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Stregata (eLit): eLit
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E-book167 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Victoria St. John sa di non essere fatta per questo mondo, di essere troppo magica e pericolosa per aggirarsi, con le sembianze di una donna bellissima e sensuale, tra gli esseri umani inconsapevoli. Ma Max Westin è il sesso fatto persona. Victoria riesce a percepire la sua presenza dall'elettricità che si crea nell'aria. L'eccitazione è palpabile ora che sono uno di fronte all'altra e il desiderio dilaga come una marea montante non appena Max la guarda con quegli occhi grigi, duri come l'acciaio, caldi come fuoco ardente. Gli basta pronunciare il suo nome perché Victoria percepisca in tutto il suo essere la nota di dominio a cui vuole sottomettersi. Il desiderio di compiacere un padrone, in fondo, è nella sua natura e Max è venuto a riprenderla, a riportare la ribelle Victoria al posto a cui appartiene. E forse cedere alla potente volontà di Max è proprio quello che cerca. Ma non così in fretta, non senza prima aver giocato ancora un po'...
LinguaItaliano
Data di uscita5 nov 2018
ISBN9788858994061
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    Anteprima del libro

    Stregata (eLit) - Sylvia Day

    Immagine di copertina:

    Moussa81 / iStock / Getty Images Plus

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Spellbound

    HarperCollins Publishers LLC, New York, U.S.A.

    © 2013 Sylvia Day

    Traduzione di Giorgia Lucchi

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-406-1

    Una magia familiare

    1

    Il Cacciatore era finalmente arrivato.

    Victoria lo osservò con attenzione tramite la telecamera a circuito chiuso che monitorava l’area reception del suo ufficio. Il completo Armani che indossava non dissimulava in alcun modo il predatore al suo interno. Alto e tenebroso, il Cacciatore si muoveva con un’arroganza rilassata che le fece fare le fusa. Non si guardò in giro, concentrato sul momento in cui si sarebbero trovati nella stessa stanza. Soli.

    Si strofinò le mani mentre un brontolio di gola echeggiò nell’aria. Il Sommo Consiglio era pronto a scontrarsi ancora una volta con lei. Sorrise e arruffò il pelo, com’era proprio della sua razza. Il Cacciatore era potente: lo percepì perfino attraverso le pareti che li separavano.

    Il fatto che Loro avessero inviato uno stregone come lui sulle sue tracce era una conferma della sua abilità. La cosa non poteva che lusingarla. Dopotutto aveva infranto le leggi di proposito, provocando proprio le forze che le avevano portato via Darius. Ed ecco la punizione entrare nel suo ufficio con lunghe falcate sensuali. La Loro scelta non avrebbe potuto elettrizzarla di più.

    Lui regalò un sorriso mozzafiato alla segretaria prima che gli chiudesse la porta alle spalle, poi concentrò la sua attenzione su Victoria e si tolse gli occhiali da sole.

    Santo cielo.

    Lei incrociò le gambe fasciate dalle calze di seta per alleviare lo spasimo improvviso nel punto in cui si congiungevano.

    Due occhi grigi penetranti la squadrarono da un volto così affascinantemente severo che fu tentata di lasciare la sua poltrona per strusciarsi addosso a lui. La mandibola decisa... le labbra scolpite...

    Naturalmente non poteva: prima doveva capire se lui avrebbe rivelato chi fosse o se intendesse fingere. Il Sommo Consiglio non aveva ancora stabilito quanto potere le avesse trasmesso Darius. Non sapevano ancora quanto fosse profonda la sua consapevolezza.

    Il suo sguardo si spostò sulla miniatura nella teca di cristallo sulla scrivania e l’uomo con la fossetta impertinente che le sorrideva amorevole da là. Ritratto in modo mirabile con i colori a olio, luccichii dorati tra i capelli biondi, la vista di Darius risvegliò in lei il consueto dolore della perdita e un tormento che rafforzò la sua determinazione. Quella vita sprecata inutilmente la colmò di un desiderio di vendetta.

    Alzatasi in piedi, Victoria tese la mano. Il Cacciatore la prese tranquillo, tradito solo dalla forza palpabile nel suo tocco.

    «Mr. Westin» mormorò lei, soffocando un brivido deliziato. Avrebbe dovuto ringraziare il Consiglio per quel dono, quando avesse finito con lui. Era davvero tenebroso: la pelle, i capelli corvini, l’aura. Puro sesso incarnato. Victoria lo annusò nell’aria, lo percepì dalla sua vicinanza. Era chiaro perché fosse un Cacciatore tanto bravo. Lei si sentiva già bagnata e impaziente.

    Max Westin strinse la sua mano un momento di troppo, lo sguardo incorniciato dalle ciglia folte dichiarò apertamente l’intenzione di averla e domarla. Come a tutte le gattine, anche a Victoria piaceva giocare, pertanto gli sfiorò il palmo con i polpastrelli mentre ritraeva la mano. Gli occhi di lui si allargarono impercettibilmente segno che, se si fosse impegnata davvero, sarebbe riuscita a trovare il suo punto debole.

    Era proprio ciò che intendeva fare; il Consiglio mandava soltanto i suoi migliori Cacciatori, i più abili, e Victoria sapeva quanto Loro detestassero vedere la propria élite fallire miseramente. Era l’unica cosa che potesse fare per non sentirsi impotente: ricordare Loro quanto Darius fosse stato grande e quanto avessero perduto a causa del suo sacrificio vano.

    «Ms. St. John.» La voce di Westin fu come una carezza ruvida. Tutto in lui era un po’ ruvido, un po’ rude. Una creatura primitiva, proprio come lei.

    Victoria indicò la sedia di fronte alla sua scrivania con il piano di vetro. Sbottonatosi la giacca, Max sprofondò a sedere e i pantaloni blu scuro si tesero sulle cosce possenti e il rigonfiamento notevole nel mezzo.

    Lei si leccò le labbra. Mmh...

    Un angolo della bocca di lui si sollevò nel sorriso di chi la sa lunga. Max Westin sapeva bene di essere irresistibile, il che lo rendeva irresistibile per lei. La fiducia in se stessi era una qualità che Victoria apprezzava moltissimo. Insieme con un tocco di malvagità che a Westin non mancava di certo. La sua aura tenebrosa tradiva la magia oscura a cui si spingeva. Dubitò che il Consiglio fosse in grado di controllarlo più di quanto fosse in grado di controllare lei.

    Avendo già deciso che le piaceva moltissimo, si sedette, sistemando le gambe in modo che risaltassero al meglio sotto la gonna aderente nera che le arrivava appena sopra il ginocchio.

    «Il museo le offre le sue scuse più sentite per la perdita della sua collana» esordì lui.

    Il sorriso si allargò, non intendeva dirle chi fosse. Delizioso. «Lei non mi sembra il sovrintendente di un museo, Mr. Westin.»

    «Sono qui da parte della compagnia assicurativa del museo. È chiaro che una perdita di questa entità richiede un’indagine.»

    «Molto rassicurante.»

    Osservandolo da dietro il velo delle ciglia, Victoria notò l’energia che rivelava la sua natura inquieta. Le labbra piene alludevano a delizie peccaminose. E a lei piacevano gli uomini peccaminosi e pieni di energia. Lui sembrava un po’ troppo rigido per i suoi gusti, ma avrebbe potuto cambiare con la giusta pressione. Alla fine cedevano tutti. Era l’unica parte del gioco che la deludeva. La resa.

    «Mi sembra molto tranquilla» mormorò Westin, «per una donna che ha appena perso un gioiello dal valore inestimabile.»

    Victoria sentì arricciarsi le dita dei piedi; la sua voce era profonda e leggermente rauca, come se si fosse appena alzato dal letto. Era deliziosa, come il resto di lui. Aveva le spalle ampie ma era snello, ogni movimento un guizzare aggraziato di muscoli scolpiti.

    «Agitarsi non servirebbe a niente» ribatté stringendosi nelle spalle. «Inoltre, lei è qui per trovare la collana e mi sembra perfettamente... capace. Di cosa dovrei preoccuparmi?»

    «Che io non riesca a ritrovarla. La sua fiducia nelle mie capacità mi lusinga, Ms. St. John, e in effetti non è mal riposta. Sono molto bravo in ciò che faccio. Tuttavia, a volte, le cose non sono come sembrano.»

    Un avvertimento puro e semplice.

    Meditabonda, si alzò e si diresse verso la vetrata dietro la scrivania. Gli diede le spalle, e percepì il calore del suo sguardo accarezzarla dalla testa ai piedi. Sfiorò con i polpastrelli le perle che le adornavano il collo e guardò fuori verso il profilo della città. «Se dovesse essere necessario, ne acquisterò un’altra. Tutto è in vendita, per la cifra giusta, Mr. Westin.»

    «Non tutto.»

    Incuriosita, Victoria si voltò; rimase sorpresa quando lo vide avvicinarsi. Le si fermò accanto, lo sguardo sul panorama esterno, l’attenzione concentrata su di lei. Si sentì pervadere dall’intensità del suo potere, intento a individuare le sue debolezze.

    Incapace di resistere alla tentazione del pericolo, strofinò la spalla contro di lui e inspirò la fragranza ricca e virile della sua pelle, un misto tra un’acqua di colonia da mille dollari al flacone e Max Westin. Il respiro diventò affannato, le pulsazioni accelerarono. Temendo di perdere la giusta distanza, Victoria si allontanò. Era passato molto tempo dall’ultima volta che si era concessa un uomo così potente. Troppo. Gli altri Cacciatori erano stati astuti e seducenti, Westin aveva quelle caratteristiche, accompagnate da muscoli magici.

    «Max» disse sottovoce, aumentando la familiarità con l’utilizzo del suo nome.

    «Mmh?»

    Si guardò dietro le spalle, la stava seguendo. Pedinando. Ricordandole che era lui il predatore.

    Oh, avrebbe potuto essere così divertente. Se fosse stato al gioco.

    «Cena con me.»

    «A casa mia» concordò lui.

    Victoria si avvicinò all’angolo bar e prese due bottiglie di vetro colme di latte, una scelta deliberata che palesò la sua consapevolezza. Sicuramente lui sapeva come lavorasse. Ma sapeva anche perché?

    Westin sapeva che, con il suo ultimo respiro, Darius aveva trasferito in lei tutta la sua magia, rendendola assai più potente di un comune Famiglio? Sapeva che il suo stregone l’aveva amata e che era proprio quell’amore a darle la capacità di prendere liberamente le proprie decisioni?

    Prima del dono di Darius, Victoria era stata come tutti gli altri Famigli. Il Sommo Consiglio stabiliva gli abbinamenti tra quelli della sua razza e le controparti magiche, indipendentemente dai loro desideri. Alcuni Famigli erano infelici con i loro compagni. Lei era stata fortunata la prima volta, aveva provato per Darius un amore che trascendeva il tempo. Ormai, in virtù di quell’amore, era troppo potente per essere presa contro la sua volontà. Nei due secoli dalla perdita dell’amato, nessun altro stregone era riuscito a metterle il collare. Westin non avrebbe avuto più fortuna. Victoria aveva amato una volta, con tutta se stessa. E non ci sarebbe mai stato un altro stregone per lei.

    Ancheggiando mentre sfoderava un sorriso seducente, propose: «E se facessimo da me?».

    «No.» Lui prese la bottiglia dalla sua mano tesa, le dita si chiusero deliberatamente sulle sue e rimasero dov’erano. «Victoria.»

    Il suo nome: una singola parola ma pronunciata con una tale possessività che lei avvertì quasi il collare intorno al collo. I Cacciatori non tenevano Famigli, li catturavano e li passavano a stregoni inferiori. Lei, però, non intendeva più essere trattata in quel modo.

    Rimasero immobili, le mani unite, intenti a valutarsi. Lei inclinò il capo di lato e palesò il suo interesse, non che potesse fare molto per nasconderlo, visti i capezzoli turgidi che premevano contro la camicetta di seta verde. Il petto si alzò e si abbassò come in preda all’affanno mentre il sangue si riscaldava sia per la vicinanza di lui sia per il suo profumo seducente. Era così alto, così forte, così intenso. Soltanto il ricciolo serico di capelli scuri che gli ricadeva sulla fronte ammorbidiva i tratti mascolini. Se non fosse stato un Cacciatore, si sarebbe gettata tra le sue braccia, tanto lo desiderava.

    Lo sguardo di lui si posò sulla curva dei seni e la bocca si increspò in un sorriso sensuale. «Scommetto che cucino meglio io» disse con voce roca, accarezzandole le dita.

    Victoria corrugò le labbra. «Non potrai scoprirlo, se non vieni tu da me.»

    Lui arretrò, tutto il suo fascino svanito di colpo. «Da me, o sarò costretto a declinare.»

    Se in quel momento Victoria fosse stata nella sua forma felina, avrebbe agitato la coda, innervosita. Max Westin era senza dubbio abituato a ottenere ciò che voleva. Era dominante, come tutti i Cacciatori; peccato che lo fosse anche lei.

    «Un vero peccato.» Era sincera, la sua delusione reale. Non poteva recarsi da lui, chissà quali incantesimi aveva lanciato sulla sua abitazione? E che giocattoli aveva? Sarebbe stato come entrare in una gabbia.

    Ignorò il brivido di piacere che il pensiero le trasmise.

    «Hai cambiato idea?» La sorpresa di lui fu quasi tangibile.

    Era evidente che non si sentiva dire spesso no.

    «L’ho invitata a cena, Mr. Westin. E lei ha posto delle restrizioni al mio invito.» Indicò la porta con un gesto di congedo, inteso a irritarlo. «Non tollero le restrizioni.»

    Era il suo turno di mandargli un avvertimento.

    Quando lui non accennò a muoversi, ronfò in modo sonoro, un brontolio sommesso che gli fece guizzare un muscolo nella mandibola.

    Dunque l’attrazione potente era reciproca. Victoria si sentì più tranquilla all’idea di dover aspettare per averlo.

    Con movimenti calmi e lenti Westin si portò la bottiglia

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