Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Necroniricon
Necroniricon
Necroniricon
E-book194 pagine2 ore

Necroniricon

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Ventiquattro racconti horror per una raccolta eccentrica e ricca di sfaccettature. Si va dal thrilling allo splatter umoristico, dal fantastico puro al fantahorror, dal dark fantasy al post-apocalittico, fino a raggiungere i territori dell’horror concettuale. Le storie sono ambientate nel passato (specie nel Medioevo), nel presente (specie in Italia) e in un futuro che vi augurerete di non conoscere mai.

Versione riveduta e aggiornata. Rispetto alla prima edizione contiene otto racconti in più.
LinguaItaliano
Data di uscita12 mag 2020
ISBN9788835825104
Necroniricon

Leggi altro di Andrea Berneschi

Autori correlati

Correlato a Necroniricon

Ebook correlati

Fantascienza per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Necroniricon

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Necroniricon - Andrea Berneschi

    Andrea Berneschi

    Necroniricon

    UUID: cb38938f-bff1-4e02-99c1-8ca2c8e52fe4

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Andrea Berneschi

    Necroniricon

    Necroniricon

    Copyright © 2020 by Andrea Berneschi

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione parziale o totale dell’opera senza previo consenso dell’autore. È vietata la pubblicazione di questo ebook e di tutti gli ebook dell’autore in siti pirata, di scambio peer-to-peer e tramite qualsiasi altro mezzo di diffusione non espressamente autorizzato dall’autore. Non sono permesse opere derivate con l’utilizzo del materiale originale di questo libro se non espressamente autorizzate dall’autore.

    Tutti i personaggi descritti in questo libro sono frutto dell’immaginazione dell’autore, e qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte è puramente casuale. Allo stesso modo ogni somiglianza con luoghi o eventi realmente accaduti è da intendersi come puro frutto del caso.

    Copertina di Chiara Leidi.

    Prima edizione: Maggio 2020

    ISBN: 9788835825104

    Hai trovato questo ebook tramite un protocollo peer-to-peer o un servizio di messaggistica istantanea o qualsiasi altro sistema di pirateria informatica? Segnala qui la cosa: berneschiandrea@gmail.com

    Questo libro è autoprodotto: l’autore ha speso il suo tempo e il suo denaro per ogni elemento che lo compone, dalla copertina all’editing all’impaginazione. Se lo leggi senza averne pagato il prezzo (lo stesso di un fumetto in edicola) non sei un pirata pittoresco e romantico che solca col suo galeone i mari dell’avventura, ma uno squallido ladro. Non stai rubando a una major multinazionale: stai frugando nelle tasche di una persona come te. Una persona che quando va a sentire un gruppo emergente, se la musica gli piace, compra il CD.

    Hai un solo modo per purificare la tua coscienza e placare l’ira degli Dei della Scrittura: acquista lo stesso ebook (o un altro che è prodotto da me e viene venduto allo stesso prezzo) su un qualsiasi negozio online. E non ci rifare.

    A Lucia

    A Alessandro Gori

    A Mirko Tomi

    A Francesco Cortonesi, Federico Lazzeri e agli altri intrepidi della Filmhorror.com

    Alla mia spettacolare famiglia

    Lo squartatore

    Il corpo del lupo è riverso sulla schiena. Le fauci sono aperte in un grido silenzioso; gli occhi sbarrati, rivolti al soffitto, non possono più vedere. È morto, finalmente. I due fori anneriti nella vestaglia a fiori da vecchia, all’altezza dei polmoni, fumano ancora. Sotto, la pancia è gonfia. Sporge in fuori, enorme. Forse sono ancora in tempo.

    Sfilo il coltello dalla cintura e mi avvicino. Con una mano sbottono la camicia sul petto della bestia, con l’altra esploro la pelle e il manto peloso. Non posso sbagliare. Asciugo il sudore della fronte con la manica. L’orologio a cucù sulla parete suona, facendomi sobbalzare. Fuori da questa casa, lontano dall’orrore che mi sta davanti, dev’essere una delle mattine più tranquille del mondo.

    Mi faccio coraggio e inizio a tagliare. Traccio una linea con la lama che va da sotto lo sterno della bestia fino all’inguine. Da dentro, sotto i grovigli delle viscere insanguinate, qualcosa comincia a muoversi. Ecco che si compie il miracolo: dalla pancia del lupo esce, viva, la nonna. È bagnata di una specie di liquido viscoso. L’aiuto a rimettersi in piedi. Sembra sotto shock, ma è viva, respira.

    Penso di aver terminato la mia opera, sto quasi per congratularmi con me stesso, quando mi accorgo di uno strano particolare. Lo vedo, è inequivocabile: anche la nonna ha un rigonfiamento nella pancia; dentro c’è qualcosa.

    In un attimo decido. La colpisco: il coltello penetra nelle carni, strappa, crea una fenditura. La nonna cade subito a terra, morta; dalla ferita sbucano due zampe, poi un muso dotato di denti aguzzi. È un altro lupo. È vivo.

    Non si è reso conto della situazione, i suoi occhi non si sono ancora abituati alla stanza intorno che già mi getto su di lui. Lo immobilizzo a terra; un rapido taglio verticale, e pure questo è morto.

    Qualcosa continua a muoversi. Resto a osservare la scena senza capire, finché dal cadavere esce, a fatica, un’altra vecchietta. Non è la nonna di prima, indiscutibilmente; eppure qualcosa mi dice che anche lei è una nonna. Fatica a rimettersi in piedi. Non le do il tempo necessario. Le sono addosso. Apro anche il suo corpo. C’è un altro lupo.

    Il mio lavoro va avanti per ore. Il sudore mi si attacca sulla camicia, impregna i miei vestiti da cacciatore, cola sulla fronte e rende i miei movimenti sempre più difficili. Eppure devo restare concentrato, non posso sbagliare. Per terra è un lago rosso scuro, i miei avambracci sono sporchi di sangue coagulato fino al gomito.

    Ogni lupo contiene una nonna e ogni nonna contiene un lupo.

    Mi accorgo presto che il mio impegno è inutile: sto solo massacrando nonne e lupi in eguale misura. In fretta, vigliaccamente, cammino all’indietro fino alla porta. Il groviglio di esseri continua a contorcersi debolmente sul pavimento.

    Corro via, abbandono la casetta nel bosco, lasciandomi alle spalle questo enigma – che non ha soluzione.

    I devitalizzati

    1.

    Comincia il rituale della cena.

    Papà, come sempre, è tornato dal lavoro nervoso. Ha grugnito un accenno di saluto dalla porta, ha buttato il cappotto sull’attaccapanni e subito è sprofondato sul divano iniziando a spippolare col telecomando. La mamma gli si è avvicinata sommergendolo di parole e di attenzioni non richieste:

    «E allora, Alvaro? Come va? Com’è andata oggi? Cosa ci hai portato di buono?»

    «Ma lasciami stare, dai!» le ha risposto, facendo con la mano un gesto schifato, come per scacciare una mosca. Lei è trotterellata indietro in cucina, felice come se avesse ricevuto il più caloroso degli abbracci.

    L’uomo di casa se ne sta zitto e ingrugnato ; quando fa così sembra il busto che teniamo in salotto. Già gli somiglia molto: è massiccio, pelato, la pelle negli ultimi tempi gli si è molto scurita. Quando poi è nervoso e arriccia le labbra diventa quasi identico. Il busto rappresenta una persona di nome Mussolini ed è fatto di pietra nera; non so quale colore avesse la pelle dell’originale, ma io me lo immagino scuro. Era un signore vissuto ai tempi felici in cui non esisteva il contagio che ci ha colpito tutti. Papà dice che era un brav’uomo, uno che si faceva rispettare.

    «Ho potuto portare poche cose, purtroppo: tre mani rinsecchite. Dobbiamo farci bastare queste e il fegato di ieri… tutta colpa della crisi!»

    Mi dispiace molto per papà. Noi tutti in famiglia stiamo sempre un po’ sacrificati col cibo, e bene o male abbiamo fatto l’abitudine a sopportare questa penuria, ma per lui, che lavora in un mattatoio, mangiare poco dev’essere un’umiliazione. Ogni giorno accompagna fuori dalle gabbie gli esseri che vengono allevati per darci sostentamento, li lava, li nutre, li aiuta a riprodursi. Ogni giorno per otto ore ha sotto gli occhi le loro carni delicate e guizzanti; chissà quanta fame gli viene! Non può saltare loro addosso improvvisamente e mangiarli, come in un raptus, perché lo licenzierebbero.

    Dovremmo proprio essergli grati per tutti i sacrifici che fa per noi.

    Mamma rigira con la forchetta le mani tagliate che ha posto sulla gratella; iniziano a sfrigolare, la pelle del palmo e delle dita diventa sempre più croccante. Intanto papà è andato a tavola, prendendo pieno possesso della stanza con la sua mole. Sullo schermo della tivù, da cui sono spariti i miei cartoni animati, campeggia ora il mezzobusto dell’annunciatore del tiggì, il solito di tutte le sere. È un uomo di mezz’età, magro, che si tiene piuttosto bene: la sua faccia non è troppo decomposta, ma appare come congestionata sopra il nodo della cravatta.

    Moscerini e altri insetti ronzano vicino alla sua testa come satelliti attorno a un pianeta in disfacimento; a volte mentre parla riescono a entrargli nella bocca, che è sdentata, si apre e si chiude in continuazione e lancia a intermittenza qualche grumo. Mescolato con la saliva e le larve, snocciola anche oggi l’abituale elenco di disgrazie:

    «Proseguono gli scontri armati nelle vie di Firenze. I Ribelli hanno invaso la Zona Libera di Santo Spirito e hanno provocato una strage. Almeno una decina le vittime accertate. Le Squadre di Difesa pattugliano le strade per risalire ai colpevoli e infliggere loro una punizione esemplare…»

    «Cinzia! È pronto in tavola!» chiama la mamma con voce stridula. Mia sorella, dal piano di sopra, non risponde. Da un po’ di tempo è cambiata, si lascia desiderare al momento dei pasti; questo influisce in modo negativo sul già fragile equilibrio della famiglia.

    Io come al solito faccio di tutto per evitare qualsiasi problema. Quando scoppia qualche casino ci sto male (per quanto sappia vedere i difetti dei miei genitori e di mia sorella, sono pur sempre le persone che mi hanno allevato) e non di rado le prendo. Una volta c’era il famoso Telefono Azzurro che si poteva contattare per denunciare violenze e maltrattamenti, ma di questi tempi dubito che sia attivo. Viene menzionato per scherzo da mio papà quando ricevo degli scapaccioni più forti del solito:

    «Cosa fai ora, eh? Vuoi chiamare il Telefono Azzurro?» sbraita.

    Col tempo ho messo a punto alcune strategie di sopravvivenza. È vero che non sempre bastano, ma un po’ possono aiutare.

    «Il Primo Ministro ha negato nel modo più assoluto che i Ribelli rappresentino un serio pericolo per la popolazione. Nel giro di poco tempo, la loro nefanda attività…»

    «Cinziaaaa!» chiama ancora mia mamma. Io sono a tavola, seduto perfettamente alla destra del padre, i piedi allineati, le spalle dritte, il vestito in ordine, le mani lavate: un modello di compostezza e obbedienza filiale.

    Alla sinistra il piccolo Marco se ne sta incastonato nel seggiolone; per passare il tempo succhia un pezzo di plastica informe.

    «Che la chiami a fare?» commenta papà. «Ormai quella…»

    Ed ecco che proprio in quel momento mia sorella scende dalle scale. Si è messa un vestito a strisce verticali che, se possibile, accentua ancora di più la sua magrezza.

    Dalle spalline spuntano ossa appena ricoperte di pelle che proseguono in avambracci altrettanto minuti e in mani scheletriche troppo grandi. Forse è per colpa di quelle che si sente grassa. Sarebbe del tutto inutile spiegarle che le ossa non possono rimpicciolirsi se smetti di mangiare.

    Sopra alla scollatura le si potrebbero contare, con un po’ di pazienza, tutte le vertebre del collo. Si vede il punto esatto in cui la sua mandibola si innesta nel cranio, il delicato meccanismo che le permette di aprirsi e chiudersi. È strano: più lei mette in evidenza le sue debolezze fisiche, più queste sembrano una dimostrazione di forza, una critica ai nostri genitori. I suoi occhi sono riflessi d’acqua azzurra nel profondo di pozzi quasi disseccati.

    Dalla postazione di comando a capotavola, papà segue cupo la lenta traiettoria di sua figlia sulle scale. È schifato.

    «Cinzia, va bene che sei morta, ma sei proprio scheletrica! Che bisogno c’è di esagerare? Vuoi sembrare una mummia egiziana? Vuoi arrivare al punto che non ti reggi in piedi?»

    Ecco, sono partite le cattiverie. La mamma, immobile massa di carne apoplettica, sembra ripiegarsi su se stessa. Segue anche lei la mia stessa strategia di sopravvivenza. Chi dei due l’ha copiata all’altro? Mistero.

    Me ne sto fermo e zitto. Che altro posso fare? Sta andando come sempre: non ho aperto io le ostilità, non potevo fare niente per evitare che iniziassero, e probabilmente sarò quello che ci rimetterà di più.

    Cinzia si accomoda a tavola con movenze esageratamente sensuali. Sembra la modella di una pubblicità. Col tempo ho capito che lo fa per indispettire suo padre.

    La mamma le passa una mano abbrustolita e gliela mette nel piatto. Cinzia la fissa schifata.

    «Guarda che belle queste mani: è carne di prima scelta, che il papà ha preso per noi dall’allevamento.

    Dobbiamo mangiarle, sono esseri umani che vengono allevati apposta per noi…» dice la mamma, con un senso del tempismo e una comprensione degli eventi pari a zero.

    Il solo sentir rammentare il posto di lavoro ha l’effetto di una massiccia dose di rabbia iniettata diritta nel cuore di suo marito. Inizia quasi a tremare. Poi sbotta, per ora in sordina:

    «Anche oggi è toccato a me trasportare gli scarti! Quei pezzenti dei miei colleghi se ne approfittano perché sono ricattabile, non hanno famiglia, loro! I peggio lavori mi toccano.»

    «Alvaro, non dire così. Almeno un lavoro ce l’hai.

    Pensa che in questi tempi di crisi…» dice la mamma. Lui la fulmina: «E basta con questa lagna! Mangiamo, fatemi sentire il tiggì, e tutti zitti.»

    Ogni tanto tira fuori il fatto che lo sfruttano perché ha una famiglia da mantenere e non ha libertà di movimento.

    A me fa anche pena, poveraccio. Me le immagino le sue giornate, se non avesse noi tra i piedi: sarebbero uguali a quelle di ora, solo più tristi e squallide.

    Chissà cosa farei io nei suoi panni, se fossi un adulto. Una volta ho sognato che la nostra famiglia si sfasciava, che Cinzia scappava di casa con un uomo, Marco era cresciuto e andava a scuola, la mamma si sposava con quello del tiggì, e il papà rimaneva ad arrabbiarsi da solo in un appartamento vuoto. All’inizio la cosa mi faceva intristire ma poi… come mi sentivo felice! Era la sensazione che deve provare chi sta sepolto sottoterra per molti anni e finalmente qualcuno lo tira fuori, all’aria aperta.

    L’annunciatore prosegue con le notizie, come se godesse nel tenerci inchiodati a tavola mentre legge i suoi fogli:

    «Scoperta una frode alimentare nel casertano. Alcuni malfattori vendevano carne

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1