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Il mondo nascosto
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E-book130 pagine1 ora

Il mondo nascosto

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Info su questo ebook

Amalia Baker è un’affermata psicologa e scrittrice di saggi, speleologa dell’animo umano. Una sera, nella sala d’attesa del suo studio a Londra si presenta Mr. Hugo Clarke, anziano docente universitario esperto di storia mediorientale. L’uomo porta con se un bastone, un libro di Amalia e la sua storia.
Hugo racconta di aver viaggiato in tutto il mondo, di aver attraversato epoche storiche e di aver vissuto molte vite. Il viaggio lo ha portato a conoscere città nascoste negli angoli oscuri della coscienza. Amalia riconosce in quell’uomo e nelle sue parole un caso su cui investigare, l'occasione di un viaggio allegorico attraverso cui esplorare l’intenso tormento che Hugo nasconde nei suoi racconti e il suo personale dolore. La sua prospettiva cambia, da spettatrice diviene protagonista attiva, guida e antagonista del suo stesso destino.
I viaggi di Hugo sono soprattutto incontri.
Mr. Clarke ripercorre i luoghi che lo hanno visto protagonista di una vita accademica brillante ed egoista, spesa alla ricerca della strada di casa. Dal deserto, specchio della sua anima, a Highgate, in cui è sepolto il segreto della sua sofferenza.
La morte segna il senso della vita e delle nostre scelte.
LinguaItaliano
Data di uscita23 mar 2021
ISBN9791220281737
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    Anteprima del libro

    Il mondo nascosto - Matteo Capuani

    dell’editore

    CAPITOLO 1

    «Ho bisogno di quelle pillole, se non me le prescrive finirò per impazzire.»

    «Ne abbiamo già parlato. Prima dobbiamo capire cosa la tiene sveglio la notte.»

    «Senta, dottoressa, a me non interessa niente di cosa vuole fare lei. Ha mai visto qualcuno morire? Sta lì, davanti ai tuoi occhi e ti fissa... ti dice che ti trascinerà all'inferno, nel fuoco dell'inferno con lui.»

    Non dormiva da molti giorni, era evidente. Le occhiaie scavavano dei solchi, profondi come il suo senso di colpa. Di lì a poco sarebbe esploso in una rabbia feroce. «E lei cosa fa? Se ne sta qui comoda a giudicare mentre noi là fuori vi salviamo il culo ogni giorno. Mi dia quelle dannate pillole e facciamola finita.»

    «D'accordo» disse sospirando profondamente. Raggiunse la scrivania, aprì il primo cassetto e lanciò delle pillole sul tavolino in vetro di fronte alla poltrona. «Prenda queste, gliele regalo.»

    «Mi prende per il culo? Solo due?»

    «Ha i calmanti che voleva, mi aspetto di vederla presto, quindi è pregato di prendere un appuntamento con Irma, la trova alla scrivania qui fuori.»

    «Puttana...» uscì sbattendo così forte la porta da far tremare i mobili.

    Questi ragazzini vengono armati di divisa e responsabilità troppo presto, pensò mentre gli alberi di Cadogan Square Garden danzavano nel vento come ballerine, fuori dalle finestre. Un cab, l'autobus C1, le nocche di Irma sulla porta.

    Solo lei bussava così, quattro volte, per farsi riconoscere. Era fissata con il numero quattro; cercava sempre quattro aggettivi per completare ogni descrizione, ti chiedeva se volevi fare quattro chiacchiere o che bisognava parlare a quattrocchi. «È il mio numero fortunato e in più mi ricorda casa mia e i quadrifogli» le spiegò una volta.

    «Come stai, Amalia? Mi è sembrata una seduta agitata» chiese entrando. «Ti preparo un tè. Abbiamo tre, forse quattro minuti prima del prossimo paziente. Earl Grey, giusto?»

    «Decisamente, anche se preferirei un bicchiere di whisky, adesso.»

    «Ah, tornerà settimana prossima. E non parlo del whisky.»

    «Non è andata così male, allora» disse la dottoressa chiudendo le finestre.

    Non si era certo dimenticata del Capitano Meixner, un fiero e arcigno veterano dell'Afghanistan convinto che qualche talebano lo avesse seguito dopo il congedo per ucciderlo. Amalia ebbe in cura per quattro anni il fiero e arcigno Capitano Meixner in America durante il tirocinio, grazie a un programma governativo di recupero psicologico per reduci di guerra. A ogni appuntamento il fiero e arcigno Capitano ripeteva: «Anche oggi non mi hanno preso, i bastardi, devono solo sperare che non li trovi io prima, o li trivello come dei porci». Il fiero e arcigno Capitano Meixner, veterano dell'Afghanistan, si uccise una sera con un colpo alla testa nel suo appartamento lasciando solo un biglietto, con scritto: Cani, non mi avrete vivo.

    «È fondamentale portare a galla ciò che abbiamo nel profondo, per dominarlo» pensò Amalia ad alta voce. «A volte può persino uccidere.»

    «Già, ne so qualcosa» intervenne Irma.

    «Bene, rimane solo Mister Tierney in agenda, oggi. Ah, e poi in sala c'è un altro signore anziano, ben vestito, porta la fede, direi che è benestante, quindi non è divorziato. Sembra un diplomatico, non l'ho mai visto prima. Sta leggendo senza muoversi da quando è entrato stamattina. Sono certa non abbia un appuntamento. So già cosa fare. A dopo. Faccio entrare Tierney.»

    La sala d'attesa era immersa nel totale silenzio, interrotto solo dalle sirene di qualche ambulanza o della polizia: vicine, poi lontane e poi di nuovo un immobile silenzio. Niente di inusuale a Londra.

    «Signore, mi scusi... mi sente?» chiese Irma chiudendosi la porta alle spalle «Signore?...Mi scusi.»

    Raccolta tutta la decisione di cui disponeva, Irma avvicinò l'uomo che leggeva, determinata a capire chi fosse. «Non ce l'ha, ne sono sicura» borbottò. «Mi ricordo di tutti. Non sbaglio mai. No, no, sono sicura. Questo qui, appuntamenti non ne ha.»

    «Mi scusi» disse Irma piombandogli di fronte. «Sono diverse ore che è qui seduto e temo, anzi, sono sicura che non ci siano sedute prenotate a suo nome» disse gesticolando con la penna in mano. «Mister Tierney, che è appena entrato, era l'ultimo per oggi.»

    «Un brav'uomo» disse l'anziano alzando la testa dal libro e togliendosi lentamente gli occhiali. Lo sguardo era fisso su Irma ma le sue mani tremavano, come se stessero saggiando una pistola per la prima volta. «Credo però che sia fortemente insoddisfatto della sua vita. Avrà certamente notato come sfoga il nervosismo grattandosi i dorsi delle mani.»

    Il sopracciglio sinistro di Irma si alzò in uno scatto nervoso mentre inquisiva la figura davanti a lei. Forse ho sbagliato, pensò, non è un diplomatico.

    «Oh, mi scusi. Non ho prenotazioni, mia cara» proseguì, «ma speravo che la dottoressa potesse concedermi qualche minuto. Sa io...»

    In quell'istante si riaprì la porta. «Buona serata, Mister Tierney. Mi raccomando, trovi il coraggio per prendere una decisione, anche il suo prurito ne gioverà. Tra un mese, quando ci rivedremo, mi aspetto solo buone notizie.»

    «La ringrazio, dottoressa, arrivederci. Oh, e arrivederci Mister Clarke, e grazie mille.»

    Col cappello sgualcito stretto tra le mani, quasi si inchinò e uscì dalla porta.

    «Dottoressa» disse Irma con un tono solenne a cui non era certo abituata. «Mister Clarke, vorrebbe...»

    «Buonasera Amalia» intervenne l'uomo improvvisamente. «Mi permetta, è un piacere conoscerla anche di persona. Il mio nome è Hugo, Hugo Clarke. Mi perdonerà se non mi alzo. Immerso in questo splendido libro non mi sono reso conto del tempo che correva via veloce. Come ho detto a Irma, non ho un appuntamento, ma gradirei poterle parlare qualche minuto.»

    «Il piacere è mio ma, mi dispiace molto, ricevo solo su appuntamento. Le consiglio di fissarne uno quanto prima con Irma, l'agenda è molto fitta. Vedo che vi siete già...» Esitò, notando il libro che l'anziano aveva appena faticosamente appoggiato vicino al bastone, sulla sedia vuota di fianco. «Vedo che vi siete già conosciuti.»

    «Decisamente. In effetti, ha ragione; bisogna rendere... dunque, com'era...» Afferrò nuovamente il libro, lo voltò sul lato posteriore e indossò gli occhiali. «Ah, certo, bisogna rendere cosciente l'inconscio, altrimenti sarà l'inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai...»

    «Destino. Lo chiamerai destino» concluse Amalia.

    «Esatto! Ciò che è scritto non si dimentica. Bene, allora, mia cara Irma, ho bisogno di un appuntamento con la dottoressa.» Prese il libro, il Borsalino grigio antracite e fece leva con tutta la sua forza sul bastone tremante per mettersi in piedi e raggiungere la scrivania di Irma, prima di uscire.

    «Vede dottoressa... che imbarazzo. Non vorrei dirlo ma... non ne sono sicura.»

    «Lo ha mai visto o ha mai notato qualcosa che potrebbe, magari, averla influenzata?»

    «Io... oh, Santo Cielo, non saprei proprio. Ma, sa, gli atteggiamenti... anzi... ora che ci penso, forse una volta mi è parso... mi è parso che nascondesse qualcosa nei cassetti della camera... ma io mi fido di lui.»

    «Immagino non abbia visto cosa fosse» disse Amalia.

    «No. Sa, io mi fido, ma sono andata comunque a vedere... e non c'era nulla.»

    «Miss Smith, convivete da molto tempo? Ci sono abitudini che si stabilizzano con gli anni.»

    «Quattro anni. Ma, sa... è strano, io... lo sogno ogni notte che mi tradisce e... soffro... lui però è molto generoso. Vede questa borsa? L'ha presa lui. Oppure il mio vestito? L'ha preso lui... e per l'inverno mi ha promesso una pelliccia.»

    «Un uomo da tenersi stretto, insomma. Mancherebbe solo un'automobile» disse Amalia con tono quasi provocatorio.

    «Si be', l'ha comprata il mese scorso. Ma, sa, ho paura che mi tradisca davvero. Io non mi posso mica permettere tutte queste cose da sola... e non lavoro neppure, sa? Oh che stress. Sa una cosa? Se quel bastardo pensa di tradirmi gliela farò pagare con gli interessi. Ah, sì, non sa con chi a che fare, mi creda, stasera lo faccio confessare. Piuttosto lo lego alla sedia o lo minaccio di non andare più a letto con lui, oppure...»

    «La prego, signorina, si calmi. Possiamo scoprirlo anche senza aggredirlo, no? Se non la stesse tradendo, così facendo finirà per farlo scappare e noi non vogliamo questo, giusto?»

    «Ah... no. No, certo.»

    «Ecco, ci parli tranquillamente, questa sera a cena. Gli chieda se ha mai visto altre donne o cosa ne pensa del tradimento. La prossima volta mi dirà di cosa avete discusso, Ok? Ora si rilassi. La accompagno alla porta. Ecco, metta la giacca... bel tessuto... sembra seta giapponese... Arrivederci.»

    Il sole quel giorno brillava alto nel cielo londinese, i suoi raggi penetravano le poche nuvole, scivolavano attraverso le foglie verdi degli alberi, oltrepassavano le finestre dello studio al primo piano, al 50 di Cadogan Square, e si infrangevano sui fogli colmi di appunti presi da Amalia. Era la sua attività preferita: rileggere, riordinare e cercare il dettaglio nella confusione e nella concitazione di mille parole dette, forse preparate, o magari improvvisate. Senza dubbio era la parte più eccitante del lavoro. Lì, in mezzo, Amalia avrebbe trovato i tratti della personalità dei pazienti. Li avrebbe poi minuziosamente sezionati e studiati e avrebbe costruito un loro profilo, un modello su cui valutare i comportamenti, le azioni e i pensieri, anche quelli nascosti. Perché, a volte, sebbene sembri solo il destino, si tratta di scelte dell'inconscio.

    Squillò il telefono. «Dimmi pure, Irma» disse Amalia sollevando la cornetta.

    «Hugo Clarke è qui.

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