Prima che la notte
Di Ana Joanne
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Info su questo ebook
Romance - romanzo (121 pagine) - Una lunga notte oltre i sogni corona una tormentata storia d’amore
A volte la vita è bastarda e non sempre ti fa incontrare l'Amore al momento giusto. Ne sanno qualcosa Alessandro e Daniela. Ma anche Carmen e Paolo. Storie che si incontrano e scontrano, che si avvicinano e allontanano. A volte per necessità, altre per egoismo. Altre volte, ancora, per sopravvivenza. E così Alessandro e Carmen si alleano, si sostengono, fingono di amarsi, mentre osservano i loro amori, quelli veri, quelli dei sogni, vivere altrove, altre vite. Senza di loro. Ogni giorno una nuova speranza, ogni giorno con l'ennesima delusione. Vite spezzate, cocci che non ritrovano il loro posto. Quando squilla il cellulare di Alessandro, lui capisce subito che Daniela lo sta di nuovo cercando. Sarà la volta buona? Finalmente due linee parallele potranno incontrarsi? L'Amore, quello vero, potrà trionfare?
Ana Joanne vive di passioni. Ama la musica, e il mondo dei sogni. Anche se questi, lo sa benissimo, non sempre ci regalano la felicità. Vive a Roma, da qualche parte, sognante.
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Anteprima del libro
Prima che la notte - Ana Joanne
sognante.
Ama, ama follemente, ama più che puoi, e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente.
(W. Shakespeare)
Prologo primo
Lei ha la perfezione che solo le donne minute possono avere. Non è una frase mia, l’ho letta da qualche parte. L’ho letta e ho pensato che fosse adatta al mio modo di vedere la bellezza di una donna. Non una donna qualunque: LA donna, lei. In effetti, se ci penso bene, ho iniziato a innamorarmi a questo modo, osservandola da lontano, senza pensare di doverla amare, o con il pallino di sedurla. No, niente di tutto questo. Passava, con quella camminata lenta che è così sensualmente donna, e io la osservavo, in silenzio. Non credo in Dio, non sono un credente, no, ma posso ben dire che quell’attrazione che calamitava ogni mio senso era la cosa più simile a una fede. Nasceva dentro di me, senza un vero perché, inconsapevole e inaspettata.
La osservavo e dicevo, a me stesso e in condivisione con quelle poche anime che frequentavano l’angusto ambiente di lavoro: Se io fossi un uomo in cerca di una donna, lei è la donna che cercherei
.
Eppure non la cercavo, non so perché. L’uomo crede di essere uno spietato cacciatore. E con la preda delle prede a due passi, non cacciavo. Ammiravo, quasi in silenzio. Non lo sapevo ancora, ma mi stavo innamorando. Di un modo di camminare, di quell’ammaliante manifestazione d’esser donna. Entro poco tempo sarebbe diventata molto più di tutto questo. Una principessa, il mio tesoro (un’ossessione, sì, proprio come quella di Gollum), poi il mio amore. E ancora: paure, dubbi, pianti, liti, angosce… tutto questo può essere racchiuso in una sola parola: Amore.
Non la cercavo, ma in un modo o in un altro ci siamo trovati. È così che deve andare, senza un progetto. Le cose belle e le cose brutte hanno una cosa che le accomuna: accadono. Senza chiedere il permesso, semplicemente perché debbono accadere.
Cosa sono diventato io? Un Genio bizzarro, un pazzo furioso, un pittore che ha toccato il fondo trovando se stesso. E una volta che tocchi il fondo puoi… rimanere lì o tornare a salire.
Questo è quello che pensano tutti. Io ho fatto una cosa diversa. Ho sondato i mille abissi di quel fondo nero, mi sono mosso, non per tornare in alto, mi sono mosso lateralmente, senza vedere, senza sentire, senza sapere.
Ho trovato qualcosa, mi sono afferrato con forza.
Lei è ancora irraggiungibile, come la prima volta che la osservavo passare, prigioniera di un’altra vita. Lei è ancora… Lei. Non ci sono altre vie da seguire. Il binario è uno, l’unico che ritengo giusto. Io aspetto. Sempre sul fondo. Non da solo. Ma sempre al buio.
Lei si chiama Daniela.
Prologo secondo
Lavoro.
Non ce la faccio più a sentire pronunciare questa parola.
L’ha messa sempre avanti a tutto, a me… a NOI!
Un dovere verso cosa… non si sa. Una corsa verso l’appagamento, quando io, sciocca, ho sempre pensato di potermi sentire arrivata – FELICE – semplicemente trovandomi nell’abbraccio giusto, quello perfetto, nato per accogliermi.
Avevo una mia idea di felicità. E quando ho incontrato lui ho capito che non poteva esserci nulla di sbagliato nell’essere innamorati, nell’essere perfetti insieme. Due metà dello stesso cuore.
Lui ha cambiato le mie prospettive, ha schiacciato le mie idee, umiliato la mia passione, ridicolizzato il mio pianto. Lui ha fatto di me quello che non pensavo potesse essere possibile. Lui… mi ha fatto innamorare, mi ha regalato un nuovo concetto d’amore. Più mi tiene lontano, più lo amo.
Lavoro. Per lui non esiste altro, non è mai il momento giusto, l’occasione verrà, dice, devi essere paziente e…
Ma la pazienza non la trovi, quando ami da sola, e il tempo sembra non passare, le giornate sono infinite, le notti sono un dolore necessario.
Fuggire. Dovevo andare altrove. E altrove sono stata, con l’illusione quasi tangibile di essere felice. Mi sono sposata, ho detto ti amo
davanti ad altri occhi. Ho pianto di nuovo, ancora, ancora, ancora. Non si possono amare gli occhi sbagliati. I ti amo
non si possono regalare a buffo. Ce li hai nel cuore e quelli veri escono solo al momento giusto. Tutti gli altri sono parole. Non vibrano. Non ti toccano…
Non le dirò a nessun altro, quelle due parole. Magari non le dirò più, ma fa niente. Inutile dirle per strappare un sorriso e il battito del cuore alla persona sbagliata.
Ho trovato chi mi capisce, chi sa tenermi la mano senza aspettarsi nulla se non quello che posso e voglio dare. Non un ti amo
, non la speranza che la cosa sia diversa da quello che è. Cos’è? Non lo so spiegare. Sicuramente è un percorso. O un modo alternativo di stare fermi, chissà. Non mi interessa. LUI non c’è, per me non c’è mai stato. Eppure io sono ancora qui, con un carico di ti amo
che rimangono lì, fermi, pazienti.
Per lui che è a lavoro, chissà dove, in giro per il mondo. Per qualcosa che, come sempre, viene prima di me.
Lui si chiama Paolo.
Capitolo primo
Oggi, primo giugno 2015
– Pronto?
La mano tremava. Non più della voce.
Aveva cancellato tutto, ma quel numero era QUEL numero, non uno qualunque. Tanti due
, troppi due
. Due, glielo diceva spesso.
Alessandro aveva lasciato squillare sperando che la smettesse. Guardando il display e affogando di nuovo in un vortice infame e nero.
– Che c’è? – Le prime parole da un anno e poco più, da quel maggio che aveva chiuso ogni porta. Io per te sono morto
le aveva scritto. Poi nulla. A parte gli incubi. Ma non si muore mai amando.
– Io… io ti volevo parlare – disse la voce incerta di Daniela.
Aveva provato a dimenticare quel suono che fermava i battiti del cuore per poi farli accelerare all’improvviso.
– Non sono sicuro di volerti ascoltare – voce rotta, fottuto tremore alle gambe.
– Io non volevo che…
– Che cos’è che non volevi, rovinare la nostra vita? – incalzò, cercando di ricacciarla.
Silenzio. Solo un leggero respiro, lo stesso di sempre, quando era nervosa, quando perdeva il controllo delle proprie emozioni. Quando faceva perdere il controllo a lui, sulla sua vita.
– Cosa vuoi… lo sai quanto è passato? Lo sai quello che è successo?
– Lo so – un filo di voce. – Ma non è successo per il motivo che pensi tu.
– E tu che ne sai di quello che penso? – Non lasciava mai pause. Attaccava, spingeva, alzava la voce, perdeva il controllo. Era il dono che lei aveva fatto alla sua vita: renderlo se stesso, senza freni.
– Non ho fatto un figlio per recuperare il mio matrimonio. Non lo volevo e…
– E?
– Non lo voleva nemmeno lui, mi ha chiesto di abortire. Lo sai come sono fatta e…
– Lo so come sei fatta, lo so meglio di lui e di chiunque altro, non ricordi?
Non rispose. Alessandro immaginò gli occhi lucidi. La immaginò annuire leggermente. Lo sapeva.
– Io vorrei spiegarti, ma… di persona, non così.
Sbuffò. – Io non voglio vederti, Dany, ti rendi conto cosa significa per me. Lo sai che cosa significa stare ora al telefono con te, adesso, con la donna che amo più della mia vita e che vuole spiegarmi per quale cazzo di motivo amando me ha fatto un altro figlio col marito? Eh?
– Io…
– Io cosa, Dany, cosa?
I silenzi sembravano infiniti, anche quando respiravano pochi secondi. – Mi ami ancora?
– Io non ho smesso un cazzo di minuto di amarti – urlò. – Ho provato a odiarti, a odiare me stesso, a dirmi che eri una fottuta stronza del cazzo. Ma alla fine la storia è semplicissima: ti amo, oggi più di un anno fa, più di sempre. E se te lo dico dopo tutto quello che hai fatto sai bene cosa significa.
– Non pensavo che…
– Non pensi mai, questo lo so da tempo. Non pensi mai che l’amore possa essere più forte di ogni cosa.
– Non sono abituata a questo tipo di amore e…
– E infatti fai bene a stare dove stai, visto che vi meritate. Stare insieme per dovere vi porterà lontano, vedrai.
– Perché mi ami ancora?
Questa volta Alessandro dovette prendere tempo. Respirò, deglutì, tirò su col naso. Quando riprese a parlare gli argini degli occhi erano fuori dal controllo. – Perché sei l’emozione più grande della mia vita, perché al mondo niente mi ha mai fatto battere il cuore come il tuo sguardo, un tuo bacio, il tuo respiro mentre mi tieni abbracciato. Perché sei tutto quel che manca dentro me…
Un singhiozzo. Alessandro sospirò. Ogni volta che la sentiva piangere qualcosa dentro di lui esplodeva e si spargeva in mille pezzi. Schegge di ghiaccio nell’animo.
– Io ti amo più della mia vita, Principessa – disse ancora, con un filo di voce.
– Non ero preparata a questo.
– A tuo figlio?
– A trovarti ancora… così. Pensavo mi odiassi.
– Ci ho provato. Ma come si fa a odiare l’amore?
Non rispose.
– Ai tuoi ordini – sussurrò Alessandro. – Non è mai cambiato, Principessa. Magari il Genio è andato via, ma io sono sempre rimasto qua.
Troppo passato tutto insieme.
Principessa, Ai tuoi ordini, il Genio.
– Da lontano. – La voce di Daniela debolissima, diafana.
– Da lontano, sì…
Tremo e t’amo.
– Posso farti una domanda?
Alessandro annuisce, anche se è al telefono, poi dice di sì.
– Dicevi a tutti che aspettavo un figlio…
– Sì. Cercavo conferma… Nessuno mi diceva niente.
– Ale… non lo sapeva nessuno.
– …
– Nemmeno io, l’ho scoperto tre settimane dopo. Ma tu lo sapevi, lo dicevi a tutti.
Rispondere piangendo era complicato. Respirò a fondo, Alessandro, prima di parlare: – Io lo sapevo.
– Ma come è possibile, io…
– Perché tu sei la mia vita, Dany, e certe cose chi ama le nota. Ti guardavo negli occhi e vedevo che c’era una luce diversa. Tu aspettavi un bambino.
–Solo tu mi guardi così… non ci dormivo la notte. Tu lo sapevi.
– Io ti guardo, io vedo chi sei, non mi fermo ai tuoi occhi, vado oltre, vedo te.
– Solo tu riesci a farlo.
– Ma questo non è mai stato abbastanza per te.
– Abbiamo sbagliato tutto, forse, se…
– Perché sei qui, oggi, Principessa?
– Perché voglio spiegarti che…
– Dany, sono sei anni che torniamo a questo punto. Che valore ha spiegare a me che un anno fa non volevi avere un altro figlio. Perché sei qui ancora una volta?
Silenzio.
– Mi ami? – domandò Alessandro.
– Lo sai, io…
– Lo so, non lo dici.
– Che senso ha dirlo se poi rimango dove sono?
Sorrise, Alessandro. – Hai ragione, non ha senso dire ti amo alla persona che ami. Forse è per questo che sei ancora lì, perché non sai cosa significhi amare.
– Io…
– Cos’altro vuoi, dimmi e lasciami andare, hai già fatto troppi casini chiamandomi, te ne rendi conto?
– Voglio vederti.
– Non ci vedremo, io… non ce la faccio.
– Ho bisogno di spiegarti.
– E quello di cui ho bisogno io? Della pace che dovrei trovare ne vogliamo parlare? Tu hai bisogno di scombussolarmi ancora? Ti amo, Daniela, te l’ho detto, più della mia vita. Ma non ci vedremo, se devi dirmi altro fallo ora, poi attacca e sparisci di nuovo, per favore.
– Io…
– Parla ora, Dany, oppure ciao.
– Non fa niente, dai… scusa, non volevo rovinarti la vita, ma dovevo spiegarti, sentire la tua voce, io…