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Solitudine d'amore
Solitudine d'amore
Solitudine d'amore
E-book173 pagine2 ore

Solitudine d'amore

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Info su questo ebook

Storia di solitudine e amore, di single e di coppie. Di relazioni, di intrecci, paure, scelte. Sullo sfondo, il paesaggio veneto, il Nord Est italiano appena prima della "crisi".
LinguaItaliano
Data di uscita25 ago 2016
ISBN9788892625402
Solitudine d'amore

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    Anteprima del libro

    Solitudine d'amore - Stefania Baldissin

    vetri.

    1

    Sul paesaggio collinare la luna stendeva un velo opalino, l’erba appena falciata profumava di primavera. La stradina deserta si snodava tra vigneti e case coloniche. Era l’ora in cui la gente si ritira per cenare.

    Alle finestre delle abitazioni alcune luci accese conferivano alla zona quell’aria d’affettuosa quiete che pare di cogliere nei presepi.

    Nel silenzio, il gracidare di qualche rana segnalava i fossi che separavano la strada dai campi coltivati.

    Un viottolo conduceva ad un grande cancello in ferro battuto; si spalancava sul sentiero in ghiaino da cui si intravedeva un’antica villa: regnava al centro di un parco fitto di cespugli e alberi secolari.

    Tipico tra le province venete, lo stile palladiano della dimora suggeriva un assieme lineare ed elegante.

    In prossimità della costruzione, l’ingresso era fiancheggiato da capienti anfore di terracotta, dalla cui sommità sbucavano alcune piante grasse fiorite. La musica suadente, man mano più vicina, donava al luogo una atmosfera rilassante. Nella notte che avanzava, i riflessi delle luci coloravano l’acqua della piscina.

    All’interno, nell’accogliente sala del ristorante gli ospiti desideravano concedersi una tranquilla serata.

    La luce soffusa dei paralumi dorava le superfici. Nel tintinnio delle posate, nel chiacchiericcio che sfumava in sottofondi velati, da cui ogni tanto emergevano mezze parole, si potevano immaginare, come membri di una grande famiglia, gruppi di sconosciuti accomunati dal bisogno di bellezza e piacere dei sensi.

    Non mancava qualche espressione di orgoglio o vanità, assunta quasi come una maschera, sul viso di alcuni presenti.

    Un certo carisma aleggiava sul viso di una giovane donna, non dimostrava i quarantadue anni che tra poco avrebbe compiuto.

    I lineamenti decisi del suo volto, la gestualità e la mimica aperte contraddicevano la linea romantica delle labbra. La si vedeva cambiare spesso posizione sulla sedia, tendendosi verso gli interlocutori. Le dita delle sue mani tamburellavano sul tavolo o, inconsapevolmente, pizzicavano con delicatezza le briciole di pane. Rideva. Lo smalto dei denti, bianchi come la polpa del cocco, scintillava al riflesso delle gocce di vetro del grande lampadario di Murano, alto sul salone.

    Pareva che tutto il suo essere sorridesse. Risplendeva come la luce del suo sguardo brillante di gioia. Porgeva graziosamente il suo profilo alla vista degli altri commensali, attratta dall’aroma che proveniva dalla tenera carne arrostita. Assaggiava il contorno di patate, chinava lentamente il capo da un lato, contemporaneamente tesa all’ascolto di un’altra delle facezie profuse da uno degli amici alzando le sopracciglia per lo stupore.

    Si guardava attorno studiando con vivacità l’arredamento color avorio della sala da pranzo, stile asburgico. Le antine dei mobili riproducevano decori floreali celesti e dorati, la suddivisione degli spazi era invece affidata a dei moderni intermezzi di vetro e acciaio.

    In realtà, non solo osservava l’ambiente circostante, lo percepiva, quasi assimilandolo.

    Tutto era perfetto. La musica del violino, in fondo alla sala del ristorante, trasmetteva tonalità emozionanti. Lei, come il suono delle corde accarezzate dall’archetto, era in perfetto bilico tra la commozione e la sensazione illusoria di librare in volo il suo cuore, tanto si sentiva leggera.

    Sembrava un momento che potesse durare in eterno.

    Gli altri tre convitati che l’accompagnavano incorniciavano un quadro di cui lei era il soggetto.

    In primo piano, tra il rosso della sua collana antica -perline dell’ottocento veneziano-, il nero dei suoi occhi e il castano dei suoi capelli, lunghi e lisci, splendeva sull’abbronzatura l’oro bianco e giallo del bracciale.

    Ti assicuro, tutto ciò che desidero in questo periodo è godermi la vita. Non penso affatto ad una nuova storia.

    Marina, il suo nome, stava rispondendo confidenzialmente alla domanda della sua amica ingegnere: Paola.

    Quest’ultima, poco convinta, ammiccò: "Le ultime parole famose…".

    Diciamo che perlomeno non la cerco.

    Va bene, ti credo, ma sono sicura che sarà la storia a cercarti. Basta vedere il successo che stai avendo stasera….

    Infatti, tra i numerosi astanti, più di qualche uomo la stava osservando con ammirazione.

    Piuttosto, avrei preferito maggiori soddisfazioni qualche tempo fa, commentò amara.

    2

    Due tavoli più in là, occupato in una cena d’affari, un uomo si chiedeva fra sé e sé come poter conoscere la donna di cui si stava incuriosendo: Marina.

    Poco più che quarantenne, sorrideva forzatamente ai suoi clienti cercando di mascherare il totale disinteresse per i loro discorsi. Tentavano di ottenere uno sconto su un certo numero di fuoriserie.

    Li osservava mentre accettavano il prosecco che lui versava nei calici. Erano padre e figlia, ricchi industriali. Eccentrici, stravaganti, il padre di corporatura robusta, le guance rubizze tradivano la sua passione per i buoni vini. La figlia gli assomigliava perfino nel modo di parlare; sembravano sottilmente uno succubo dell’altro.

    Il cibo assorbiva la loro attenzione, però riuscivano a lasciarsi andare a qualche battuta e di sottecchi controllavano l’umore del loro fornitore di auto. Erano decisi ad ottenere un ulteriore ultimo prezzo.

    Lui già sapeva che avrebbe ceduto, in tal modo si sarebbe liberato presto della loro presenza, dedicandosi poi solamente al suo nuovo desiderio. Scrutava la sconosciuta.

    La immaginava tanto ferrea nel lavoro quanto affettuosa nel giocherellare con una bestiolina domestica.

    In preda al piacere sottile e sofferto del desiderio di possesso, l’avrebbe voluta concentrata su loro due, che gli sorridesse sbottonandosi la camicia e i jeans, rimanendo in lingerie -già ne presagiva il pizzo al tatto…-.

    Dimostrava qualche anno meno di lui, che nella vita si era trascurato tra fumo e alcol.

    Si notava la sicurezza con cui lei parlava, con cui si alzava per andare a sistemarsi il rossetto in bagno, lasciando una scia di sguardi alle sue spalle.

    L’occasione era irripetibile, si scusò con i due acquirenti e si allontanò dal tavolo. A loro non sfuggì il motivo sotteso, ma tornarono a consultare il menu.

    Aprì la porta dell’ampio disimpegno, comune agli antibagni, proprio nel momento in cui la sconosciuta, quasi intima nei suoi pensieri, stava per uscire.

    Cercò con intenzione il suo sguardo avviandosi apparentemente a lavarsi le mani, le sorrise: Buonasera, ravviandosi i capelli.

    Si capiva che a lei sarebbe piaciuto indugiare per osservarsi nel grande specchio della parete, ma la presenza dell’estraneo la fece dirottare verso l’uscita senza nemmeno rispondere al saluto, se non con un impercettibile cenno del capo.

    Prontamente Luca, lì in veste di proprietario dell’importante salone d’auto sportive Corsissima, misogino, come definiva se stesso, esordì: "Scusi, mi permette? Mi pare di conoscerla… Per caso, è venuta l’anno scorso a scegliere un’auto alla mia concessionaria Corsissima?"

    Sicuramente no, rispose asciutta aprendo la porta.

    Figurarsi! Lei giudicava le automobili scatolette di latta.

    Allora ci presentiamo: mi chiamo Luca Dino Castelli, Ludi per gli amici e… Beh, spero di rivederla, facendo leva sul sorriso accattivante e l’aspetto attraente che sapeva di possedere.

    Le porse la mano mentre già percorrevano il corridoio per tornare in sala.

    Mi piacerebbe chiacchierare un po’ con lei. Sono sicuro che ci siamo già visti da qualche parte. Come si chiama, scusi?... Potremo prendere un aperitivo assieme domani, o pranzare.

    Non credo. Vedremo…, fu la risposta incoerente e contraddittoria che Marina, che aveva glissato sul suo nome e già avviata al tavolo degli amici, concesse a Luca assieme ad uno sguardo involontariamente sensuale.

    Intrigato si fermò ad aspirare il profumo rimasto nell’aria. Era la prima volta che sentiva una tale fragranza; gli pareva che sarebbe potuto andare in capo al mondo per ritrovarla e di corsissima dando ragione al suo logotipo aziendale.

    Conosceva di se stesso sia il bisogno, sia l’avversione per le donne; non sopportava di sentirne la mancanza quando non le frequentava, ma neppure tollerava la loro eventuale assiduità. Le implorava quando temeva un rifiuto, le rifiutava se si proponevano.

    Insomma, suo malgrado, in alcuni momenti le adorava, in altri le cacciava: ogni volta che conosceva una nuova donna si aspettava una sicura delusione. Di questa però non conosceva nemmeno il nome.

    Ora non avrebbe voluto dover rimanere con i clienti.

    Anche Marina aveva assunto un’aria irrequieta e insofferente, si era opacizzato il suo sorriso, evitava con cura lo sguardo di Luca, si sentiva quasi braccata. Vedersi corteggiata equivaleva a sentirsi vulnerabile.

    In quel momento, come sempre quando si sentiva a disagio, si impadronì di lei un leggero tic nervoso: socchiuse gli occhi più volte come se avesse dovuto mettere a fuoco una immagine o come se fosse stata fortemente miope. Con un movimento della mano cercò di camuffare il continuo sbattere delle ciglia.

    Scosse i capelli per scacciare l’inquietudine. Ma, anche se si stava imponendo di non ricambiare le occhiate di lui, ogni tanto la curiosità prendeva il sopravvento. Era colpita dal modo in cui Luca rideva, mangiava, gesticolava.

    Appariva un po’ cafone, la sua bocca carnosa si apriva vistosamente, gli si vedeva la lingua rosata, sia quando rideva, sia quando si apprestava a suggere il contenuto dei frutti di mare che stava gustando come secondo piatto. Un tuffo di eccitazione la sorprese.

    Irriverente come un bambino, o un demonio: i capelli neri e ondulati, il nitore dei denti, il modo in cui li scopriva sorridendo, qualcosa di lui la faceva fremere.

    Si sentì irritata con se stessa, non voleva provare attrazione per quel qualcuno apparentemente poco sobrio, estraneo. Eppure, credeva di scorgere intelligenza e profondità nei suoi occhi: celesti, trasmettevano l’incongruenza fra il timore di chiedere e il gusto di sfidare.

    Era sconcertata. Il contrasto delle sensazioni la spazientiva e la turbava.

    In quel periodo stava cercando con difficoltà di dimenticare una precedente dolorosa relazione sentimentale e non voleva ritrovarsi nuovamente invischiata.

    Finalmente, dopo il gelato al torroncino e cioccolato, i suoi amici accettarono di alzarsi e andarsene per finire di trascorrere la serata in un altro locale ascoltando musica.

    Uscendo puntò per un secondo Luca per capire se il guardarlo le procurava qualche emozione inattesa, per mettersi alla prova, ma non voleva concedergli intese mute, osservò la sua camicia bianca senza cravatta, la giacca blu di stoffa pregiata.

    Lui sperò una qualche risposta, si sentì smarrito di fronte al silenzio di quegli occhi magnetici.

    Una timida speranza gli suggerì il gesto, forse inconscio, che lei fece proprio passandogli davanti: scuotendo il capo scostò i capelli, fiera in viso. Lui percepì quell’atteggiamento come se gli fosse dedicato.

    Lo sguardo di Marina ora percorreva il nulla, oltre gli oggetti e le persone.

    Come rintracciarla?

    Liquidò in fretta i due invitati mascherando la maleducazione con un ultimo, ennesimo brindisi. Lo champagne era perfetto, leggermente salato. Quella sera lo aveva aggiunto all’amato prosecco.

    I suoi ospiti, padre e figlia, non diedero l’aria di accorgersi della sua impazienza. Ognuno mirava al proprio obiettivo. Infatti ottennero lo sconto sulle costose auto sportive e lui si trovò presto libero di inseguire la sua preda.

    Uscì di corsa sperando nel miracolo di trovarla ancora nel parcheggio. Fu esaudito.

    A braccetto della sua amica, chiacchierava. Lei e i suoi amici indugiavano sotto un

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