Nella tana dello sceicco (eLit)
Di Penny Jordan
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Info su questo ebook
Penny Jordan
Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.
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Anteprima del libro
Nella tana dello sceicco (eLit) - Penny Jordan
Immagine di copertina:
olegbreslavtsev / iStock / Getty Images Plus
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Possessed by the Sheikh
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2005 Penny Jordan
Traduzione di Cristina Proto
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3053-038-6
Frontespizio. «Nella tana dello sceicco» di Jordan Penny1
Katrina stava contrattando un taglio di stoffa di seta ricamata con un mercante del bazar arabo, quando qualcosa le fece voltare la testa. L’uomo si trovava dall’altro lato dello stretto vicolo, vestito con il tradizionale disha-dasha bianco, la luce del sole che si diffondeva sulla sua pelle color miele, rifrangendosi sul coltello affilato che portava alla cintura.
Vedendola distratta, il mercante seguì la direzione del suo sguardo. «Fa parte della tribù dei Tuareg Ayghar» la informò.
Katrina non rispose nulla. Dalle ricerche che aveva condotto prima di recarsi nello Zuran sapeva che i Tuareg Ayghar erano una feroce tribù di guerrieri che nei secoli precedenti venivano assoldati per scortare le carovane commerciali lungo il deserto, e che tutt’oggi continuavano a preferire il tradizionale stile di vita nomade.
A differenza di altri uomini vestiti in maniera simile, era accuratamente sbarbato. Gli occhi, posati su di lei con arrogante mancanza di interesse, erano di un ambra scuro mozzafiato, con pagliuzze di oro puro tra le folte ciglia nere. Le ricordavano la magnificenza di un predatore pericoloso, che non avrebbe mai potuto essere sottomesso o rinchiuso nella gabbia della moderna civiltà urbana. Era un uomo del deserto, un uomo che si era creato un codice morale forgiato a propria misura. L’arroganza dei tratti e dell’atteggiamento la spaventava, ma nello stesso tempo la costringeva a continuare a guardarlo.
E aveva una bocca pericolosamente passionale!
Un involontario brivido di sensualità le percorse la spina dorsale. Eppure non si trovava nel regno desertico dello Zuran per pensare a uomini dalla bocca pericolosamente passionale... Diamine, era lì insieme a un gruppo di scienziati interessati alla protezione della flora e fauna naturale della zona! Ma ugualmente non riusciva a smettere di osservarlo.
Apparentemente ignaro di lei, l’uomo gettava occhiate lungo il bazar affollato. Era davvero una scena dell’immaginario arabo che prendeva vita: poi quello sguardo ambrato la trovò e la intrappolò, facendola istintivamente indietreggiare nell’ombra.
Un gruppo di donne velate e vestite di nero che percorrevano il vicolo si interpose tra loro, impedendole di vederlo, ma nascondendola anche alla vista. Quando furono passate, l’uomo portava sul volto e in testa un tessuto tinto di indaco che lasciava scoperti solo gli occhi, secondo il tradizionale costume degli uomini della tribù Tuareg. Poi, dandole le spalle, si volse per entrare in una porta vicina.
Katrina notò che la mano che aveva appoggiato sullo stipite della porta era snella e abbronzata, le dita lunghe, le unghie ben curate. Conosceva molti dettagli sulle tribù nomadi del deserto arabo e sulla loro storia, e la colpì molto che un supposto Tuareg fosse andato contro secoli di tradizione rivelando il proprio volto al mondo, e in più avesse mani così curate.
«Vuole questo? È una seta pregiata... molto pregiata. E ha un prezzo molto buono.»
Docile, Katrina riportò la sua attenzione sulla seta. Era finissima e di una tonalità azzurro ghiaccio adatta al suo colorito chiaro. Trovandosi in pubblico da sola, aveva preso la precauzione di infilarsi i capelli nel cappello a tesa bassa che indossava, ma con una simile stoffa avrebbe potuto lasciare i capelli morbidamente liberi, mentre il corpo veniva allusivamente rivelato da quegli strati trasparenti sotto un paio di occhi dorati che la guardavano...
Katrina lasciò andare la seta come se le avesse scottato le dita. Mentre il mercante la raccoglieva, un gruppo di uomini in uniforme attraversò il vicolo, facendo disperdere la folla al suo passaggio e spalancando porte, cercando evidentemente qualcuno e non facendo caso al danno che poteva causare sia alle persone sia alle cose.
Lo sguardo di Katrina si diresse allora automaticamente alla porta attraverso la quale il beduino era sparito. In quel momento, la porta alle sue spalle si aprì e un uomo uscì in strada. Alto e scuro di capelli, indossava abiti occidentali, pantaloni e una camicia di lino, ma Katrina lo riconobbe subito, gli occhi spalancati per la sorpresa.
Il beduino si era trasformato in un europeo. Si volse e iniziò a percorrere il vicolo. Arrivato all’altezza della bancarella in cui si trovava Katrina, uno degli uomini in uniforme lo vide e spinse Katrina da parte, chiamandolo in inglese e in zuranese.
«Tu! Fermati!»
Katrina vide lo sguardo dorato del beduino indurirsi, valutare, cercare... e poi fermarsi, come illuminato, su di lei.
«Tesoro! Eccoti qui, ti avevo avvertito di non andare a passeggio senza di me.»
Le dita snelle che aveva notato solo pochi minuti prima ora le stavano trattenendo il polso, scivolandole sulla mano e intrecciandola alla sua in una forte stretta. Fece un passo verso di lei, un sorriso calcolato a infrangere l’arroganza del suo volto.
«Non sono il suo tesoro» replicò Katrina senza fiato.
«Inizia a camminare» le rispose lui, calmo, lo sguardo duro e intimidatorio.
Seguì le sue istruzioni, combattuta tra ostilità e qualcosa di molto più primitivo e pericoloso. Lui le si avvicinò e, attraverso il profumo assolato di spezie e aromi, lei percepì consapevole prima la fragranza costosa della sua colonia al limone, e poi l’intimo profumo vagamente muschiato del corpo stesso.
Il vicolo ora era gremito di uomini armati che spalancavano porte e rovesciavano bancarelle, chiaramente intenti a cercare qualcosa o qualcuno. La precedente atmosfera di felicità rilassata era sparita e ora il vicolo era diventato un luogo di voci alterate e di paura quasi palpabile.
Un grande veicolo a quattro ruote con finestrini oscurati irruppe nel vicolo, disperdendo la folla e poi facendo stridere i freni nel fermarsi. L’uomo in uniforme che scese era ben scortato: Katrina respirò affannosamente nel riconoscere in lui il Ministro degli Interni dello Zuran, cugino del Sovrano stesso.
Con apprensione, si volse verso l’uomo che la tratteneva, lacerata da emozioni conflittuali. Lo aveva visto entrare nell’edificio al di là del vicolo vestito da Tuareg, e il suo comportamento non era certo quello di un uomo che non aveva niente da nascondere. A rigor di logica avrebbe dovuto almeno attirare l’attenzione di quegli uomini ben armati, ma... ma cosa? Ma lui possedeva un fascino pericoloso che la stava attirando in... in cosa? Con determinazione, iniziò ad allontanarsi da lui, che per tutta risposta non solo serrò la presa, ma la trascinò in una nicchia nell’ombra del vicolo, così angusta che Katrina si trovò schiacciata contro il corpo di lui.
«Ascolti, io non so che cosa sta succedendo, ma...» attaccò con coraggio.
«Buona» fu l’ordine gelido, privo di emozione, che le venne sussurrato all’orecchio.
Katrina continuò a ripetersi che il proprio corpo stava tremando così violentemente perché era sorpresa e spaventata: non era assolutamente legato al fatto che era eccitata dalla solidità maschile della coscia muscolosa che la premeva... E quel cuore maschile stava battendo così forte che sembrava risuonare non solo nel corpo di lui, ma anche nel suo, sovrastandola con la propria energia, facendola sentire come se stesse fornendo forza vitale a entrambi.
Per l’angoscia e l’emozione emise solo un flebile suono, ma la reazione di lui fu rapida e punitiva. Con la mano le afferrò la gola, mentre con la testa le nascose la strada mentre la bocca tacitava ogni protesta che lei avrebbe potuto avanzare.
Aveva il sapore del caldo e del deserto, e mille e una cosa che le erano estranee. Estranee e in qualche modo pericolosamente eccitanti, riconobbe Katrina, provando disgusto per se stessa mentre un incontrollabile impeto primitivo si impadroniva del suo corpo.
Le labbra di lei si addolcirono, schiudendosi. Allora sentì il cuore di lui fermarsi per poi riprendere accelerato, cogliendo come un predatore il vantaggio che lei gli aveva concesso. La solida pressione della bocca di lui crebbe, infuocandola, mentre la lingua si insinuava fiera, reclamando obbedienza.
Per reazione, il corpo di lei fu percorso da una scossa. Mai si era immaginata di baciare un uomo con tale intima sensualità in pubblico e in pieno giorno, e certo non un uomo completamente sconosciuto.
La bocca di lui stava ancora coprendo la sua, quando Katrina in distanza sentì il suono del veicolo che si allontanava. Poi, quasi facendola traballare, lui la lasciò andare. Con una mano, l’aiutò a ritrovare l’equilibrio, e un attimo dopo era sparito tra la folla, lasciandola con una sensazione di sopraffazione e, ancora più sorprendente, quasi di abbandono.
«Vostra Altezza...» Il suo arrivo al castello reale per l’incontro con il fratellastro fu accolto da inchini profondi e rispettosi. Anche le guardie armate, che spalancarono le porte d’oro che conducevano alla sala delle udienze del Sovrano, subito si inchinarono e se ne andarono.
Xander, ora in presenza del fratellastro, si inchinò profondamente mentre le porte si chiudevano alle sue spalle. Potevano anche avere lo stesso padre, e il fratello maggiore poteva anche avere un debole per lui, ma l’uomo che aveva di fronte era il Sovrano dello Zuran, e in pubblico doveva mostrargli rispetto per questo.
Subito il Sovrano si alzò, ordinando a Xander di alzarsi e di venire ad abbracciarlo.
«È bello riaverti qui. Ho sentito commenti molto positivi su di te dagli altri capi di stato, come anche dalle nostre ambasciate in America e in Europa.»
«Vostra Altezza è troppo gentile. Tutto questo merito deve andare a voi per esservi degnato di onorarmi del compito di assicurare che le nostre ambasciate abbiano il personale necessario per promuovere i vostri progetti di una democrazia più forte.»
Senza che fosse necessario alcun comando, si aprì una porta e apparve un servitore, seguito da altri due che portavano del caffè. I due uomini attesero fino alla fine di quella piccola cerimonia, poi, appena soli, il Sovrano si avvicinò a Xander.
«Vieni, andiamo a passeggiare in giardino. Potremo parlare più facilmente.»
Oltre la sala delle udienze, protetto da una tenda pesante e racchiuso in un chiostro, c’era un giardino privato ricco di piante e ravvivato dal suono dell’acqua proveniente da numerose fontane. Non un singolo granello di polvere deturpava la perfezione dei sentieri coperti di mosaici lungo cui i due uomini passeggiarono fianco a fianco nei loro tradizionali abiti bianchi.
«È come sospettavamo» annunciò Xander, quieto, mentre si fermavano di fronte a uno dei numerosi laghetti ricchi di pesci. Si piegò a prendere una manciata di cibo da una ciotola vicina e la gettò nell’acqua. «Nazir sta complottando alle tue spalle.»
«Ne hai prove certe?» chiese il Sovrano, brusco.
Xander scosse la testa. «Non ancora. Come sai, però, sono riuscito a infiltrarmi nella banda di ladri e rinnegati guidati da El Khalid.»
«Quello spregevole traditore! Avrei dovuto farlo imprigionare a vita, invece di essere così clemente con lui» sbuffò il Sovrano.
«El Khalid non ti ha mai perdonato di averlo privato delle terre e dei beni quando hai scoperto le sue attività disoneste. Sospetto che Nazir gli abbia promesso che, se riuscirà a rovesciarti, lo reintegrerà. Sospetto anche che Nazir abbia in mente di far credere che sia El Khalid il tuo vero nemico. Non può permettersi di essere messo in alcun modo in connessione con il tuo assassinio.» Si accigliò. «Devi stare in guardia...»
«Sono ben protetto, non temere, e come dici tu, per quanto