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A.l.i.n.a.
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E-book81 pagine1 ora

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Info su questo ebook

Fantascienza - racconto lungo (50 pagine) - Braccata dalla potente Agenzia, una ragazza che ha nel sangue il favoloso siero Morphosis riceve l'aiuto di Nuts, il cacciatore di taglie innamorato di lei. Ma la loro fuga ha vita breve. Messi con le spalle al muro, dovranno per forza passare all'attacco.

La dottoressa Sarah Chips è l’unica che può replicare il siero conosciuto come Morphsis, una formula che attraverso l’uso del Chew-9 riesce a manipolare il DNA e a trasformare le sembianze di una persona. Quando la potente Agenzia lo scopre inizia a darle la caccia, allora scappa con Nuts, il cacciatore innamorato di lei. La fuga è rocambolesca, e i due paiono non avere più speranze. Disperato, Nuts decide di contattare la misteriosa Alina, la sua assistente presso l’Agenzia, un'alleata in più in vista del cyber scontro finale.

Trentino doc, nato per puro caso sulle sponde del lago Maggiore, Marco Ischia si diletta con la scrittura da un tempo che ormai ha dimenticato. Ha visto alcuni suoi racconti premiati, ha visto qualcuno emozionarsi leggendo ciò che scrive. Ha incontrato libri, ha incontrato scrittori. Ha sperimentato ideando e conducendo una trasmissione radiofonica, ha sperimentato scrivendo apocrifi, fumetti, enigmistica, ma la sua passione è il giallo. Oggi continua a vedere, incontrare, sperimentare e scrivere, e anche per questo che ha creato C-Side Writer, il blog che cerca a suo modo di svelare l'altro lato della scrittura, quel lato C che ancora nessuno ha saputo svelare.
LinguaItaliano
Data di uscita8 giu 2021
ISBN9788825416619
A.l.i.n.a.

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    Anteprima del libro

    A.l.i.n.a. - Marco Ischia

    9788825410754

    Credere nell’impossibile è pur sempre credere!

    1.

    Un salto nel vuoto, nel vero senso della parola. Dopo aver sparato alla vetrata ho abbracciato Sarah e l’ho trascinata con me. Il drone che ho imbragato alla schiena è sufficiente a trasportare una persona, ma sembra farcela a sopportare il sovrappeso della corporatura minuta di Sarah.

    Cerco di dirigerlo oltre lo spigolo del grattacielo prima che Soyer e i suoi uomini s’affaccino al buco dal quale ci siamo buttati. Quando sento gli spari siamo già venti piani più in basso e ormai prossimi a svoltare, ma non sono stato abbastanza rapido da poter evitare il colpo teleguidato che colpisce in pieno il corpo del drone.

    Sarah mi urla qualcosa, sembra quasi volersi gettare nel vuoto, la stringo più forte, le ho appena promesso che non ci prenderanno, ma non sono certo di poter mantenere la promessa, non prima di riuscire a riprendere il controllo di quest’affare.

    Svolto, sbando, litigo con i comandi mentre Sarah continua a dirmi che forse da solo ce la posso fare, che il drone non può reggere al peso di entrambi. Smetto di ascoltarla e viro bruscamente, ho adocchiato una sporgenza sul palazzo di fronte. Sembra in traiettoria con il nostro angolo di planata, ma è solo una valutazione empirica. Ho ripreso in parte il controllo e se siamo fortunati ce la possiamo fare. Cerco con lo sguardo un piano B nel caso mancassi l’obiettivo, sotto di noi il palazzo continua liscio fino a terra. Cinquanta metri, quaranta, trenta, stiamo scendendo molto veloci, provo a dare tutta potenza per rallentare, ma il colpo che ha centrato il drone deve aver provocato qualche danno di troppo. Sbatteremo su quella sporgenza, e non sarà affatto piacevole. Venti metri, dieci. Mi preparo ad ammortizzare l’impatto sulle ginocchia, se non ci fosse Sarah assicurata al mio torace potrei attutire la caduta con una mezza capriola. Provo di nuovo a dare tutta potenza al drone che per un solo istante riprende a funzionare. Impattiamo sulla soletta di cemento come due sacchi portati dal vento.

    – Tutto a posto, Sarah?

    Mi tasto il corpo per sentire se ho qualcosa di rotto, la aiuto a rialzarsi e mi sgancio il drone dalle spalle.

    – Credo di essere intera.

    A forza di braccia ci issiamo sulla scaletta che porta al tetto ingombro di macchinari. Tengo Sarah per mano e m’infilo fra due cubi di lamiera tirandomela dietro. Dobbiamo trovare un modo per scendere, il drone è andato, perso, quello che si era salvato probabilmente ha preso il colpo di grazia con l’atterraggio. So già che dobbiamo sbrigarci. Soyer è un bastardo che non molla e avrà già piazzato i suoi scagnozzi in giro per metà della città. Improvvisamente mi ricordo del comunicatore che tengo al polso, tecnologia gentilmente fornitami dall’agenzia, come minimo al suo interno ci sarà un localizzatore. Torno sui miei passi e provo a vedere se il drone da qualche segno di vita. Mi è venuta un'idea per cercare di guadagnare un po’ di tempo.

    – Ce la fai?

    Sarah mi fa un cenno con gli occhi, sento che vorrebbe aggiungere qualcosa. Mi fermo, la guardo da capo a piedi, ma non mi sembra di vedere ferite. Lei è immobile, almeno fino a quando apre la giacca.

    – Merda!

    Mi paralizzo.

    – Cos’è quella roba?

    In realtà so perfettamente cos’è quella roba fissata al suo torace, è il mio lavoro saperlo, conosco ogni tipo di arma, e da quanto posso vedere quello è un corpetto esplosivo modello C-9 addizionato con una carica ad alto potenziale incendiario. Se dovesse esplodere in questo momento scompariremo noi e un bella fetta del palazzo.

    – Lo sai che non posso farmi catturare, né viva né morta.

    Lo dice come se fosse arrivata al capolinea. Neppure io ho intenzione di farmi prendere da Soyer, ma è chiaro che le motivazioni di Sarah sono più estreme delle mie.

    – Non posso lasciargli prendere il mio DNA, lo replicherebbero e verrebbe meno tutto lo sforzo che ho fatto per sottrargli Morphosis.

    E io che molto ingenuamente pensavo sarebbe stato sufficiente scappare. Sono sempre stato bravo a prendere decisioni improvvise per quanto riguarda il mio lavoro, ma a quanto pare ancora una volta non lo sono stato nelle questioni personali. Sparare alla vetrata di un appartamento per lanciarsi nel vuoto a duecento metri da terra mi era sembrato l’unico modo per uscire da quella situazione, per scappare dall’agenzia, il mio piano B che a quanto pare sta fallendo su tutta la linea. Eppure se dovessi ascoltare il mio cuore direi che è stata la scelta migliore.

    – D’accordo, non prenderanno il tuo DNA.

    Lei mi sorride, o almeno ci prova.

    – Mi spiace di averti trascinato in questa storia.

    – Veramente sono io che ti ho trascinata, anzi che ti ci ho buttata.

    Provo a fare una battuta ma non mi riesce un granché.

    Sollevo il drone, è ancora attivo, anche se ha tutta l'aria d'essere arrivato alla fine dei suoi giorni. Apro lo sportello posteriore, il colpo ha preso in pieno una centralina. Cerco di ripassare mentalmente i dettagli tecnici di quell’affare. Se ci fosse Alina potrei chiedere aiuto a lei, ma ho scoperto poco fa che non esiste. Alina è un computer, anzi, un fottutissimo software che sta dentro a un

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