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Una stuzzicante ereditiera: Harmony Collezione
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Una stuzzicante ereditiera: Harmony Collezione
E-book155 pagine2 ore

Una stuzzicante ereditiera: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

L'eredità dei Saunderson 1/2

Dopo aver trascorso una notte tra le braccia di un affascinante sconosciuto, l'ereditiera Elin Saunderson si ritrova sola e... incinta! Quando un anno più tardi viene a sapere che l'uomo del mistero è in realtà l'erede legittimo della fortuna del suo padre adottivo, Elin capisce che da un momento all'altro potrebbe perdere tutto, compreso suo figlio!

Non appena scopre di essere diventato padre, Cortez Ramos è deciso a reclamare quello che gli spetta. Ma Elin si dimostra una madre protettiva oltre che una pericolosa tentazione. Proprio quando la sfida si fa più agguerrita, Cortez decide di compiere una mossa azzardata: un matrimonio di convenienza che legittimerà il suo erede e riporterà Elin nel proprio letto.
LinguaItaliano
Data di uscita19 ago 2018
ISBN9788858986059
Una stuzzicante ereditiera: Harmony Collezione
Autore

Chantelle Shaw

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una stuzzicante ereditiera - Chantelle Shaw

    successivo.

    1

    La stanza girava. Luci brillanti lampeggiavano di fronte ai suoi occhi formando motivi colorati, come se stesse guardando attraverso le lenti colorate di un caleidoscopio.

    Elin sbatté le palpebre e si ritrovò a fissare il lampadario del soggiorno. Non aveva mai notato prima che i cristalli brillavano simili a diamanti.

    «Posso portarti un altro drink?» le chiese una voce sovrastando la musica rock.

    Lei si sentiva disorientata e stranamente incorporea, come se stesse fluttuando nell'aria e osservando dall'alto se stessa. Cercò di mettere a fuoco il tipo che le aveva parlato. Ricordò vagamente che era uno degli amici di Virginia che aveva intravisto nel locale notturno dov'erano stati fino a poco tempo prima.

    A essere sincera non conosceva metà della gente che era venuta nella residenza londinese della sua famiglia a Kensington per continuare i festeggiamenti del suo compleanno.

    «Questa sera non puoi startene da sola» aveva insistito Virginia quando il locale notturno aveva chiuso. «Ti sentiresti infelice ricordando tua madre. Spargerò la voce che la festa si trasferisce a casa tua.»

    Elin non aveva discusso perché Virginia aveva ragione; non poteva sopportare l'idea di stare da sola in compagnia dei ricordi della morte scioccante della madre adottiva, avvenuta sei mesi prima. Aveva detto a Ralph che avrebbe trascorso il compleanno con alcuni amici in Scozia, ma una gelida nebbia aveva bloccato l'aeroporto di Gatwick e il suo volo era stato cancellato.

    La persona con cui avrebbe voluto trascorrere davvero il suo compleanno era suo fratello, ma Jarek era in Giappone per affari per conto della Saunderson's Bank. Lui le aveva spiegato che non poteva spostare il viaggio, tuttavia lei aveva la sensazione che Jarek la volesse evitare perché si sentiva responsabile per la morte della madre.

    «Elin?»

    Lei tornò a concentrarsi sul tipo che poco prima le aveva detto di chiamarsi Tom. Le stava troppo vicino e la fissava in un modo che le fece desiderare di non aver indossato quel vestito vergognosamente corto che Virginia l'aveva convinta ad acquistare. L'abito di chiffon rosso scarlatto aveva delle spalline sottili, pertanto non aveva potuto indossare il reggiseno.

    Tom le prese il bicchiere vuoto.

    «Ne vuoi un altro?»

    «Meglio di no. Credo di avere bevuto troppo» rispose lei. Quella strana sensazione doveva essere dovuta al fatto che era ubriaca. Strano, perché di solito l'alcol la faceva dormire e invece in quel momento era piena di energia ed euforica. Il dolore degli ultimi mesi sembrava lontano, come se si fosse distaccata dalle sue emozioni.

    Forse la soluzione era bere fino all'oblio, come ultimamente faceva spesso suo fratello. Per qualche istante venne sopraffatta di nuovo dalla tristezza. Quella sera, però, voleva a tutti i costi dimenticare l'immagine di sua madre immobile sul pavimento.

    «Cosa c'era nell'ultimo cocktail che mi hai portato?» domandò a Tom. «Aveva un sapore diverso dal solito Manhattan

    Tom le rivolse una strana occhiata. «Potrei aver aggiunto troppa angostura.»

    Le fece scivolare un braccio attorno alla vita ed Elin represse un brivido quando sentì il suo caldo respiro contro la guancia.

    Tom era un bell'uomo ed era sicura che molte donne lo avrebbero trovato attraente, tuttavia c'era qualcosa in lui che la infastidiva e si irrigidì quando le propose: «Andiamo da qualche parte dove possiamo stare da soli».

    «Veramente vorrei un altro drink» si affrettò a rispondere lei. «Ho davvero sete.» E non era una bugia. Aveva una sete terribile e il suo cuore batteva all'impazzata. Osservò Tom farsi strada tra la gente e ne approfittò per allontanarsi prima del suo ritorno.

    Nel salone era stato arrotolato il tappeto per ballare. La musica era altissima. Qualcuno la prese per mano ed Elin si scostò indietro i lunghi capelli iniziando a muoversi, abbandonandosi al ritmo frenetico della musica come se non lo avesse mai fatto in tutta la sua vita. Sentì emergere da dentro una risata liberatoria. Era da tanto tempo che non rideva e la fece stare bene. Nei mesi passati molte volte aveva accompagnato suo fratello nei locali notturni per cercare di impedirgli di bere troppo. Aveva imparato che il modo migliore per distrarre l'attenzione dei paparazzi da Jarek era quello di attirarla su di sé, così si era lanciata nelle feste in maniera che fosse lei quella fotografata mentre usciva dai locali al posto del fratello.

    I giornali l'avevano definita una ragazza viziata che recava vergogna a Lord Saunderson e alla memoria di sua moglie.

    Bella maniera di ripagare la coppia che ha adottato Elin da un orfanotrofio devastato dalla guerra in Bosnia quando aveva quattro anni, consentendo a lei e a suo fratello un'educazione privilegiata!

    Era quello che scrivevano i giornali, ma a Elin non importava purché il nome di Jarek restasse pulito e non subisse le critiche di Ralph.

    Quella sera, però, non stava fingendo di divertirsi. Si sentiva sicura e spensierata grazie all'alcol eccessivo. E allora? Era il suo venticinquesimo compleanno, quindi poteva fare ciò che le piaceva di più. Così andò avanti a ballare e a ridere perché temeva che, se si fosse fermata, sarebbe ripiombata nel dolore che la stava consumando da sei mesi.

    Di certo non le mancavano partner per danzare. Gli uomini la circondavano e lei flirtava con loro perché era una sirena che indossava un abito rosso molto sexy.

    A mezzanotte Virginia portò una torta con le candeline.

    «Non dimenticarti di esprimere un desiderio» le ricordò l'amica.

    Un desiderio di compleanno si avverava solo se le candeline venivano spente con un unico soffio. Purtroppo nemmeno un milione di desideri avrebbe potuto riportare indietro sua madre. Elin guardò gli invitati alla sua festa. Alcuni erano amici che conosceva fin da piccola, ossia da quando i suoi genitori adottivi l'avevano portata in Inghilterra. Altri, invece, non li aveva mai visti, ma immaginava che appartenessero alla cerchia di Virginia.

    Tutti stavano aspettando che soffiasse sulle candeline, ma lei non sapeva che desiderio esprimere. E poi lo vide. Se ne stava in disparte. Un lupo solitario. Il pensiero che la colpì venne subito sostituito dalla certezza che fosse un pericoloso predatore. Lo guardò attraverso il salone... e il tempo semplicemente si fermò. Le voci e la musica scomparvero. Non c'era altro che lui: l'uomo più bello che avesse mai visto. Era più alto di tutti gli altri e aveva qualcosa che la fece pensare all'Heathcliff di Cime Tempestose, il romanzo di Emily Brontë.

    Si sorprese di non averlo notato fino a quel momento, ma quella considerazione venne presto soverchiata da una reazione più primitiva verso quella virilità minacciosa. Indossava un paio di jeans neri e un maglione anch'esso nero che gli pennellava l'ampio torace. La giacca di pelle era consumata in più punti. Dava l'impressione che non gli importasse un accidente di quello che pensavano gli altri. I suoi capelli scuri erano folti e spettinati, come se avesse l'abitudine di passarvi spesso la mano.

    Qualcosa di viscerale attanagliò lo stomaco di Elin. Quindi era quello il desiderio. Sentire il fuoco nel sangue, i seni gonfi e un intenso pulsare in mezzo alle cosce. Lei non era un'esperta in campo sentimentale e quando i suoi amici raccontavano delle loro vite amorose non aveva niente da dire.

    «Forse sei omosessuale, ma non vuoi affrontare la verità riguardo alla tua sessualità» aveva suggerito una volta Virginia dopo che aveva ammesso di essere ancora vergine.

    «Il problema è che non m'interessa fare sesso con chiunque. Sono uscita con alcuni ragazzi, ma non ho mai voluto spingermi fino a quel punto.» Elin sospettava che uno psicologo avrebbe dato la colpa ai primi quattro anni della sua vita trascorsi in un orfanotrofio in mezzo a una zona di guerra. O magari era frigida, come l'aveva accusata un ex fidanzato quando non era riuscito a persuaderla ad andare a letto con lui.

    «Suppongo che tu non abbia ancora incontrato l'uomo giusto. Un giorno succederà e allora...»

    Era quello che aveva inteso Virginia?, si chiese ora Elin mentre fissava il suo moderno Heathcliff e una potente energia esplodeva dentro di lei. All'improvviso seppe cosa desiderare spegnendo le candeline sulla torta.

    Qualcuno alzò il volume dello stereo e la musica cominciò a rimbombare nella stanza allo stesso ritmo del suo cuore. Gli ospiti si dispersero nella casa e lei scoprì che lo sconosciuto la stava guardando. Era appoggiato alla mensola del caminetto e a Elin ricordò una belva pronta a balzare sulla preda. Lui continuò a fissarla mentre lei avanzava nella sua direzione. Era come se avesse preso il controllo della sua mente così che non potesse fuggire nemmeno se avesse voluto.

    I suoi occhi erano del colore dello zibellino, scoprì nel momento in cui gli si fermò davanti. Gli sorrise.

    «Non dovresti augurarmi buon compleanno?» gli domandò stentando a riconoscere il suo tono provocante. In realtà quella sera non riconosceva nulla di se stessa, specialmente il calore che la stava divorando e che le faceva desiderare qualcosa che non riusciva a spiegarsi.

    «Felice compleanno, Blondie» disse lui. Qualcosa guizzò nei suoi occhi scuri, ma la linea dura della bocca non si ammorbidì.

    «Non è il mio nome» ribatté Elin. Detestava quel soprannome che le avevano affibbiato i tabloid, con tutte le implicazioni del caso. Il fatto che fosse bionda e carina lasciava intendere che dovesse per forza essere anche un'oca giuliva senza cervello. «Il mio nome è Elin.»

    «Lo so.»

    Lei sollevò la testa e lo studiò. La luce debole nella stanza accentuava la sua austera bellezza facendole desiderare di esplorare la perfezione della sua mascella. E per quanto riguardava la bocca... Il cuore cominciò a battere forte immaginando quelle labbra coprire le sue. La morsa allo stomaco aumentò.

    «Come fai a conoscere il mio nome?» Era sicura di non averlo mai visto. In caso contrario se lo sarebbe ricordato. Si chiese se si fosse immaginata la sua esitazione prima che si stringesse con noncuranza nelle spalle.

    «Sono qui alla tua festa di compleanno. Mi pare naturale sapere come ti chiami. Credo siano pochi quelli che non abbiano mai sentito nominare Elin Saunderson. Fotografie tue mentre esci dai locali notturni sono molto frequenti sulla stampa popolare inglese.»

    Inspiegabilmente lei si sentì ferita dal suo cinismo. Fu tentata di spiegargli che si comportava così di proposito, per distogliere l'attenzione dei media da suo fratello. Ma quello avrebbe significato tradire Jarek, cosa che non avrebbe mai fatto, soprattutto con uno sconosciuto... anche se era l'uomo più bello che avesse mai visto.

    I loro sguardi rimasero incatenati ed Elin scorse un calore in quelli di lui che la incendiò. Tutti i suoi sensi si accesero al pensiero che la desiderasse. Era evidente che neppure lui avesse il controllo di quello che stava succedendo tra loro. Probabilmente credeva che fosse la ragazza frivola che amava divertirsi descritta dalla stampa. E allora perché non assecondare la sua reputazione per una sera? Una parte di sé si rendeva conto che quelle sensazioni sfrenate non le appartenevano. Di certo non avrebbe mai voluto che la bocca di un perfetto sconosciuto coprisse la sua con la selvaggia passione di cui era sicuramente capace. E invece era così.

    «La buona educazione prevede che ti presenti.»

    Lui abbozzò una smorfia. Non un sorriso, ma fu sufficiente a surriscaldarla.

    «Non c'è niente di buono in me» l'avvertì con la sua voce profonda dal leggero accento mediterraneo. Ancora una volta esitò prima di aggiungere: «Mi chiamo Cortez».

    «Sei spagnolo?» La sua pelle olivastra e i capelli corvini lasciavano intendere che trascorresse molto tempo al sole. E poi quel nome... Le venne in mente un libro di storia che aveva letto sui conquistatori spagnoli che avevano sconfitto gli Aztechi nel Sedicesimo secolo. Era risaputo che fossero stati molto brutali ed era pronta a scommettere che lui fosse un discendente di quegli ignobili avventurieri.

    «Mezzo spagnolo» rispose lui dopo un'altra pausa, come se fosse stato sul punto di

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