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​La vendetta di Barbanera: I Viaggi della Queen Anne's Revenge, #2
​La vendetta di Barbanera: I Viaggi della Queen Anne's Revenge, #2
​La vendetta di Barbanera: I Viaggi della Queen Anne's Revenge, #2
E-book565 pagine8 ore

​La vendetta di Barbanera: I Viaggi della Queen Anne's Revenge, #2

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​La vendetta di Barbanera (I viaggi della Queen Anne's Revenge, Libro 2) di Jeremy McLean


​Dopo la fuga di Barbanera dalla prigione grazie all'intervento della ciurma, la ricerca delle chiavi continua, tra prove diaboliche e misteri soprannaturali, per rendere completa la nave che chiamano casa, sotto la minaccia costante di un assassino dalle origini sconosciute.

Trasforma i santi in peccatori, i docili in iracondi ed i più virtuosi di noi in assassini a sangue freddo. Nelle mani giuste, il desiderio di vendetta può anche diventare uno strumento.


Edward Thatch, il pirata in erba, è in cerca di vendetta. Vendetta contro chi ha fatto del male a lui ed alla sua ciurma.
Prima di poter ottenere soddisfazione, Edward deve portare a termine un'altra impresa: quella di ottenere il pieno controllo della propria nave, la Freedom, stando alle regole del gioco ideato da Benjamin Hornigold. Edward ha ancora tre prove da superare per ottenere anche l'ultima chiave della nave e lui e la sua ciurma sono pronti a rischiare la vita ed una parte di sé stessi per arrivare fino in fondo.

Fin dove verrà spinto Edward dal suo desiderio di vendetta? E quali pericoli affronterà con la sua ciurma nel nome della sua Freedom e della libertà?

Tutto questo verrà rivelato ne La Vendetta di Barbanera, tra avventure fantastiche colme di pirati, corsari ed i segreti del loro mondo, teatro de I Viaggi della Queen Anne's Revenge!

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita14 lug 2021
ISBN9781667406787
​La vendetta di Barbanera: I Viaggi della Queen Anne's Revenge, #2

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    Anteprima del libro

    ​La vendetta di Barbanera - Jeremy McLean

    riconoscimenti

    A tutti coloro che hanno letto il romanzo in anteprima, grazie per aver sopportato tutte le sviste grammaticali e sintattiche ed aver contribuito a trasformarlo in ciò che è diventato. Un grazie speciale ad Ethan Clarke, che l'ha letto due volte per potermi fornire un riscontro ed aiutarmi a correggere proprio quegli errori.

    Dedica

    Dedico questo libro a coloro che amo, senza i quali niente di tutto questo sarebbe possibile.

    Prologo

    Il sole regalava ondate di calore e luce sul mare aperto. Le nuvole di burrasca provenienti da est ed il crescente vento, erano l'unica fonte di sollievo dall'arsura.

    Capitano, arriva una tempesta. disse il timoniere alle sue spalle.

    Un uomo alto e ben piazzato si avvicinò al timoniere, con l'inconfondibile tonfo che accompagnava la sua camminata, provocato dalla sua gamba di legno ad ogni incontro con le assi della nave. La pipa nella sua bocca sbuffava grosse nuvole di fumo, che si disperdevano nel vento sempre più forte. I suoi scuri e scompigliati capelli brizzolati, spuntavano da sotto un cappello tricorno e gli ricadevano sugli occhi segnati e penetranti, senza però intralciarne lo sguardo diretto alle nuvole. L'uomo inalò l'aria marina con una ferocia quasi selvaggia.

    Aye, ma è una tempesta di natura umana, non divina. Dopo una nuova boccata dalla pipa e con lo sguardo ad est, si rivolse alla ciurma. Issate le vele! Abbiamo un ospite in arrivo, e non è il tipo d'ospite che si voglia far attendere!

    Nessuno si fermò ad analizzare il bizzarro messaggio del capitano. La ciurma era ben consapevole del suo infallibile intuito ed aveva smesso da tempo di porsi domande a riguardo. E, come a voler premiare la sua fede cieca, una nave spuntò all'orizzonte.

    Un veliero di seconda classe, secondo la valutazione della  Marina. Non aveva bandiera, né simboli distintivi di alcun paese o uomo. Quasi un centinaio di cannoni divisi su tre ponti ed una ciurma di più di settecento anime, rendevano il galeone una visione terrificante. Una nave tanto possente, è solitamente pesante, e difficile da manovrare, eppure questa scivolava sulle onde con l'agilità e la grazia di un cigno. Si affiancò al vascello in attesa, arrivando tanto vicina che ad un osservatore distante sarebbero apparse come un'unica imbarcazione.

    Se la prima nave ricordava un cigno, il suo capitano era il ritratto di un falco, mentre, leggero, saltava oltre i due parapetti e sul ponte della prima nave. Al suo passaggio, gli uomini si tolsero il cappello e s'inginocchiarono. Il capitano non rivolse loro alcuna attenzione e si diresse sicuro verso il timone, dove l'altro lo aspettava.

    Lasciaci, Bertram. Ordinò quest'ultimo al timoniere. Queste anime antiche hanno bisogno di parlare.

    Aye, Capitano. Bertram bloccò il timone e si allontanò.

    Il secondo capitano lanciò all'altro una bottiglia di scotch invecchiato.

    Vieni con un regalo? chiese il primo prima di prendere una lunga sorsata di scotch ed incamminarsi al centro del cassero. Sono dunque al cospetto del Signore dei Doni, quest'oggi? O del Portatore di Tempesta? Fece un gesto vago. Benjamin, forse, o Albert? La Mano Rossa o il Corno d'Oro? O come ti chiamano di questi tempi? ... John? ... Jack?

    Il secondo capitano alzò gli occhi per la prima volta, mostrando il viso segnato dall'età. Ti basterebbe un semplice amico? L'uomo sorrise e nuove rughe si aggiunsero alle prime. Era ben curato, con corti capelli appena screziati da qualche pelo bianco. I suoi occhi, seppur addolciti dal sorriso all'amico, erano altrettanto pungenti, forse di più.

    Il primo scoppiò in una calda risata. Ma naturalmente! Lo tirò a sé ed i due si abbracciarono con forza. Quando il primo capitano si staccò, tenne le mani sulle spalle dell'altro. Sarai sempre un amico e sempre il benvenuto.

    Si sedettero, rilassati, a passarsi la bottiglia e la pipa. Una volta superate le formalità, anche le due ciurme si mescolarono, scambiandosi racconti ed alcol, come vecchi amici ritrovati.

    Quando il fumo fu esaurito ed il rum, come anche le storie, prosciugato, il primo capitano decise fosse giunto il momento di parlare di affari. Allora, Benjamin, qual buon vento ti porta? Non sarai certo venuto solo per la compagnia!

    Benjamin rise con amarezza. No, non oggi. Sono venuto a chiederti un favore, se puoi perdonarmi la sfacciataggine.

    Chiedi e sarà fatto. Sai che non potrei mai rifiutare una richiesta del Corno d'Oro.

    Anche se l'oro fosse annerito? Benjamin abbassò gli occhi.

    Rimane pur sempre oro, no? rise il capitano, con la voce arrochita dagli anni e dal fumo.

    il sorriso di Benjamin era malinconico. Immagino di sì. Sorseggiò ancora lo scotch prima di passare nuovamente la bottiglia all'amico. Hai avuto notizie del mio successore?

    Nonostante il baccano provocato dalle due ciurme in festa, i tuoni della tempesta, che aveva ormai riempito l'orizzonte e lo scricchiolare delle navi scosse dal vento e dalle onde, il silenzio calò istantaneo. Persino i più sbronzi tornarono lucidi e le risate si spensero. Ogni sguardo ed ogni orecchio era concentrato sui due capitani.

    Non pensavo sarebbe mai arrivato questo giorno. commentò il primo capitano prima di mandar giù in un solo sorso quel che rimaneva dello scotch.

    Sai di chi sto parlando?

    Aye, ho sentito di un giovanotto che ha creato scompiglio nel Vecchio e nel Nuovo Mondo. Naviga sulla tua vecchia nave, Cristo Santo! Certo che so di chi parli! Un'altra risata rauca. Vuoi che gli mostri come ci si comportava ai nostri tempi?

    No, no, si sta solo facendo le ossa, per ora. Ho bisogno che maturi prima di schiudersi, ma le mie fonti mi dicono che la Peste si sta già muovendo verso il ragazzo.

    A quelle parole, il primo capitano s'irrigidì per un istante, poi poggiò la bottiglia vuota sul ponte con un gesto solenne. Non ci voleva. Rischiamo che quest'uovo diventi frittata se la Peste lo colpisce prima del tempo.

    Esattamente. Per questo ti chiedo d'intervenire. Chiedo a te, William Kidd, lo Tsunami, di fare questo per me. Il fare indifferente di Benjamin non riuscì a mascherare il peso della richiesta.

    Gli uomini, rimasti fino a quel momento in silenzio, cominciarono a scambiarsi commenti sottovoce.

    Chiedi molto. rispose Kidd.

    Non ti chiederei mai nulla che non ti ritenga in grado di fare.

    Aye, persino nella tua sfacciataggine rimani ragionevole. Cosa vuoi che faccia, che lo uccida?

    No, solo che tu lo tenga occupato finché l'uovo non sarà pronto a schiudersi, puoi sempre tagliargli le gambe se preferisci. rispose Benjamin con un ghigno.

    E tu troverai il tuo uovo e lo terrai d'occhio?

    Ho già chi lo tiene d'occhio da vicino. Possono tenerti informato.

    Kidd annuì, si alzò e si affacciò dal cassero, scrutando la ciurma. Preparatevi, ragazzi miei! Presto scopriremo se lo Tsunami può sconfiggere la Peste! Al suono del Corno d'Oro!

    Al suono del Corno d'Oro! ripeterono gli uomini in coro, alzando calici e bottiglie. Il vecchio grido di battaglia dei tempi d'oro, quando anche i più validi pirati avrebbero seguito Benjamin Hornigold in capo al mondo, e che significava il totale sostegno da parte della ciurma.

    I due equipaggi si separarono poco dopo, con la certezza che presto ci sarebbe stata una grande battaglia tra William Kidd, uno dei leggendari Condottieri Pirata della Guerra dei Corni, ed Edward Russel, uno dei Sette Immortali, Ammiraglio della flotta Nera.

    1. TRATTATIVA

    Sei settimane prima.

    La guardia spinse con un calcio un grosso piatto di cibo, o di qualcosa di vagamente simile, dentro la cella. Il piatto raschiò con un rumore metallico il pavimento di pietra lurido mentre scivolava attraverso la feritoia alla base delle grate di ferro.

    La lampada della guardia illuminò per un momento gli uomini all'interno della cella. I prigionieri più vicini alla grata—uomini rozzi e sudici—si coprirono gli occhi per schermarli. Soddisfatta, la guardia passò oltre, lasciando la lampada in un angolo lontano del corridoio, a concedere una luce fioca ed appena sufficiente per mangiare.

    I corpi dei prigionieri erano incrostati di sporcizia, le loro ossa ormai visibili sotto la pelle, senza né muscoli né carne, e le loro barbe e capelli lunghe e scompigliate. Ognuno portava i segni lividi delle percosse, assieme a quelli, rossi e lucidi, del ferro rovente. Lunghe croste di sangue rappreso seguivano altrettanto lunghe ferite, impresse sulle loro schiene dalla frusta. Vili peccatori lasciati a marcire nella desolazione del loro comune inferno.

    Nonostante la fame feroce, nessuno osò muoversi. Lui non aveva ancora preso la sua parte.

    Un uomo più alto e piazzato della media si alzò in piedi. La sua pelle, una volta abbronzata, era ormai pallida. Le sue braccia risentivano ora del poco cibo e della mancanza di esercizio, i suoi capelli mossi e la sua lunga barba nera erano unti ed incrostati. Il suo fisico si era indebolito, ma il suo spirito no. I suoi occhi avevano la stessa forza di un anno prima e bastavano a tenere a bada i diavoli della prigione.

    Edward Thatch trascinò lentamente i piedi fino al piatto e prese del cibo per sé e per altri due uomini. Si voltò e tornò a sedersi nel buio della cella, dando il via alla lotta frenetica tra gli altri detenuti per accaparrarsi un misero e patetico boccone.

    Edward divise la porzione tra sé, un uomo anziano ed un ragazzino. Quando finalmente il tumulto nella cella si placò, i tre mangiarono insieme in silenzio.

    La prigione era fatta di pietra grigia, messa insieme in fretta e senza preoccuparsi di renderla comoda. Le pietre erano di forme diverse, accostate senza troppa cura e rendevano lo stare seduti ed il dormire un'impresa faticosa. E c'era sempre acqua. Gocciolava incessante, entrando da chissà dove con un costante ticchettio e rendeva l'ambiente umido e stagnante. L'aria fresca, lì, non poteva arrivare ed il sotterraneo era impregnato dell'odore di sudore e feci stantie di migliaia di uomini, in migliaia di giorni.

    Puoi raccontarmi un'altra storia, Edward? Per favore? chiese il ragazzino, come ormai ogni giorno.

    Un fisico minuto, ma una mente sveglia ed un'immaginazione fervida. Era tanto giovane da non avere un pelo sul mento, ma i suoi capelli biondi erano lunghi e posticci, dopo gli anni passati in quella cella buia. Era nato nella prigione, da una madre che l'aveva protetto e cresciuto nonostante le condizioni impossibili, finché le forze non l'avevano abbandonata. Conosceva il mare, il sole ed il mondo oltre le sbarre, ma solo attraverso i racconti dei suoi compagni di cella.

    Forse più tardi, Edmond. È passato un anno dall'ultima volta che il sole mi ha accarezzato la pelle e che ho posato gli occhi su quello che amo. Ho bisogno di riflettere. Tornò a mangiare lentamente il pane raffermo e la poltiglia che lo accompagnava.

    A chi ti riferisci, al mare selvaggio e sconfinato, oppure alla tua amata Anne? Era stato l'uomo anziano a parlare, questa volta.

    Il gentiluomo dai capelli grigi aveva una barba ancora più lunga di quella di Edward, un naso affilato e degli occhi attenti, non ancora offuscati dall'età. Quando Edward era arrivato, aveva trovato quell'uomo con un piede nella fossa, senza la forza necessaria ad accaparrarsi un boccone di cibo e costretto a sperare nelle briciole. Edward si era battuto per lui ed ora sulle ossa gli era tornato un filo di carne e la forza per condividere un po' della sua saggezza.

    Edward ridacchiò alla frecciata. Magari ad entrambi, Charles. La mente di Edward si fermò su Anne, la donna che amava. L'ultima volta che l'aveva vista era stato durante la sua cattura, mentre veniva accompagnato sottocoperta e rinchiuso nella cella di una nave da battaglia. Un'intera flotta era piombata su lui, la sua ciurma e la sua nave, la Freedom. Erano venuti a 'salvare' Anne, la figlia della Regina d'Inghilterra.

    Il padre di Anne era stato magnanimo, aveva catturato Edward ma lasciato andare i suoi uomini, onorando il suo ultimo desiderio, ed Edward era convinto che l'unica ragione per cui si era ritrovato  prigioniero invece che appeso ad un cappio fosse Anne e le sue suppliche alla madre perché lo lasciasse in vita. Durante la sua prigionia, Edward non aveva avuto altro che tempo per pensare, ma ancora non era certo di quale delle due sentenze fosse peggiore.

    Anche un altro uomo, dal fisico probabilmente possente, se non fosse stato estremamente malnutrito, scoppiò a ridere, ma la sua era una risata amara. Questo è quello che ti resta: storie. Non ha più senso pensarci. Non ci faranno mai uscire, soprattutto un pezzo di merda come te.

    Persino attraverso la lunga barba s'intravedevano i denti ingialliti dell'uomo. La sua faccia ed il suo corpo erano squadrati, nella sua forma migliore avrebbe probabilmente ricordato un guardaroba.

    Era seduto con le mani appoggiate alle ginocchia e fece un gesto con la testa, indicando la prigione. Questo è il peggiore degli inferni. Chi mette piede qua dentro non verrà mai lasciato uscire, siamo colpevoli di 'crimini contro lo Stato'. Chiunque pensi di poter tornare libero è davvero un povero cretino.

    Nessuno te l'ha chiesto, Simon. Edward, seduto a gambe incrociate, spostò lo sguardo sprezzante verso l'uomo di mezza età. Molti avrebbero distolto gli occhi e si sarebbero morsi la lingua davanti ad un'occhiata simile, ma non Simon.

    Beh, mi sono stancato di sentire storie su quello che c'è fuori. Qua dentro non servono a niente, se non a peggiorare l'umore.

    Al ragazzo è permesso di sognare.

    Sognare fa male. Guarda dove ti ha portato. L'abbiamo sentita tutti la tua storia: volevi la libertà, così hai combattuto contro i marine e sei finito qui. Bell'affare.

    Sbagli, Simon. Questa fine sciagurata è la conseguenza dell'aver realizzato il mio sogno. È vero, se non avessi provato a seguirlo, non sarei mai finito qui, ma allo stesso tempo non l'avrei mai raggiunto. E se anche tu avessi solo sognato la rivoluzione, invece che essere l'idiota che accende la bomba, non saresti qui.

    Simon si alzò in piedi ed Edward lo imitò, trovandosi faccia a faccia con lui al centro della piccola gabbia. Chi è che hai chiamato idiota? Eh? Stronzetto?

    Con i suoi due metri scarsi di altezza, Edward superava Simon di tutta la testa. Attento a quel che dici, Simon. Potrei romperti l'altro braccio questa volta. Ti ricordi quanto ci ha messo il primo a guarire?

    Dalle altre celle arrivarono le voci di altri prigionieri che parlottavano anticipando lo scontro. Molti nella cella di Edward cominciarono ad incitarli. La guardia si accorse della confusione e picchiò con il suo bastone contro le sbarre.

    Voi due! Ve l'ho già detto! Smettetela di creare problemi, o sono dieci frustate a testa!

    Edward e Simon ignorarono la guardia, ma sapevano entrambi che le sue non erano minacce a vuoto.

    Hai sentito, Simon. Siediti prima di farti male. disse Edward.

    Simon sputò sul pavimento prima di voltarsi e tornare a sedersi contro la parete. Edward fece un cenno alla guardia ed anche lui tornò al suo posto.

    Prima che la guardia avesse il tempo di andarsene, si udì un rumore riecheggiare in fondo al corridoio vicino alle scale. Corse a controllare, le chiavi appese alla cintura che tintinnavano ad ogni suo passo. Quando arrivò ai piedi delle scale, fece un balzo  all'indietro con un Uff! soffocato e finì sul pavimento con uno schianto, privo di sensi o morto.

    Una figura scura gli saltò addosso e cominciò a frugare in cerca di qualcosa finché un'altra, più alta, non la raggiunse.

    Ogni prigioniero che ne avesse la forza, era corso a premere la faccia contro le sbarre per vedere cosa stesse succedendo.

    Sbrigati, Principessa. Incalzò l'ultimo arrivato. Dobbiamo andarcene prima che finiscano di pisciare.

    Il primo trovò le chiavi appese alla cintura e si rivolse all'altro. Pensi che non lo sappia, Sam? Ti ricordi chi è stato ad architettare questo piano? Dobbiamo trovare la cella di Edward, aiutami a cercare.

    Edward, che fino a quel momento aveva seguito l'evolversi degli eventi con distrazione, drizzò le orecchie. C'erano stati un paio di maldestri tentativi di evasione nel corso della sua prigionia e tutti erano falliti. Ma le parole dei due uomini avevano catturato il suo interesse. Era anche certo di conoscere quelle voci.

    Edward si fiondò verso le sbarre. Anne? gridò.

    Le due figure girarono la testa di scatto e corsero nella sua direzione. Quella più minuta lanciò le chiavi all'altra e prese le mani tese di Edward tra le sue.

    Davanti ad Edward, la luce fioca della lampada illuminava il viso di una delle persone che più amava al mondo. I ricci capelli rossi di Anne le spuntavano da sotto il cappuccio ed i suoi occhi verde oceano erano lucidi di lacrime. Baciò i palmi di Edward e se li appoggiò contro le guance, come a tentare di trasmettere e di prendere per sé tutto il calore possibile.

    Nonostante i pensieri di Edward fossero ormai da tempo cupi, non poté fare a meno di lasciarsi strappar via dalla sua oscurità, trascinato dalla luce di Anne. Un angelo in carne ed ossa. Ogni secondo sembrò estendersi in un'eternità, esasperando il periodo orribilmente lungo in cui i due erano stati divisi, ed un'eternità sembrava comunque non bastare.

    Cosa ci fate voi due qui? chiese Edward infine.

    Sam, che stava provando le chiavi una ad una, rispose per primo. I suoi lisci capelli neri ed il suo bel viso levigato non erano cambiati di una virgola. Siamo qua a salvarti, compare! Questa è quella che si chiama 'evasione'! A quanto pare nemmeno la sua sicurezza, che quasi sfociava in arroganza, era mutata.

    Oh, è per questo che hai le chiavi? Pensavo avessi intrapreso la carriera di guardia! replicò Edward carico di sarcasmo. Sam gli gettò un'occhiata gelida, poi riprese a lavorare sul mazzo di chiavi. "Intendevo perché. Perché siete venuti qui?"

    La risposta non è forse la stessa? Vogliamo vederti libero, mio dolce, dolce Edward.

    Edward allontanò di scatto le mani dalle morbide guance di Anne e tornò a sedersi contro la parete buia. Fareste meglio ad andarvene prima che qualcuno vi trovi. Io non vado da nessuna parte.

    Cosa significa 'non vado da nessuna parte'?! esclamò Sam, perdendo il conto delle chiavi per la sorpresa.

    Penso sia chiaro, non credi? Non è mia intenzione unirmi a voi, perciò andatevene, a meno che non desideriate rimanere in modo permanente.

    Sam guardò Anne e lanciò in aria le mani in un gesto esasperato. Che facciamo, Principessa?

    Sbrigati con le chiavi, ci penso io. ordinò Anne a denti stretti. Edward, per quanto non dubiti del fatto che tu ti sia affezionato alla tua attuale dimora, la tua famiglia ed io abbiamo fatto l'impossibile per essere qui ora, quindi, per cortesia, non fare obiezioni e seguici.

    Non ne vedo il senso. Alla fine, prima o poi, finirei per ritrovarmi esattamente allo stesso punto.

    Quindi ti arrendi? Rinunci alla tua libertà così?

    Ho avuto tanto tempo per pensare, Anne, non ho fatto altro. E nonostante sia amareggiato per quanto successo, non vedo un futuro per me, in mare. Se scappassi, verrei di nuovo inseguito ed imprigionato. O ucciso. Rimanendo qui, se non altro non possono farmi niente di peggio.

    Credi davvero non ci sia futuro per te? Per noi? Anne sostenne lo sguardo di Edward, ma fu lui ad abbassare gli occhi. È così. rispose. Non un futuro senza dolore.

    La faccia di Anne sembrò liquefarsi. Il suono di passi frettolosi lungo le scale la fece tornare in allerta e corse ai piedi della rampa con il pugnale pronto. Quando un energumeno ne emerse, Anne prima lo minacciò con il pugnale, poi abbassò l'arma e cominciò a parlare  a bassa voce. Edward non riusciva a vedere il viso dell'uomo, ma data la stazza e la confidenza che sembrava avere con Anne, Edward era abbastanza sicuro di chi potesse essere.

    L'uomo s'incamminò verso la cella al fianco di Anne e quando la raggiunse si abbassò il cappuccio per farsi riconoscere. Cos'è questa storia che non vuoi andartene?

    Un uomo della stessa età di Edward, poco più che ventenne, si ergeva di fronte a lui. Pur essendo più basso, era decisamente più grosso, soprattutto dopo un anno passato a mangiare come un essere umano. I suoi capelli, lisci e castani, erano legati dietro la testa e la sua forte mascella, come anche le sue braccia incrociate, era solida e nerboruta.

    Henry! Anche tu? Il più vecchio amico di Edward era stato anche il primo ad unirsi a lui nell'avventura verso la libertà, che li aveva portati accidentalmente a lasciare la strada per diventare balenieri in favore di quella che li aveva resi pirati.

    Sì, sono qui, come anche altri della ciurma. E John ci sta aspettando con una carrozza. Puoi smetterla di fare il cretino e muoverti? Hai idea di quanto sia rischioso?

    Edward incrociò le braccia a sua volta, sfidandolo. No, come ho già detto ad Anne, non capisco perché uscire solo per farmi catturare un'altra volta. Scelgo di finirla qui. Lasciatemi in pace, prima che siate costretti ad unirvi al mio tormento.

    Henry riuscì a trattenersi finché Edward non finì la frase, poi  scoppiò a ridere fragorosamente. Edward pensò che fosse impazzito e, a giudicare dalle loro espressioni, Anne e Sam erano del suo stesso avviso.

    Perdonami, Henry, non vedo cosa ci trovi di divertente. chiese Anne.

    Henry la guardò con il dito puntato verso Edward. Sta mentendo! dichiarò. Te ne saresti accorta anche tu se lo conoscessi da quanto lo conosco io. Sta facendo il galante, il cavaliere! È rimasto qui talmente a lungo da pensare che scappare sia impossibile e vuole che ce ne andiamo prima che ci becchino.

    Non sto mentendo, Henry, non mi conosci bene quanto credi. Scappate finché siete in tempo.

    Anne annuì, rivolgendosi agli altri due ed ignorando le suppliche di Edward. Quindi cosa dovremmo fare secondo voi? chiese con la mano alzata ed il palmo aperto, rivolto a zittire il prigioniero.

    Non abbiamo molta scelta. Henry si sedette sul pavimento e si mise comodo.

    Anne sorrise e si unì a lui, e Sam, dopo una scrollata di spalle ed un commento sarcastico, seguì l'esempio. I tre, rivolti verso la cella, rimasero a fissare Edward con insistente noncuranza.

    Cosa state facendo?! Dovete sbrigarvi, prima che le guardie vi trovino!

    Nessuno fece una piega. Erano di pietra, come i muri della prigione.

    Edward si alzò. Non voglio venire con voi, capito? Non siamo più né amici, né compagni, né una famiglia!

    Non si disturbarono neanche a rispondere.

    Il rumore di numerosi passi risuonò sulle scale. Qualcuno aveva dato l'allarme.

    Edward si scagliò contro le sbarre, stringendole tanto forte da farsi diventare bianche le nocche. Dovete scappare! Ora!

    I tre rimasero impassibili e continuarono semplicemente a fissarlo, con gli occhi che lo incitavano a decidersi. Edward cominciò a sudare freddo quando due uomini armati spuntarono in fondo alle scale.

    Con i moschetti puntati al trio, le guardie ordinarono loro di mettere le mani dietro la testa. Henry, Anne e Sam obbedirono e si alzarono in piedi al comando successivo. Una guardia li guidò verso l'uscita rimanendo in testa mentre l'altra li sospingeva in avanti con la punta del fucile.

    Stavano per subire una condanna che Edward non avrebbe augurato nemmeno al suo peggior nemico, vedersi portar via la libertà e strappare lo spirito da dolore ed angoscia.

    Nel cuore, nella parte più profonda di sé e nonostante le sue parole, Edward non aveva mai smesso di bramare la libertà. Per gran parte della sua vita aveva sopportato una famiglia adottiva oppressiva e priva d'amore. Solo su quella nave, con le persone che amava, nonostante il peso del nome di pirata e dell'essere ricercato in tutti i Caraibi, persino nel momento più tetro, era stato libero. Erano le conseguenze di quella libertà, delle sue azioni per ottenerla, a provocare una battaglia furiosa tra la sua testa ed il suo cuore, che la desiderava ardentemente.

    Ma quel giorno vinse il cuore.

    Portatemi con voi! Voglio essere libero con voi, con la mia famiglia! gridò Edward, il suo grido reso più forte dall'eco del corridoio.

    Anne, Henry e Sam sorrisero.

    Le guardie si erano distratte a quell'urlo inaspettato ed i tre ne approfittarono.

    Anne si voltò di scatto, afferrò la canna del fucile dietro di sé e la puntò verso l'alto. Andò a colpire il naso della guardia e mentre l'uomo si portava le mani al volto, sorpreso e dolorante, Sam superò Anne e lo colpì con un pugno alla mascella, mandandolo a terra privo di sensi.

    Henry aveva stretto la testa dell'altra guardia in una morsa ferrea. L'uomo lasciò cadere il moschetto per cercare di liberarsi da quei bicipiti enormi, ma ogni suo tentativo era vano. Allora cominciò a colpirlo ripetutamente al costato con i gomiti. Henry resistette il più possibile, ma alla fine fu costretto a liberarlo.

    La guardia si allontanò e prese una profonda boccata d'aria, preparandosi a dare l'allarme ai suoi compagni al piano di sopra, ma Anne estrasse un pugnale e lo scagliò contro di lui. Lo colpì alla nuca ed il richiamo gli si smorzò in gola, mentre si accasciava a terra.

    Superato il pericolo imminente, i tre corsero di nuovo verso la cella ed Anne ed Henry strinsero le braccia protese di Edward in un abbraccio sollevato.

    Henry sorrise al suo più caro amico. Adesso vediamo di liberarti, fratello!

    2. Gammond Castle

    Ecco la chiave! Sì, quella! confermò Edward indicandola a Sam in mezzo al mazzo.

    Come fai a dirlo? Sono tutte uguali! disse Sam, ma prese comunque la chiave e la infilò nella serratura.

    È un anno che sono chiuso qui senza niente da fare, dovevo tenermi occupato in qualche modo.

    Sam girò la chiave e sentì il meccanismo scattare. Spalancò la porta ed i prigionieri si ammassarono per uscire. Sam ed Henry la richiusero con forza mentre Edward faceva del suo meglio per calmare la loro frenesia.

    Che diavolo fate?! gridò al di sopra del baccano. Silenzio! ordinò, zittendo tutti all'istante.

    Non possiamo portarli con noi. La nostra unica possibilità è di non farci notare. spiegò Anne.

    Edward la guardò per un istante. Doveva aver pianificato la sua fuga per mesi, forse dall'istante stesso in cui era stato catturato. Lanciò un'occhiata al ragazzino, Edmond, ed al vecchio, Charles. Non posso abbandonarli.

    Anne si coprì gli occhi con la mano, frustrata, e scosse la testa. Avrei dovuto immaginarlo. Cosa proponi?

    Liberiamo tutti. Una fuga di massa sarà più complicata da gestire. E non ho intenzione di andarmene senza i miei effetti. Il guardiano porta la mia spada al fianco come fosse sua, un errore che pagherà caro.

    Ucciderai un uomo innocente? chiese Henry scioccato.

    Edward si voltò di schiena, mostrando i lividi e le ferite. Pensi che sia innocente un uomo che ordina ad altri di fare questo? Guardò i suoi compagni di cella che fremevano per andarsene. "Non c'è tempo di discutere, ne abbiamo già perso abbastanza per colpa della mia testardaggine."

    Anne sospirò. Va bene, liberiamo tutti.

    Mentre Sam si accingeva ad aprire nuovamente la porta, Edward si rivolse al manipolo di criminali e rivoluzionari di ogni specie davanti a sé. Aspetterete che tutti gli altri prigionieri siano liberi. Possiamo sopraffare le guardie solo se scappiamo tutti nello stesso momento. Non avranno possibilità se lavoriamo in squadra!

    Per una volta siamo d'accordo su qualcosa! dichiarò Simon. Se qualcuno si azzarda a darsela prima che siamo tutti pronti, gli spezzo le gambe!

    Sam aprì la porta ed invece che fiondarsi come prima, i prigionieri uscirono con ordine, occhieggiando i loro salvatori nel passare. Edward andò verso il fondo della cella, dove Edmond e Charles sedevano immobili, con gli occhi spalancati.

    Oggi il tuo desiderio si avvererà, Edmond. disse Edward, facendo spuntare un sorriso sul viso del giovane. In piedi, vecchio! Edward lo aiutò a sollevarsi e si passò il braccio dell'uomo attorno al collo per sorreggerlo. Accompagnò Charles alla porta dove Henry ed Anne aspettavano. Tieni, Sam, dagli una mano tu. Io prendo le chiavi.

    Edward e Sam, con qualche protesta da parte dell'ultimo, si scambiarono il carico ed Edward uscì dalla cella per la prima volta in un anno. Abbracciò Henry e la sua amata Anne. Solo per un breve, ma dolcissimo momento.

    Tutto questo impegno e mi considera solo un mulo da soma a cui mollare la zavorra. Neanche un abbraccio. Un po' ingiusto, no? commentò Sam. Senza offesa, vecchio.

    Nessuna offesa, ragazzo mio.

    Henry e Sam rimasero di guardia alle scale con Simon mentre gli altri prigionieri venivano liberati.

    Anne, avrò bisogno d'aiuto con un altro prigioniero, è testardo quasi quanto me e penso tu sia l'unica a poterlo convincere ad andarsene. Edward si avvicinò alla cella opposta alla sua ed aprì la porta. Uscirono tutti, eccetto un uomo che non si disturbò nemmeno a muoversi.

    Chi? chiese Anne raggiungendolo. L'aspetto del prigioniero non era molto diverso da quello di Edward. Aveva gli stessi capelli scompigliati e la barba lunga, come chiunque fosse lì da troppo tempo. Anne sgranò gli occhi quando l'uomo alzò la testa. William! Corse verso di lui e s'inginocchiò al suo fianco, prendendogli il viso tra le mani. Credevo ti avessero giustiziato! Lo abbracciò forte per un secondo. William aveva sempre protetto Anne, era il suo confidente ed un suo grande amico.

    Edward lasciò loro un po' di tempo e privacy e riprese a liberare prigionieri.

    No, Altezza. Per grazia di tua madre, la Regina Anna, sono stato risparmiato dalla ghigliottina e dal cappio.

    Anne sbuffò. "Allora per mia grazia e Provvidenza, ti salverò da questa sentenza. Verrai con noi. Prese la mano di William e provò a tirarlo in piedi. Cosa fai, William? Dobbiamo fare in fretta!"

    Mi dispiace, Anne, non posso. Non ti sarei utile in nessun modo.

    Ma cosa dici? Ti sei rammollito a stare qui dentro?

    William si voltò dall'altra parte, senza riuscire a guardarla negli occhi. La prigione mi ha reso più consapevole delle mie colpe e delle conseguenze della mia debolezza. Ho fallito il mio incarico, questa è la mia punizione.

    Anne indietreggiò e tirò a William un sonoro ceffone. Ragione in più per tornare al tuo posto! Tieni fede al tuo giuramento nei miei confronti, non come membro della famiglia reale, non come tua principessa, ma come amica. Se vuoi espiare le tue colpe, fallo combattendo per proteggermi e riguadagnando il tuo onore! Anne si voltò per uscire. Stai solo prendendo la via più facile. aggiunse prima di andarsene e lasciarlo solo con le sue parole.

    William era attonito. Si passò la mano sulla guancia, dove Anne lo aveva colpito. Strinse i denti e si alzò. Senza un'altra parola la raggiunse fuori dalla cella.

    Edward aveva ormai finito di aprire le porte ed un totale di cinquantotto criminali, di cui trentacinque uomini e ventitré donne, vecchi, giovani, sani o sull'orlo della pazzia, erano pronti a combattere per fuggire.

    Hai idea di dove sia l'armeria? chiese Edward ad Anne.

    Su per le scale, dall'altra parte del corridoio.

    Portaci chiunque ti sembri in grado di combattere, cerchiamo di tenere i bambini e gli anziani lontano dallo scontro, se possibile. le ordinò Edward avviandosi nella direzione opposta ed addentrandosi ancor più nei sotterranei.

    Dove vai? chiese Anne.

    Ci sono altri prigionieri da liberare. rispose Edward mostrando il mazzo di chiavi e sparendo nel corridoio oscuro.

    Edward aveva sentito parlare dei detenuti imprigionati nella parte più profonda della prigione. Si diceva fossero i peggiori diavoli mai esistiti, quantomeno secondo gli standard del governo inglese. Voci di corridoio li dipingevano malvagi quanto lo stesso Lucifero e sostenevano praticassero la magia nera.

    Edward le aveva sempre considerate storie scaturite da un eccesso di immaginazione, ma nel vedere le figure nel buio, fu sul punto di ricredersi.

    Il fetore di sporco e malattia colpì Edward come un coltello, tanto pungente da rendergli quasi impossibile respirare. Studiò la stanza e contò undici celle, cinque per lato ed una sulla parete in fondo. Si sentì addosso una miriade di sguardi che gli fecero accapponare la pelle.

    Edward aprì la porta della prima cella. I prigionieri si scagliarono su di lui come furie e si ritrovò a terra. Mentre la maggior parte scappava verso le scale, tre rimasero indietro ad accanirsi selvaggiamente sul malcapitato.

    Smettetela immediatamente! Sto cercando di liberarvi! gridò, ma dovette ripetersi altre due volte prima che l'assalto si fermasse.

    Vuoi liberarci? Perché? chiese uno dei tre.

    Voglio scappare, ma non posso farlo da solo.

    Un altro, un uomo più alto, scoppiò a ridere. Il ragazzo vuole usarci come diversivo, dico io. Non importa, è un'occasione d'oro, approfittiamone! e senza aggiungere altro, né aiutare Edward a rimettersi in piedi, se ne andarono tutti e tre.

    Edward si rialzò un po' dolorante e riprese ad aprire le celle. Fortunatamente nessun altro lo attaccò, anche se qualcuno sembrò soppesare l'opzione. Mentre i prigionieri lo superavano, Edward si chiese quali orribili crimini avessero mai commesso per finire laggiù.

    Dalla seconda cella uscirono un uomo curvo dallo sguardo losco preceduto da una donna incinta. L'uomo stava mormorando qualcosa riguardo Poseidone e Davey Jones, ma Edward non capì altro.

    Da un'altra cella uscirono tre uomini in fila. Il primo era senza orecchie, il secondo aveva gli occhi bendati, ma il terzo sembrava normale. Il secondo uomo ringraziò Edward a nome di tutti e tre, sostenendo che il terzo non potesse farlo personalmente perché senza lingua.

    Dalla cella successiva emerse un gruppo guidato da una donna imponente a cui mancavano un occhio ed un braccio. I sei uomini che la seguivano sembravano terrorizzati in ugual misura dall'idea di andare con lei e dal pensiero di essere lasciati indietro. Dopo un paio di commenti minacciosi da parte della donna, il gruppetto la seguì a capo chino.

    Erano numerosi gli uomini e le donne sfigurati o affetti da pustole, lebbra ed altri mali misteriosi, o che portavano segni di assideramento. Molti avevano perso il senno tra le mura del sotterraneo, sempre non fosse stata proprio la pazzia la causa della loro cattura, ma Edward preferì tenersi il dubbio e mantenere le distanze.

    Lasciò la cella più grande, sul fondo, per ultima. Riusciva ad intravedere un uomo con indosso una maschera di metallo. Le sue mani e le sue gambe, a differenza degli altri prigionieri, erano incatenate al soffitto ed al pavimento.

    Aspetta solo un momento, amico. Ti libero subito. lo rassicurò Edward, ma non ottenne alcuna risposta.

    Si avvicinò e cominciò a liberare l'uomo dalle catene, osservandolo. La maschera che portava gli copriva interamente il viso, salvo per le aperture in prossimità di occhi, naso e bocca. Non vide alcuna saldatura, la maschera sembrava costituita da un unico pezzo di metallo. Com'è possibile? Come hanno fatto a mettergliela?

    L'uomo, libero dalle catene, rimase immobile, disse solo qualcosa in un sussurro. Cosa? chiese Edward.

    L'uomo ripeté con un sibilo malvagio. La maschera.

    Edward tornò ad osservarla da ogni angolazione, ma non c'erano serrature visibili, nessun lucchetto, nessuna soluzione. Non riesco a capire come rimuoverla.

    L'uomo afferrò Edward per il collo e lo mandò a sbattere contro la parete. Dopo un momento lo lasciò andare, urlò di rabbia e se ne andò a passi pesanti. Anna, pagherai per questo! gridò mentre partiva di corsa lungo le scale della prigione.

    Intende forse la Regina? Chi è quest'uomo? Edward scosse il capo. Non ho tempo ora.

    Riemerse nella zona della prigione che lo aveva ospitato durante  l'ultimo anno. Anne, Henry, Sam, Charles, ed Edmond lo stavano aspettando. Avvicinandosi alle scale cominciò a sentire rumore di battaglia dal piano di sopra.

    Anne lo vide arrivare e gli andò incontro. Ho mostrato l'armeria ai prigionieri e la situazione sta degenerando in fretta.

    Se pensavi che l'inferno fosse qui, Thatch, non hai idea di cosa c'è di sopra! sghignazzò Sam.

    Edward salì le scale seguito dai compagni e si ritrovò al piano terra del castello, nell'angolo a destra dell'edificio, sul lato più lontano dal ponte levatoio. Se esisteva un castello definibile 'austero', era proprio quello. Era composto da quattro cortili esterni chiusi, un ad ogni angolo, un cortile più grande al centro ed un'alta fortezza sul fondo. Il perimetro era circondato da grosse mura di cinta che agevolavano la difesa sia verso l'esterno che verso l'interno.

    Era stato di proprietà di William III fino alla sua morte ed era passato poi nelle mani della sua erede e cognata, la Regina Anna. Per evitare di dover convivere con i brutti ricordi legati alla morte del cognato, la Regina aveva convertito la fortezza in prigione. Il tempo necessario a riempirla di prigionieri politici, disertori ed altri nemici dello stato, era stato sorprendentemente breve.

    Edward ed il suo gruppo si nascosero dietro le colonne di pietra, accucciati all'ombra di un muretto ad altezza vita che percorreva i lati del cortile esterno in cui erano sbucati. Sopra le loro teste, lungo le mura, guardie comparivano e scomparivano, facendo a turno a prendere copertura e sparare ai fuggitivi. I cinquanta e più evasi stavano cercando di contrastare i soldati che arrivavano a fiotti, sia dal cortile principale che dalle scale alla destra di Edward. A giudicare dalla quantità di armi di cui erano carichi, i prigionieri avevano svaligiato l'armeria.

    Qual è la strada più rapida per la fortezza? gridò Edward cercando di farsi sentire nonostante la cacofonia di colpi di fucile,  urla ed imprecazioni.

    Il modo più sicuro è passare dalla porta qua sopra, sulle mura. Non c'è molta copertura, ma il passaggio è stretto, quindi non possono sfruttare il vantaggio numerico. gridò Anne in risposta. Un proiettile colpì la colonna dietro la quale si stava nascondendo e la ragazza cercò di farsi ancora più piccola.

    E per scappare? chiese Henry. Non possiamo più usare il canale della latrina!

    La via più facile è quella diretta. Ci sono due leve da attivare per abbassare il ponte e devono essere tirate simultaneamente per farlo muovere.

    Quindi non abbiamo scelta, dobbiamo dividerci. Sam diede uno strattone a Charles, l'uomo anziano, e lo tirò a terra per evitare che una nuova scarica di proiettili lo riducesse a un colabrodo.

    Prima dobbiamo trovare delle armi, poi salire sulle mura. disse Edward. Fece un profondo respiro e si lanciò nel caos.

    Sfrecciò da una colonna all'altra, restando il più basso possibile per approfittare della copertura del muretto. Rallentò man mano che la pioggia di proiettili divenne più fitta ed alla fine si fermò nell'angolo destro del cortiletto. Si guardò alle spalle e vide che Sam, Charles, Henry ed Anne lo stavano raggiungendo.

    Stava per riprendere a correre, ma si voltò di nuovo verso il gruppo. Dov'è Edmond? Dall'espressione sui volti dei compagni, Edward capì che ne sapevano quanto lui. Si guardò rapidamente intorno, finché non vide il ragazzo correre in mezzo ai prigionieri in lotta.

    Edmond aveva in mano un gran numero di armi e ne trasportava altrettante sulla schiena minuta. Correva lento e distratto, con gli occhi rivolti al cielo, come ipnotizzato, e per poco un proiettile vagante non lo colpì, finendo invece a pochi centimetri dai suoi piedi e costringendolo ad una brusca frenata. Inciampò e cadde, diventando un bersaglio facile per le guardie.

    Edmond! gridò Edward. Si concesse solo una rapida occhiata prima di lanciarsi fuori dalla sua copertura e correre a salvare il ragazzo, in uno slalom tra fuggitivi e proiettili. Il suo cuore batteva come in tempesta, risvegliato dal rumore e dagli odori familiari della battaglia.

    Il fetore di fluidi corporei e malattia dei prigionieri si disperdeva nell'aria fresca e si mescolava a quello della polvere da sparo e del sangue. L'unica nota mancante era l'aroma salmastro dell'aria dell'oceano che ad Edward mancava immensamente e che era invece sostituito da quello dell'erba e della terra smossa della campagna.

    Edward raggiunse il ragazzino in un lampo e, dopo esserselo caricato in spalla, raccolse quante più armi possibile e tornò al riparo. Lasciò cadere le armi e fece accucciare il ragazzo dietro il muretto di pietra.

    Ma che ti viene in mente, Edmond?! Stavi per farti ammazzare!

    Gli occhi di Edmond si riempirono di lacrime. Ho visto il sole, Edward. È così bello!

    Edward sbirciò oltre la colonna e vide un raggio pallido  attraversare le nuvole ed illuminare l'esterno.

    Hai ragione, Edmond, è davvero bello. Ma è ancora più meraviglioso quando sorge e cala sul mare. Quella sì che è una vista impareggiabile. Devi fare attenzione, o non vivrai abbastanza a lungo per vederlo. Edmond annuì e si asciugò le lacrime.

    Edward prese un fucile ed una spada dalla pila e segnalò ai compagni di armarsi. Mentre i suoi amici frugavano in cerca dell'arma più adatta, Edward cercava volti familiari tra i detenuti in lotta. Simon! gridò. Simon si voltò e quando trovò Edward corse verso di lui.

    Che vuoi? Non vedi che sono occupato?

    Me ne rendo conto. rispose Edward. Dobbiamo raggiungere il piano più alto del cortile e dividerci in due gruppi, c'è una leva nella parte anteriore del castello, serve ad abbassare il ponte levatoio. Voglio che tu prenda metà del gruppo e vada da questa parte, mentre io porto gli altri dalla parte opposta.

    "Fai strada, mi assicurerò che i pecoroni

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