Gli amori di Sofia
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Ma un giorno, alla soglia dei quarant’anni, nella sua vita irrompe Flavio, un affascinante medico di ritorno da un periodo di volontariato in Africa.
Ben presto la loro travolgente passione si trasforma in un sentimento profondo che cambia l’atteggiamento difensivo di Sofia nei confronti dell’amore, facendole scoprire nuove sfaccettature affettive, distanti e vicine fra loro come il cielo e il mare all’orizzonte.
La storia di Sofia è un romanzo per chi ama la musica, l’eros e l’umanità.
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Anteprima del libro
Gli amori di Sofia - Paolo Primavera
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Paolo Primavera
GLI AMORI DI SOFIA
Prima Edizione Ebook 2023 © R come Romance
ISBN: 9788893472753
Immagine di copertina su licenza Adobestock.com, elaborazione Edizioni del Loggione
img1.pngwww.storieromantiche.it
Edizioni del Loggione srl
Via Piave 60
41121 Modena – Italy
romance@loggione.it
http://www.storieromantiche.it e-mail: romance@loggione.it
img2.jpgLa trama di questo romanzo è frutto della fantasia dell’autore.
Ogni coincidenza con fatti e persone reali, esistite o esistenti, è puramente casuale.
Paolo Primavera
GLI AMORI DI SOFIA
Romanzo
Indice
Preludio
Parte prima
Capitolo 1 Un giorno di novembre
Capitolo 2 La casa sul lago
Capitolo 3 Suono solo per te
Capitolo 4 Forse non ti ho mai amato
Capitolo 5 Vieni via con me
Capitolo 6 Dammi una ragione
Capitolo 7 Fidati del tuo cuore
Capitolo 8 Rue de Furstemberg
Capitolo 9 Noi siamo il mondo
Capitolo 10 La Missione
Parte seconda
Capitolo 11 La Casa della Musica
Capitolo 12 È difficile dimenticare
Capitolo 13 Con l’aiuto dei miei amici
Coda
Ringraziamenti
L’autore
Catalogo
Preludio
Suite n. 1 per Violoncello solo
J.S. Bach
Ti sto aspettando...
Il cielo terso di marzo si tingeva d’arancio, e sulla linea dell’orizzonte le larghe chiome dei pini sembravano accendersi come fiaccole sotto i raggi del sole al tramonto. Il profumo intenso della mimosa inondava la stanza di Sofia che sedeva accanto alla finestra sul giardino. L’anziana donna era stanca, ma non di quella naturale spossatezza che s’impadroniva delle sue membra a fine giornata: il suo treno stava entrando in stazione, ne era consapevole, ma non c’era disperazione nei suoi occhi anzi si era preparata con cura per la fine del suo viaggio, quasi fosse un appuntamento atteso per troppo tempo. Truccata con la sobrietà dei suoi anni, indossava l’abito da sera, gli orecchini e la collana di perle. I capelli argentati, lunghi come quando era ragazza, li aveva raccolti in una crocchia fermata con uno spillone comprato in Provenza in un mattino della sua giovinezza.
Lo so che arriverai...
Stringeva fra le mani un diario; lo aprì lì dove le pagine ingiallite custodivano una rosa essiccata. Prese quel fragile fiore e d’istinto l’avvicinò alle narici, quasi a ricercarne l’antica fragranza; e si rivide sul lungo Senna, in un ventoso pomeriggio di primavera, con quella rosa infilata nell’occhiello dello spolverino, abbracciata all’uomo che amava.
Mi manchi ancora immensamente! E sento ancora oggi, sulla mia pelle, il calore delle tue mani e la vertigine che mi davano quando mi sfioravano. E sento ancora oggi, sulle mie labbra, il sapore del tuo corpo e della tua bocca.
Mi sei mancato da far male… da spezzare il fiato e non riuscire più a respirare. Arrivai a credere che se esiste un dio deve essere un sadico che prova un piacere perverso nell’infliggere sofferenze agli esseri viventi.
Soltanto i bambini mi diedero la forza e il coraggio di non porre un fermo alla mia vita. Soltanto la musica riuscì a lenire la tua assenza nei momenti in cui mordeva più ferina.
Tuttavia, è incredibile, ma col tempo ho capito di essere stata comunque fortunata: ho amato e sono stata riamata… e sono grata al Cielo del tempo che abbiamo passato insieme, sufficiente a farmi dire di non aver vissuto invano.
Al centro della stanza c’erano un violoncello sospeso al suo supporto, un leggio con la partitura della Suite n. 1 per Violoncello solo di J.S. Bach e una poltroncina in stoffa damascata priva di braccioli con sopra un archetto.
Amico fedele di una vita, siamo invecchiati insieme… eppure la chiarezza del tuo timbro e l’equilibrio dei tuoi colori dalle mille sfumature sono gli stessi di quando ci siamo conosciuti… anzi col tempo la tua voce è diventata più calda e avvolgente.
Le mie mani, invece, non hanno più l’agilità, la resistenza e la forza di un tempo. Tuttavia, questa sera vorrei congedarmi da te con il primo brano che abbiamo suonato insieme... Come dici? Sì, ricordi bene, fu proprio il Preludio della Suite n. 1.
Sofia si accomodò sulla poltroncina; prese quello strumento realizzato proprio per lei dalle abili mani di un liutaio di Vienna, regalo di sua nonna per il diploma di conservatorio; chiuse gli occhi, inspirò a fondo e si abbandonò all’estasi divina della perfezione di Bach.
Parte prima픍
Capitolo 1
Un giorno di novembre
Un Dia de Noviembre
Leo Brouwer
Sofia arrancava su per quella ripida rampa di gradini sdrucciolevoli rosi dal tempo. Sulle spalle, come uno zaino, portava il violoncello nella robusta e leggera custodia in fibra di carbonio mentre con la mano destra sorreggeva una borsa da viaggio. La seguivano tre donne, più o meno sue coetanee, ognuna con il proprio strumento e un bagaglio a mano. In cima alla scalinata le attendeva Luisa, la sorella della sposa.
«Sofia, che gioia rivederti!» esclamò baciandola su entrambe le guance.
«Luisa, ti trovo in gran forma! Ti presento Antonella, Serena e Federica.»
«Piacere di conoscervi, ragazze, siete straordinarie: belle e brave! Seguitemi, il sagrestano ci sta aspettando per accompagnarvi alla stanza dove potrete cambiarvi d’abito.»
Il rumore dei tacchi delle scarpe e quello delle piccole ruote delle valigie che rotolavano sul pavimento di pietra rimbombavano nel lungo corridoio dall’altissimo soffitto a botte.
«Andato bene il viaggio di ritorno?»
«Sì, ma stancante. Sydney-Roma è un tragitto infinito. Siamo atterrate a Fiumicino ieri sera alle dieci.»
«E a casa quando sei arrivata?»
«Abbiamo dormito in albergo, all’aeroporto.»
Nel frattempo che chiacchieravano, l’anziano sagrestano, dal passo claudicante, le guidò fino a una cella che si apriva in fondo al corridoio sulla sinistra. Le fece accomodare, chiuse la porta e rimase fuori di sentinella. Luisa e Sofia continuarono a conversare intanto che quest’ultima e le altre tre musiciste si cambiavano d’abito dietro a un paravento di bambù messo lì per l’occasione.
«Quando mi hai detto che avreste suonato al matrimonio di Marina non riuscivo a crederci.»
«Tua sorella e io siamo amiche da prima che tu nascessi ed è stata la mia prima ammiratrice. Ma, dimmi, avete mantenuto il segreto?»
«Certo! Soltanto io e Lorenzo sappiamo che durante la celebrazione suonerà il famoso Eva String Quartet.»
«Bene, sarà una doppia sorpresa per Marina.»
«Eh sì, lei sa che sei in Australia per una serie di concerti. Poverina, ci rimase così male quando glielo dicesti.»
«Purtroppo, quando mi diede la partecipazione, le date della tournée erano state già fissate. Tuttavia, parlai immediatamente con l’impresario e infine riuscimmo ad anticipare l’ultimo concerto, quello al Sydney Opera House, ma...»
«Uao... che abito magnifico! E ti sta d’incanto!» esclamò Luisa quando Sofia uscì dal separé. «E già, non potevi fare il viaggio in auto con questa meraviglia indosso.»
Sebbene fosse il matrimonio di un’amica, per il quartetto d’archi era comunque un’esibizione concertistica e le quattro musiciste non avrebbero mai rinunciato all’abito lungo e di seta nera.
Mancava ancora un buon quarto d’ora all’inizio della cerimonia. Le donne entrarono in chiesa passando per la sagrestia. Il sole tiepido di novembre entrava dalle alte trifore sormontate da archi a tutto sesto. Le vetrate istoriate rilucevano, rendendo quel luogo ancora più suggestivo.
Quattro sedie erano state disposte a emiciclo nella cappella a destra dell’altare. Le musiciste posizionarono i leggii con le partiture dei brani che avrebbero eseguito durante la messa e, intonati gli strumenti, presero confidenza con le corde e l’ambiente suonando il Largo da l’Inverno di Vivaldi. Quell’antica chiesa in stile romanico aveva un’acustica straordinaria. Le voci degli strumenti - due violini, una viola e un violoncello - erano perfettamente fuse ma non impastate.
Finalmente arrivò lo sposo, emozionato ed elegante nel suo completo color fumo di Londra. Lorenzo salutò Sofia e le altre musiciste, e poi si avvicinò alle due poltroncine ai piedi dell’altare in attesa di Marina.
Poco dopo, sulle note festose della Regina di Sheba di Handel, Marina fece il suo ingresso sotto braccio al padre: radiosa come soltanto una sposa può esserlo. Percorsero lentamente la navata centrale dal pavimento policromo e poi l’anziano uomo dagli occhi acquosi affidò la figlia allo sposo.
Quando finì di suonare, Sofia notò un uomo dal volto abbronzato, fra i trentacinque ei quarant’anni, che avanzava rapidamente lungo la navata laterale. Raggiunto il banco dei testimoni, l’uomo prese posto accanto a una biondina slavata, e dalla mimica era chiaro che si stava scusando per il ritardo. Quando il suo sguardo intercettò quello dell’uomo, Sofia provò un tremolio alla bocca dello stomaco e una punta di invidia: era forse il compagno della biondina?
Tornò a guardare gli sposi, ma si sentiva osservata. Girò di scatto la testa: l’uomo era lì che la studiava.
Fisico atletico… abbronzato... purché non sia un vanesio insicuro che passa il proprio tempo in palestra e a cuocersi sotto la lampada solare...
Un nuovo commento musicale e poi, quando si spensero le ultime note, Sofia lo guardò e comprese che non le aveva tolto gli occhi di dosso neanche per un istante. In seguito, i loro sguardi si cercarono e si trovarono un’infinità di volte. Sofia era così attratta da quell’uomo che quel giorno suonò soprattutto per lui.
Durante lo scambio del segno della pace, mentre la Corale della Cantata 147 di J. S. Bach risuonava leggiadra, Sofia desiderò ardentemente di essere anche lei fra le panche della navata centrale per toccare e stringere la mano di quell’uomo; e dall’occhiata che le ricambiò, ebbe la certezza che quel desiderio era reciproco.
Certo, in questo luogo sacro, voler scambiare il segno della pace soltanto per toccare la mano di un uomo… se mia madre lo sapesse… ma la nonna… lei sì che mi avrebbe capito.
Conclusa la cerimonia, gli sposi si avviarono all’uscita sulla melodia gioiosa del primo movimento del Quartetto d’archi K155 di W.A. Mozart. L’uomo, a differenza degli altri invitati, non si accodò a loro ma rimase al suo posto finché non finì la musica. A quel punto si avvicinò sorridente a Sofia che si sentì cedere le gambe.
«Sono Flavio Saraceni, amico e testimone dello sposo.»
«Maria Sofia Argenti.»
«Complimenti, suona... suonate molto bene.»
«Grazie, è davvero gentile.»
Sofia era abituata a ricevere i complimenti ma in quel momento, mentre gli stringeva la mano, aveva il cuore che batteva come se volesse schizzarle fuori dal petto.
Ma che mi sta succedendo? Sì, è un bell’uomo, ma non più di tanti altri che hanno cercato di attaccare bottone con il pretesto della musica... e quasi sicuramente non sa distinguere un violoncello da un contrabbasso e Haydn da Berlioz.
«È musicista anche lei?» domandò, per metterlo alla prova.
«No, no... non so suonare, ma ascolto volentieri la musica classica.»
Almeno non ha raccontato la solita solfa di aver preso lezioni di pianoforte da bambino, ma che poi ha dovuto abbandonare perché non riusciva a conciliare la scuola con la musica... meglio una tabula rasa a una tabula mal incisa e presuntuosa.
«Viene anche lei a Villa Bienni?»
«Sì, ma prima devo riporre il violoncello e cambiarmi d’abito.»
«Posso aiutarla?»
Sofia sgranò gli occhi e sorrise maliziosamente.
A fare che cosa? A togliermi il vestito?
«A portarle lo strumento o il leggio…» aggiunse Flavio con un po’ d’impaccio.
Ma quel vestito te lo sfilerei molto volentieri!
Mi piace il leggero imbarazzo che sento nella sua voce dal bel timbro baritonale: timbro che ogni uomo dovrebbe avere...
«Grazie, molto cortese da parte sua. Mi