Adamantino
Di Marco Felici
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Info su questo ebook
Un uomo si ritrova in viaggio per sei mondi diversi, proiettato in sei realtà parallele ma distanti, lanciato verso sei verità differenti e in parte contrastanti.
Lo accompagneremo esplorando ambienti fantastici, facendo la conoscenza di personaggi bizzarri, cercando un senso in quelle esistenze lontane dalla nostra e riuscendo, così, a mettere ordine dentro di noi.
Adamantino è un viaggio surreale, un resoconto straordinario, una guida spirituale, una risposta alla sete di conoscenza e di bellezza.
Adamantino è un tuffo nell’animo e nella mente dell’universo, un frangiflutti alla frenesia della quotidianità, una bomba di emozioni e sensazioni.
“Tutti corrono, corrono per risparmiare secondi, arrivare prima in ufficio per iniziare a lavorare prima; cosicché possano finire di lavorare prima ed arrivare a casa prima e cucinare la cena prima e andare a dormire prima. Solamente per svegliarsi prima e ricominciare, il prima possibile, una nuova giornata.”
Sputò nel portacenere sopra la scrivania “Vedi alcuna utilità in tutto questo?
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Anteprima del libro
Adamantino - Marco Felici
parole
Accade perciò
A volte quel susseguirsi di eventi che gli amanti chiamano vita e i cinici occasione, si rivela anche più fortuito di un ombrello incustodito proprio fuori dalla porta del bar in cui ti eri rifugiato prima che incominciasse il diluvio. È quasi banale quando le labbra si avvicinano e due giovani si baciano, ovvio quando gocce lacrimano dagli occhi della donna che affida il bambino cresciuto al mondo.
Non dovrebbe esserlo, è questo ciò che pensava. Bisognerebbe che tutto l’universo si fermasse ogni volta che un’emozione decide di nascere, si fermasse e guardasse, si fermasse e sorridesse. Si fermasse e, contemplando, facesse il respiro più profondo di cui è capace, un respiro da assaporare ogni significato che scorre nei polmoni accanto all’aria.
Lui ne era capace, Lui sentiva il dovere di renderne partecipi tutti. Lui non era il resto ma era in dovere con il resto, perché il resto era il mare che lo circondava e che gli permetteva di essere, semplicemente essere.
È per questo che lo ho scelto, essenzialmente.
Quando ho dovuto decidere a chi affidare l’incarico di essere indiscusso protagonista di una storia dai risvolti del tutto inaspettati perfino per me stesso, ho iniziato una ricerca attenta.
Non conoscevo chi volessi come mio eroe. Forse, non lo conosco nemmeno ora.
So che è giusto che il ruolo sia suo, tuttavia.
Il giorno che lo trovai (no, non era una notte buia e tempestosa), mi disse:
Perché?
Non avevo neanche formulato la domanda e me ne vedevo controbattere un’altra a bruciapelo. Eppure il divo della situazione era Lui. Quindi risposi:
Perché ne ho disperatamente bisogno. Sono alla ricerca, quanto mai sfortunata finora, di un protagonista per la mia storia.
Lui scosse la testa accennando un sorriso, come se avesse a che fare con un bambino piuttosto sciocco.
La mia domanda era un’altra. Perché hai bisogno di un protagonista?
Al che rimasi debitamente sbalordito e penso che, in effetti, già in quel momento compresi che finalmente la cerca aveva dato buon esito, il tipo poteva essere quello giusto. Comunque replicai:
Non conosco storia senza protagonista.
Dunque non conosci neanche un protagonista senza storia.
No, in realtà. Penso funzioni allo stesso modo.
Cosa ti fa pensare, quindi, che io non ne abbia già una?
Non avevo riflettuto in proposito, a essere sincero
La prospettiva mi angosciò alquanto. Pensavo di essere arrivato a destinazione e invece ero di nuovo alla partenza, e fuori dal treno per giunta.
Mi dispiace molto di averti importunato, in tal caso
feci per andarmene, quando:
Fermati. Non ti ho detto che sto rifiutando. Dammi solo il tempo di riflettere.
Si mise disteso supino a guardare l’orizzonte, dalla feritoia sulle mura del castello dove stavamo parlando. Gentili colline coltivate e radi boschetti infondevano la più profonda tranquillità.
E con totale tranquillità prese la decisione; non so bene quanto passò prima che, senza voltarsi, la sua voce annunciò:
Accetto. La tua storia necessita di qualcuno e io, al momento, di storie sono sprovvisto. Anzi, non mi considererei un veterano affatto in termini di protagonismo.
Una lunga, decisa, impalpabile stretta di mano fu il sigillo su quella novella collaborazione.
Per ragioni di chiarezza, vi dirò che decisi di porlo nel mezzo del giardino della mia mente. È un bel giardino in fondo, devo ammetterlo.
Al tempo in cui lo misi proprio su quel piedistallo di selce accanto alla mano vegetale che tiene, sospeso, il neurone della creatività, agli estremi del giardino (non so se ho già accennato che è rotondeggiante), vi erano sei entrate. O uscite, dipende da cosa ci si auguri di fare nella mia mente.
Entrate o uscite, portali erano. Portali di forme piuttosto variegate e improbabili. Portali per storie che potrebbero esistere, da qualche parte.
Ci sono storie che vanno raccontate, e altre che potrebbero benissimo essere ignorate e lasciate all’oblio. Non so bene come classificare le mie ma il punto è: le storie esistono per essere vissute, e soprattutto per essere raccontate.
Dunque, quei portali qualcuno dovrebbe aprirli. Il prima possibile.
E ora, com’è più giusto, la parola a Lui.
Grazie.
Mi sono chiesto più volte perché dovrei essere il protagonista di questo romanzo.
Ho riflettuto a lungo e, alla fine, ho deciso che, solo per questa volta, posso fidarmi del mio autore.
Perché prestarmi, attore, alla soddisfazione delle sue molte e discutibili digressioni mentali?
Ho accettato perché era importante che lo facessi. Ci sono cose che senti di dover fare e basta. Be’, questa è una di esse. E mettiamoci pure un pizzico di curiosità.
Tanto accadde comunque da portarmi, ora, a parlare a cuore (libro?) aperto a voi lettori.
Davvero non so, non posso sapere quale sarà l’esito di questo inedito esperimento fra me e l’uomo che mette il nome in copertina. Ci sono tutti i buoni propositi da entrambe le parti, ve lo assicuro.
Per ora, vi chiedo con un sorriso di accompagnarmi in questo viaggio. Un favore personale.
Alla fine, del resto, dipende da voi. Mi direte se vale la pena o no continuare su questa strada.
che la bellezza
Afferrò il pomo e ruotò la maniglia. Era insolitamente rotondo, sentiva come fosse più rotondo del normale, decisamente, insolitamente rotondo. Così rotondo che continuava a sfuggire dalla mano, le dita veloci che lo carezzavano andando da sinistra a destra, in alto e in basso senza mai fermarsi perché non c’era nulla su cui fermarsi.
Guardò allora più attentamente davanti a sé. Scrutò quella porta, grande ma non troppo. Era come di vetro, offuscata. Immagini non distinte continuavano a proporsi senza mai prendere una forma precisa, senza mai decidere di stabilizzarsi per permettergli di definire, di definirle. Non aveva smesso di cercare una presa per la maniglia, ma la situazione non era migliorata. Chiuse gli occhi per l’impazienza, solo per un istante, e le dita trovarono pace. Fu il momento in cui la mano serrò, finalmente, il pomo.
Sussultò per la sorpresa e, suo malgrado, lasciò andare la maniglia. Tutto tornò all’informità iniziale. Tuttavia sorrise. Ora sapeva. Questa volta addirittura chiuse gli occhi prima di avvicinarsi alla maniglia, inspirò profondamente assaporando la pressione, dolce, che l’eccitazione produceva nel suo petto. Strinse con sicurezza la maniglia, ora perfettamente definita. Decise che la sensazione era fresca, piacevole. Soprattutto netta. Ed è così che spalancò la porta. Ed è così che entrò, con gli occhi chiusi e la nettezza in mano.
Aprire gli occhi non era mai stato così difficile. Voleva dire abbandonare certezze appena acquisite per l’incertezza più totale. Ammetteva di essere curioso, però. Di una curiosità speciale che riserviamo ai misteri.
Quindi li aprì.
Li spalancò e fu come essere nell’occhio di un tornado ad agosto sulle rive dell’Alabama. Piegò il torso in avanti cercando di mantenere l’equilibrio. Tutt’attorno, il paesaggio sembrava in perenne, lenta mutazione. Poteva percepirla ma non palesarla o identificarla con un punto in particolare. Cambiamenti impercettibili ai suoi occhi che ogni secondo lo costringevano a muovere le braccia attorno, adattare la pianta dei piedi, nudi, per aderire al terreno, equilibrista su una fune invisibile e vorticosa. Poi si arrestò. Tutto si arrestò come se la terra trattenesse il fiato. E lui cadde. Rialzò il viso e si sollevò sulle braccia.
Un viale alberato piuttosto lungo.
A dire il vero non poteva vederne la fine da dove era ora. Betulle a destra e a sinistra, e nel mezzo grosse pietre lastricavano una strada che saliva in una collina, oltre la quale la vista gli era negata. Oltre le betulle prati rigogliosi, ma di un’erba bassissima, si estendevano senza che potesse estimare loro un limite. Si sollevò completamente e cominciò a camminare a passo sostenuto ma senza correre, verso la cima della collina. Più si avvicinava e più la brezza sottile che lo carezzava diveniva vento, vento modesto ma concreto, soprattutto quando una sferzata più decisa delle altre gli portò via il cappello di paglia da sopra la testa. Si girò subito per afferrarlo al volo, ma era già fuori portata. Continuò a guardarlo librarsi nel cielo vergine di nubi e stava per iniziare a correre in quella direzione, infrangendo la barricata di betulle, quando, improvvisamente, il vento cambiò. Il cappello giallastro si fermò a mezz’aria per un secondo, vibrante, per poi solcare la brezza in direzione inversa, ritornando a lui. Gli bastò levare in alto la mano per afferrare il cappello e rimetterselo nuovamente in testa. Quindi raggiunse la cima della collina, e ciò che si offrì ai suoi occhi fu diverso, totalmente diverso dalle sue aspettative. Quel viale alberato, quei prati, lo avevano illuso in semplicità.
Credeva che si sarebbe trovato di fronte una bella casa di campagna, un’altalena blu, un gatto rossiccio che scruta fra le siepi e un cane dalle orecchie lunghe, con la lingua cadente, a cercare un poco d’ombra sotto