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Amori Assassini
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E-book182 pagine2 ore

Amori Assassini

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Info su questo ebook

Nella vita umana normalmente si ritiene e spesso si ricorda con nostalgia la giovinezza, quando tutto sembra possibile e si da per scontato.

Stefano nel primo racconto ha tutto e non se ne rende conto.Antonio ha un’ottima famiglia ma la ragazza dei suoi desideri è già promessa. Tra i due inizia una partita a scacchi per la stessa ragazza. La lotta a loro insaputa sarà portata a termine dai tre genitori. Nei vari racconti, tanti flash back. Stefano Calogero e Enrico riflettono la mentalità arretrata siciliana degli anni cinquanta. L’unico che esce da quest’arretratezza, Giulio che finalmente rimette in prima pagina l’amore quello vero che non conosce ostacoli. Nell’ultima storia, quella di un emigrato che dopo una vita consumata in terra straniera inseguendo un sogno, “il ritorno in patria”, viene funestato da alcuni balordi. Alberto però non ci sta e la sua vendetta covata per tanto tempo alla fine esplode tremenda. Alla sua stessa domanda però deve rispondersi che no! Nessuno ha il diritto di farsi giustizia da se stesso.
LinguaItaliano
Data di uscita4 ago 2020
ISBN9788831687621
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    Anteprima del libro

    Amori Assassini - Diego Licata

    squattrinato.

    La processione

    Tre anni prima

    La processione avanzava molto lentamente per il corso principale del paese; era il Venerdì Santo di Pasqua e tutta Aragrora era in piazza per assistere alle Cadute. Gesù sotto la pesante croce avanzava tutto insanguinato verso il Calvario, dove il Venerdì pomeriggio ci sarebbe stata la rappresentazione della crocefissione. Stefano, un bel giovane, dalla carnagione bruna, capelli corvini e lievemente ondulati seguiva distrattamente la recita delle Cadute, insieme all’amico Salvatore, un giovane perspicace e frequentatore della piazza. «Eccola», diceva l’amico, rivolgendosi a Stefano. «Lì, vicino al tabacchino, c’è Giovanna, la tua ragazza».

    Un secondo dopo però, con tutta quella gente che si spostava continuamente, sia Stefano sia Salvatore la perdeva di vista. In quel momento il corteo era fermo al centro della piazza, mentre dei figuranti stavano recitando la scena della prima Caduta.

    Stefano ora scrutava tra la folla per scorgere chi stava aspettando quando, inaspettatamente, ancora una volta, fu distratto, perché lo aveva accostato un amico, Antonio, il figlio dell’avvocato. Nel salutare il suo compagno di scuola si era distratto un poco, ed ecco che, scopertolo tra la folla, la giovane veniva a raggiungerlo.

    Giovanna, una stupenda ragazza di diciotto anni, dai lunghi capelli castani, che folti le scendevano sulle spalle, il viso dolce, sorridente e leggermente tondeggiante, era la donna che, nel piccolo paese, tutti i giovani avrebbero voluto per compagna. I due innamorati e gli amici dopo essersi scambiati un bacio sulla guancia, con la ragazza in mezzo tra Stefano e Antonio (Salvatore aveva preferito restare a guardare la recita), si mossero allontanandosi un poco dalla calca, dirigendosi verso il Calvario. Volevano distanziarsi dalla ressa della gente; fare una passeggiata, e poter chiacchierare tranquillamente. Giovanna era la fidanzata di Stefano ma anche Antonio era attratto dalla giovane e, profittando della festa, questi continuò a passeggiare insieme ai due, Salvatore invece preferì rimanere a guardare le Cadute anche per lasciare liberi i due innamorati.

    Antonio sapeva che Stefano doveva partire per il servizio militare; anche lui come l’amico era stato a passare la visita medica in precedenza alla chiamata alle armi, ma suo papà, avvocato, si era adoperato per far sì che fosse dichiarato inabile alla leva.

    Ora Antonio nutriva la speranza che, assente il fidanzato, Giovanna eventualmente avrebbe potuto rivolgere la sua attenzione alla passione che lui nutriva per lei. Antonio, nascondendo i suoi veri sentimenti, faceva di tutto per mantenersi in buoni rapporti con Stefano che non sospettava delle vere intenzioni del suo finto, timido amico. Trovando perfettamente normale nell’amicizia che Antonio si unisse a loro nelle passeggiate in piazza la sera, oppure, quando andavano al cinema.

    Il circolo

    Parecchi soci del circolo cacciatori si erano affrettati a lasciare la piazza, il posto preferito della loro passeggiata domenicale, quel piovigginoso mattino d’inizio d’autunno del 1954, e rincasare, oppure chiudersi nello stretto spazio del circolo, prima di rientrare a casa per il pranzo. Nello stretto e lungo circolo, i tavoli erano sistemati con quattro sedie, una delle quali toccava la parete interna. Chiunque si dovesse spostare era costretto a passare dall’altro lato, districandosi tra soci in piedi e altri seduti che giocavano a carte. Tre giovani appena entrati avanzarono un poco ma, subito, si accorsero che tavoli liberi non ce n’erano.

    Antonio rivolto a Stefano: «Qui dentro non ci sono posti e non si respira dal fumo, andiamo al circolo che frequenta mio padre». «Al circolo dei nobili?» interrogò Alfredo, l’altro amico che era con loro. «Sì», continuò, «andiamo», mostrando un segreto suo desiderio di potersi pavoneggiare alla prima occasione e dire che lui frequentava il circolo dei nobili. Stefano li seguì distrattamente. Dopo una cinquantina di metri sulla sinistra andando verso il Calvario, raggiunsero la sala che accoglieva i visitatori del circolo, dove, chi lo desiderava poteva leggere il giornale o riposarsi un poco.

    Dalla sala di ricevimento si poteva avanzare nell’altra stanza, molto più ampia, dove un socio poteva sedersi a un tavolo e, da solo o con qualche amico, sfogliare le varie riviste o giocare una partita a carte. Antonio, che era conosciuto dal cameriere perché figlio dell’avvocato e che spesso si accompagnava al padre che era socio, si fece dare un mazzo di carte per una partita a scopa con Stefano. Alfredo, che aveva già rifiutato di giocare, appena si liberò una rivista se ne impossessò cominciando a leggere prima i titoli e poi gli articoli più importanti. «L’anno passato» diceva ora Alfredo «è stato pieno di tantissimi eventi importanti: Elisabetta II è salita al trono d’Inghilterra, è iniziata la rivoluzione cubana, e poi il povero Partito Comunista ha perso il suo capo, è morto Stalin». «Anche l’anno in corso» interveniva Antonio «si è già dimostrato uno che sarà ricordato; se non come fatto principale, certamente come uno tra i più importanti avvenimenti dell’anno, la morte di Alcide De Gasperi, il politico più eccellente degli ultimi cinquant’anni. «È stato deputato a Vienna, ultimo presidente del consiglio del Regno e il primo presidente del consiglio della Repubblica Italiana». Certamente meritava il funerale di stato; bisognava vedere come accorreva la gente a rendergli omaggio quando il treno che lo portava a Roma, per il funerale, si fermava nelle stazioni. «Sono anche iniziate nel nostro paese le trasmissioni televisive in bianco e nero». «Caspita,» diceva ora Alfredo «morirei di fame ma nei Paesi Bassi non ci andrei a vivere neanche se mi promettessero qualunque cosa. Duemila e cinquecento morti causati da una tempesta del mare del Nord che ha colpito la Scozia, l’Inghilterra, il Belgio, ma soprattutto i Paesi Bassi». «A proposito di questo, una volta ho letto un articolo» diceva ora Antonio «che spiegava che nel 1228 una tempesta con innalzamento del mare provocò fu stimato 100.000 mila morti».

    «Purtroppo» filosofava Alfredo «l’Olanda in particolare è soggetta a questi fenomeni perché buona parte si trova sotto il livello del mare!» «Poveracci,» continuava «costruiscono dighe sempre più alte e forti ma, quando il mare s’infuria veramente, non ci sono dighe che lo fermano». Purtroppo la natura è così, è lei che comanda, quando dice una cosa, l’uomo ha ben poco da fare. «Accidenti» esclamava Antonio rivolto a Stefano dopo che, con una carta indovinata, si era assicurata la partita. «Oggi la carta ti va male». «Che facciamo questa sera?» continuava Antonio per fermare le elucubrazioni di Alfredo, senza per questo riuscirci, perché questi cercava sempre e in ogni modo di mostrare come le sue conoscenze fossero vaste. «Anche questa sera danno un bel film» diceva ora Alfredo, ma continuava: «non credo che sarà così bello come quello di due giorni fa con Gregory Peck e la bellissima Audrey Hepburn, che ci ha fatto conoscere le bellezze di Roma come il Colosseo, Piazza di Spagna e la Bocca della verità. Ma principalmente la bellissima Audrey nella veste di una principessa stanca del suo ruolo e desiderosa di provare le vere emozioni della vita». «Sì! Vacanze romane, con tutte quelle vedute su Roma, l’abbiamo visto, c’eri anche tu con Giovanna», diceva ora Antonio rivolto a Stefano, che insolitamente era stato il più silenzioso del gruppetto. «Che hai» chiedeva ora direttamente all’amico. «Niente» rispondeva Stefano che continuava: «mi sembra che non piova più, che ne dite se usciamo?»

    «Scusatemi,» interveniva Alfredo una volta fuori «io purtroppo devo rientrare per portare la mula ad abbeverare, ciao, arrivederci» diceva allontanandosi. Rimasti soli e mentre si dirigevano verso casa costeggiando la piazzetta che fronteggia la chiesa madre, Antonio insistette con l’amico: «Che c’è Stè? Si vede che qualche cosa non va».

    «È arrivata la cartolina precetto e fra meno di quindici giorni devo presentarmi al C.A.R.» fu la risposta di Stefano mentre si salutavano per andare a casa.

    La partenza

    Erano quasi le undici, quel nuvoloso mattino, quando Giovanna, terminate le poche faccende di casa, si era affacciata un istante al balcone per controllare se il postino si vedeva in giro come d’abitudine a quell’ora, e se finalmente arrivasse una lettera del suo ragazzo.

    Stefano era partito da più di un mese ma non era arrivata nessuna sua notizia. Quel giorno però aveva quasi un presentimento e ogni pochi minuti s’affacciava, o dal balcone di sopra o giù dalla finestra a scrutare se quel benedetto postino si facesse vedere, anche se sapeva che se ci fosse stata posta questi si sarebbe fatto sentire con la sua voce squillante, nota in tutto il paese.

    Era seduta ora giù in salotto-sala da pranzo, dove faceva bella figura un grande tavolo marrone scuro finemente intarsiato e delle sedie molto eleganti accostate a questo. Dietro di lei, nella parete si apriva una larga porta a vetro che si affacciava nel giardino; ai lati di questa porta, alta a destra c’era un’immagine della Madonna del Monte Carmelo, che qualcuno voleva associare al maestro dal Monocolo, della non tanto lontana Racalmuto, ma non c’era nessuna prova. A sinistra della porta a vetro si trovava l’immagine di Santa Venera con la palma del martirio in mano. Dirimpetto alla porta a vetro nell’altra parete, una larga finestra si apriva sulla strada del paese.

    La madre della giovane, sempre malaticcia, era ancora a letto e il padre, ora che per la sordità non praticava la medicina, era andato in piazza per la sua passeggiata mattutina. Giovanna, seduta con le spalle volte alla porta a vetro e la finestra davanti, rivedeva quel triste pomeriggio di un mese addietro, quando con Antonio e il padre di Stefano avevano dato l’ultimo saluto al suo caro ragazzo che andava a servire la patria. Lenta intanto una lacrima le solcava la gota e nello stesso tempo si considerava fortunata per avere un caro amico come Antonio che la faceva svagare quando di tanto in tanto si concedeva una passeggiata serale e lui era sempre presente, incoraggiandola, dicendo che presto quel periodo sarebbe stato un ricordo.

    Un paio di volte l’aveva anche accompagnata al cinema e in quell’occasione notò come Antonio fosse, al contrario del suo ragazzo, pronto a comprare noccioline o altre leccornie vendute in sala cinema oppure al caffè. A distoglierla da quei pensieri la voce squillante del postino che le faceva sapere che veramente quel mattino finalmente c’era una lettera per lei. Correndo era andata alla porta e altrettanto correndo era ritornata in salotto e, seduta con le mani che le tremavano, apriva la missiva:

    Amatissima mia Giovanna, eccomi a te per farti avere mie notizie; finalmente sono terminate le quattro settimane più dure della mia vita. Come tu sai non sono un debole che si lascia dominare dagli altri e qui guai a esserlo, perché, se lo sei, chiunque cercherà di approfittarne. Nonostante questo sono state quattro settimane da incubo, con alzate prestissimo al mattino, corse lunghissime che arrivavi allo sfinimento, ispezioni e alza bandiera che non finivano mai, e tempi brevissimi per l’igiene personale. Come ti ho detto queste dure settimane sono terminate e le punizioni per un nonnulla sono ora meno frequenti così come le consegne, le pulizie delle camerate, le nottate nei posti di guardia, e la lucidatura delle scarpe. Ora con un po’ di fortuna potrò fare qualche visita alla Capitale vicina. Tu cosa mi dici? Gli amici ti trattano bene? Mi sei mancata moltissimo! Un bacione, il tuo amato Stefano.

    Quella sera stessa Giovanna passeggiando con Antonio lo informò della lettera ricevuta e nonostante qualche lacrima si lasciò convincere ad andare al cinema e accettare all’uscita di andare a prendere un gelato al bar e quindi Antonio l’accompagnò a casa. Nel separarsi, all’improvviso Antonio la sorprese con un lieve bacio sulle labbra.

    Rimasta sola Giovanna si sedette in salotto riflettendo su quel bacio e comunque si disse che quello non doveva ripetersi. Se Antonio cercasse di farlo ancora, lei si sarebbe allontanata da lui fino al ritorno di Stefano.

    L’attesa

    Con le lettere che ora arrivavano quasi regolarmente, Giovanna e Stefano si erano adattati alla loro condizione. Lui obbligato dalla legge militare faceva del suo meglio obbedendo agli ordini e cercando di evitare situazioni che lo avrebbero fatto incorrere in punizioni, almeno le più severe, e nello stesso tempo la sua buona condotta poteva offrirgli qualche settimana di licenza.

    Giovanna con la madre bisognosa di cure aveva poco tempo per uscire e spesso e volentieri rimaneva a casa. Una sua piccola consolazione il televisore, che il padre aveva comprato, uno dei primi in paese; e seguiva alcuni programmi radio interessanti,

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