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E-book235 pagine3 ore

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Info su questo ebook

Quando un furto nasconde molto di più.



Sam Tremaine lavora per la CIA e sta con il fiato sul collo al trafficante d'armi e droga Oppenheimer. Gli mancano però prove tangibili. Per questo contatta la bella Juliette Marrow, abilissima ladra di professione, e con un ricatto la convince a entrare furtivamente nella villa del magnate. Juliette ha un conto in sospeso con Oppenheimer, perciò questa è un'occasione d'oro per prendersi una rivincita, e per di più legalmente. O quasi. Perché Juliette non si accontenta di mettere a segno il colpo.
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2017
ISBN9788858972069
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    Anteprima del libro

    Licenza di rubare (eLit) - Kylie Brant

    successivo.

    1

    Era ladra di professione. La migliore sulla piazza.

    Sam Tremaine osservava la donna sorridente che volteggiava nel salone da ballo, passando da un cavaliere all'altro. Nello sfarzoso scintillio del ricevimento che si teneva nel consolato americano di Parigi, lei spiccava per bellezza ed eleganza, attirando gli sguardi ammirati degli uomini e suscitando l'invidia delle altre signore presenti.

    Sam fece scorrere un indice lungo il gambo della flûte di cristallo che stringeva in mano, ancora colma di champagne. Non c'era da sorprendersi se lei si sentiva così a proprio agio in quell'ambiente. Forse aveva accettato l'invito che Sam le aveva fatto mandare perché lo reputava un doveroso omaggio alla sua persona. Le giovani di bell'aspetto e senza legami erano ricercate da padroni di casa che speravano di attirare alle loro feste personaggi illustri e potenti. E nessuno degli altri ospiti aveva motivo di guardare al di là di quel sorriso abbagliante; di sospettare che sotto quel bel viso si nascondesse una coscienza sporca.

    Le fotografie che Sam aveva di lei non le rendevano giustizia. Le rivide una per una, facendole scorrere sullo schermo della mente. Ne aveva un dossier pieno: tutte scattate con il teleobiettivo, a sua insaputa. Le piatte immagini bidimensionali non riuscivano a cogliere l'energia che sembrava sprizzarle intorno, la sua vivacità. Le informazioni che era riuscito a mettere insieme sul suo conto, invece, erano pochissime. Juliette Marrow era una creatura avvolta nel mistero.

    Sam svuotò il bicchiere, lo posò sul vassoio di un cameriere in giacca bianca e rifiutò l'invito a servirsi ancora. Voleva essere sobrio e lucido, per affrontare al meglio la mossa successiva di quella partita.

    Perché in fondo di questo si trattava: di un gioco. Di una gara di astuzia, di bravura e di coraggio. E come sempre, avrebbe vinto lui.

    La stava osservando da quando era entrata in sala e aveva fatto in modo che lei ne fosse consapevole. Ma per quanto avesse concesso cordiali sorrisi a tutti i suoi cavalieri, la signorina Marrow aveva evitato di guardare nella sua direzione. Forse avvertiva in lui un pericolo. Un punto a suo favore: aveva fiuto.

    Con passi decisi, Sam attraversò la pista da ballo e individuò il momento esatto in cui lei lo vide arrivare. La maschera di giovialità che portava in viso sembrò scivolare mentre nei suoi occhi si accendeva un lampo... di paura? No, forse di sospetto. Un istante più tardi, scrutò la sala, come in cerca dell'uscita più vicina.

    «Escusez-moi. Puis-je avoir le plaisir de dancer avec cette belle dame?»

    Il gigante stempiato che stava ballando con Juliette fece una spallucciata di fronte a quella richiesta e si tirò indietro. E Sam fu pronto a prendere il suo posto, avvolgendo la signora tra le sue braccia. Vedendola così da vicino, mise a fuoco ancora meglio la sua espressione riluttante. Soprattutto guardinga.

    «Monsieur Tremaine, l'avvocato americano. Qual buon vento la porta nella nostra città?»

    Il tono civettuolo non bastò a dissimulare il concreto interesse contenuto nella domanda. Era riuscito a turbarla, o per lo meno a incuriosirla, tenendole gli occhi puntati addosso per tutta la sera. Poteva perciò ritenersi soddisfatto, tanto personalmente che professionalmente. «Sa chi sono, quindi. Dovrei sentirmi lusingato?»

    «Ne dubito. Ha l'aria di un uomo a cui le lusinghe non fanno né caldo né freddo.»

    Sam sorrise di quell'acuta osservazione. Tutti i suoi istinti si misero all'erta mentre l'adrenalina prendeva a scorrergli nelle vene. Senza un degno avversario, non c'era gusto a cimentarsi in un'avvincente partita.

    «Per lei, potrei fare un'eccezione.» Sentì una fitta alla coscia sinistra, all'altezza della ferita che non si era ancora del tutto rimarginata. Cercò di alleggerire il carico su quella gamba e si mosse più lentamente, oscillando appena al ritmo della musica. Lei lo seguiva, ma Sam la sentiva rigida sotto la mano che le teneva posata sulla schiena.

    «Anch'io so come si chiama. Juliette Marrow.» Attese un istante prima di aggiungere: «O preferisce il soprannome coniato per lei dalla stampa francese? Le petit voleur. Il ladruncolo».

    Osservò con interesse la reazione della ragazza. In quegli enormi occhi scuri vide accendersi qualcosa, che tuttavia non seppe individuare. Poi lei reclinò il capo all'indietro e scoppiò in una risata contagiosa, che fece girare diverse teste.

    «Voi americani avete tutti un bizzarro senso dell'umorismo o è una sua prerogativa?» chiese, quando si fu ripresa. Sembrava divertita.

    Se Sam non fosse stato sicurissimo di avere ragione, avrebbe potuto dubitare delle sue conclusioni. Ma non ebbe il minimo dubbio. La signorina che aveva di fronte era una gran bugiarda, oltre a essere una ladra.

    «Me lo hanno detto in tanti che ho uno spiccato senso dell'umorismo, ma ora non sto scherzando. E lei lo sa. Per questo il cuore le batte a cento all'ora.» Così dicendo, le sollevò una mano e premette le labbra sulla pelle del polso, per avere conferma di quella sua supposizione.

    «Non mi capita spesso di trovarmi tra le braccia di un uomo così attraente, signor Tremaine. Peccato che lei sia anche matto da legare.» La voce di Juliette era fredda, il suo sguardo diretto. «Dicono che ci sia stato un preoccupante aumento delle malattie mentali nel vostro paese, di recente. O forse nella sua professione la pazzia è considerata un incerto del mestiere.»

    Sam ridacchiò, suo malgrado. La ragazza parlava la sua lingua senza inflessioni e con un'ammirevole proprietà di linguaggio. «Le solite barzellette sugli avvocati: ce ne sono parecchie anche qui da voi, vero? Ma sa, ormai ci sono così abituato che non me la prendo più.» Intenzionalmente, le fece scivolare la mano lungo la schiena lasciata scoperta dal vestito e si compiacque nel sentirla rabbrividire. Quella reazione gli diede il pretesto di attirarla più vicina.

    Lei però gli posò entrambe le mani sul petto, mantenendolo a distanza. «Ho sentito dire che gli americani a volte idealizzano i criminali, dando loro una connotazione romantica. Devo dedurne, quindi, che poco fa avesse intenzione di farmi un complimento. Ma qui in Europa le consiglio di cambiare tattica, se vuole scherzare con una ragazza: non fa piacere a nessuno sentirsi dare della ladra.»

    Sam non cercò nemmeno di staccarsi quel sorriso dalle labbra. La partita non era ancora cominciata, e già si divertiva da matti. «Lei preferisce tutt'altro genere di scherzi, dico bene? Scherzare col fuoco. Col pericolo. Farla in barba alla polizia.» Abbassò il capo sul lato del collo di lei, lasciandosi distrarre per un istante dal suo profumo. «Sarei curioso di sapere che cosa le piace di più.» Le sussurrò quelle parole in un orecchio. «La fase della ricerca, lo studio dei particolari... o il furto vero e proprio? Il brivido di anticipazione che la percorre al pensiero che sta per mettere le mani su un grosso bottino? Lo sprezzo del pericolo, l'amore per il rischio le è entrato nel sangue al punto da spingerla a osare sempre di più? Domande che farebbero la gioia di qualsiasi psichiatra che si rispetti.»

    «Dallo psichiatra dovrebbe andarci lei. Anzi, che aspetta? Vada subito a fissare un appuntamento.» Juliette lo spinse con forza, tentando di liberarsi. Ma le braccia di lui la serrarono con più decisione.

    «Scoprirà presto che è molto più facile sfuggire alla polizia che al sottoscritto. Prenda la polizia tedesca del mese scorso.» Lei non batté ciglio. Smise solo di respirare. «A proposito, complimenti per la scelta del Riemenschneider. Non è esattamente il mio artista preferito, per la verità: un po' troppo freddo per i miei gusti. Ma immagino che avesse già un compratore che le ha commissionato il lavoro. Un collezionista privato?»

    Juliette aveva smesso di fingere di ballare, perciò si arrestò anche Sam. Anche perché la coscia gli faceva male.

    Lei si armò di profondo disprezzo, prima di parlare. «La prego di scusarmi, ma ho una bassissima soglia di tollerabilità alla noia. E questa conversazione comincia a farmi sbadigliare in modo sconveniente.»

    «Allora andiamo a continuarla fuori. E le prometto che farò del mio meglio per non tediarla oltre.» Esercitò una leggera pressione sulla schiena di lei, con la mano.

    Juliette rimase inchiodata dov'era. Si voltò appena, incrociando lo sguardo del padrone di casa, Jean-Paul Rossière. «Ho provato a essere gentile, ma lei mi costringe a usare le maniere forti. Se non mi lascia in pace, e subito, chiederò al nostro ospite di farla accompagnare alla porta.»

    Rossière stava già venendo verso di loro attratto, sicuramente, dall'espressione smarrita che Juliette era stata così brava a simulare.

    «Buona idea» mormorò Sam, imperturbabile. Lui stesso fece cenno all'uomo di avvicinarsi. «Sono sicuro che Jean-Paul sarà felice di unirsi alla nostra conversazione. Sa, sua cugina ha sposato l'amministratore delegato della Safety Mutual International. Questo nome le dice qualcosa? È la compagnia di assicurazioni che in questi ultimi anni ha subito danni ingenti a causa dei colpi messi a segno dal petit voleur. Credo che resterà affascinato da quel che ho da dirgli.» Si raddrizzò, stampandosi sulle labbra un sorriso disinvolto.

    «Tutto bene, Mademoiselle Marrow? La serata è di suo gradimento?»

    «Per la verità, Jean-Paul...» cominciò Sam.

    «Io e il signor Tremaine stavamo giusto uscendo a prendere una boccata d'aria» intervenne Juliette, posandogli una mano su un braccio. «Una festa strepitosa, davvero. Ma ho ballato talmente tanto che ora ho bisogno di riprendere fiato.»

    «Certo, certo» replicò pronto l'altro uomo. «In effetti, c'è un po' d'aria viziata. E comincia a far caldo, qui dentro. Da quella parte, prego.»

    Si mossero nella direzione che veniva loro indicata, ma Sam non si lasciò ingannare dall'apparente arrendevolezza di Juliette. Quella pronta capitolazione non era tanto una dichiarazione di resa quanto il tentativo di spostare le ostilità su un campo di battaglia a lei più congeniale.

    La strategia poteva essere ammirevole, ma non avrebbe comunque funzionato.

    Oltrepassata l'ampia portafinestra, Sam passò davanti ad altre tre coppie che chiacchieravano sulla balconata e cercò un angolino tranquillo. La serata era limpida: l'aria frizzante ma gelida. Si sfilò la giacca dello smoking e la posò sulle spalle della sua dama, con un gesto cavalleresco che gli venne naturale.

    Lei lo fissò, ancora guardinga, e trattenne i lembi della giacca per impedire che le scivolasse sugli omeri nudi. Sam si era appoggiato alla balaustra di ferro battuto; con un altro gesto del tutto inatteso, ora la cinse per la vita e se la attirò in mezzo alle gambe, che aveva lasciato leggermente aperte.

    «Uno stratagemma a dir poco originale per attirarmi fuori e restare solo con me, devo dargliene atto.»

    Sam non le diede il tempo di illudersi che fosse davvero così. «Ci lasceranno in pace se pensano che ci siamo appartati per sbaciucchiarci.»

    Lei indietreggiò di quel poco che la stretta di Sam le consentiva. «Se è questo che sta cercando di fare, cominci a chiamare un'ambulanza.»

    Sam non rise della battuta. Era più concentrato sulla voce di lei che su quanto stava dicendo. «Dov'è cresciuta? A New York, scommetto. O a Philadelphia. C'è una leggera cadenza nel suo modo di parlare che non ha perso del tutto, nonostante questo delizioso accento francese che la maschera.»

    Lo sguardo di Juliette non vacillò. «Ah, ora ho capito: mi ha scambiata per un'altra persona. Che delusione.» A quel punto, sollevò una mano e gliela posò su una guancia. Era caldissima. «Di chiunque si tratti, non so se invidiarla o compatirla.»

    Fece per tirare indietro la mano, ma Sam gliela trattenne. «Invidiarla?»

    «Purtroppo, non capita tutti i giorni di incontrare un uomo così... virile. Perciò è comprensibile che la signora in questione sia disposta a sorvolare su certe altre sue qualità meno allettanti.»

    I loro sguardi rimasero allacciati, come quelli di due duellanti. Il cielo tempestato di stelle sembrava trasformare gli occhi di Juliette in due profonde pozze scure, nelle quali un uomo avrebbe potuto tuffarsi e perdersi. Già dentro l'aveva giudicata bella. Sotto quel chiaro di luna, gli sembrò stupenda. Aveva raccolto sulla testa i lunghi capelli neri, lasciandone libere alcune ciocche che le incorniciavano il viso: Sam era tentato di slegarglieli, di affondare una mano in quella serica massa mentre le ricadeva sulle spalle. Il vestito invece era un lungo tubino nero, tempestato di lustrini che scintillavano a ogni movimento.

    Juliette gli si fece più vicina.

    Di nuovo Sam si sentì solleticare le narici dal suo profumo sensuale. Il viso dall'incarnato di porcellana sembrava invitarlo a osare, ad allungare una mano per una lunga carezza infuocata. I suoi ormoni si destarono bruscamente, nonostante la ragione gli sconsigliasse di lasciarsi coinvolgere.

    Sollevando anche l'altra mano, e ignorando la giacca che scivolò per terra, lei posò la punta dell'indice nella fossetta sul mento di Sam. «Devo confessare che non mi sarebbe dispiaciuto incontrarti in circostanze diverse...»

    Quando si sollevò sulle punte dei piedi per posargli le labbra sulle sue, Sam capì che le posizioni si erano invertite. Era lei a dettare le regole del gioco, adesso. E il suo orgoglio maschile non accennò a protestare.

    La attirò su di sé e si lasciò baciare. La dolcezza di quelle labbra gli infiammò i sensi. Era come addentare un frutto esotico. O il frutto proibito. Un sapore squisitamente sensuale. La bocca di Juliette si schiuse e lui fu pronto a insinuarvi la lingua, per trovarvi un nettare anche più seducente. Gli diede alla testa più velocemente del suo Scotch preferito. Ed era mille volte più letale.

    Con un lento gemito, lei si abbandonò in quell'abbraccio. Per un istante, Sam provò a immaginarsi come sarebbe stato averla nuda tra le braccia. Juliette Marrow sarebbe stata un'amante focosa e appassionata. Fare l'amore con lei sarebbe stato come tuffarsi in una voragine colma di fiamme divoranti.

    Ma forse, cominciava a pensare, ne sarebbe valsa la pena.

    Staccò a fatica la bocca da quella di lei e notò che le pulsava una vena, alla base della gola. «Prova con quella sul davanti» le mormorò in un orecchio.

    «Che... cosa?»

    «Prova nella tasca davanti dei pantaloni. Il mio portafogli non è nemmeno lì, ma ci troverai qualcosa di altrettanto interessante.»

    Era preparato alla sua reazione, perciò fu pronto ad afferrarle i polsi prima che lei lo colpisse. Nel tentativo di strattonarsi, Juliette lo urtò con un fianco proprio sulla coscia sinistra, strappandogli un gemito di dolore. A quel punto, Sam si vide costretto a immobilizzarla serrandola tra le braccia e attirandosela di nuovo addosso.

    «Vous êtes fils d'une...»

    «Insultare mia madre non ti servirà a niente. Che stavi cercando? Non soldi, perché non ne hai certamente bisogno. Un documento di identità?» La sentì rispondere con uno sbuffo seccato. «Per quanto mi stessi godendo questa perquisizione, ti comunico che non ho l'abitudine di portare documenti con me. Non si sa mai: a una bella donna potrebbe venire in mente di mettermi le mani addosso per frugarmi le tasche.»

    Juliette gli rivolse un'occhiata torva che lui trovò adorabile. Si distrasse un istante ad ammirarla, perciò fu solo colpa sua se lei gli conficcò il tacco a spillo della scarpa sul piede.

    «Maledizione!» sussultò, spiazzato. Le diede una scrollatina. «Vedi di controllarti, Juliette. Altrimenti potrei perdere la pazienza con te, e non so se ti conviene.»

    La voce di Juliette si abbassò fino a divenire un sibilo minaccioso. «Come osi darmi della borseggiatrice? Potrei rientrare in quella sala e trovare almeno dieci uomini pronti ad accorrere qui fuori per prenderti a pugni e difendermi da un insulto simile.»

    «Strano, non trovi? Che ti senta insultata se ti do della borseggiatrice, ma non se ti do della ladra. Cercherò di ricordarmene. Ma sappiamo benissimo tutti e due che lì dentro non troverai nessuno disposto a difenderti.»

    «Ah, no?»

    «No. Perché se apri bocca, racconterò a tutti quello che so sul conto di Juliette Marrow. Non è molto, tutto considerato. Ma se avessi tempo, potrei scoprire molto di più.» Il problema era proprio quello: che non aveva tempo. E non aveva tutte le risposte alle domande che avrebbe voluto fare alla intraprendente signorina Marrow.

    Ovviamente, non era il caso di fargliele adesso.

    Lei abbassò gli occhi sulle sue braccia e Sam, intuendo che si era calmata, allentò la stretta. «Se avesse svolto un'indagine accurata e meticolosa, avrebbe scoperto che le petit voleur è un uomo. Perciò lo hanno soprannominato così.» Lo guardò come sfidandolo a smentirla. «Spero converrà con me che io invece sono una donna.»

    «Sottoscrivo in pieno. Quanto al nostro ladruncolo, quello è soltanto un soprannome che la stampa ha affibbiato all'autore di quei furti, usando il maschile per consuetudine o per una sorta di pregiudizio, se vuole. Chi penserebbe mai che lo scassinatore più in gamba di tutto il continente sia una donna, per giunta giovane e carina?»

    «Mi chiedo come avete l'abitudine di considerare le donne voi, in America. Qui, in Francia, siamo pronte ad ammettere che tra noi e gli uomini c'è un abisso. Non ci offendiamo se ci chiamano il sesso debole. È una realtà, in fondo: non abbiamo la vostra forza bruta, e forse nemmeno l'audacia necessaria per attuare i furti di cui mi accusa.» La sua mano tornò sul petto di Sam; un dito si infilò dentro lo sparato della camicia, sotto la quale lui non indossava niente. Era una manovra intesa a distrarlo e ad attirare l'attenzione di lui sulla sua femminilità. «Nel mio paese, non abbiamo problemi ad ammettere la nostra inferiorità o la nostra vulnerabilità nei confronti del sesso forte. D'altronde, non è sempre sgradevole sottomettersi...»

    Sam non sapeva se baciarla o applaudirla. Non fece nessuna delle due cose. «Scommetto che non ti è stato facile pronunciare queste belle frasette. Ma recitare fa parte della tua professione, dico bene?» Comprese dall'occhiata inviperita di lei che aveva colpito nel segno. «Non importa. Sappiamo entrambi che non dicevi sul serio. Ti fai beffe di mezzo mondo da così tanto tempo che non sai più nemmeno tu dove finisca la finzione e dove cominci la realtà.» Il lampo

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