Penne Rock. Breve storia del primo e unico complesso rock del 4° corpo d'armata alpino
Di Mario Dorini
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Anteprima del libro
Penne Rock. Breve storia del primo e unico complesso rock del 4° corpo d'armata alpino - Mario Dorini
rock!
il Primo Complesso Rock del IV°
Corpo d'Armata Alpino - l'origine
Tutto era iniziato con quella fatidica domanda: chi sei, che fai, suoni qualche strumento?
...
Giugno 1983 - Caserma Rossi di Merano, i miei primi giorni da Alpino nella Brigata Orobica.
Mi trovavo lì, seduto su quelle sedie di legno del cinema della caserma tra tanti ragazzi con le espressioni spaesate di chi è in attesa di sapere come la sua vita sta per cambiare.
Quando sentii chiamare il mio nome, mi alzai e mi diressi verso uno dei tavoli posti di fronte al palco; un maresciallo mi fece sedere ed iniziò a pormi domande generali, provenienza, studi, mansioni lavorative e poco altro. Annotava tutto in un registro. Mi elencò ciò che avrei dovuto sempre ricordare, compagnia e plotone di appartenenza, tutti gli orari dalla sveglia del mattino al contrappello in branda per la notte... e mi congedò.
Stavo per alzarmi ma aggiunse un ultima domanda: quale hobby coltivassi e se sapessi suonare uno strumento.
Ci pensai un attimo e... mi tornò in mente la scena di un film vista anni prima: centro di reclutamento, venne chiesto chi sapesse suonare, gli eletti
finirono in cucina a sbucciare patate.... Sorrisi e lo guardai con legittimo sospetto, e lui rimarcando serio come non ci fosse proprio nulla da sorridere, mi ripeté la domanda... gli parlai così del mio hobby per la musica, del mio ruolo di batterista e cantante in un complesso del mio paese che da anni nei fine settimana si esibiva allietando feste di matrimonio e sagre varie.
Il maresciallo prese ancora nota, e mi invitò, ringraziandomi, ad alzarmi e uscire.
Fuori era pieno di nuove reclute, una volta inquadrati fummo avviati presso il magazzino della caserma.
Entrammo quasi tutti in jeans e maglietta e ne uscimmo vestiti a nuovo e di tutto punto. Divisa estiva e invernale, mimetica, indumenti intimi, scarpe, scarponi Vibram e pedule, zaino e altro ancora.
Carichi a dovere, fummo indirizzati alla nostra compagnia, la 50sima, la Balda
. Salimmo all’ultimo piano ed entrammo nella camerata ove c'erano le brande. Un caldo pazzesco lassù!... tutti sudati finalmente posammo tutto sulla branda. Il caporale ci lasciò una mezz’ora per riporre tutto in ordine nell’armadietto. Come da ordini indossammo la tuta mimetica, la maglietta verde e le pedule.
Cominciai così a conoscere gli altri ragazzi che arrivavano da ogni parte d’Italia... avevamo in comune lo stesso sguardo un po' spaesato di chi non sa ancora cosa lo aspetta...
Nei giorni successivi , tra marce e addestramenti vari, ripensavo a quella domanda su hobby e musica e mi chiedevo cosa un batterista avrebbe potuto dare agli alpini.
Eugenio, mio vicino di branda anche lui musicista che suonava il clarinetto nella banda del suo paese, ipotizzava che, con un po' di fortuna, avremmo potuto persino essere chiamati a far parte della fanfara degli Alpini. Naturalmente, per me, batterista, lo strumento si sarebbe ridotto al rullante o alla gran cassa... ben poca cosa...
Passarono le settimane tra addestramenti vari, marce e prove per il giorno del giuramento. Non ricordo un mese di giugno così caldo come quello dell' '83... avevo le orecchie tanto arrostite
dal sole che si spellavano... Arrivò il giorno del giuramento, con la divisa pulita e ben stirata, gli scarponi lucidi con le ghette ben allacciate e, ritirata l’arma, venimmo schierati in plotoni; sulla piazza d’armi mi ritrovai in seconda fila con i più alti, mentre i più bassi erano dietro. Il colpo d’occhio era impressionante: tutto il battaglione era schierato e, di fronte, il palco degli ufficiali dove avrebbero trovato posto anche parenti e amici.
Cercavo invano i miei genitori, ma in mezzo a quella calca era davvero impossibile!
La cerimonia filò via tra bandiere, picchetti di ufficiali e tanto sole... giunse il momento solenne: Lo giuro!
echeggiò alto, corale e fragoroso tra le mura della caserma, seguito dagli applausi dei presenti e dal rompete le righe.
Il tempo necessario per far ritorno in armeria e consegnare il fucile, un passaggio in camerata per levare i paramenti per il giuramento e con il borsone mi avviai in fureria. Licenza di 48 ore alla mano scesi di nuovo sul piazzale alla ricerca dei miei. In quel trambusto di divise tutte uguali, fu mio cugino a scovarmi. Mi prese per il braccio e raggiungemmo i miei che attendevano pazienti presso lo spaccio. Uscimmo e a
Schenna, vicino a Merano, pranzammo tutti insieme. Un paio di giorni di libertà e poi rientro in caserma in attesa di conoscere la nuova destinazione...
Finalmente, l’assembramento di fronte la bacheca segnalava la comparsa della lista tanto attesa: leggo Silandro (dove sarà mai ?!?), con incarico 21A, mansione che scoprii molto tempo dopo essere il codice dei conducenti muli, ma ciò non accadde...
Trascorsero un paio di giorni quando in fureria un tenente colonnello mi informò che la mia destinazione era cambiata: sarebbe stata la caserma Vittorio Veneto
, Genio Minatori Iseo, Bolzano.
Il giorno dopo, con Giovanni Gallo Joe
, un altro ragazzo bergamasco come me che avevo conosciuto, ci portarono con autista e mezzo militare alla Vittorio Veneto, aggregati alla Compagnia Comando e Parco.
Arrivati in camerata, ci ritrovammo di fronte il ten. colonnello Arnaldi, conosciuto il giorno prima. Con una licenza di 24 ore, ci assegnò due autisti con un furgone militare Fiat 242 e l’ordine di tornare a casa e di consegnare ai due autisti i ns. strumenti...
Ripensando ad un eventuale impiego presso la fanfara, non capivo a cosa potesse servire una batteria. Giovanni mi guardò perplesso: non capivamo l’utilità né della mia batteria, né men che meno quella della sua chitarra elettrica e amplificatore. Cercammo timidamente di chiedere chiarimenti, ma Arnaldi fu sbrigativo: licenza, furgone, ritorno a casa, consegna degli strumenti e ritorno immediato in caserma...
i chiarimenti a tempo debito. stop
Non potemmo far altro che... obbedire! Girammo i tacchi e ci preparammo a partire, non prima di essere passati dallo spaccio per avvisare le famiglie del nostro imprevisto ritorno.
Seppure entrambi avessimo svolto il nostro addestramento presso la medesima caserma Rossi di Merano, Giovanni ed io non ci eravamo mai conosciuti: lui era della 52sima compagnia, la Veloce
e io della 50sima, la Balda
. Ci vollero circa tre ore di autostrada e chiacchiere prima