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Rivincita greca: Harmony Collezione
Rivincita greca: Harmony Collezione
Rivincita greca: Harmony Collezione
E-book158 pagine2 ore

Rivincita greca: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Calda come il sole di Corfù, antica come le rovine di Creta, dolce come il nettare degli antichi dei. La passione, nel sangue di ogni uomo greco, scorre veloce fin dalla notte dei tempi...



Nikos Katrakis è alla ricerca di una nuova amante, quando Tristanne Barbery, bella ereditiera, gli si offre su un piatto d'argento. Possono la gratificazione della carne e quella dell'orgoglio essere così facili? Sono anni che Nikos aspetta la propria rivincita sui Barbery, così non ci pensa due volte ad accettare quella proposta. Ben presto, però, i suoi piani cominciano a sgretolarsi di fronte alla scoperta che Tristanne non è affatto la ingenua e viziata ragazza che aveva creduto.
LinguaItaliano
Data di uscita9 feb 2018
ISBN9788858977682
Rivincita greca: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Rivincita greca - Caitlin Crews

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Katrakis’s Last Mistress

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2010 Caitlin Crews

    Traduzione di Paola Mion

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-768-2

    1

    Nikos Katrakis era di gran lunga l’uomo più pericoloso a bordo del lussuoso yacht. In una situazione normale, Tristanne Barbery non avrebbe dedicato neppure un’occhiata a un uomo simile - così scuro e potente, catturava il suo respiro ogni volta che il suo sguardo si spingeva verso il bancone di marmo del bar dove lui stava - e volentieri se ne sarebbe andata il più lontano possibile. Un uomo che sembrava oscurare il bagliore verdeazzurro del Mediterraneo con la sua sola presenza era troppo complicato per lei. Anzi, era troppo.

    Ma non si tratta di te, si disse cupa, e si ordinò di allentare le dita strette a pugno. Scacciò la nausea e la paura, il panico. Perché davvero non si trattava di lei, ma di sua madre, la sua indebitata e ammalata madre. E lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvarla.

    Vi erano altri uomini ricchi e potenti sulla barca, eleganti e sofisticati, nella cornice scintillante della Costa Azzurra: le colline rivestite di olivi e le case affacciate sull’acqua di Villefranche-sur-Mer sulla sinistra, i tetti rossi delle ville di Cap Ferrat sulla destra, e le brillanti, profonde acque della baia di Villefranche intorno a loro nella luce del tardo pomeriggio. Ma Nikos Katrakis era diverso. Non solo perché era il proprietario dello yacht, anche se il suo status era chiaro come una firma quasi visibile, quasi emanasse da lui a ondate. Non era neppure la sua innegabile possanza fisica, che sembrava a malapena trattenuta sotto la superficie apparentemente formale, anche se era vestito in quel modo disinvolto, con dei jeans e una camicia bianca lasciata aperta sul collo a mostrare una porzione di pelle abbronzata.

    Era lui.

    Il suo modo di stare lì, autoritario eppure remoto, così solo anche se al centro del suo ricevimento. Emanava una feroce e inequivocabile energia virile, che attirava gli sguardi ma manteneva tutti lontano, a parte i più coraggiosi. Sarebbe stato già abbastanza devastante se fosse stato un uomo banale. Ma, naturalmente, Nikos Katrakis non era, in alcun senso, banale. Tristanne avvertì un brivido lungo la spina dorsale, incapace di distogliere lo sguardo da lui. Era più autoritario rispetto a come era stato il suo secondo padre, ma non così freddo. E in qualche modo poteva sentire che non era brutale come suo fratello, Peter, talmente crudele che si era rifiutato di pagare per le cure mediche della madre di Tristanne, così senza cuore che aveva riso in faccia alla sua disperazione.

    Qualcosa in Nikos le faceva pensare che lui fosse diverso, le evocava l’immagine di un drago, come se fosse magico e pericoloso, un personaggio epico. Era troppo virile, troppo maschio. Il potere sembrava ronzargli intorno come una corrente elettrica. Un drago, pensò ancora, e le palme quasi le prudettero dal desiderio di scolpire nella creta quei suoi lineamenti decisi, anche se sapeva che era esattamente il tipo di cosa che suo fratello disprezzava. Non c’era modo di spiegare la creatività al suo prepotente fratello.

    Ed era proprio per questo che Nikos Katrakis era l’unico uomo adatto. Tristanne stava perdendo tempo a guardarlo, provando a calmare i nervi, sapendo bene che Peter la stava cercando. Sapeva che non le aveva creduto, anche se lei si era detta d’accordo riguardo al suo piano. In realtà l’avrebbe portato avanti, ma a modo suo, non a quello del fratello. E l’avrebbe fatto con l’uomo che Peter odiava più di ogni altro, l’uomo che considerava il più grande rivale in affari, il nemico.

    Il nervosismo si stava trasformando in qualcosa d’altro... qualcosa che le faceva aumentare il battito cardiaco e le rendeva le ginocchia molli. Poteva solo sperare che non si vedesse, e che lei mostrasse quello che Peter lamentava sempre che gli altri vedevano quando la guardavano: il ghiaccio dei Barbery. È il momento che tu usi il tuo fascino a nostro vantaggio, le aveva detto poco tempo prima con freddezza. Tristanne cercò di scacciare il ricordo, decisa a non reagire più a lui in nessun modo, neppure mentalmente. Non quando vi era così tanto in gioco, la sopravvivenza stessa di sua madre, e l’indipendenza per cui aveva lottato così duramente.

    Prese un respiro fortificante, elevando una breve preghiera mentre si obbligava a camminare verso Nikos Katrakis prima di rinunciare e scappare via.

    Nikos sollevò lo sguardo dal suo drink posato sul bancone di legno e marmo del bar e i loro occhi si incontrarono, restando incollati gli uni agli altri. Quelli di lui erano del colore del tè forte, di un tono più chiaro dei capelli e delle sopracciglia inarcate, e sembravano brillare come oro brunito. Sprofondarono in quelli di lei, e Tristanne trattenne il respiro, mentre un calore inquieto la travolse. I suoni ovattati della festa, il tintinnare di bicchieri e le risate raffinate scomparvero. La sua ansia e il suo obiettivo scomparvero.

    Era come se tutto il mondo, la distesa verdeazzurra del Mediterraneo sbiadissero alla luce del suo sguardo dorato. Era consumata da lui, avvolta in lui, cambiata da lui.

    «Signorina Barbery» salutò lui, l’accento greco che colorava lievemente le sue parole, aggiungendo un tocco carezzevole alla sua voce. Sembrava quasi un ordine anche se lui pareva incurante, così indolentemente appoggiato al bar, una mano intorno al bicchiere. La guardava con occhi intenti e i peli sulla nuca di Tristanne si rizzarono in allarme. Qualcosa di selvaggio e inaspettato la attraversò, rendendole il respiro affannoso, scioccandola con la sua intensità. Non era per nulla incurante e indolente, anche se fingeva di esserlo. Del resto, suo fratello non sarebbe stato così ossessionato da quell’uomo se non fosse stato un degno avversario.

    «Sa il mio nome?» domandò. Cercava di mantenere il controllo nonostante si sentisse spiazzata dalla propria reazione. Era un tratto dei Barbery: riuscire a sembrare noncurante mentre dentro era sottosopra. Aveva dovuto impararlo dal suo spietato padre, o ne avrebbe patito le conseguenze. Lei voleva usare quest’uomo per i propri fini, non soccombere al suo leggendario fascino, perciò doveva essere forte!

    «Naturalmente.» Sollevò un sopracciglio scuro, mentre il labbro superiore si piegava un poco. «Mi faccio un punto d’onore di conoscere il nome di tutti i miei ospiti. Sono greco, e per noi l’ospitalità non è solo una parola.»

    C’era come una sorta di rimprovero da qualche parte e lo stomaco di Tristanne si tese, mentre lui la guardava con occhi che vedevano troppo. Come se lui fosse un gatto e lei un debole topo già condannato.

    «Dovrei chiederle un favore» borbottò, incapace di giocare come avrebbe dovuto, come aveva sperato di poter fare quando Peter era andato a prenderla quel pomeriggio. C’era qualcosa nel modo in cui Nikos la guardava - così calmo, così diretto e meravigliosamente potente - che la faceva sentire come se il bicchiere di vino che aveva a malapena toccato le fosse andato dritto alla testa. «Sono così mortificata...» mormorò, sorpresa nel sentire che arrossiva. Aveva sempre pensato di non essere capace di farlo. «Io... credevo potesse funzionare... ma lei penserà che sia la persona più rozza...»

    Il suo sopracciglio si innalzò di più e le sue labbra si piegarono, anche se i suoi occhi rimasero impassibili. «Non ha ancora chiesto il favore. Giudicherò quando l’avrà fatto.»

    Tristanne ebbe l’impressione di rischiare di più stando di fronte a Nikos Katrakis in piena vista di molti estranei che non dagli oscuri piani di Peter. Era un pensiero assurdo. Devi essere forte!, si ripeté, ma non poteva evitare di sentirsi in pericolo. Né poteva fermare quello che sarebbe accaduto. Anche se all’improvviso sapeva, con il profondo, femminile intuito che sembrava gravarle nelle ossa, che quello era un errore madornale. Che stava per ficcarsi in un nido di vespe. Nonostante fosse fiera della propria abilità e della propria indipendenza, sapeva di non essere in grado di fronteggiare un uomo simile. Non avrebbe dovuto addentrarsi nella tana del drago. Chiunque avesse mai letto una favola lo sapeva! Si morse il labbro inferiore, accigliandosi un poco mentre lo guardava, sentendosi ancora più preda di quell’incantesimo d’oro scuro. Era come se lui fosse una trappola, e lei vi stesse andando dentro dritta. Il problema era che non era spaventata come avrebbe dovuto. E, in ogni caso, non aveva scelta.

    «Il favore?» domandò lui, qualcosa di sardonico che lampeggiava sul suo viso. Come se sapesse quello che stava per chiedergli. Ma questo era assurdo. Non poteva certo saperlo.

    «Sì.» Annuì, il tono sicuro, in contrasto con quello che provava. «Un favore. Ma uno piccolo e, spero, non proprio sgradevole.»

    Stava quasi per rinunciare. Visto il senso di allarme che il suo corpo e la sua intuizione le inviavano, stava pensando che forse avrebbe potuto usare qualcun altro, e non quell’uomo così intimidatorio, quando guardandosi attorno per riprendere fiato vide le spalle di suo fratello dall’altra parte del bancone del bar. Del suo mezzo fratello, ricordò a se stessa, anche se non faceva differenza. Lui si accigliò quando la vide e notò con chi era. Dietro di lui, Tristanne vide il viscido uomo d’affari che secondo Peter doveva rappresentare il loro biglietto vincente per evitare la rovina finanziaria, in cambio dei favori di Tristanne.

    «Dobbiamo rafforzare il patrimonio di famiglia» le aveva detto sei mesi prima Peter in modo pragmatico, come se non stessero parlando del suo futuro, della sua vita.

    «Non capisco» aveva risposto lei rigidamente, con ancora l’abito nero che aveva indossato per la commemorazione funebre del padre, tenutasi quel giorno. Non che fosse mai stata in lutto, neppure subito dopo la sua morte. Non per Gustave Barbery, in ogni caso, anche se forse sarebbe sempre stata in lutto per il padre che Gustave non era stato per lei. «Tutto quello che desidero è poter accedere al mio fondo fiduciario qualche anno prima.»

    Quel dannato fondo. L’aveva odiato, aveva deplorato che il padre pensasse di poterla controllare attraverso di esso. E detestava ancora di più il fatto che ora Peter fosse stato nominato esecutore testamentario e, per il bene di sua madre, lei fosse costretta a stare al suo gioco per potervi accedere. Non voleva avere niente a che fare con la maledetta fortuna dei Barbery e con ciò che implicava: aveva vissuto per anni orgogliosa del proprio denaro, guadagnato con le proprie mani, ma l’orgoglio era un lusso che non si poteva più permettere. La salute di sua madre era degenerata rapidamente da quando Gustave si era ammalato. I debiti erano divenuti sempre più ingenti, soprattutto da quando Peter aveva preso il controllo delle finanze di famiglia, otto mesi prima, rifiutandosi di pagare i conti medici di Vivienne, che erano ricaduti sulle spalle di Tristanne, che certo non poteva pagarli con i proventi del suo lavoro di artista a Vancouver. Così non aveva altra scelta che cercare di venire a patti con Peter, in modo da poter usare il proprio fondo per salvare la madre dalla rovina. Avrebbe voluto piangere, ma non poteva farlo, non poteva mostrare la sua fragilità al fratellastro.

    «Non devi capire» aveva replicato lui, indirizzandole uno sguardo in cui trapelavano trionfo e malizia. «Devi solo fare quello che ti dico. Trovare un uomo ricco e adeguato, e piegarlo al tuo volere. Quanto può essere difficile per una come te?»

    «Non vedo come questo possa aiutarti» aveva commentato Tristanne, in tono apparentemente tranquillo, come se non fosse inorridita.

    «Non devi preoccuparti di nulla, a parte

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