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Zaino in spalla
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E-book403 pagine5 ore

Zaino in spalla

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Info su questo ebook

I viaggi nella loro forma più autentica: equipaggiamenti essenziali, budget limitati, giusti compagni di viaggio.
Tra luoghi incantati lontani da casa e angoli di paradiso a pochi chilometri l’esperienza dell’esplorazione diventa vita vissuta.
LinguaItaliano
Data di uscita25 mag 2021
ISBN9791220807821
Zaino in spalla

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    Anteprima del libro

    Zaino in spalla - AA.VV.

    AA.VV.

    Zaino in spalla

    Zaino in spalla

    AA.VV.

    © Rudis Edizioni
    All rights reserved
    Editor-in-chief: Daniele Dell’Orco
    1A edizione – maggio 2021
    www.rudisedizioni.com
    rudisedizioni@gmail.com

    altro 017-

    di maria antonietta alestra

    Hai sentito 017, Grande 0 ti vuole parlare? Vuole proprio me?

    Sì, sul numeratore c’è il tuo numero. Ora vado, chissà cosa vorrà?

    Mi fermo davanti alla porta, un raggio riconosce che sono 017 ed entro. Seduto davanti ad uno schermo grande e semicircolare c’è lui. Mi fa cenno di sedere: 017, dovrai fare un viaggio, unico nel suo genere, dovrai andare sulla terra ed entrare nel corpo di un umano, e per due sere dovrai subito riferire a me cosa succede.

    Mi proponi uno strano viaggio, io ne ho fatti tanti ma dentro ad un umano mai, che tipo di informazioni vuoi e poi chi è questo terrestre.

    La terrestre è una donna, ha 70 anni. Come me capo. Esatto, devi studiarla bene, e poi raccontarmi la sua storia. Resterai poco, massimo tre giorni, poi la tua missione è finita. Vedi ho chiesto a te perché in certi momenti siete simili, vi comportate in modo uguale, vedrai ti piacerà.

    Va bene, quando debbo partire? Domani mattina presto, verrai accompagnata con il veicolo che non interferisce sui radar, vicino alla casa c’è un ampio giardino dove verrai lasciata, e sarai recuperata quando finito la missione, dovrai tornare alla base, il resto è scritto sul diario di bordo che terrai sempre con te.

    Esco dall’ufficio del grande capo e vado nella mia stanza a meditare e studiare la nuova avventura.

    Dunque, dovendo entrare in un corpo non mi serve niente, non deve essere un’operazione difficile, domani sarà tutto chiaro.

    Suona il cellulare: Ciao Anto come stai? Bene, ma da stamattina ho freddo, una sensazione strana. Freddo? Ma tu hai sempre caldo e non accendi neppure il riscaldamento, che ti succede?

    Non so, tipo sconosciuto di covid? Mi sto ibernando?

    Sto covid mi mette una tale paura per me e per tutti i miei cari, oggi tremo, come se dentro di me ci fosse un ghiacciolo gigante, ma ho acceso il riscaldamento, basso, ma almeno riscalda l’ambiente, stamattina con tutte le finestre chiuse ho sentito l’aria fredda muovermi i capelli e sfiorarmi la guancia. Che strano, copriti non prendere il raffreddore. Infatti, non è la stagione per i malanni.

    Che fai? Sto cucendo una camicia da notte o abito da casa, giallo, un bel colore per fortuna che l’avevo comperato in tempi tranquilli, poi amo questo colore, ne ho un altro pezzo forse farò le tende per la cucina, così avrò la luce calda. Brava, io ho fatto un giro, adesso sono a casa ad annoiarmi. Guarda la tv Non mi va! Anch’io ho spento, tra poco preparo la cena e poi guarderò un programma fino alle 21,30, poi a letto, tanto non ho nessuno con cui parlare e la mia giornata finisce così. Anch’io preparerò la cena, non ho ancora pensato cosa fare. Bene mia cara alla prossima. Ciao.

    È ora di fare ginnastica Antonia, ormai parlo da sola, in casa non viene nessuno e debbo farmi compagnia come posso. Per fortuna che nessuno mi sente perché potrei sembrare un po’ pazzotica, l’età per le stranezze c’è, ma non mi sento vecchia, l’energia mi sostiene a comportarmi da giovane. Adesso faccio quei pochi esercizi che mi aiutano a camminare meglio, mi fanno bene.

    Quasi dimenticavo vado a buttare il rusco, così faccio una passeggiata, di sera c’è meno gente e non rischio di incontrare persone incoscienti che girano senza mascherina. Ma che succede sento le gambe forti, senza dolore, sarà la ginnastica? Ecco il rusco è nel cassonetto, adesso faccio una breve camminata, l’aria è buona quasi quasi faccio una corsa, ma cosa mi passa per la testa, io, correre, l’ultima volta che l’ho fatto avevo 40 anni, poi le ginocchia hanno cominciato a dolere e questa passione è passata nell’archivio della mia memoria, ma questo non basta per dimenticare le belle sensazioni che mi dava.

    Oh, si è fatto buio, meglio rientrare a casa, mi farò le frittelle di cavolfiore, guarderò la tv poi vado a letto, ma che strano oggi ho mangiato molto, per due, come si dice alle donne in stato interessante, debbo stare attenta io non debbo partorire.

    Capo, sono io 017. Dimmi. Sono stata con lei tutto il giorno, niente di particolare, è carina, gentile ma ha passato tanti dolori, il suo corpo è pieno di cicatrici, e la sua mente è satura di ricordi negativi. Ma lei come ti è sembrata? "Nonostante tutto è serena, passa tante ore al PC, scrive dei racconti, ha una fervida immaginazione, canta e ti sembrerà strano abbiamo lo stesso timbro di voce, poi ho scoperto che ama il giallo, il colore della nostra base spaziale, insomma sembra quasi una di noi, qui le persone come lei le chiamano, per ridere, extraterrestre.

    I suoi simili faticano ad ascoltarla e capirla in prima battuta, perché è intelligente, perspicace a volte lungimirante, e soprattutto non ama fare tanti giri di parole, poi però si rivolgono a lei perché capiscono che ha ragione.

    L’ultima lotta è stata per le mascherine anti covid, lei la portava sempre anche quando cantava, gli altri no, ma quando si sono ammalati due del gruppo, il loro atteggiamento è cambiato, la paura ha colpito anche loro."

    Ecco come risponde a sé stessa, perché ogni tanto parla da sola: ‘Una volta mi addolorava il comportamento dei miei come dire amici, adesso non mi interessa, fatti loro, avevo promesso a me stessa che a 70 anni sarei cambiata, allora cerco di evitare chi non mi capisce’.

    Anche in amore ha dei problemi, lei dà tutto, sa ascoltare e consigliare perché spera di avere in cambio amore e tenerezza ma gli uomini hanno paura, sono codardi, lo vedo dai loro scritti, nelle risposte che danno a lei sul PC, quando non hanno bisogno sono distaccati e lontani. Per non parlare dei cosiddetti amici l’ultimo che lei credeva tale, ha usato una sua idea per fare un sito, è stato intervistato sui giornali, in programmi radiofonici, senza nemmeno interpellarla, e tutto il merito lo ha preso lui, che dici ‘bravo’ vero?

    Grande Zero per oggi non ho altro ci sentiamo domani."

    Ciao 017 a domani.

    Che ore sono? ho dormito anche stanotte e ho anche fatto sogni belli, adesso mi alzo a fare il caffè. Ho lo stomaco che brontola, ho fame, per fortuna che ho fatto la marmellata, ieri, con banane, mele e limone così è asprigna.

    Adesso guardo un film e poi vado a fare la spesa, non ho bisogno di niente, è solo per evadere un po’ dalla monotonia. Questa pandemia ha scombussolato la mia vita e quella di tutti, ci pone davanti a tanti dubbi esco o è meglio stare a casa, i medici consigliano di stare a casa, questo virus è pericoloso e si prende con facilità.

    Ho deciso: starò a casa anche oggi, non ho granché da vedere in zona, in centro meglio di no perché dovrei prendere il bus, farò da mangiare, così passo il tempo. Idea! Impasterò il pane.

    Farina di semola, olio, acqua, lievito, sale, farò una variante metterò un pochino di farina di patate così sarà più morbido. Adesso lo metterò a lievitare fino a domani.

    Vado a rifare il letto, mi sento strana ho più energia, chissà cosa mi succede.

    Farò un po’ di ginnastica ora, così nel pomeriggio mi dedicherò ai miei programmi televisivi preferiti, tanto ormai è quasi mezzogiorno.

    Grande Zero, ci sei? Sì 017, hai novità? Sai una cosa questa donna è particolare, l’ho sentita cantare e mi ha ricordato una voce che conosco, potrei averla già sentita? 017 non posso risponderti debbo capire anch’io. Grande Zero posso aiutarla in qualche modo per renderla felice e soprattutto non farle sentire i dolori che la affliggono? Le ho dato un po’ di serenità facendola dormire.

    No 017, la tua missione è solo quella di controllarla e basta.

    Ok Grande Zero, sai i suoi occhi sono luminosi, più di tutti quelli che ho incontrato nei miei viaggi e ne ho fatti tanti, vero, sembra una di noi. 017, non fare voli pindarici, si è diversa, ma questa non è la cosa che ti avevo comandato di fare in questa missione.

    Grande Zero, domani è l’ultimo giorno di questa trasferta particolare, sei sicuro che debbo tornare alla base? Sì, 017 domani ti aspetto e ti debbo fare un lungo racconto."

    Ho fame, che ore sono? Beh, le 6.30, ho fatto un buon sonno, speriamo duri, riposare è fantastico. È da tanto tempo che non mi capitava. Vado a fare il caffè, e accendo il forno per cuocere il pane.

    Che bello il mio pane, non vedo l’ora di sentirne il profumo.

    Ecco è cotto, una fettina la mangio subito, anche se è caldo.

    Dai, mi farò un altro caffè, e lavorerò al pc per i saluti a tutti i miei amici, farò una foto del pane così la posto, peccato che non potranno sentirne l’odore.

    Sento un caldo, forse il forno acceso ha scaldato troppo l’ambiente?

    Sento i capelli volare e sul viso una strana aria quasi una carezza, la solitudine dà sensazioni strane. Apro un po’ la finestra per fare entrare il fresco, gli altri giorni gelavo oggi ho caldo, la vecchiaia, che strana cosa

    Grande Zero, sto tornando, vengo da te? Sì, ti sto aspettando.

    Ciao, eccomi. Siediti e ascolta. La signora che tu hai visto... Sì Grande capo mi piaceva tanto, sono stata bene con lei come con nessuno mai. Ecco come ti dicevo quella signora è tua sorella gemella.

    Mia sorella? Si 017, anni fa tua madre ebbe 2 figlie, e durante una sosta sulla terra per un guasto, una fu rapita, e mai più ritrovata. Io come responsabile non ho mai smesso di cercarla fino all’altro giorno quando mi è arrivata una segnalazione e così ho mandato te per vedere se sentivi un’affinità con lei. Oh sì, Grande Zero è stato bello mi sentivo bene come fosse un’altra me, potrò rivederla e parlarle?

    Forse ci riusciremo ma adesso non è il momento. C’è la pandemia e non esce e non incontra nessuno, ma finito tutto questo, studierò un modo per farvi incontrare, però non so se dirle che sei sua sorella, la cosa importante e che vi siete ritrovate, a lei come a te mancava una parte di vita che le gemelle sentono fortemente. Non è mai stata felice, mi hai detto, il perché è questo motivo le mancavi come lei mancava a te ma non sapevate spiegarvi il motivo di questa triste sensazione.

    Grande Zero grazie, è stato un bel regalo, Non piangere hai il pianto facile beh, ho notato che anche lei ha le lacrime a portata di ciglio, Grande Zero.

    È bello grande capo avere una sorella, è come specchiarsi in una persona, che viaggio importante ho fatto, posso condividere le mie emozioni con gli altri? Certo abbiamo scoperto una nostra sorella sulla terra.

    Un’altra cosa che non ti ho detto, noi ci nutriamo di pastiglie inodore e insapore, ma se tu sentissi il profumo del pane che ha preparato e di tutti i manicaretti che ha mangiato ed io con lei, sono sicura che sulla nostra base cambieremmo le abitudini ah ah ah.

    amare a 50 chilometri orari

    di jessica andracchio

    Il concetto di viaggio di un uomo d’affari o di qualche altra mente impegnata sarebbe questo: tanti piccoli viaggi messi insieme, intervallati da qualche sosta all’autogrill.

    Un uomo, un qualsiasi uomo dotato di sentimenti, penserebbe del viaggio: tante piccole occasioni messe insieme, intervallate da forti emozioni.

    Questo secondo concetto non era nuovo, per Anthony.

    Puntata la sveglia alle due di notte, il ragazzo si era sdraiato sul letto, cercando di addormentarsi, rigirandosi nel letto, non riuscendo a pensare ad altri che a Lei, e a quanto fosse bella, intelligente, superiore...

    Invece, a dispetto del suo senso d’inferiorità, il viaggio che doveva compiere non era affatto insignificante. Non per la durata; quattro ore sarebbero passate lente, sì, ma ne sarebbe valsa la pena. Non per il mezzo; il pullman era scomodo, ma ci aveva fatto il callo. Il suo viaggio non era assolutamente insignificante perché doveva farlo per completarsi. Sì, avete presente quelle stronzate emotive che ti propinano in continuazione, quelle sulle due metà, eccetera? Lui sapeva di essere una scemenza emotiva ambulante.

    Lo sapeva, e ne andava fiero.

    Sapeva che era pesante alzarsi ogni domenica alle due del mattino, sapeva che era pesante ragionare a quell’ora, preparare lo zaino, vestirsi e prendere un pullman sporco e puzzolente insieme a tanta altra gente che chissà dove doveva andare, a quell’ora.

    Senza che se ne accorgesse, era passata quella manciata di ore che lo preparavano al suono acuto e fastidioso della sveglia. Oh, gli sembrava dolce musica, quella, la domenica, anche se il volume era più alto del solito; Era qualche angelo che con la sua meravigliosa tromba d’oro gli intimava di sbrigarsi, di alzarsi, o avrebbe fatto tardi e avrebbe perso il pullman...

    Vedete? Altra scemenza.

    Eppure, Anthony aveva veramente la faccia di chi era stato accarezzato da un angelo; aveva la stessa espressione piena di beatitudine e si sentiva leggero e tanto, tanto felice perché, improvvisamente, il pensiero di lei tra le sue braccia si fece più vivo, e ogni passo che muoveva verso la doccia, poi l’armadio, infine la porta di casa, lo faceva sentire sempre più vicino alla ragazza che amava.

    Alla sua più bella scemenza emotiva.

    Finalmente Anthony era uscito di casa per andare ad aspettare il pullman. Adorava la musica, lo faceva sentire vivo, ma in quel momento non riusciva a concentrarsi né sulle note, né sulle parole, perché pensava a qualcun altro. Indovinate un po’ a chi?

    Inoltre, quel giorno, tanto per cambiare, era sommerso da pensieri filosofici. La sua mente, la domenica, ragionava per conto suo.

    Non perché sia un tipo eccessivamente pigro, ma gli sembrava che da quando aveva appoggiato il piede destro sul pavimento, da quella mattina, fossero passati cento anni, e che lui avesse dovuto percorrere chilometri e chilometri. No, ripeto, non perché fosse pigro, ma semplicemente perché non riusciva a credere che quei pochi passi che aveva mosso quella mattina lo avrebbero portato da Lei.

    Andando a rovistare nel suo cervello - ma non ditelo ad Anastasia!- si poteva comprendere benissimo che anche quei meravigliosi preparativi avessero qualcosa di stressante. L’ansia di rivedere una persona così importante, dopo quelli che sembravano secoli, la voglia e il bisogno di vivere appieno quei momenti in cui potevano stare insieme senza barriere e senza quei 200 kilometri che li separavano...

    Sì, 200 kilometri.

    Tre ore di pullman.

    Centottanta minuti di stress.

    Diecimilaottocento secondi di panico.

    Oddio, povero Anthony. Al solo pensiero si sentiva svenire, ma non avrebbe mai detto ad Anastasia quel che provava ogni volta che doveva prepararsi ad un simile viaggio. Perché, come si può ben capire e come certamente avrete capito, non sono solo tre stupide ore di pullman, per lui. Sono tre ore - più extra - di preparazione mentale, di progetti, di sogni e di speranze. Probabilmente sembrerà sciocco, ma sono tre importantissime ore di futuro. Tre ore nelle quali ogni volta maturava sempre di più, tre ore nelle quali si rendeva sempre più conto che per un solo motivo avrebbe rinunciato a compiere questo viaggio fisico e mentale.

    Se lei non lo avesse voluto più.

    Scacciando questo pensiero, Anthony si era accomodato su una poltrona del pullman, vicino all’autista, sperando di riuscire a prendere sonno e di recuperare un po’ di quelle ore dove non aveva fatto altro che arricchire nello stesso tempo il suo bagaglio di amore e di paure.

    Beh, certamente, quei due pesavano più del suo zaino.

    Oh, finalmente.

    Il ragazzo, cullato dal ritmo frenetico del pullman, aveva chiuso gli occhi.

    Anastasia aveva aperto gli occhi, o meglio, non li aveva mai chiusi. Il cellulare sembrava essere diventato di vitale importanza; non faceva altro che rigirarsi su questo o quel fianco e fissare il display, sperando, non so, che il tempo passasse più velocemente. Ma non era così, anzi, il tempo sembrava non passare mai. La ragazza si stava mordicchiando una ciocca di capelli rossi. Lo so, che schifo.

    Ma era nervosa. Guardando il cellulare decise di scrivere un breve messaggio ad Anthony. Ogni volta che lo pensava, non riusciva a non sentirsi in colpa per quei viaggi che doveva fare solo per poter passare un po’ di tempo con lei.

    Smettendo di torturarsi i capelli, la ragazza aveva digitato sul suo Blackberry queste semplici parole: Amore, tutto OK?, dopodiché si era avviata, un po’ barcollante, verso il bagno, piastrandosi i capelli per ingannare il tempo, respirando l’aria che di lì a poco avrebbe preso l’odore del suo amato.

    Beep. Beep.

    Maledizione, ma chi diavolo è? Fantastico, mi ero appena addorm…

    Il ragazzo si era fermato non appena aveva visto il nome che lampeggiava sul display del suo cellulare. Non era nessuno di indesiderato o per il quale non valeva la pena di rispondere. Ridacchiando, lesse il messaggio. Anastasia lo aveva svegliato per chiedergli se era tutto OK? Tipico.

    Sì, amore, va tutto bene, ti amo ancora, non mi perderò e non c’è nessuna ragazza seduta vicino a me, non sto parlando con nessuna e scenderò alla fermata giusta, ora per favore, la smetti di preoccuparti e dormi un po’?

    Questa risposta, per Anthony, era l’apoteosi dell’essere sgarbato. Infatti, le aveva semplicemente risposto, ridacchiando: Sì, tesoro, sto bene. Perché non ti riposi un po’?. Aspettandosi una risposta negativa, il ragazzo si era infilato di nuovo le cuffiette, pronto a passare tutto il viaggio sveglio.

    Beep. Beep.

    No, dai, per favore. A meno che tu non voglia dormire. Vuoi dormire? Perché se vuoi dormire ti lascio in pace. Ti lascio in pace? Eddaiii, non voglio che ti stufi di me…, il messaggio della ragazza conteneva più o meno tutte le sfumature di scuse e di ‘ma’, e Anthony non poteva fare a meno di sentirsi felice di ricevere tutte queste attenzioni. Solo, avrebbe desiderato che Anastasia si preoccupasse un po’ di meno. Ma tutto è lecito, data la distanza; i soldi spesi per i viaggi, le paure e tutto il resto.

    Anastasia ed Anthony sono l’esempio perfetto dell’amore giovanile, con tutte le sue preoccupazioni. Anthony le aveva prontamente risposto: Smettila con tutte queste paranoie, se non ti amassi non farei tutta questa fatica ogni settimana, suscitando così solamente i sensi di colpa della ragazza e altri pensieri paranoici che si andavano ad aggiungere a quelli di prima.

    Intanto che si scambiavano questi messaggi, un po’ stereotipati, tutti e due pensavano al piccolo miracolo che si era compiuto quando un giorno, per caso, dopo l’ennesima delusione d’amore, Anastasia si era lamentata con Anthony. A quei tempi, Anthony per Anastasia era solo l’ex di una sua ex amica, che tradotto nei rapporti dei giovani di oggi, vuole significare ‘vali meno di zero’, mentre Anthony, nonostante la trovasse carina, pensava che fosse un’oca senza cervello, pronta ad abbandonarti o peggio ad andarti contro appena se ne fosse presentata. Essendo molto altruista, Anthony aveva acconsentito ad ascoltare le lamentele della ragazza; ma quando queste si erano trasformate in alcuni episodi della sua vita, Anthony aveva capito che lei non era come gliel’avevano descritta, ma esattamente come non l’avevano fatto.

    Era tutto quello che non si sarebbe mai aspettato di trovare; credeteci, era una ragazza che come lui odiava quel poco che, fino a quel momento, aveva potuto conoscere dalla vita. In una sola notte, scrivendosi tramite chat, avevano capito che avevano molte, troppe cose in comune per continuare ad ignorarsi.

    Erano in due posti diversi, ma stavano sorridendo allo stesso pensiero, come quei primi giorni in cui non avevano potuto vedersi, ma avevano potuto sentire le loro voci che descrivevano frammenti di un futuro che neanche loro osavano immaginare così vicino.

    Nel frattempo, Anthony era arrivato, era andato in iperventilazione mentre prendeva il tram per arrivare a casa di Anastasia, era quasi morto mentre saliva le scale ed aveva raggiunto il nirvana quando si era ritrovato davanti alla sua porta.

    Nel frattempo, Anastasia si era preparata, era andata in iperventilazione mentre sistemava inutili dettagli su di lei e in giro per casa, aveva raggiunto il nirvana quando Anthony l’aveva avvertita di stare per arrivare ed era quasi morta quando aveva sentito il campanello suonare. Quante volte avevano fatto quel viaggio, quante volte si erano detti di stare calmi, quante volte erano stati colpiti dall’ansia e quante volte si erano aspettati così a lungo?

    Non contavano più. Era come la prima volta, era sempre come la prima volta.

    Per un breve, infinito istante, lei aveva potuto vedere il suo riflesso negli occhi del ragazzo che aveva davanti, sapendo che lui avrebbe fatto la stessa cosa. Poi, quasi senza accorgersene, si erano ritrovati l’uno nelle braccia dell’altra, dimenticando tutto ciò che non rientrava nel loro piccolo mondo perfetto, realizzando che per quanto possano aver viaggiato, con la mente, con il corpo, in realtà non si erano mai mossi dalla loro idea di felicità.

    il richiamo

    di cinzia baldini

    Mi hai chiamata.

    Il tuo richiamo è venuto da lontano, un sospiro che ha oltrepassato i secoli e, quando ho compreso chi eri, un brivido intenso, bruciante, come la bionda sabbia del deserto, ha attraversato il mio corpo. La tua voce, in un fruscio di fronde di palma smosse dal vento, mi è giunta chiara e suadente, foriera di straordinarie delizie e dolci promesse.

    Sono accorsa al richiamo per carpire la tua più intima essenza e danzare al tuo cospetto accompagnata dai sistri regali.

    Per ritrovarti ho seguito la millenaria scia di Orione le cui stelle, remote, ancestrali e lucenti hanno guidato il ritorno sul percorso che, da sempre, avevi tracciato per me.

    Mi sono chinata al tuo cospetto, flessuosa come stelo di papiro.

    Stordita ho ammirato la palpitante irruenza che dai primordi gorgoglia, vitale, nel tuo corpo energico e sinuoso.

    Ho carezzato con i miei occhi, il tuo volto rugoso al calare del sole e ho goduto la freschezza dei tuoi baci sulle palpebre ancora assonnate, in un’alba dorata.

    Sono giunta recando la mia anima in dono, ma tu mi hai accolta con un sorriso paziente e malizioso: sapevi che era già tua.

    Mi hai lusingata con languide carezze, stretta in un abbraccio vigoroso e posseduta con magnifica passione.

    Abbiamo fuso i nostri corpi in oasi rigogliose come Antonio e Cleopatra, amalgamato le nostre menti come Iside e Osiride, confuso i nostri aliti come Ramesse e Nefertari…

    Mentre tu, a Philae, catturavi il mio spirito, io a Karnak e a Menphi ho lasciato le impronte sul tuo petto virile.

    Trattenendo il fiato, ad Abu Simbel, ho visto un sogno trasformarsi in realtà.

    Mi hai chiamato, o Nilo, ed io ho versato nel tuo corso imperituro lacrime di felicità.

    Bevendo alla tua fonte mi hai resa immortale e il tuo richiamo divenuto respiro si è legato al mio sangue per nutrire il mio cuore.

    Un sorso di vita che, prepotente come la forza del tempo, ci avvince, annulla le nostre volontà e si trasforma in un palpito antico e presente, in un ricordo remoto e attuale.

    Il tuo richiamo venuto da lontano, lentamente, come un’eco si spegne, danzando nel cuore.

    Devo lasciarti ma il nostro non è un addio. È un bacio d’amore, una promessa d’innamorati scambiata sotto un cielo di puro turchese e suggellata dal Khamsin, il vento del deserto, perché ne sono certa, non potrà finire qui, non ora che ho risposto al tuo richiamo.

    Prima o poi le nostre strade, per giorni o magari solo per ore, torneranno ad incrociarsi ed io riuscirò ancora a perdermi nel mistero inviolato delle Piramidi e della Sfinge, nei geroglifici narranti di Medinet Habu e lungo i sentieri polverosi dei templi di Tebe l’antica capitale dalle cento porte sui quali, come immutabili sentinelle, vegliano i Colossi di Memnon e la Cima d’Occidente.

    Ho risposto al tuo richiamo, Egitto di Ra, di Ammon e di Horus ed ora che sono lontana dal tuo corpo solido, caldo e accogliente ne riassaporo con nostalgia il ricordo, dolce come i datteri, gioielli della tua nera terra e l’aroma inconfondibile e penetrante delle tue spezie di originaria memoria.

    b-day, api schierate

    di stefano barchetti

    Una mattina di maggio mi trovavo in viaggio per lavoro diretto in Romagna a bordo della mia Lancia Dedra di colore bianco sporco, perché il bianco pulito durava appena un minuto poi era di nuovo da lavare. Quel giorno faceva particolarmente caldo e l’umidità nell’aria iniziava a farsi sentire, così per la pausa pranzo trovai un bel posto dove parcheggiare l’auto, nei pressi di un campo agricolo delimitato da lunghi filari di vecchie querce in fioritura che creavano l’ombra perfetta. Decisi di lasciare i vetri anteriori dell’auto leggermente aperti e mi diressi a piedi verso la vicina pizzeria il Tridente.

    Per Antonio, il cameriere più anziano impeccabile nell’arte del servire il cliente, ero uno di casa perché mi recavo spesso nel loro locale dalle parti di Imola. Senza nemmeno aprire il menù, ordinai una margherita con mozzarella di bufala accompagnata da una birra chiara. Dopo pochi minuti di attesa arrivò un grande piatto tondo con sopra la mia pizza fumante. Al primo assaggio, la pasta alta alla napoletana si scioglieva in bocca, il pomodoro aveva il sapore di un ortaggio appena colto, la mozzarella sembrava arrivata pochi minuti prima dal piccolo caseificio locale e quella immancabile foglia verde di basilico al centro della pizza la rendeva perfetta, proprio come nelle migliori pizzerie di Napoli. Conclusi il pasto con un ottimo caffè cremoso, servito in tazzina bollente come fanno nei bar del Vesuvio ed ero pronto per ripartire con i miei impegni di lavoro.

    Mentre mi incamminavo per raggiungere l’auto, pensavo già alle diverse visite che avevo in programma quel pomeriggio, ai tragitti da percorrere per arrivare agli appuntamenti e al tempo stimato che mancava per giungere il primo incontro a Cesena, la città dell’indimenticabile Marco Pantani che da dentro la sua biglia gigante a pochi metri dall’autostrada saluta tutti i viaggiatori. Indossavo degli occhiali da sole con lenti graduate per una miopia che mi aveva portato via quasi tre gradi e mentre mi avvicinavo all’auto bianca mi sembrava di vedere peggio. La sagoma del veicolo diventava sempre più deforme man mano che avanzavo e notavo che una parte dell’auto era stranamente scura, tra il marron e il nero. Ad un tratto mi fu tutto chiaro e un brivido di autentica paura scese veloce nella mia schiena.

    Il campo dove avevo parcheggiato era ricco di profumatissimi fiori di lavanda, di facelia e di cosmea. Il viola di questi fiori, l’ultravioletto in particolare, sono tra i pochi colori percepiti dalle api e così, complice anche questo meraviglioso miscuglio di essenze, vidi un gran numero di insetti che volavano da tutte le parti, intenti a bottinare felici e spensierati. C’era solo un piccolo e insignificante problema che mi avrebbe fatto perdere diverse ore di lavoro: la mia auto bianca era coperta di api schierate sull’intero sportello del lato guida come in assetto di guerra, e quando dico coperta intendo foderata da uno strato di almeno dieci centimetri di spessore. Tutti questi animali erano in movimento frenetico ed emettevano un forte ronzio; sembravano pronte per un attacco imminente. Mi venne in mente che avevo lasciato i finestrini in fessura e pensai che il colpevole fosse proprio il profumatore d’auto alla lavanda che le aveva attirate in così poco tempo.

    Un anziano signore con un cappello rosso come la Ferrari, passò in bicicletta mentre io mantenevo ancora una certa distanza da quella bolgia di insetti ed ero ancora terrorizzato e incredulo. Quel giovane di una volta era un contadino che lavorava nei terreni vicini e allevava da anni api mellifere, quelle che producono il buon miele. Luigi si fermò con la sua vecchia bicicletta verde, di quelle che si aprono a metà per trasportarle meglio in auto, e mi disse: Giovanotto non ti preoccupare, è uno sciame d’api che ha appena abbandonato l’alveare e assieme alla sua regina stanno cercando una nuova dimora. Appena la troveranno, se ne andranno via tutte, stai tranquillo, le ho già vissute tante volte queste esperienze. Allora chiesi ulteriori spiegazioni dal momento che uno spettacolo di quel tipo non mi era mai capitato prima. Mi raccontò che in alcuni casi quando l’alveare è sovraffollato, perché all’interno fa troppo caldo o perché stanno per nascere nuove api regine, una metà degli abitanti della casa accompagna la vecchia regina in una migrazione verso un’altra dimora, dove creare una nuova colonia.

    Se hai pazienza, caro giovanotto, vedrai che in poche ore come sono venute così se ne andranno tutte, disse per confortarmi.

    A quel punto lo ringraziai per la sua gentilezza e mi sedetti sull’erba verde vicino al ciglio della strada, all’ombra di quelle grandi querce e con lo sguardo puntato in direzione della mia Lancia Dedra sperando in un miracolo. Nel frattempo decisi di telefonare ai clienti che avrei dovuto visitare nel pomeriggio raccontando loro l’accaduto e rimandando gli appuntamenti a data da destinarsi; non sapevo ancora se sarei tornato a casa vivo!

    Dopo quasi tre ore di attesa, avevo stretto amicizia con diversi di

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