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Il fiume risale il monte
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E-book193 pagine2 ore

Il fiume risale il monte

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Info su questo ebook

Nell’ambito di una processione secolare, due personaggi osservano l’enorme folla che risale come un fiume il monte diretta al santuario della Madonna del Monte che dall’altura domina l’antichissima città.
Sono un antropologo, che mescola rigore scientifico ad avvenimenti di cronaca particolarmente stimolanti legati direttamente e indirettamente all’evento religioso, e un centenario del luogo, dalla mente ancora lucida e acuta.
Stimolato dalla visione diretta delle persone che sfilano in processione, il centenario, tra le mille storie straordinarie maturate nel corso della sua vita secolare, confida all’antropologo le vicende singolari di alcuni personaggi : è il racconto vivido e partecipato, ma non privo di un certo distacco ironico, che segue un ritmo ora veloce e diretto, ora più lento e ondivago, con una prosa fluida come un fiume, e che ricrea il microcosmo dell’antica città unita dalla stessa devozione e dal rispetto della tradizione antica.
LinguaItaliano
Data di uscita24 apr 2016
ISBN9788866903130
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    Il fiume risale il monte - Iano Lanz

    IANO LANZ

    Il fiume risale il monte

    EEE-book

    Iano Lanz, Il fiume risale il monte

    © EEE-book

    Prima edizione: maggio 2016

    ISBN: 9788866903130

    www.edizioniesordienti.com

    Tutti i diritti riservati, per tutti i Paesi.

    In copertina: Benozzo Gozzoli, Corteo del re giovane (1459, particolare).

    Cappella dei Magi, Palazzo Medici-Riccardi, Firenze.

    Il fiume

    1.

    È un sollievo essere protetta nel momento in cui il buio cala e ti accerchia minaccioso e molesto come il fumo denso di stoppie bagnate, sei terrorizzata dai latrati lontani di una muta di cani e il freddo irrigidisce il tuo passo, è bastato che Lei apparisse, ti avvolgesse nel Suo manto e subito il corpo intirizzito ha riacquistato calore, la paura è svanita quando Lei ti ha trasmesso senza parlare frasi rassicuranti: non temere Oliva, i tuoi genitori ti stanno cercando insieme ai pastori e ai contadini dei dintorni, ma da tutt’altra parte della montagna, hanno anche chiesto aiuto in paese, il buio è rischiarato dalle torce, le ricerche andranno avanti fino a notte inoltrata, poi cesseranno, sono già tutti stanchi per la giornata di duro lavoro e la disperazione ha stretto il pugno sul cuore di tua madre.

    Hai fame? Ha avvicinato la Sua mano alla tua bocca, ti ha offerto un dito e come dalla tetta materna hai succhiato nutrienti celesti che hanno arricchito il sangue e placato lo stomaco, il sonno è sopraggiunto all’ultima ciucciata, sazia come non mai hai adagiato il corpo sul terreno morbido di erbe e profumato di mentuccia, ti sei avviluppata ancora di più nel manto radioso e ti sei svegliata solo la mattina dopo, il sole era appena sorto, ti sei guardata attorno alla ricerca della Signora, sei assolutamente certa che non sia stato un sogno.

    Poi finalmente qualcuno ti ha scorto, ha urlato, sono accorsi i contadini e i pastori che avevano partecipato alla battuta del giorno prima, sbalorditi che una bimba di quattro anni fosse sopravvissuta al buio, al freddo, alla fame per una notte intera e apparisse fresca come una rosa spruzzata di rugiada, intorno le ginestre dorate rifulgevano al sole in un tripudio celebrativo, il gruppo si è stretto attorno a te, qualcuno ti ha sfiorato più che accarezzato quasi avesse timore dell’ignoto che aveva scortato il tuo soggiorno notturno sul crinale della montagna nel punto più esposto e pericoloso, ed eri sopravvissuta, fino a che una donna più coraggiosa ha avuto l’ardire di gridare al miracolo quando tu semplicemente hai rivelato: mi ha soccorso una Signora che ho incontrato proprio quando il buio avvolgeva la montagna, ero terrorizzata e avevo tanto freddo, Lei mi ha protetta e sfamata, mi sono avvolta nel suo manto per trascorrere la notte senza paura.

    Il gruppo di pastori e contadini avevano sollevato la bimba in alto sulle loro teste e erano scesi in paese di corsa franando sulle balze brulle e pietrose del monte, nella piazza grande già era radunata una gran folla, in questi casi la voce corre più veloce del vento, forse portata dai falchi e dalle cornacchie che di solito non si sopportano, alla vista della bimba era circolato un brivido di delirio tra le donne che ora in coro gridavano al miracolo, rimbalzarono voci che sollecitavano a tornare sul posto, lì sul monte, un miracolo lascia sicuramente qualche traccia: un filo del manto celeste, un’impronta delle calzature divine, un alone profumato alle essenze paradisiache: sul monte, sul monte!

    La folla era ingrossata, un torrente che si gonfia come durante i temporali di quel periodo era divenuto un fiume che passo dopo passo aveva di nuovo risalito il monte per l’affermazione certa del miracolo, la bimba sempre tenuta alta sulla marea delle teste oranti come prova inconfutabile, la madre di Oliva già lo aveva ravvisato negli occhi della figlia che non aveva mai visto così sereni e nel suo sorriso statico che palesava una beatitudine dilagante.

    L’impeto della marea fu tale e persistente che anche le autorità religiose, dopo un frettoloso controllo sul campo, si arresero all’evidenza e all’interpellanza popolare, fino a decidere che se la generosità divina aveva fatto il primo passo era loro dovere proporre il successivo e una cappella votiva era sorta sul luogo approssimativo dell’evento miracoloso.

    2.

    È così che deve essere andata, dice il centenario, almeno così narrano le cronache del tempo, e dopo oltre cinque secoli il fiume risale ancora il monte nella seconda domenica di maggio per raggiungere la cappella ormai lievitata in santuario, per riaffermare come miracoloso un fatto di cronaca ordinaria, un bambino che si smarrisse non era raro per quei tempi, le famiglie erano numerose e spesso i figli seguivano i genitori nel lavoro dei campi, i più grandicelli davano anche loro una mano, i più piccoli giocavano, bastava uno zeppo per allestire una capanna, i più vivaci inseguivano una lucertola, qualcuno forse si allontanava per scoprire la provenienza di un richiamo inconsueto, il paesaggio si dipanava montuoso, rada la pianura che invece si sviluppava lontano ai piedi della città, ma era paludosa e malsana, invasa dal mare, qualche bambino si allontanava e spariva magari proprio al tramonto quando la stanchezza e il languore di stomaco avevano il sopravvento, la madre non ha gli occhi anche alla nuca, curva com’è verso il terreno a tagliare con un colpo secco del coltello spuntato le radici della cicoria e del tarassaco.

    Poi una bambina di nome Oliva come in sogno vive e racconta un’avventura straordinaria, la povera gente non crede alle proprie orecchie, una di loro, una bimba del popolo, la figlia di pastori ha avuto un contatto celeste, un privilegio che onora e riscatta il loro ceto, la marea monta irresistibile, le voci trasmettono particolari incontrovertibili, lassù il monte non è mai stato così vicino al cielo, un pastore spergiura che su in cima, sul luogo del ritrovamento della piccola, ha assistito al passaggio radente di uno stormo di angeli, le mura pelasgiche della città fanno fatica a contenere lo scalpiccio del passaparola, nasce e si sviluppa un terreno fecondo, è da questo magma secolare che partono le rivoluzioni ed è così che in tono minore decollano i miracoli.

    Il centenario tace quando le campane della chiesa sovrastano la voce roca e la scansione pacata, i grandi occhi di azzurro sbiadito e umido si spostano verso me che giaccio accucciato accanto a lui, nel mio breve soggiorno in città mi è giunta voce che gli attribuisce il nomignolo di treocchi, due normali per il paesaggio e le persone, uno interiore che intercetta e valuta i fatti della comunità, nulla fugge a quell’occhio che si alimenta più che di voci, di sussurri e di cose non dette, per questo il centenario staziona tutto il giorno all’esterno, sotto la tettoia del bar, lì gli avvenimenti circolano sulle volute profumate del caffè espresso, confermate e rilanciate dalle fulminee occhiate orientali del proprietario tunisino, treocchi ha compiuto da qualche giorno cento anni, è seduto come sempre sulla sedia preferita, un tronco da cui dipartono le radici secolari, lo occupa la mattina presto, per un centenario il sonno è una russata e il resto scorregge, la sua casa è accanto al bar, casa e bottega per vivere la storia infinita dell’umanità che transita nella strada sotto i suoi occhi, quella che conduce al santuario, tutti con la loro storia personale destinata prima o poi ad alimentare l’archivio del terzo occhio.

    Le campane smettono di rintronare, sostituite da un canto corale che si avvicina: è il fiume in arrivo, annuncia lui, sono le prime ondate, quelle più leggere, poi arriveranno i cavalloni, ne vedremo delle belle, voi che siete un forestiero venuto per curiosare, che ci conosciamo solo da qualche giorno, mio nipote si è tanto raccomandato: nonno, è una persona importante, siete importante?

    Mi scruta per la seconda volta con gli occhi chiari, così delicati e indeboliti che a tratti le ciglia devono battere come forsennate per proteggerli dall’abbagliante luce solare, mi schermisco: non sono importante, piuttosto curioso, quello che mi racconterete lo porterò lontano, addirittura in un altro continente, i miei lettori sapranno circa le cose straordinarie che avvengono qui.

    In ogni luogo l’umanità è la stessa, m’interrompe, per lavoro e per studio voi assistete a riti diversi e a processioni straordinarie, se tutto proviene dal popolo viene subito recepito e condiviso, in ogni parte del mondo esso ha gli stessi connotati di base, siamo tutti figli di Lucy, viviamo su una terra che dà frutti essenziali, anche se essa è rossa, scura o sabbiosa, il pomodoro è d’oro dappertutto, l’uomo ha bisogno degli stessi oligoelementi per sopravvivere e il sudore puzza ovunque si lavori duramente, voi potete raccontare questo e tutti capiranno senza domandare spiegazioni, sbalordiranno, questo sì, se scatenerete la loro fantasia e stimolerete la loro curiosità con le parole della vostra cronaca.

    Nel frattempo ai rintocchi delle campane una folla composita si raduna in fretta ai due margini della strada che conduce al santuario: sono gli argini del fiume, dice lui, quelli che non partecipano alla processione, è un bene che sia così altrimenti essa sfilerebbe per una settimana intera, gli occhi di costoro scrutano quelli che nuotano nella corrente, li osservano come stiamo facendo voi e io, studiano di ognuna e di ognuno le mosse, i passi, l’andatura, la postura del corpo e l’inclinazione del capo, l’abbigliamento e il colore delle scarpe, un colpo d’occhio rapido, altri sopraggiungono, richiamano la stessa attenzione e originano le medesime domande: che avranno da dire costoro alla Signora, quale affanno da sottoporre alla Sua attenzione, quale causa da perorare?

    3.

    L’inizio della processione giunge davanti alla nostra postazione, è guidata da un ragazzo robusto che innalza autorevole una croce disadorna di legno, dietro di lui, su due file, segue un’infanzia monocolore, bambini e bambine vestiti di bianco: sono i comunicati, spiega il centenario, hanno ricevuto l’Ostia per la prima volta, sono allegri e camminano leggeri, non sentono il peso della Divinità, lasciate che i pargoli vengano a me, racconta Matteo, e loro da secoli ne sono consapevoli.

    Tuttavia questa è appena la testa, continua lui, il grosso arranca in salita tra le vie antiche della città, la coda è tre o quattro chilometri più dietro e più in basso, il fiume scorre tra disagevoli sampietrini neri, sovrastato da muraglie millenarie, il popolo attesta la sua fede con un canto corale mozzato dall’affanno della salita, la città è edificata su una collina che anche questa il fiume risale, perché la calca parte dalla collegiata di Santamaria che si trova a valle, in seguito dovrà affrontare le asperità ben più ardue del monte per raggiungere il santuario, un impegno fisico che evita l’infarto ai partecipanti a rischio solo perché sostenuti da una fede salvifica.

    Dopo i fanciulli vestiti di bianco, le due file gradualmente assumono le sembianze di fanciulle e di giovani donne, il fiume in effetti è composto da due torrenti colorati di rosa che scorrono verso l’alto ai margini della strada, l’animazione è più evidente, circola un sussulto estetico-ormonale inconfondibile, le giovani sfilano disinvolte, sono consapevoli che decine di occhi in quel momento accarezzano i loro corpi in fioritura e qualcuno non si nega un’occhiata veloce alle loro chiappe sode, quelle che precedono nella fila si voltano spesso per una battuta con quella che la tallona o lanciano un’occhiata obliqua d’intesa alla dirimpettaia della fila di fianco indicando con un cenno della testa un giovane belloccio che assiste ai margini, sorridono spesso con la disinvoltura di chi ha in produzione solo pensieri leggeri e dispettosi come un refolo primaverile: è così che si partecipa a una processione devota, dove è andato a finire la compostezza imprescindibile al rito religioso?

    Cose d’altri tempi, ora la gioventù non può fare a meno di sorridere, anche se l’attualità non invita a un ottimismo esagerato, comunque loro

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