Al cuor non si comanda: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Jenna non può rinunciare a quel lavoro...
Alex non può rinunciare alla sua segretaria...
Quando Jenna si presenta in un nuovo posto di lavoro, scopre che il suo capo è Alex, lo stesso giovane uomo che le ha offerto un caffè poche ore prima, nel bar in cui si erano rifugiati per la pioggia. È come un segno del destino. A partire da quel primo incontro fortuito, le vite dei due, che da subito si sono sentiti irresistibilmente attratti, non faranno che ingarbugliarsi in modo sempre più irreparabile, a dispetto del susseguirsi spasmodico di disavventure e incidenti che sembrano sempre sul punto di separarli. A un certo punto, la faccenda si complica, arrivando addirittura a mettere in discussione i loro sentimenti. Non rimane che fare chiarezza sulle rispettive posizioni, una volta per tutte! Largo alle confessioni, i segreti non sono ammessi.
Chantelle Shaw
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Al cuor non si comanda - Chantelle Shaw
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
His Secretary Mistress
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2006 Chantelle Shaw
Traduzione di Alfonsa Gucciardo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5892-568-3
www.harlequinmondadori.it
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1
«Sembra che il traffico sia completamente bloccato, signor Morrell. Vuole che provi a imboccare una strada laterale?»
«No, proseguo a piedi. Tu vedi se riesci ad andare avanti, Barton.»
Alex Morrell chiuse la valigetta ventiquattrore con un gesto deciso e digitò il numero dell’ufficio sul telefono cellulare.
«Margaret, sono bloccato in un ingorgo. Può controllare se gli appunti per il caso Danson sono completi? Mi servono per l’udienza di domani. Chieda alla nuova impiegata di trascrivere le parti evidenziate.»
Margaret Rivers esitò un momento prima di rispondere: «Non è ancora qui, ma, non appena arriva in ufficio...».
«Sono le nove e dieci!» esclamò Alex, irritato. Poi guardò la strada e il traffico impazzito, e pensò che forse la nuova impiegata aveva un buon motivo per essere in ritardo. Comunque, non era un buon inizio.
«Sembra che stia per piovere» annunciò Barton, l’autista, dopo aver dato un’occhiata al cielo plumbeo di ottobre. Ma Alex non si lasciò scoraggiare. Non sopportava l’inattività, e preferiva rischiare di bagnarsi sotto un’acquazzone piuttosto che stare seduto in automobile senza fare niente.
Aveva percorso solo qualche centinaio di metri, quando le prime gocce di pioggia si trasformarono rapidamente in una tempesta che lo costrinse a rifugiarsi in un bar. Mentre si precipitava verso la porta, si scontrò con una giovane donna che evidentemente aveva avuto la stessa idea.
«Accidenti, accidentaccio!» esclamò lei, mentre Alex la sosteneva con un braccio per impedirle di cadere. Le forcine si sparsero in tutte le direzioni, e quello che fino a un attimo prima era stato un perfetto chignon crollò rovinosamente in una massa informe di seta color ambra.
«Avrei dovuto dare retta a Dieci regole per sopravvivere al vostro primo giorno di lavoro, stamattina! Regola numero quattro: non dimenticate mai l’ombrello!» disse la ragazza, agitando una rivista sotto il naso di Alex.
«E la regola numero uno?» chiese lui, che non riusciva a staccare lo sguardo dal quel bel viso e dagli enormi occhi grigi.
«Arrivate in perfetto orario. E io sono tremendamente in ritardo. Sa che hanno soppresso senza preavviso il convoglio delle otto e cinque? Vorrei tanto sapere perché!» sbottò, mentre Alex non riusciva a trattenere un sorriso.
Era molto bella, e lui stesso era colpito da come aveva reagito alla sua presenza. Aveva conosciuto molte donne nella sua vita, soprattutto bionde, alte e slanciate. Ma questa ragazza aveva qualcosa di speciale. Forse erano gli zigomi pronunciati e la bocca tumida. Era snella, e piccola di statura, con la testa gli arrivava appena al petto. Sembrava vulnerabile, ma Alex sapeva che le donne sono molto più forti di quanto appaiano. Probabilmente questa giovane dall’aspetto delicato non faceva eccezione.
«Sono certo che il suo datore di lavoro si renderà conto che lei non ha potere sul servizio di trasporti londinese» cercò di rassicurarla. Ma quella scosse la testa, e i capelli formarono un alone luminoso intorno al suo viso.
«Non ci farei troppo conto. Pretende molto dai suoi dipendenti, ed è fissato con la puntualità. Almeno, così mi hanno detto.»
«Non lo conosce di persona?» chiese Alex, che per un istante aveva preso in considerazione l’ipotesi di una straordinaria coincidenza, per poi scartarla immediatamente. La sua nuova impiegata con contratto a termine era stata selezionata da Margaret, la segretaria personale di Alex, tra quelle inviate da un’agenzia di collocamento. Margaret gli aveva riferito solo che la ragazza assunta sembrava un tipo con la testa sulle spalle.
La ragazza che gli stava di fronte era bellissima, ma lui dubitava che fosse stata assunta per l’atteggiamento efficiente. Al contrario, sembrava piuttosto svanita. In quel momento, la giovane parve rendersi conto che si trovava praticamente tra le braccia di uno sconosciuto. Nel tentativo di divincolarsi, i capelli le si impigliarono in uno dei bottoni del cappotto di Alex.
«Aspetti un attimo» disse lui, bloccando i suoi movimenti sempre più scomposti. Le liberò i capelli, e in quel momento il bar si riempì di passanti che cercavano riparo dall’acquazzone.
La donna era a pochi centimetri da lui, e Alex notò che aveva la pelle chiarissima, quasi traslucida. Gli occhi grigi erano incorniciati da ciglia bionde. C’era qualcosa di stranamente sensuale nel fatto che lei non fosse truccata, a parte un tocco di lucidalabbra che metteva in risalto la bocca tumida. Profumava di pioggia e limoni, di terra, di muschio, e lui dovette fare uno sforzo per non affondarle le dita fra i capelli.
Quella mattina non poteva essere cominciata peggio, pensava intanto Jenna. Non solo era in ritardo, ma sarebbe arrivata in ufficio scarmigliata e in disordine.
«Mi scusi» mormorò, mentre la folla la spingeva sempre più vicino allo sconosciuto. Lui era molto alto e Jenna dovette piegare indietro la testa per guardarlo in viso. Provò un’attrazione immediata. Era davvero bellissimo, con i capelli neri tagliati molto corti, il viso scarno e una bocca sensuale. Aveva occhi scuri, blu, sotto sopracciglia folte e nere. Quando lui le sorrise, Jenna sentì un tuffo al cuore.
«Non si preoccupi, evidentemente questo è un rifugio molto noto» gli disse, con voce bassa e ricca di toni.
«Devo andare» borbottò lei all’improvviso, staccando a malincuore gli occhi da quel viso bellissimo e guardando fuori, dove si stava scatenando una vera e propria tempesta. Ora stava addirittura grandinando, e l’idea di affrontare quel finimondo non la allettava affatto. Ma rischiava il licenziamento, sempre ammesso che fosse riuscita ad arrivare in ufficio.
«Non può uscire con questo tempaccio» le fece notare lui, con tono pacato ma autorevole. Lei ebbe l’impressione che lo sconosciuto l’avrebbe trattenuta fisicamente, se si fosse azzardata a varcare la soglia.
Forse per lui non c’era problema, pensò Jenna, irritata, mentre quello la teneva per un braccio come se fosse una bambina irrequieta. Non sembrava il tipo che avesse assoluta necessità di lavorare. Con la sua statura alta, l’aspetto distinto e i lineamenti perfetti, sembrava appena uscito da un rotocalco. Ma c’era anche qualcosa in lui, un atteggiamento di sicurezza, che diceva di un professionista affermato e sicuro di sé. Doveva essere un uomo d’affari, sicuramente di successo, se perfino lei si rendeva conto che l’abito indossato dall’uomo era di taglio sartoriale. Era sofisticato, aveva modi impeccabili e il suo sguardo divertito rivelava che lui si era accorto di averla colpita.
Imbarazzata, Jenna distolse lo sguardo. Quando abbassò gli occhi, si accorse che le sue calze erano sfilate.
«Qualcuno, lassù, deve avercela con me» sbottò, disperata. «Il suggerimento numero cinque diceva di portare sempre un paio di calze di ricambio.»
Si rese conto che si stava comportando in maniera infantile. Lo sconosciuto sorrise.
Lui fece scorrere lo sguardo sulle sue gambe, poi si fermò sui seni. Jenna si sentì al sicuro sotto la giacca del tailleur.
«Mi dica, perché mai ha accettato quel lavoro, se non sopporta il capo, anzi, nemmeno lo conosce?» le domandò.
«Soldi! Un mucchio di soldi. Per quella cifra sarei disposta a lavorare per il diavolo in persona, se me lo chiedesse.»
Le parve che l’uomo mostrasse una certa riprovazione. Se avesse conosciuto l’importo del mutuo che Jenna doveva pagare, di certo sarebbe stato più comprensivo. Lui non aveva l’aria di uno costretto a fare i salti mortali per arrivare alla fine del mese. Si vedeva lontano un miglio che era ricco e che non aveva problemi. I suoi vestiti, il suo atteggiamento testimoniavano di una ricchezza estrema, e Jenna si sentì a disagio nel suo completo dozzinale. Si scostò da lui con un gesto impaziente e guardò fuori, oltre la folla che si assiepava nel locale. La pioggia cadeva ancora fitta.
«Non posso stare qui per tutto il giorno. Sa se ci sono negozi, da queste parti? Ho bisogno di comprare un altro paio di calze.»
«Ne troverà uno su questa strada, poco più avanti. Perché non telefona all’ufficio e dice che è stata trattenuta?»
«Non ho il numero. Era memorizzato sul cellulare, ma l’ho cancellato per sbaglio. Non c’è niente da ridere, sa?» protestò, vedendo che lui accennava un sorriso divertito.
Quella ragazza era proprio come lui aveva immaginato: una piccola Venere svanita.
In quel momento, un altro scroscio di pioggia costrinse i passanti a rifugiarsi nel bar. Lei era sempre più stretta contro il suo petto, Alex ne sentiva il profumo, e quella sensazione lo eccitò.
Si sentì ridicolo, così emozionato alle nove e mezzo di un piovoso lunedì mattina. Evidentemente, da troppo tempo non aveva un’amante. Ormai aveva trentotto anni, non avrebbe più dovuto essere in balia degli ormoni. I giorni, o meglio le notti, trascorsi insieme a una pletora di donne erano ormai passati, e lui era diventato molto più selettivo nella scelta delle amanti. Ma c’era una bella differenza fra essere selettivi e condurre vita monacale. Negli ultimi tempi, la sua vita aveva assunto più le caratteristiche dell’ascesi. Il lavoro era diventato la sua unica amante, e forse ora il suo corpo gli ricordava che c’erano anche altre cose, al mondo, oltre all’ufficio.
«Mi permetta di offrirle il caffè. Può cercare il numero dell’ufficio sull’elenco telefonico e chiamare. Tanto ormai è già in ritardo, cinque minuti in più non faranno differenza» le propose.
Per un attimo, Jenna fu tentata di mettere da parte il ferreo senso di responsabilità che da ormai tre anni faceva parte integrante del suo carattere. Fissò l’estraneo, e il cuore cominciò a batterle furiosamente. Capì che lui non le stava offrendo soltanto il caffè. L’allusione era chiara nei suoi occhi e nella curva sensuale della sua bocca, e per un istante Jenna immaginò di baciarlo.
«Non posso. La ringrazio, ma proprio non posso» rispose con