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Un uomo comune
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E-book335 pagine4 ore

Un uomo comune

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Info su questo ebook

Mai fidarsi di ciò che si nasconde nell'ombra del quotidiano

Owen Marker vive in una casa divisa in due: da un lato lui, uomo ordinario, impiegato modello, genero ideale e vicino discreto. Dall'altra parte l'ex moglie, che lo affligge con scenate e ricatti che lui stoicamente sopporta, anche a costo di rinunciare a ogni tipo di vita sociale. Quando però nella sua tormentata esistenza sembra apparire una luce, tracce del suo DNA vengono ritrovate sulla scena del crimine di un famigerato serial killer, che da anni imperversa impunemente nello stato di Washington. Man mano che i delitti si susseguono, la polizia locale e l'FBI cominciano a interessarsi sempre più a Owen. Ecco allora che l'inferno in cui quell'uomo comune vive diventa niente rapportato alla tempesta che sta per affrontare.
LinguaItaliano
Data di uscita6 mag 2021
ISBN9788830529274
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    Anteprima del libro

    Un uomo comune - Claire Favan

    successivo.

    Prologo

    «Basta una mela marcia per rovinare tutto il cesto.»

    L'adolescente osserva il pulviscolo danzante nel raggio di sole che attraversa obliquo il fienile.

    «Hai sentito?»

    Si gira verso suo padre.

    «Una mela marcia, sì.»

    «Bene. Usciamo da qui.»

    Il ragazzo lo segue con passo vivace.

    «La mamma tornerà presto?»

    Suo padre guarda l'orologio, poi la strada sterrata davanti a loro.

    «Non dovrebbe tardare. Hai finito i compiti per domani?»

    Scrolla le spalle.

    «Non ancora. La mamma deve aiutarmi a preparare la ricerca per venerdì.»

    Un bagliore angosciato si accende nel suo sguardo per un rapido istante.

    «Perché non è ancora rientrata?»

    «Ah... Le donne... Non si può mai realmente contare su di loro. Sono vanitose, spendaccione, esigenti... Prendi tua madre. È una degna rappresentante del suo sesso e fa prosperare il commercio locale. Ha visto una borsetta che le piace? Presto fatto! La tua ricerca finisce nel dimenticatoio...»

    Non è d'accordo. Sua madre è dolce con lui. Quando lo abbraccia e gli dà un bacio sulla fronte, gli piace ancora, anche se finge di ribellarsi. In confronto a lei, suo padre è rozzo, duro fino al midollo, incapace di romanticismo. Sono come la luce e il buio.

    «Vieni. Nell'attesa andiamo a vedere cosa si può fare per la tua ricerca.»

    Il ragazzo segue suo padre dentro la casa. In cucina, i due sono ancora chini sul libro di geografia quando il suo stomaco comincia a brontolare.

    «Cosa dici, è normale che la mamma non sia ancora a casa?»

    «Avrebbe dovuto essere di ritorno più di due ore fa.»

    Non ha mai visto suo padre, sempre così duro, impensierirsi, eppure l'espressione che gli legge in faccia è eloquente. Comincia a tremare, come se intuisse che il suo mondo sta per capovolgersi.

    «Potrebbe esserle successo qualcosa? Un incidente?»

    L'uomo si alza e sale al piano di sopra, seguito dal figlio. In camera da letto, il ragazzo lo vede aprire e richiudere con violenza un cassetto dopo l'altro, accompagnando ogni gesto con parole accalorate: vuoto... puttana... Quasi scardina l'anta dell'armadio. Anche da lì, lei ha portato via tutto.

    «Quella troia se n'è andata! Hai sentito? Te l'avevo detto, non si può contare sulle donne.»

    L'adolescente è sconvolto, quelle parole si imprimono nel suo spirito come un mantra che registra il tradimento e l'abbandono di sua madre. Come ha potuto scomparire in quel modo?

    Per molti giorni soffre come un cane. Ha bisogno di lei, del suo incoraggiamento, della sua presenza. Invece la sua assenza gli pesa sul cuore, frantuma le sue speranze, apre in lui delle falle.

    Divorato dalla collera, suo padre non controlla le parole, le verità sferzanti sul suo matrimonio e sul ruolo della moglie. Si sfoga con il figlio come se lui, da poco uscito dall'infanzia, potesse capire, come se fosse in grado di selezionare, conservare il suo libero arbitrio e non lasciarsi avvelenare la mente. Ben presto, il rancore del padre diventa il suo. Odia sua madre senza sfumature, dal più profondo del suo essere.

    Nel cuore del ragazzo è entrata una mela marcia. E nel terreno fertile del suo odio quella mela fa marcire tutto ciò che lui sarebbe potuto diventare.

    1

    Sbatte le palpebre a più riprese e si porta la mano sinistra alla fronte. Un suono raschiante seguito da un tintinnio le fonde il cervello. Ha la bocca impastata, senza contare un dannato mal di testa che la fa gemere di dolore. Come dopo una sbronza.

    È patetico, lo sa, svegliarsi nella stanza di qualcuno di cui non si ricorda più il nome, avendo dimenticato tutti gli avvenimenti che l'hanno portata in quella casa, eppure non è la prima volta che finisce nel letto di uno sconosciuto dopo una serata ad alto tasso alcolico, e non sarà l'ultima.

    È ora di eclissarsi con discrezione, prima che la scena diventi imbarazzante. Cerca di raddrizzarsi con un gemito. Il suo corpo oppone resistenza. Accidenti! Cos'ha fatto ieri? Le fa male dappertutto.

    In mezzo alle dita che massaggiano le tempie, si guarda attorno e il suo cuore salta un battito. Il cervello riprende istantaneamente a funzionare. In modalità panico.

    Il materasso lurido appoggiato sul pavimento in un angolo della stanza non ha niente del covo d'amore che immaginava. Una catena che collega il suo polso destro a un anello sulla parete la tiene prigioniera. Prigioniera? Un sudore freddo le cola tra le scapole, e lei si impone si riflettere e di ricostruire il puzzle della sua serata sfrenata.

    Ricorda di essere andata alla macchina, uscita dal lavoro. Ha udito dei passi dietro di lei, ma non si è girata, credendo di sapere di chi si trattava. Ha imprecato tra i denti, irritata perché lui le sta ancora appiccicato. Le si è avvicinato, e lei ha sentito un colpo violento alla nuca. E poi più niente.

    Un urlo di terrore risuona da qualche parte, dentro la casa. Un grido che si trasforma presto in una richiesta di aiuto. Il cuore le martella contro le costole come se volesse fuggire dalla cassa toracica. Le grida d'angoscia si sono trasformate in suppliche che la paralizzano e le riempiono gli occhi di lacrime. Una sorta di istinto primordiale la mette in allarme: nessuno emette suoni simili senza una ragione viscerale.

    Si tira su a sedere. Uno spasmo le torce il basso ventre. Geme, accorgendosi delle tracce di sangue che le macchiano l'interno delle cosce. È ancora peggio di quanto avesse immaginato! Tenta di alzarsi, ma la catena è così corta che riesce a fare a malapena qualche passo. Insiste. L'acciaio solido la blocca, è come sbattere contro una vetrata.

    Bloccata com'è su quello squallido giaciglio, la porta le sembra distante anni luce. La comprensione si insinua, agghiacciante, dentro di lei, quando mette in fila gli indizi – catena, prigione, dolore, sangue – e finisce per attribuire loro un senso.

    Stavolta piange sul serio. Tenta di soffocare i singhiozzi con le dita. Presto tutto il corpo la tradisce: si accascia.

    Il lamento ricomincia, vicinissimo. Come se arrivasse direttamente al suo cervello rettiliano, provoca in lei una violenta risposta inconscia. Si raddrizza bruscamente e tira la catena con tutte le sue forze, tempesta, minaccia, geme per quelle che le sembrano ore prima di abbandonarsi, sfinita, sul materasso.

    La sua angoscia ha raggiunto un livello che va ben oltre il terrore, quando sente aprirsi la porta. Si gira verso il nuovo rumore, decisa ad affrontare chi le ha fatto questo. L'immagine che si imprime nelle sue retine è talmente mostruosa che spalanca la bocca per l'orrore.

    «Ciao, Abigail.»

    Piuttosto che ammettere la realtà, la sua mente decide di calare il sipario.

    2

    Owen infila la chiave nella serratura. Appena apre la porta, la donna che lo accompagna lo spinge all'interno e gli si appende addosso. Lui richiude il battente con un gesto brusco prima di stringerla a sua volta.

    Si stacca dalle sue labbra per leccarle il collo e lei lancia un grido esplicito che lo induce a guardare inquieto verso l'alto. Il disagio è presto scacciato dalla mano della sua conquista che gli si intrufola nei boxer. Tocca a lui sospirare anche se, in confronto alla donna, gli sembra di essere muto.

    Le toglie la maglietta e fa scivolare le dita sulla sua pelle vellutata. Lei si lascia accarezzare a occhi chiusi, la testa gettata indietro, le labbra semiaperte. Quando le posa la bocca sul seno, lei ansima e l'incoraggia ad alta voce a proseguire la sua esplorazione.

    Owen non osa neanche immaginare le grida che emetterà quando saranno in piena azione o quando godrà.

    La conduce verso la sua camera e si accorge con stizza dei vestiti sporchi sparsi un po' dappertutto, sulla cassettiera e per terra. Lei afferra l'elastico dei boxer, che lui porta già bassi sui fianchi, per farli scendere. E, senza preavviso, lo spinge sul letto. Con le caviglie bloccate, finisce sulla schiena senza riuscire a rallentare la caduta, rimbalza sul materasso le cui molle cigolano, un rumore che risuona in tutta la casa. Inorridito, lui chiude gli occhi e quindi non la vede lanciare gli ultimi indumenti per la stanza.

    Lei gli si mette sopra e, con lo sguardo incatenato al suo, gli tempesta il torace di baci. Si morde le labbra, chiedendosi se ha davvero osato portare quella ragazza a casa sua. Forse immagina quella scena come un sogno erotico particolarmente torrido che teme di veder sparire da un momento all'altro. Lei fa per scendere più in basso quando la suoneria del telefono sul comodino lacera il silenzio.

    Owen stringe i denti, perché da quando sono entrati in casa sua teme ciò che sta per succedere. Non è sorpreso, solo oppresso da questo brutale ritorno alla realtà.

    «Non rispondere» gli sussurra lei, mordicchiandogli l'addome.

    Lo bacia ancora.

    «Io... non posso» mugugna lui controvoglia.

    La spinge via anche se la scenata che l'aspetta lo snerva già.

    «Ti prego» lo supplica lei, sdolcinata.

    Owen si gira di lato e si mette a sedere sul bordo del letto per sollevare il ricevitore. Il tempo di portarselo all'orecchio e la sua erezione tracolla.

    «Pronto?» esordisce, con una morsa allo stomaco.

    «Si può sapere cosa stai facendo?»

    Sa già dove porterà quel tono piagnucoloso.

    «Io... eh...»

    La ragazza gli si inginocchia davanti per prendergli il sesso tra le labbra. Lui emette un ansito rauco il cui significato non sfugge a Sally.

    «Hai portato una donna in casa?» gli grida.

    «No! Figurati...»

    I suoi dinieghi sarebbero più convincenti se non avesse quella voce strozzata.

    «Tu stai facendo l'amore con un'altra!»

    Come si aspettava, dei singhiozzi irrefrenabili risuonano nel ricevitore. Anche se in quel momento a prevalere è la rabbia, si sente di nuovo in colpa.

    «Sally! Non piangere, per favore.»

    Spinge di lato la donna, si alza e si passa nervoso la mano nei capelli. E dire che la serata sembrava così promettente...

    «Sally! Di' qualcosa!»

    Sente dei rumori, come se lei frugasse nei cassetti.

    «Mi uccido, Owen. Stavolta giuro che niente potrà fermarmi. E tu avrai la mia morte sulla coscienza!»

    Sa bene che minaccia a vuoto, che non vuole veramente farla finita, ma i suoi avvertimenti hanno sempre un effetto raggelante su di lui.

    «Non farlo...» la supplica.

    «Avresti dovuto pensarci prima di portare una zoccola in casa nostra! La nostra casa, Owen!»

    Il materasso cigola. Trascurata, la sua conquista si sta rivestendo. Con una mimica supplichevole, allunga la mano verso di lei per trattenerla. Deve spiegarle quello che succede, ma lei si dirige verso la porta, visibilmente arrabbiata.

    «Non è più casa nostra, Sally. Siamo divorziati.»

    Questa frase vuole essere anche una maldestra spiegazione per la donna accanto a lui che tiene il muso e si appresta a girare i tacchi.

    «No! Tu hai divorziato! Io non volevo! Ti amo ancora, Owen!»

    Scuote la testa.

    «Smettila, Sally! Una coppia è formata da due persone, non solo da te.»

    Lei ricomincia a piangere rumorosamente.

    «Oh, Dio, voglio morire! Lui si porta una zoccola sotto il mio tetto, per fornicare sotto il mio naso, come un animale! Lasciatemi morire...»

    Owen è preso tra due fuochi, tra gli impulsi che gli si agitano dentro e la sottomissione dettata dalla paura. Prevale l'istinto. Raggiunge la donna prima che arrivi alla porta.

    «Ti richiamo, Sally!»

    Riattacca, sperando che non sia troppo tardi. Seminudo, si para tra la donna furibonda e la porta.

    «Aspetta! Ti prego!»

    «No, non ne vale la pena. Non voglio essere la seconda scelta di nessuno.»

    Fa per aprire la porta e lui veloce la richiude.

    «Lascia che ti spieghi! Siamo divorziati, ma abitiamo ancora nella stessa casa. Lei deve averci sentiti. Mi dispiace se mi hai preso per uno di quegli uomini che tradiscono la moglie.»

    Ha un'aria così abbattuta che lei si ammorbidisce.

    «Davvero vivi sotto lo stesso tetto della tua ex?»

    «È depressa» risponde con un'alzata di spalle. «Inscena dei tentativi di suicidio per costringermi a tornare con lei. Non posso sfuggirle. È insopportabile...»

    «E ti avvelena la vita in questo modo? Ogni volta?»

    Owen abbassa lo sguardo. Ogni volta? Sarebbe come attribuirgli un coraggio e una stima di sé che è ben lungi dal provare. Questa donna è la prima che varca la soglia di casa sua dopo la separazione da Sally. Non esce quasi mai, perché teme che la sua ex moglie approfitti della sua assenza per attentare alla propria vita. Vive così, in un clima di minaccia permanente, con la paura nel ventre.

    Se ogni tanto si concede una puntata al bar dell'angolo, è solo perché Sally è a cena dai suoi genitori. Anche quella sera doveva andarci. Non riesce a immaginare come mai sia rientrata così presto, né perché lui si sia preso il rischio di tornare a casa in compagnia di una donna.

    «Sì» ammette con vergogna.

    È patetico. Incatenato a una donna che non ama più, e solo a causa di uno squallido ricatto al quale non avrebbe mai dovuto cedere.

    «Non hai mai pensato di ribellarti?»

    «Può contare il fatto di aver tentato di avere un rapporto con te?»

    La sua smorfia timida la fa sospirare. Lui vede la tensione delle spalle allentarsi e le accarezza la guancia. No, non conta, perché non ha agito volontariamente. Questo incontro, questa voglia improvvisa di ritrovare una vita normale... niente è stato premeditato. Quando ha saputo che Sally non sarebbe stata in casa, è saltato in macchina per andare al locale più vicino, mescolarsi con i suoi simili e convincersi di poter avere una vita sociale. La donna è entrata nel bar una mezzora dopo di lui. L'ha notata, come quasi tutti gli altri uomini presenti in quel momento. Lei si è guardata intorno prima di sedersi a un tavolo d'angolo, di fronte allo schermo gigante che trasmetteva una partita dei Kansas City Chiefs contro i Cincinnati Bengals. Allora è cominciato il carosello degli altri clienti per attirare l'attenzione della nuova arrivata. Infastidita da quelle intrusioni nel suo spazio personale, si è alzata ed è andata a sedersi sullo sgabello accanto a quello di lui, più vicino allo schermo che occupa la parte posteriore del bancone. Gli ha lanciato un'occhiata come per valutarlo e per scoraggiare qualsiasi approccio. Lui stesso si è sorpreso della propria audacia quando, per una decisione improvvisa, le ha offerto da bere. L'istante successivo si è scusato, vergognandosi di essersi mostrato rozzo come gli altri. Per poco non è caduto dallo sgabello quando lei, ridendo, ha accettato la sua offerta. Hanno parlato, commentato la partita, bevuto un po' più del lecito e sono finiti a casa sua.

    Ed ecco il risultato: adesso che la sua libido moribonda si è risvegliata, ha ricevuto una vera e propria doccia gelata. Scuote la testa, irritato.

    «Scusa. Non è divertente. Sono davvero dispiaciuto. Non credevo che fosse in casa.»

    La donna gli lancia un'occhiata incerta, come se non sapesse bene come procedere.

    «Peccato, perché quello che stava succedendo tra noi sembrava promettente.»

    Lui si lascia sfuggire una risatina sorpresa.

    «Molto promettente» ammette.

    La donna si morde le labbra prima di posargli una mano sul petto.

    «Posso lasciarti il mio numero di telefono. Così qualche volta mi chiami.»

    Fruga nella borsa e tira fuori un biglietto da visita.

    «Davvero vorresti rivedermi malgrado questo fiasco?» chiede lui. La sua incredulità è carica di speranza.

    Lei lo osserva come se stesse soppesando il suo potenziale. Aggrotta la fronte e Owen teme il peggio.

    «Sì. Forse sono masochista. Malgrado questo fiasco, o proprio a causa di esso, mi hai fatto venire voglia di approfondire la questione. Quindi sì, ci rivedremo, anche solo perché mi devi una scopata.»

    Gli strizza l'occhio prima di uscire con passo leggero. Owen resta sulla porta, il cartoncino in mano, chiedendosi cosa ci veda in lui quella donna, con un programma tanto incasinato.

    Legge il biglietto da visita. Jenna Stones. Jenna. Bel nome.

    Ascolta i suoi tacchi ticchettare giù per la scala di pietra e poi lungo il vialetto. Gli ha offerto una seconda possibilità e lui la ricontatterà, sicuro. Che a Sally piaccia o meno.

    La donna si gira e scoppia a ridere.

    «Ehi, ti sei visto? Razza di esibizionista!»

    Lui abbassa lo sguardo e trasalisce.

    «Oh... merda!»

    3

    Con un sorriso che gli aleggia sulle labbra mentre ripensa alla risata di Jenna, Owen fa per coricarsi quando qualcuno bussa freneticamente alla porta. È una doccia fredda. Sta per posare la mano sulla maniglia, poi gli viene in mente che è mezzo nudo e corre in camera a rivestirsi. Sally lo chiama.

    «Owen! Apri immediatamente! Lo so che ci sei!»

    Lui torna indietro il più in fretta possibile, auspicabilmente prima che lei svegli tutto il vicinato. Davanti al suo viso spigoloso si irrigidisce, per effetto di una collera trattenuta che non ha mai avuto modo di sfogare.

    «Che cosa vuoi?»

    «Entrare.»

    La sua espressione stravolta lo convince a tagliare corto per evitare lo strascico di complicazioni che quella parola porta con sé. Owen le si para davanti per impedirle di passare all'azione.

    «È inutile, Sally. Ne abbiamo già discusso all'infinito. Non tornerò con te. Non posso!» asserisce. Vuole usare un tono forte, ma alla fine gli sembra più supplichevole che altro.

    Lei gli si getta addosso e gli tempesta il petto di pugni.

    «Bastardo! Ti amo! Non hai il diritto di frequentare delle altre donne mentre io... io soffro...»

    Con calma, come sempre quando lei lo aggredisce fisicamente, la tiene a distanza sperando che la crisi sia breve.

    «Sally, per favore. Stai dando spettacolo davanti a tutti» dice, stringendo i denti.

    A quell'ora tarda, le sue grida isteriche hanno attirato l'attenzione dei vicini. Si vedono diverse teste curiose affacciarsi dalle finestre illuminate. Sally si immobilizza.

    «Non lasciarmi, Owen...» piagnucola, posandogli la fronte sul petto.

    Quel contatto gli suscita una ripugnanza tale che non saprebbe neanche a descriverla. D'istinto indietreggia.

    Quando l'ha conosciuta, Sally era una bionda carina, slanciata, molto più giovane di lui, capricciosa e troppo viziata. I suoi lati positivi compensavano tuttavia i suoi difetti. Adesso sembra un sacco d'ossa. Un sacco d'ossa completamente piatto!

    Masha Gould esce dalla casa di fronte, con la pattumiera in mano. Il suo sguardo tempestoso fisso su di loro annuncia guai.

    «Va tutto bene, Sally?» chiede, insospettita.

    Owen vorrebbe dirle di farsi gli affari suoi. Quella trentenne single fa volontariato presso un'associazione che supporta le donne maltrattate. Ogni volta che sorprende Sally a fare una scenata, si sente in dovere di inventarsi un pretesto per intervenire, come se fosse lui la minaccia.

    «Sì, va tutto bene, signora Gould. Adesso Sally si sente meglio, grazie.»

    «L'ho chiesto a lei!» ribatte la donna, alzando il mento per fargli capire che non ha paura.

    Owen ha una gran voglia di sbattere la porta in faccia a entrambe. Sally finisce per rivolgersi alla loro vicina, asciugandosi le guance bagnate di lacrime.

    «Sì, sto bene... Sto solo parlando con Owen.»

    «Se le serve aiuto, mi chiami, Sally. Nessuno ha il diritto di trattarla così.»

    Owen chiude gli occhi e prende un respiro profondo per ricacciare indietro la marea di insulti che gli sale alle labbra.

    «Grazie, Masha. Lo farò.»

    Sally assume quell'aria di dignità oltraggiata a cui ricorre quando Owen rifiuta di cedere in pubblico.

    Costretto a comportarsi come se le sue allusioni non lo sconvolgessero, lui osserva la signora Gould che attraversa la strada per tornare a casa sua. Distrattamente si accorge che Sally passa sotto il suo braccio teso e sgattaiola dentro il suo appartamento. Alza gli occhi al cielo con un sospiro di irritazione e la segue.

    Molto più rapida di quanto la sua espressione smarrita lasciasse supporre, Sally si è già raggomitolata sul divano e si guarda attorno incuriosita. In casa sua lei non ha toccato nulla, mentre Owen ha voluto fare tabula rasa del passato. Ha ridipinto le pareti del soggiorno in blu anatra e grigio cemento, ha acquistato mobili in legno color miele e abbinato l'arredamento a questi colori.

    «Non puoi restare qui» attacca.

    «Ricordi cosa avevamo programmato di fare con questo posto prima che tu decidessi di abbandonarmi?» dice lei per tutta risposta, gli occhi persi nel vuoto.

    «No.»

    Si rifiuta di permettere a quei dolorosi ricordi di tormentarlo.

    «Non cambiare discorso, Sally. Devi andartene.»

    «È carina casa tua» osserva lei con voce atona.

    «Grazie...»

    Anche se ne dubita, spera che la sua freddezza la scoraggi e lei accetti finalmente di dargli retta. Teme che con la sua sola presenza contamini lo spazio tranquillo che si è costruito erigendo muri psicologici che credeva insormontabili, prima di questa intrusione.

    Lei abbozza un sorriso da martire.

    «Mi manchi.»

    «Sally... Esci da casa mia. Per favore.»

    Lei appoggia la testa sullo schienale del divano di tessuto grigio antracite. Sbatte gli occhi.

    «Ti ho chiesto una cosa.»

    Sally non risponde più alle esortazioni di Owen, che si sente sempre più disgustato da questa violazione della sua privacy. Quando rovescia gli occhi, lui si accorge del suo sguardo comatoso. La sua mente va in tilt. Con la rabbia nel ventre perché l'ha fatto un'altra volta, le si avvicina e la scuote.

    «No! No! Maledizione... Sally! Sally! Svegliati!»

    «Non voglio vivere senza di te» sussurra lei mentre la sua testa sbatte in tutte le direzioni.

    Lui afferra il cellulare per chiamare i soccorsi.

    «La mia ex moglie ha appena tentato di nuovo il suicidio. È a casa mia. 323, North Iron Street.»

    Risponde alle domande dell'operatrice e ascolta i suoi consigli su cosa fare in attesa dell'ambulanza. Come se ne avesse bisogno...

    Esausto, finisce per sedersi a una certa distanza da lei. Le parla di tutto e di niente per tenerla sveglia fino all'arrivo dei soccorsi. Sente il corpo teso per le conseguenze dello shock e i suoi pensieri girano in tondo attorno a un'idea fissa: quando finirà questo incubo?

    Meno di un quarto d'ora dopo si sente la sirena. Apre la porta tanto in fretta quanto i suoi muscoli tesi glielo consentono. Riconosce i membri della squadra di soccorso che si precipitano dentro casa sua. Senza fare commenti, si occupano di Sally e la assicurano alla barella per trasportarla al Providence Hospital di Centralia.

    «Conosce già la routine. Sale in ambulanza con noi, come al solito?» gli chiede uno dei barellieri.

    La serata che avrebbe potuto segnare la sua rinascita è finita in modo disastroso come tutte le altre. Ne ha abbastanza della sua vita di merda, di questa forma di schiavitù mentale che Sally gli impone e che lui subisce per vigliaccheria e debolezza...

    Se vuole riuscire a sbarazzarsi della sua ex moglie, un giorno, deve farle capire che non gli importa più di lei. Non farsi trovare al suo capezzale quando si sveglierà, a differenza delle altre volte, gli sembra un buon inizio. Owen scuote la testa.

    «No, vi seguo con la mia macchina.»

    Durante il tragitto, che dura una decina di minuti e attraversa due zone residenziali, una strada con negozi di ogni genere, passa sotto l'autostrada e sopra

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