Ti aspetto a casa
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Anteprima del libro
Ti aspetto a casa - Martine Vanderschueren
Prima parte (1953-1971)
* 1953
Mi chiamo Elodie, ho otto anni e frequento la terza elementare in un college sulla costa in Belgio. I miei genitori abitano in un paesino molto piccolo che non ha neanche la scuola. Sono entrambi sarti, mio padre disegna modelli di abiti per i grandi magazzini e mia madre li realizza. La nostra casetta ha un bellissimo tetto di paglia ed è circondata da un grande bosco. Su consiglio del dottore che mi riscontra sempre tonsilliti ricorrenti, i miei genitori hanno deciso di iscrivermi in questo college che, trovandosi in riva al mare, ha il privilegio di godere di un’aria carica di iodio che dovrebbe giovare ai miei malanni.
Ora è il terzo anno che sto qui. Torno a casa solo durante le vacanze scolastiche come la maggior parte di noi. Mi trovo bene. Ho un sacco di amiche e loro, insieme alle suore che gestiscono il college, specialmente la vecchia Suor Carmen, sono diventate la mia seconda famiglia. Ovviamente mi mancano i miei genitori ma quella che mi manca di più è Bubu, la mia cagnolina. .
Tra un paio di giorni iniziano le vacanze estive e non vedo l’ora di tornare a casa. Come di consueto, tornerò a casa in treno, accompagnata da una delle allieve più grandi che abita nelle mie vicinanze.
Qui le giornate sono scandite da un ritmo molto preciso. Dormiamo in camere a due o tre letti. Fortunatamente questo college è un posto privilegiato, è piccolo e non ha le grandi camerate. Quando suona la sveglia ci dobbiamo lavare e vestire e, in fila indiana, scendiamo di sotto in refettorio.C’è sempre un grande baccano di voci durante i pasti perché si radunano tutte le allieve. Dopo colazione, possiamo uscire in cortile e aspettare la campanella che indica l’inizio delle lezioni. Le ragazze che sono esterne arrivano in classe insieme a noi. Loro hanno il privilegio di tornare a casa tutti i giorni perché abitano vicino. Un po’ sono invidiosa perché sono avvantaggiate avendo l’aiuto dei genitori per i compiti e altre cose. Per le lezioni di maglieria, per esempio, dobbiamo sferruzzare per creare una sciarpa ma io, da quando è iniziato il corso, non riesco ad andare avanti con il mio lavoro, vedo che non è fatto bene, è duro e non avanza in lunghezza invece loro tornano con un bel pezzo fatto in modo impeccabile. Sicuramente saranno state aiutate dalla mamma.
Comunque io sono molto brava nelle altre materie. Mi piace la matematica e la geografia e la suora mi loda sempre quando faccio un tema perché ho molta fantasia e scrivo bene.
La mia migliore amica si chiama Veronique. I suoi genitori lavorano in Africa in Congo e lei neanche durante le vacanze scolastiche può tornare a casa e la cosa mi rattrista molto. Fortunatamente sono molte le ragazze come lei dunque alla fine non rimane mai sola.
Durante la ricreazione, possiamo uscire in cortile e giocare. Il nostro gioco preferito è quello dell’elastico: una fa i saltelli secondo una sequenza stabilita tra noi e le altre tengono tirato l’elastico con le gambe divaricate. Si inizia con l’elastico all’altezza delle caviglie, poi via via viene sollevato sulle varie parti del corpo. È molto divertente quando lo alziamo fino al collo. L’altro gioco che amo è quello della campana con le caselle disegnate a terra. Si lancia il sassolino sul primo quadrato, poi si avanza saltellando fino all’ultima casella, un piede solo nelle caselle singole, due piedi nelle caselle doppie, senza toccare le righe e senza cadere, poi si raccoglie il sasso e si torna indietro, non ci annoiamo mai. All’ora di pranzo, torniamo nel refettorio, purtroppo spesso dobbiamo mangiare cose che non ci piacciono, come i cavoletti di Bruxelles che rimangono nel mio piatto fino all’ultimo ma capita anche che ci fanno mangiare le patatine fritte che sono molto buone, anche meglio di quelle di mamma. Dopo pranzo, la suora ci accompagna in riva al mare dove, anche d’inverno, possiamo giocare sulla spiaggia. Penso a quanto sarebbe contenta Bubu di correre sulla sabbia, io sono abituata al bosco e ai prati, ma anche il mare è molto bello. Dopo circa un’ora, torniamo a scuola per le lezioni pomeridiane, finiamo verso le 16:00, quella è l’ora che preferisco perché in refettorio le suore ci distribuiscono le merende. Ognuna di noi possiede una scatola con delle leccornie che i genitori mandano a scuola. La suora, con molta parsimonia, ci dà qualcosa ogni giorno, io condivido sempre le mie con Veronique perché lei non ne ha visto che i genitori sono all’estero. Le mie preferite sono gli orsetti di gomma, gli speculoos e i nic-nacs sia sotto forma di lettere sia con lo zucchero di colore bianco, giallo o rosa sopra.
Dopo la merenda, possiamo andare a giocare, poi ci riportano in classe per fare i compiti. Ovviamente siamo in poche perché le ragazze esterne tornano a casa. La suora che ci sorveglia non mi piace. Sono contenta che tra qualche giorno finisca l’anno scolastico così non la rivedrò per un po’. Finalmente quando finiamo possiamo tornare a giocare. Spesso giochiamo a mosca cieca o a ruba bandiera e corriamo per tutto il cortile. Quando arriva l’ora della cena, ci ritroviamo in refettorio con la speranza che troveremo il cibo che ci piace, ma come spesso accade non è così. Il problema è che la suora ci obbliga a mangiare tutto anche se non è di nostro gradimento, ma con Veronique e le altre mie amiche cerchiamo sempre di fare uno scambio senza farci vedere.
La sera, possiamo andare a scegliere qualche libro nella biblioteca ed immergerci nella tranquillità e nelle storie fantastiche che leggiamo.
Quando vado a dormire, faccio una preghierina per far star bene i miei genitori e Bubu e poi a letto, dove quasi istantaneamente vengo catapultata nei miei sogni.
***
«Sei pronta?»
Alexandra mi guarda con fare interrogativo. È la ragazza che mi deve accompagnare sul treno per tornare a casa. Lei abita a pochi chilometri da casa mia e da sempre fa in modo che arrivi a casa senza problemi. Prendiamo lo stesso treno e lei scende circa dieci minuti prima di me, poi io continuo da sola, è facile.
Abbraccio Veronique, la rivedrò solo dopo le vacanze, sono triste da un lato ma dall’altro sono contenta di tornare a casa. «Arrivo!»
Prendiamo i nostri bagagli che sono veramente pochi perché a scuola indossiamo sempre l’uniforme e ci incamminiamo verso la stazione. La piccola stazione brulica di gente che spinge, urla e gesticola.
Il treno arriva con uno sbuffo e saliamo nella prima carrozza. Riesco a infilarmi tra la folla e trovo un posticino su una panchina già occupata da due donne in carne, una di loro mi guarda sott’occhio, non mi sento a mio agio, mi tolgo la giacca. Oggi indosso dei pantaloni di velluto a coste marroni con un maglione giallo che contrasta perfettamente con i miei capelli castano scuro quasi neri e i miei occhi azzurri. Mi sento arrossire fino alle orecchie, non mi piace l’esame della donna e mi mette a disagio, fortunatamente dopo alcune fermate, lei scende e la mia amica Alexandra può venire a sedersi accanto a me. Dopo un'ora dobbiamo cambiare treno e finalmente c’è aria di casa.
«Mi raccomando» mi dice Alexandra, «tra tre fermate devi scendere, non ti sbagliare! Buona vacanza piccola!»
Mi dà un bacio sulla guancia e scende dal treno.
Rimango da sola ma sono eccitata dal fatto che tra poco arrivo anche io.
La stazione non è cambiata, è sempre circondata dagli stessi alberi, dagli stessi fiori. L’aria profuma di pino perché dietro c’è una enorme foresta che conosco bene. Annuso l’aria con soddisfazione, salto sulla piattaforma e mi dirigo verso l’uscita. Il capostazione mi manda un cordiale saluto.
«Buongiorno Elodie! Sempre così graziosa e gioiosa come ti ricordo!»
«Buongiorno signor Etienne! Si, sono molto contenta, ho due mesi e mezzo di vacanza, vi rendete conto?»
«Certo! Fai presto a tornare a casa, la tua cagnolina ti aspetta!»
Non me lo faccio ripetere, di corsa seguo il sentiero che si snoda nella campagna. Passo vicino ad un piccolo ruscello che si riscalda al sole. Rane e rospi si addormentano sotto i raggi infuocati del pomeriggio. Un coniglio corre via proprio davanti ai miei piedi. Lancio un grido di sorpresa.«Mi hai spaventata! Perché scappi? Non ti farò del male!»
Continuo per la mia strada canticchiando. Su, tra gli alberi, gli uccelli sibilano senza fiato. Un piccolo scoiattolo mi guarda sorpreso dimenticando di mangiare la nocciola spezzata.
«Ciao scoiattolo » gli dico ridendo. «Non mi riconosci? Quindi sono cambiata tanto?»
Riconoscendo la mia voce, si muove agilmente lungo il tronco del nocciolo e si appollaia sulla mia spalla.
«Ah...ecco» gli dico accarezzandogli la coda. «Sei sempre così bello, dai continua il tuo lavoro, devo tornare a casa.
A presto!»
Continuo la strada saltellando. Alla fine del sentiero, mi appare la mia casetta con il tetto di paglia. «Finalmente ! Sono a casa ! Bubu!» Immediatamente la porta d’ingresso si spalanca e il cane felicissimo mi salta in braccio abbaiando. «Calma, calma, dolcezza. Mi hai leccato la punta del naso. Dai, fermati che devo abbracciare mamma e papà!» Mi segue come un'ombra mentre entro in casa.
«Ciao mamma, ciao papà...come sono contenta di rivedervi!» Mi baciano e mi accarezzano i capelli. «Come sei cresciuta» mi dice mamma. «Ma sei dimagrita. Le vacanze ti faranno bene.» «Siamo felicissimi che tu sia qui» mi dice papà. Non so perché però, avverto qualcosa di strano. Sono entrambi un po’ distanti e la loro voce è neutrale e senza enfasi ma credo che sia perché sono stanchi. Loro lavorano sempre troppo.
«Bene» mi dice mamma «Perché non vai a fare un giro con Bubu, nel frattempo metterò la tua roba a posto.»
«Bubu, andiamo!»
La mia cagnetta non se lo fa dire due volte e in pochi balzi si avvicina a me. Le accarezzo i bei peli setosi.
«Sei un cane meraviglioso, ti ho pensato durante tutto il quadrimestre. Ecco perché i miei voti non sono dei migliori. Questo college! Vorrei tanto stare sempre qui con te! Andiamo!»
***
Prendiamo il sentiero che si insinua nel bosco. Gli alberi brulicano di uccelli che cantano a squarciagola. Mi siedo per un momento sul ciglio del sentiero vicino ad un ruscello che mormora tra l’erba. Bubu si sdraia vicino a me. Tutto è calmo e riposante. Improvvisamente un cavallo lanciato al galoppo appare non lontano da noi. Non ho il tempo di trattenere il cane che parte all’inseguimento del cavallo.
«Bubu, Bubu!!» grido con disperazione ma il cane fa orecchie da mercante. Spaventato il cavallo fa una sterzata e fa cadere il suo cavaliere che