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Il Bucaniere - Un'Avventura di Dane Maddock
Il Bucaniere - Un'Avventura di Dane Maddock
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E-book320 pagine4 ore

Il Bucaniere - Un'Avventura di Dane Maddock

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Info su questo ebook

Per più di duecento anni la Money Pit di Oak Island ha beffato i ricercatori e vanificato i piani dei cacciatori di tesori, ma quando ad accingersi all'impresa sono Dane Maddock e Bones Bonebrake, ottengono molto più di quello che speravano. I pericoli spuntano a ogni angolo, mentre i due si mettono alla ricerca di un tesoro leggendario che risale all'epoca di Cristo.
Antiche meraviglie, templi nascosti, mitiche creature, società segrete, nemici vecchi e nuovi: tutto ciò attende Dane e Bones, che ne Il Bucaniere sono chiamati a scoprire il mortale segreto di un pirata.

LinguaItaliano
Data di uscita19 gen 2018
ISBN9781547514816
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    Anteprima del libro

    Il Bucaniere - Un'Avventura di Dane Maddock - David Wood

    Per più di duecento anni la Money Pit di Oak Island ha beffato i ricercatori e vanificato i piani dei cacciatori di tesori, ma quando ad accingersi all'impresa sono Dane Maddock e Bones Bonebrake, ottengono molto più di quello che speravano. I pericoli spuntano a ogni angolo, mentre i due si mettono alla ricerca di un tesoro leggendario che risale all'epoca di Cristo.

    Antiche meraviglie, templi nascosti, mitiche creature, società segrete, nemici vecchi e nuovi: tutto ciò attende Dane e Bones, che in Buccaneer sono chiamati a scoprire il mortale segreto di un pirata.

    Giudizi sulle avventure di Dane Maddock

    "Con questa cavalcata attraverso mappe del tesoro affondate, chiese templari nascoste e un'organizzazione segreta che vuole far risorgere un antico regno, David Wood tiene fede ancora una volta al suo talento. Dane Maddock e il suo fido Bones attraversano questa avventura con senso dell'umorismo, aiutati da Angel e Avery, due donne forti che regalano un tocco di romanticismo a questa storia di azione e avventura. Ho davvero amato la cittadella della Cornovaglia protetta dai dragoni, e anche gli echi arturiani. Fantastico!" - J.F.Penn, autore dei thriller della serie ARKANE.

    Con una storia del tutto godibile il signor Wood unisce il fantastico controfattuale alla nostra moderna ricerca della verità, creando una storia da brivido che ci invita a pensare al di fuori dei confini della mera finzione per entrare nel mondo del perché no?" - David Lynn Golemon, autore di Ripper and Legend

    Antiche pitture rupestri? Città d'oro? Papiri segreti? Segnatemi pure. Un imprevedibile racconto di avventura e di intrigo che non ha mai un attimo di pausa! -Robert Masello, autore di The Medusa Amulet

    Accattivante lettura che mescola azione, riflessione biblica, antichi segreti e orribili creature. Meglio che Indiana Jones si guardi le spalle! -Jeremy Robinson, autore di SecondWorld

    Non c'è dubbio: David Wood è il nuovo Clive Cussler. -Edward G. Talbot, autore di 2010: The Fifth World

    Dedicato a John Blake, perché c'è sempre per noi.

    Prologo

    Gennaio 1698

    Era una giornata di tempesta sul Mare Arabico. C'erano nere, basse nuvole all'orizzonte e un vento impetuoso sferzava i ponti di schiuma salata. William Kidd era a bordo della Adventure Galley e osservava la sua preda. Il mercantile navigava sotto bandiera armena, ma recava lasciapassare francesi a garanzia della sua protezione, il che lo rendeva una preda legittima. Lo avevano catturato senza che ci fosse una grande resistenza dell'equipaggio. Se le sue stive contenevano anche solo la metà delle ricchezze che sperava ci fossero, sarebbe stato un uomo ricco.

    Capitano, permette una parola?

    Si girò a guardare la pallida faccia di Joseph Palmer, che in piedi di fianco a lui spostava il peso da un piede all'altro e si guardava in giro come se temesse che qualcuno li potesse ascoltare.

    Che c'è, Palmer?

    Abbiamo un problema. Il marinaio abbassò lo sguardo, riluttante a proseguire.

    Che c'è? Non può essere il carico. La nave era troppo bassa sull'acqua per essere vuota.

    No, capitano, non è questo. È il carico più prezioso che abbiamo mai catturato. Oro e argento, seta e raso, ogni sorta di oggetti pregiati.

    Kidd cercò di non lasciar trasparire il sollievo. Non sarebbe stato salutare rivelare anche il minimo dubbio. La lealtà in mezzo al suo equipaggio era merce rara, a dir poco, e si sarebbero rivoltati al primo segno di debolezza.

    Allora qual è il problema?

    Palmer si schiarì la gola e guardò al cielo grigio.

    Non è una nave francese.

    Una paura gelida gli percorse la schiena. L'uomo doveva sbagliarsi, per forza.

    È una nave indiana, proseguì Palmer, comandata da un inglese.

    Non può essere. È sotto protezione francese, francese!

    Eppure è così. Palmer fece spallucce. Il capitano del vascello vuole vederla.

    Che venga lui qui. Lo riceverò con tutte le debite cortesie. I suoi pensieri galoppavano.

    Lui era un corsaro, non un pirata, ma forse dopo questo incidente non l'avrebbero più vista così, a casa, in Inghilterra. Magari poteva raggiungere un accordo, con questo capitano. Portatelo a bordo.

    C'è un problema con questo. Abbiamo cercato di ragionare con lui, ma non la piantava di opporre resistenza. Alla fine Bradinham lo ha colpito alla pancia. È messo male, non credo ne abbia ancora per molto. Dice che è importante. Dice che la... Palmer si interruppe e si grattò la barba. "Che parola ha usato? Era qualcosa come ignora."

    Implora.

    Ecco, sì. L'espressione di Palmer si schiarì. La porto da lui?

    Kidd non vide altra soluzione che affrontare il problema e farla finita.

    Va bene, marinaio. Andiamo.

    Il capitano sedeva sul letto nella sua cabina, appoggiato ai cuscini. Era una cabina austera, per nulla consona al suo rango, pensò Kidd. Il sangue inzuppava le pesanti bende che gli avvolgevano l'addome e la sua faccia non aveva più colore. Si sforzò di sorridere, quando Kidd entrò dalla porta.

    Siate il benvenuto, capitano. La sua voce era sottile come una vecchia pergamena. La prego, chiuda la porta. Confuso da un'accoglienza così cortese, Kidd obbedì.

    Mi dicono che voleva vedermi.

    Gli occhi grigi dell'uomo, lucidi per lo shock, si fissarono nei suoi.

    Lei è un uomo di fede, capitano Kidd?

    Era una domanda che non s'era aspettato, date le circostanze.

    Naturalmente, rispose.

    Lei è ora chiamato a fare il lavoro di Dio. Il corpo del capitano fu scosso da una serie di penosi colpi di tosse e schiuma rossa filtrò dagli angoli della bocca. Voglio che lei porti una cosa in Inghilterra. Non deve andare perduta né cadere nelle mani sbagliate. Diede a Kidd una borsa di tela. Dentro c'era un portadocumenti di avorio, molto antico e scolpito con eleganza. Insieme ad esso, legato, c'era un foglio di pergamena con istruzioni sul luogo e la persona a cui consegnarlo. Kidd si accigliò. L'insistenza dell'uomo indicava che si trattava di qualcosa di grande valore. Forse poteva trarre profitto da questa transazione.

    Capitano Kidd, la prego, mi ascolti. A questo punto l'uomo riusciva a malapena a bisbigliare. Ne aveva per poco. Non creda di sottrarsi alla volontà di Dio. È una via che conduce alla rovina.

    Kidd annuì. Non credeva a queste sciocchezze superstiziose, ma che male c'era a far contento un uomo morente?

    Mi creda. Tirò giù il colletto della camicia, a rivelare un marchio sul seno sinistro. Era un uomo peloso e il marchio non era ormai che una pallida cicatrice, ma Kidd riconobbe il simbolo immediatamente.

    Colto di sorpresa, fece un involontario passo indietro. La testa gli girava, dovette appoggiarsi alla parete.

    Non può essere, boccheggiò. Sono tutti morti!

    Il capitano morente riuscì a sorridere debolmente.

    Non proprio. Non ancora.

    Capitolo 1

    Era come camminare su del formaggio svizzero. Avery sceglieva i passi con cura mentre zigzagava tra doline e pozzi abbandonati. Dannati cercatori di tesori. Avevano devastato l'isola, negli ultimi due secoli. E per che cosa? Per una leggenda. E però non sarebbe stata lì, se non ci avesse creduto anche lei.

    Si fermò e aguzzò le orecchie per cogliere ogni suono che le dicesse dove stavano lavorando. Non sapeva di preciso dove si trovava la squadra, probabilmente da qualche parte vicino al presunto sito del famoso Money Pit.

    Era stata una bella scarpinata dalla strada rialzata. Non molto tempo prima ci si poteva guidare, sull'isola, in lungo e in largo, ma ora non più. Il governo locale ne aveva preso il controllo e l'aveva chiusa al traffico, citando motivi di sicurezza. Ora si poteva solamente andare a piedi. Centoquaranta acri sembravano pochi, finché non dovevi scarpinare sotto un sole da spaccare le pietre e dovendo preoccuparti tutto il tempo di non mettere un piede in fallo e precipitare nel buio di quel che stava là sotto.

    Quando si levò un ricciolo dalla faccia, toccò un velo di sudore e umidità. Sapeva che avrebbe dovuto fissare un appuntamento, ma quando aveva sentito la notizia della nuova squadra di ricerca, non aveva potuto aspettare, sapeva che un'occasione come questa poteva non capitare mai più.

    Adesso sperava almeno di convincerlo ad ascoltare.

    Passando attraverso una densa macchia di quelle querce che davano il nome all'isola, gettò lo sguardo su uno spazio aperto dove i lavoratori nel corso degli anni avevano sradicato la foresta vergine. Trovati! Molto al di là della radura si vedevano degli operai al lavoro, mentre mettevano in opera l'equipaggiamento e perlustravano l'area. Contenta di aver avuto ragione circa il punto in cui avrebbero cominciato, accelerò il passo. Le parve che uno di loro, un tipo alto, scuro e coi capelli lunghi, si fosse girato a guardarla.

    Poi il terreno le cedette sotto i piedi. Saltò all'indietro un momento troppo tardi. Il suo urlo non riuscì a coprire lo schianto attutito di una radice marcia che aveva ceduto. Allungò le braccia, le dita scavarono solchi nella terra soffice mentre lottava nel vano tentativo di aggrapparsi al bordo di quel pozzo abbandonato. Per un momento riuscì ad afferrare una zolla d'erba, penzolando immobile sul vuoto.

    Ma poi, con un suono come di qualcosa che si spezza, l'appiglio cedette. Mentre scivolava giù sbatté sulle pareti del pozzo, cercando un altro appiglio. Fu percorsa da dolori lancinanti mentre le rocce appuntite le scorticavano i palmi e le urtavano le gambe. Una caviglia fu catturata da una spessa radice, e si storse dolorosamente, ma ciò la rallentò abbastanza da riuscire a far presa e afferrarla con un braccio.

    Paralizzata dallo spavento, riuscì solo a boccheggiare mentre alzava la testa per guardare al cerchio di luce in alto sopra di lei. Avrebbe giurato di essere caduta per trenta metri, ma era più facile fossero cinque. Poteva anche trattarsi di un miglio, considerate le speranze che aveva di tirarsi fuori da lì. Ripensò all'uomo che aveva guardato nella sua direzione. L'aveva vista cadere? Forse, ma non poteva contarci.

    Aiuto! Il suo grido non era dettato dal panico, ma piuttosto dalla necessità di provarle tutte. Non sapeva se dal sito dello scavo qualcuno la potesse sentire: era lontano, ma non faceva male provare. Pensò di aggiungere Sono caduta e non riesco a risalire, ma neppure il suo morboso senso dell'umorismo arrivava a tanto. Gridò ancora, stavolta forte abbastanza da provare un dolore feroce alle corde vocali. Sono caduta in un pozzo, aiuto!

    Provò a calcolare quanto ci avrebbero messo a correre dal sito dello scavo al posto dov'era caduta. Non molto. Se il tizio non compariva alla svelta, era lecito supporre che non l'avesse vista.

    Mentre lottava per tenersi appesa, il gomito le bruciava e la spalla era come se stesse per uscire dall'articolazione. Riuscì ad afferrare la radice con l'altro braccio e questo le dette un certo sollievo. Le punte dei piedi scivolarono attraverso la parete rocciosa finché non trovò appiglio su una minuscola sporgenza. Non era molto, ma attutì il dolore alla spalla.

    Che fare? L'istinto le diceva che non l'avrebbe soccorsa nessuno. Arrampicarsi era escluso. Scendere più giù? Era un'idea da pazzi, ma forse più in basso c'era un posto più sicuro dove avrebbe potuto aspettare i soccorsi. Girando la testa intorno diresse lo sguardo in basso.

    Grave errore.

    Oddio! Oh no! Le girò la testa mentre guardava il piccolo cerchio di luce riflesso sull'acqua, lontano sotto di lei. Tra lei e il fondo non c'era niente su cui potesse appigliarsi e non sarebbe mai sopravvissuta a una caduta. Chiuse gli occhi e fece tre profondi respiri. Quando li riaprì, la tempesta che aveva in testa si era trasformata in un venticello.

    La fredda, dura realtà la aiutò a rimettere a fuoco i pensieri. Era partita per l'isola senza dire a nessuno dove sarebbe andata e quando sarebbe tornata, per non dire del fatto che non aveva neanche il permesso di starci, sull'isola. Nessuno sapeva che era lì.

    Poi si ricordò del cellulare. Come aveva fatto a dimenticarsi di quel vitale legame col mondo? Se ce la faceva ad avere segnale, e non era molto lontana dalla superficie, avrebbe potuto chiamare aiuto.

    Quando lasciò andare la radice con la mano destra, per uno spaventoso momento scivolò in basso, ma riuscì a mantenere la presa col piede e con l'altra mano. Cercando nella tasca dei jeans tirò fuori il telefono e provò a metterlo in modo da poter vedere lo schermo.

    Accidenti! Era bloccato. Maledicendo le sue scelte in fatto di telefoni, lo bilanciò sul palmo e digitò i numeri  col pollice. 1... 7... 0... 1... Sbloccato! Ancora con una mano sola, cominciò a fare il numero. 9... 1...

    All'improvviso il piede cedette e lei cadde gridando, a malapena trattenuta dalla radice, che adesso era l'unico legame tra lei e la sopravvivenza. Le sue urla si mischiarono alla svelta con un fiume di parolacce, quando il cellulare le sfuggì di mano. Guardò lo schermo luminescente roteare in aria e poi infilarsi con uno splash nell'acqua sotto di lei.

    Per citare suo padre, adesso era proprio fottuta.

    Perso qualcosa?

    La voce la prese in contropiede e per poco non lasciò la presa. Sotto di lei un sub le stava sorridendo. Aveva capelli biondi e corti, occhi azzurri e un sorriso simpatico. Lo riconobbe all'istante. E quindi era questo il famoso Dane Maddock. Di sicuro non aveva immaginato di incontrarlo così. Quando si dice la prima impressione.

    Ma che ci fa qua sotto? Malgrado la situazione, Avery non riuscì a evitare un tono irritato. Non vedeva che stava lottando per sopravvivere?

    Il mio amico e io stavamo esplorando un canale sotterraneo quando mi è caduto questo davanti al muso. Sollevò il telefono.

    In quella emerse un altro sub. Quest'uomo aveva la testa pelata e la pelle color cioccolato fondente. Guardò Maddock, che indicò lei.

    Ciao ragazza, che succede?

    Non è ovvio? sbottò lei.

    Beh, sappi che l'acqua qui è profonda solo un metro e mezzo e il fondo è solida roccia. Non ti consiglio di cadere.

    Ma non mi dire.

    Scusa, disse Maddock. A Willis piace rimarcare l'ovvio. Come va lassù?

    Son qui. Proprio in quella, la radice cedette un po', facendola scendere di qualche centimetro. La sua facciata impertinente si dissolse in un grido da ragazzina che poi si trasformò in un acceso rossore quando si rese conto che non si sarebbe schiantata, almeno non stavolta.

    Vengo su ad aiutarti, disse Maddock. Non mollare.

    Avery scosse leggermente la testa, temendo che un movimento più ampio l'avrebbe finalmente  fatta cadere.

    Non puoi arrampicarti lassù! protestò Willis.

    Certo che posso. Torna indietro più alla svelta che puoi e porta Bones con un po' di corda. L'ho contattato per radio non appena l'ho vista, ma dubito che abbia ricevuto il messaggio. Maddock si era tolto le bombole e mentre le dava istruzioni stava già esplorando la parete in cerca di appigli.

    Avery si chiese se bones[1] era un qualche tipo di equipaggiamento da arrampicata o di salvataggio. Non riusciva a pensare a nessuna ragione per la quale Willis avrebbe dovuto portare delle ossa, a meno che non provassero a salvarla con qualche magia voodoo.

    Io l'ho ricevuto, il messaggio. Willis diede due colpetti alla sua maschera. Dolcezza! gridò verso Avery. Sai come tuffarti a palla di cannone[2]?

    Certo. La voce di Avery era così flebile che dubitava lui l'avesse sentita.

    Ottimo. Se scivoli, e non dico che succederà, vai a palla di cannone. Qualunque cosa succeda, non andare giù distesa. Capito?

    Avery annuì. Non voleva considerare la possibilità di una caduta, ma era grata per il consiglio. Diede un'altra occhiata in basso e vide che Maddock aveva già coperto buoni tre metri di parete.

    Ma cosa sei, una specie di ragno?

    No no, solo un SEAL. I fasci muscolari risaltavano sulle spalle e le braccia, rivelando lo sforzo della salita, ma l'espressione sulla sua faccia era rilassata. Allora, com'è che una ragazza carina come te finisce appesa in un posto così?

    Ho pensato di fare un salto, borbottò Avery. Era folle scambiare battute spiritose con questo tipo come se fossero degli studenti di college saputelli, ma serviva a tenere lontani paura e disagio. Aveva crampi ai muscoli e stava perdendo sensibilità nelle mani. Non ne aveva ancora per molto.

    Ti ha assunto Crazy Charlie? chiese Maddock mentre infilava le dita in una spaccatura nella roccia così leggera che Avery poteva vederla a malapena.

    Non conosco nessuno con quel nome. In realtà sono venuta per... La radice scivolò ancora, questa volta con l'accompagnamento di un suono come di qualcosa che si spacca. Avery aveva troppa paura per gridare. Rimase lì, boccheggiando. Il suo piede trovò una piccola fessura e ce lo premette sopra, più per esserne rassicurata che per il peso che poteva sopportare.

    Ci sono quasi. Maddock era forse a tre metri da lei adesso, ma era come se si muovesse al rallentatore. Non sarebbe mai arrivato in tempo.

    Nelle orecchie le rimbombava il ritmo del suo cuore. Era acutamente consapevole di una sensazione come di pelle scorticata contro legno liscio, del sudore freddo che gli colava dietro il collo, dell'odore di salmastro nel pozzo umido e del crac della radice che stava cedendo.

    Poi Maddock la raggiunse. Tirò fuori un coltello dall'aspetto minaccioso e lo infilò in una crepa proprio mentre la radice dava l'ultimo strattone.

    Avery sentì solo un momentaneo sbandamento, poi un braccio robusto la cinse alla vita. Fissò Maddock negli occhi, azzurri come il mare, e il panico si calmò.

    Ti tengo. Ma se potessi infilare le dita in quella crepa lì, aiuterebbe.

    Lei alzò lo sguardo e si accorse che il coltello stava reggendo gran parte del loro peso, anche se lui si reggeva ancora su piccoli appigli. Non riusciva a credere che ce l'avesse fatta fin lì, ma ora non c'era tempo per meravigliarsi. Infilò la mano sinistra in una crepa e avvolse l'altro braccio attorno a Maddock. Lo guardò, incerta su che cosa dire. Si era aspettata che non le sarebbe piaciuto, ma non ne era più così sicura.

    Come va? chiese Maddock, coi suoi grossi muscoli che tremavano e le nocche bianche per lo sforzo.

    Dipende da quanto ancora puoi reggere. Avery combatté contro la tentazione di guardare giù.

    Scherzi? Io sto qua fino alla fine.

    Avery si sforzò di sorridere e sentì di scivolare un pochino. Mi dispiace per questa situazione. Non era così che immaginavo il nostro incontro.

    Quindi non è che passi il tempo appesa alle pareti dei pozzi in compagnia di strani tipi?

    Le dita le scivolarono di nuovo e lei si domandò per un momento se non fosse il caso di lasciarsi andare. Era tutta colpa sua e non era giusto che Maddock pagasse per i suoi sbagli.

    Qualcuno ha detto 'appesa'? Proprio in quel momento vicino a loro fu gettata  una corda. Non preoccupatevi, non è un nodo scorsoio.

    Bones! esclamò Maddock. Era ora che arrivassi.

    Quando si dice l'ingratitudine. Adesso che ne dici se tu e la tua nuova amica afferrate la corda prima di cadere tutti e due?

    Avery allungò il braccio, lo infilò attraverso il cappio e poi afferrò la corda. Cominciò a salire e poi come d'incanto mani robuste la stavano deponendo su del terreno solido.

    I suoi salvatori sembravano gente dura. Uno di loro si presentò, un tipo robusto con corti capelli castani.

    Io sono Matt, disse. Questo qua è Bones.

    Bones era alto sui due metri, con bei lineamenti da nativo americano e uno scintillio malandrino negli occhi scuri. Portava i capelli lunghi, raccolti a coda di cavallo, e la sua t-shirt mostrava una giraffa con un fumetto che diceva Muu! Sono una capra.

    Maddock ha dovuto tornare giù per recuperare le bombole e l'altra roba, disse Bones. Con lui ci rivedremo al quartier generale, se così possiamo chiamarlo.

    Okay. Avery riusciva a parlare a malapena. Era ancora terrorizzata dal suo faccia a faccia con la morte ed era ancora esausta per la prova. Lei fa parte della squadra del signor Maddock?

    È il mio partner. O io sono il suo. Si fa un po' di confusione, a volte. E piantala col 'signor.' Lui si chiama Maddock, semplicemente. sollevò un sopracciglio. Ti chiami?

    Avery Halsey, rispose. Scusi, di solito sono molto più amichevole.

    Ricevuto. Bones la prese per un braccio e la guidò verso il sito di scavo. E comunque che cosa ci fa da queste parti?

    Se lei è il socio di Maddock, allora ho una proposta d'affari per voi due.

    Bones non interruppe il passo e neppure si voltò a guardarla, ma buttò indietro la testa e scoppiò a ridere.

    Ho detto qualcosa di divertente?

    No, rispose lui. È solo che ce ne fanno di continuo.

    Al sito li aspettava un gruppo piuttosto eterogeneo. Ne notò subito due, perché erano nativi americani. Una era una giovane donna attraente con un corpo da istruttrice di aerobica. Avery si domandò se per caso non fosse la fidanzata di Bones e trovò che il pensiero le dava una fitta di gelosia. E pensare che lo conosceva da due minuti appena.

    L'altro era un uomo sulla sessantina. Diversamente da Bones, i suoi capelli striati d'argento li portava lunghi sulle spalle, con una striscia di cuoio nero per tenerli indietro. Aveva un viso stagionato ma bello e, come Bones, aveva uno sguardo irridente. Portava giacca e cravatta, blue jeans e stivali da cowboy.

    Bones glielo presentò come suo zio, Crazy Charlie Bonebrake, e la ragazza come sua sorella, Angelica, o Angel, per farla corta. Ora che li vedeva insieme, la somiglianza era ovvia.

    Contenta di vedere che stai bene, disse Angel. La sua stretta di mano era ferma, quasi mascolina, ma lei era decisamente una femmina, anche se magari un po' sul genere maschiaccio.

    Non avevamo idea che qualcuno aveva messo piede sul sito, disse Crazy Charlie, un tocco di disapprovazione nella voce. Se Willis non ci avesse chiamati, non l'avremmo mai saputo.

    Ancora non ci credo che sono caduta. Vengo su quest'isola da quando ero bambina. Di solito non sono distratta.

    "Allora,

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