuscì ad acchiapparlo al volo, cadendo sulla battigia. L'impatto la lasciò senza fiato, ma si riprese in un attimo e si precipitò lungo il bagnasciuga. Dopo una breve corsa, agguantò la caviglia del delinquente e lo atterrò con violenza. Trasalì, sentendo qualcosa di aguzzo penetrarle nella coscia, ma lo ignorò.
Si sedette sul fondoschiena del ragazzo, piantandogli il tallone sulla nuca ed esercitando una lieve pressione. Allungando lo sguardo, notò il cellulare intatto sulla sabbia e un bagnino che correva verso di loro.
«Che succede qui?» L'uomo le guardò la gamba sanguinante. «È ferita.»
«Niente di grave. Avrò calpestato un vetro.»
«Vado a prendere il kit del pronto soccorso, ma forse... ehm, dovrebbe lasciare il ragazzo.»
«No. È in arresto.» Gli sorrise. «Sarah Jessup, polizia di Norfolk. Mi spiace, non ho il distintivo con me.» Accennò alla mise succinta. «Ma quest'uomo è ricercato per attività criminali. Potrebbe chiamare il distretto locale e fare rapporto?»
Gli diede il numero di telefono e quello del distintivo. «Le confermeranno la mia identità e manderanno i rinforzi. Può usare quello.» Indicò il cellulare sulla sabbia.
Il bagnino sembrava un tantino confuso, ma ubbidì e le porse il telefono appena ebbe riagganciato. Poi, con un cenno del capo, si allontanò.
Qualche ora dopo, Sarah batteva a macchina l'ultima pagina del rapporto, grattandosi la coscia di tanto in tanto. Alla fine, come da procedura, le era toccato andare in ospedale a farsi mettere i punti.
Ian fece capolino sulla porta. «Mi hanno detto che ti sei ferita. Che cosa è successo? Stai bene?»
Le braccia conserte sul petto e un sopracciglio scuro inarcato, le lanciò lo sguardo fisso di sempre. Eppure vi era un accenno di approvazione nei suoi occhi, il riconoscimento di aver fatto un buon lavoro.
«Sì, sto bene.» Poi, con tono più scanzonato, disse: «Bella camicia, capo».
Ian si guardò la fantasia hawaiana piuttosto carica e scrollò le spalle. «Grazie. Me l'ha comprata Sage. Oggi facciamo un salto in spiaggia, e magari cuciniamo qualche hot dog. Credevo fosse anche la tua giornata libera, o no?»
«Ehi, io mi stavo crogiolando al sole finché quell'idiota non ha iniziato a scattarmi delle foto per il suo sito. Mi spiace che ti abbiano chiamato. È solo un taglio. Sto bene.»
«Non importa. Voglio saperlo, quando qualcuno si fa male. Ma il punto è che non dovevi lavorare, quindi immagino sia stato un caso... non è che lo hai inseguito o roba simile, vero? Non avevi idea che fosse là. È successo e... basta?»
Sarah sapeva bene con chi aveva a che fare, ma non lo avrebbe mai ammesso.
«Tutto lavoro e niente svago, Sarah...» Ian scosse la testa.
«Tu lo avresti lasciato andare? Hai visto quel sito? Sono mesi che scatta foto sotto le gonne di povere donne ignare, al parco, al centro commerciale, ma quelle sulla spiaggia erano le peggiori. La Virginia è uno dei pochi stati con una legislazione efficace per questo tipo di reato e io intendo farla applicare.» Poi aggiunse: «Come ti sentiresti, se fosse Sage a finire sullo schermo di qualcuno?».
Sarah seppe di avere colpito nel segno quando qualcosa di pericoloso guizzò negli occhi del suo capo. La sua fidanzata, Sage, aveva scontato cinque anni di prigione e Ian aveva studiato ogni singolo dettaglio del caso. Loro due si erano messi insieme quando Ian aveva costituito la squadra su richiesta del dipartimento. Il detective E.J. Beaumont e Sarah gli avevano dato manforte nella caccia a un hacker assai tosto, un ex ragazzo di Sage che l'aveva convinta a prendersi la colpa per un virus informatico da lui creato e messo in circolazione.
Sage aveva quasi rischiato la vita per aiutarli ad acciuffare l'uomo che le aveva rovinato la vita. Alla fine, le avevano ripulito la fedina e, nell'ultimo anno, si era impegnata a fondare un'agenzia di sicurezza informatica tutta sua. Nel frattempo, Ian era diventato sempre più ansioso di portarla all'altare.
«Hai ragione, certo, ma devi prenderti una pausa. Ti verrà un esaurimento. Hai bisogno di più equilibrio nella tua vita.»
«Sto benone.»
Ian guardò di sfuggita l'orologio. «Devo andare, ma dico sul serio. Lavori troppo.» Alzò la mano per frenare l'obiezione che le stava per uscire di bocca. «Hai fatto un ottimo lavoro, non mi sto lamentando, ma voglio che ti prenda una pausa. Anzi, ti ordino una vacanza con effetto immediato. Due settimane di divertimento. È un ordine.»
Sarah non riusciva a credere alle proprie orecchie. Ma non era contro la Costituzione? «È ridicolo. Non voglio, né ho bisogno di una vacanza.»
«Eccome. Ultimamente, io e Sage siamo andati in un bel villaggio turistico a Cape Charles, è piccolo e vicino. Organizzo tutto io, tu non dovrai fare altro che presentarti lunedì. E niente portatile, quello resta qui.» Le lanciò un sorrisetto malefico. «E per tua informazione, non sono permessi neanche cellulari o agende elettroniche.»
Sarah sentì il viso perdere colore. «No, Ian, ti prego...»
«O vai lì o ti iscrivi al programma antistress che inizia questa settimana. A te la scelta.»
Il respiro le venne meno. Il programma antistress era un vero incubo, tutti facevano l'impossibile per evitarlo: sei settimane di respiri profondi e condivisione delle emozioni. No. In base a una mera questione di numeri, decise che due settimane di tortura erano pur sempre meglio di sei.
«D'accordo. Dimmi che cosa devo fare e ci andrò.»
La sua voce era così tesa e infelice che Ian ridacchiò, scuotendo la testa e voltandosi. «Sarah, voglio che ti goda un po' la vita. Voglio che ti rilassi. Magari ti piacerà anche.»
Sarah ripiombò sulla sedia, il dolore alla gamba che pulsava con maggiore insistenza mentre si chiedeva com'era potuto accadere. Vacanze? Niente computer? Niente cellulare? Niente lavoro?
E dire che pensava che Ian provasse simpatia per lei.
Logan Sullivan si fermò un istante sui gradini che conducevano all'ampia veranda del Chesapeake Inn. Si sentiva come se stesse per entrare in