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Nella rete del peccato (eLit): eLit
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E-book158 pagine2 ore

Nella rete del peccato (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Il fatto che lui la stia tenendo sotto strettissima sorveglianza a Sage non dispiace affatto, perché Ian possiede un fascino assolutamente magnetico, e lei ha deciso di servirsene per uscire dai guai... infilandosi nel suo caldo letto...
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2017
ISBN9788858979082
Nella rete del peccato (eLit): eLit
Autore

Samantha Hunter

Tra le autrici amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Nella rete del peccato (eLit) - Samantha Hunter

    successivo.

    1

    «Allora, vedrai di non metterti nei guai questo mese, Sage?»

    Per un lungo momento, Sage Matthews sostenne lo sguardo deciso di Ian Chandler, serrando le labbra come se dovesse pensare attentamente prima di parlare. Fissò il drink che aveva in mano prima di stringere la cannuccia tra le labbra e sorseggiarne lentamente un po', socchiudendo gli occhi e assumendo l'espressione più sexy possibile. Poi, con tutta calma, si decise a rispondere.

    «Esattamente, a che tipo di guai ti stai riferendo, Ian?» Il leggero accento del Sud aggiungeva un tocco di malizia al suo atteggiamento volutamente sensuale.

    Ian sospirò e strinse le labbra in un moto di impazienza. Sage provò un guizzo di soddisfazione. Lui poteva anche essere l'uomo più sexy che avesse mai incontrato, ma evitava accuratamente di sentirsene attratta, perché Ian era per lei anche un bell'impiccio.

    Certo, lui stava facendo solo il suo dovere, ma per cinque anni aveva tenuto sotto controllo praticamente ogni aspetto della sua vita. Infastidirlo e prenderlo in giro era uno dei pochi modi che Sage aveva per avere la sua rivincita. Era solo un piccolo vantaggio, se ne rendeva conto, ma lei ci teneva parecchio.

    Un ulteriore punto a suo favore era il fatto che l'aria condizionata nel Norfolk Police Department, dove Ian aveva il suo nuovo ufficio, non funzionava. Nel caldo soffocante di agosto, il sottile vestito le si incollava addosso, lasciando ben poco all'immaginazione.

    Sage non aveva indossato nulla, sotto, perché era più comoda così, ma anche perché sapeva che avrebbe incontrato Ian per quella che lei chiamava scherzosamente la revisione mensile. Per tentarti il più possibile, pensò con aria diabolica. In realtà, Sage non voleva conquistare Ian, voleva solo torturarlo con ciò che lui non avrebbe mai potuto avere. Lanciò un'occhiata languida ai suoi bei lineamenti. Aveva un debole per gli uomini dai capelli scuri. Ian era un tipo davvero sexy. Peccato che fosse un poliziotto.

    Ancora cinque giorni, e poi si sarebbe liberata definitivamente di lui. E, se tutto fosse andato come previsto, anche di un passato che l'aveva tenuta bloccata per troppo tempo. La pena per reati informatici – per cui era stata arrestata cinque anni prima – era quasi scontata. Ian Chandler era l'agente federale che l'aveva arrestata e a cui era stato assegnato il compito di monitorare i suoi progressi durante la detenzione.

    In realtà, significava che aveva il diritto di invadere ogni angolo della sua vita, osservarla in continuazione, chiederle tutto quello che voleva ed estorcerle qualsiasi informazione sulle sue attività. Se la sorprendeva a fare qualcosa che riteneva contrario alla legge, la poteva sbattere in prigione. Senza preavviso.

    La mandava su tutte le furie sapere che lui aveva così tanto potere sulla sua vita, anche se aveva imparato a conviverci. Sage era determinata a non dargli la soddisfazione di sorprenderla a fare un passo falso. Ma lui non avrebbe potuto impedirle di flirtare.

    Non che avesse mai espresso alcun interesse. Ian era la personificazione della rettitudine e del rigore. Non era nella sua natura violare le leggi. Sage si divertiva a provocarlo in continuazione, pur sapendo che lui non avrebbe mai trasgredito.

    Si alzò dalla sedia per andare a sedersi sulla scrivania. Tutto era come al solito, in perfetto ordine. Sage spostò con noncuranza una pila di carte per farsi posto. Poi si curvò in avanti per buttare il bicchiere vuoto nel cestino, in modo tale che lui potesse godere di un panorama mozzafiato.

    Ma Ian distolse semplicemente lo sguardo.

    Con un sorriso, lei accavallò le gambe, facendole dondolare avanti e indietro, e afferrata una penna, si mise a giocherellarci.

    «Oh, lo sai che sono stata brava, Ian. Sono sempre brava.»

    A parte le allusioni sessuali, lo era stata davvero. Non che avesse avuto molta scelta. Anche se le sarebbe piaciuto provocare un po' Ian, non aveva alcuna voglia di finire in prigione. Perciò si era comportata bene, cosa che non le era poi così abituale. Soltanto una volta aveva fatto delle pazzie per un uomo, e ne stava pagando ancora le conseguenze. E non aveva nessuna intenzione di ricascarci.

    Il primo anno e mezzo di pena era stato un vero e proprio inferno. Arresti domiciliari con relativo bracciale alla caviglia, che avrebbe potuto rimuovere facilmente se, facendo così, non si fosse trovata immediatamente rinchiusa in una cella.

    Era stata condannata per avere messo in rete un virus. Anche se l'avevano incastrata. Tecnicamente, era stata lei a farlo, ma il fatto che non avesse idea di quello che ci fosse sul dischetto che aveva inserito nel computer, quel giorno, non aveva avuto alcun peso. Nessuno le aveva creduto.

    Sage aveva detto al primo investigatore che l'aveva interrogata che non era stata lei a ideare il virus, ma l'uomo aveva chiaramente pensato che quello fosse un ultimo, patetico tentativo di evitare la prigione. E lei non era riuscita a provare la sua innocenza. Persino ai propri occhi, l'evidenza era schiacciante. Locke, l'hacker che l'aveva incastrata, aveva fatto in modo che lo fosse.

    La cosa peggiore era che le era stato impedito l'uso del computer per cinque lunghi anni, un pesante prezzo da pagare, anche se era meglio della prigione. Il giudice era stato particolarmente inflessibile.

    Se Sage fosse stata vista accanto a un computer, anche soltanto in un negozio, o se avesse tentato di contattare il suo hacker, sarebbe finita in prigione. Non le era permesso di possedere o usare niente di informatico, neppure un cellulare. E a Ian era stato affidato il compito di tenerla sotto controllo.

    L'interferenza di Ian nella sua vita era stata notevole. Aveva un controllo con lui tutti i mesi. Lui era piombato senza preavviso a casa sua, ispezionando ogni angolo; si era presentato in classe, quando lei era ancora a scuola, e, più tardi, si era intrattenuto con il suo capo e gli altri dipendenti del negozio di idraulica dove attualmente lavorava.

    Lo aveva sorpreso persino a controllare la sua posta, in un paio di occasioni. Non si sentiva mai al sicuro quando rispondeva al telefono, anche se molte delle sue conversazioni erano innocue. Sage non aveva molti amici, dato che la maggior parte di loro era patita di computer proprio come lei. La perdita di controllo sulla propria privacy era la peggiore punizione che potesse esserle inflitta, e talvolta lei se ne sentiva sopraffatta.

    Nessuna parte della sua vita si era salvata dall'occhio indagatore di Ian. Una sera, non aveva nemmeno fatto in tempo a baciare un uomo sul pianerottolo di casa, che Ian aveva fatto delle indagini su di lui. Sage era venuto a saperlo durante il controllo mensile, quando Ian le aveva intimato di non rivedere quel tipo perché aveva dei precedenti per guida in stato di ubriachezza. Lei aveva inveito contro quella ingiustizia, ma questo non era servito a cambiare le cose.

    Da allora, aveva evitato gli uomini, eccetto Ian, il suo angelo vendicatore.

    Fissandolo intensamente, riprese a parlare: «Ian, c'è una cosa che vorrei chiederti».

    «Di che si tratta?»

    «Be', ho quasi scontato la mia pena. Tra una settimana sarò di nuovo una donna libera e responsabile. E, dato che non sarai più il mio ufficiale di sorveglianza, non ti dovrai più attenere a quelle stupide norme per cui tu e io non possiamo avere un rapporto più personale, giusto? Quindi forse potremmo...» Si allungò un po' e gli sfiorò l'avambraccio muscoloso, atteggiando la bocca in un broncio molto sexy.

    Ian fece uno scatto indietro a quel contatto, come se si fosse scottato. Lo sguardo che le rivolse era decisamente arrabbiato, o forse no... Sage si morse un labbro. Non lo avrebbe mai pensato capace di un simile trasporto. Si trattava solo di rabbia? O c'era dell'altro? Si sentì improvvisamente persa in quegli occhi grigio argento e si dimenticò per un attimo di dove fosse e di quale fosse il suo vero intento. Provocare Ian, per vendicarsi.

    Non lo aveva mai visto arrabbiato. Di solito, era solo impassibile. Un piccolo fremito di eccitazione la scosse da capo a piedi. Era divertente. Ian ritrasse il braccio e spinse indietro la sedia, aumentando la distanza tra di loro.

    «Non ho bisogno di dirti che questo comportamento è assolutamente inadeguato. Non c'è niente tra di noi, e lo sai. E non ci sarà mai. Penso che sia ora che tu te ne vada.»

    Con un sorriso, lei scivolò dalla scrivania attraversando lentamente l'ufficio e, una volta sulla porta, si girò a fissarlo con aria provocante.

    «Ne sei proprio sicuro?»

    «Più che sicuro. Ci vedremo la prossima settimana al momento del tuo rilascio. Comportati bene fino ad allora.»

    Eccolo di nuovo freddo e impassibile. Dell'emozione di prima, nessuna traccia. Sage si sentì scossa da quel senso di sfida che l'aveva portata a diventare un hacker, l'urgenza di muoversi in un ambito vietato, di risolvere un problema all'apparenza impossibile.

    E se avesse cercato di aggirare quei muri dietro cui Ian si sentiva così al sicuro? Quale sarebbe stata la chiave che le avrebbe permesso di accedere a ciò che ci stava dietro? Che cosa avrebbe trovato lì, dentro a quell'uomo che sembrava sempre così controllato?

    Sage sorrise, rivolgendo a Ian un civettuolo cenno di saluto mentre usciva dall'ufficio. Quello che il tribunale non aveva capito era che non si eliminava un hacker allontanandolo semplicemente dal computer. Essere un hacker era un modo di vivere, una filosofia, un modo di pensare. E alcune sfide erano troppo intriganti per resistervi.

    «Ancora niente?»

    Ian alzò gli occhi e notò Marty Constantine fermo sulla soglia. Scosse la testa con aria vaga. «Si vedrà. Ho il primo incontro oggi.»

    «Quando credi che la squadra sarà operativa?»

    Ian si appoggiò allo schienale della propria sedia e, stirandosi, lanciò un'occhiata all'uomo che era contemporaneamente il suo migliore amico e il suo superiore. Negli anni aveva lavorato spesso con Marty e provava per lui un grande rispetto.

    Anche se non se n'era mai parlato, Ian sapeva che doveva ringraziare Marty se gli era stata offerta quella opportunità così precocemente nella sua carriera. Erano dieci anni che faceva parte della task-force dell'FBI per i crimini informatici; vi si era dedicato anima e corpo e questo gli era costato amici e matrimonio. La sua dedizione aveva pagato, se non personalmente, almeno professionalmente.

    Gli era stata offerta, infatti, l'occasione di creare una propria squadra investigativa, anche se si trattava di una piccola squadra del dipartimento altrettanto piccolo di Norfolk, cittadina sede della più grande base della Marina degli Stati Uniti e con una notevole presenza governativa.

    Negli ultimi tempi, si era verificato un po' dappertutto nella zona un aumento di perdite finanziarie dovute a un picco nel numero dei crimini informatici. Visto che in genere né i poliziotti comuni né i detective erano preparati a farvi fronte, si era deciso in quei giorni di dar vita a squadre apposite. E Norfolk aveva finalmente deliberato di fare altrettanto.

    Grazie a Marty Constantine, era stato proposto a Ian di realizzare il progetto. Se tutto fosse andato come sperava, questo lo avrebbe obbligato non solo a fermarsi lì per un po', ma addirittura gli avrebbe permesso di tornare spesso a casa la sera. E, con un po' di fortuna, magari sarebbe riuscito a trovare una compagna con cui dividerla. Le donne non riuscivano ad accettare come

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