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Osservazione operativa: Strategie e applicazioni
Osservazione operativa: Strategie e applicazioni
Osservazione operativa: Strategie e applicazioni
E-book165 pagine2 ore

Osservazione operativa: Strategie e applicazioni

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Info su questo ebook

Osservare ciò che ci circonda è un atto naturale che facciamo dal

primo giorno della nostra vita, ma farlo in modo costruttivo lo diviene

con la crescita. Rendere poi l'osservazione uno strumento professionale,

a scopo di servizio operativo con fine strategico, è quanto di più

faticoso e complesso una persona possa mettere in atto. Perchè coinvolge

aspetti psicologici, fisici e soprattutto tale funzione è soggetta a

molte variabili ambientali. Vi sono tuttavia alcune tecniche di base che

aiutano a muovere i primi passi con questo importante strumento. Tutto

questo viene proposto in questo libro con lo scopo di fornire agli

operatori, soprattutto a coloro che muovono i primi passi nei servizi

operativi privati, uno stimolo a cimentarsi ad uno studio e

addestramento ancor più approfondito. Comprendendo quindi che attraverso

la preparazione tecnica e pratica dell'osservazione operativa si può

migliorare il risultato di un servizio e soprattutto si garantisce

maggiormente l'incolumità, sia personale che collettiva. Arrivando,

durante la propria carriera, ad un modus operandi ottimale in quanto

frutto di una tecnica plasmata secondo le proprie attitudini personali.
LinguaItaliano
Data di uscita5 ago 2021
ISBN9791220337038
Osservazione operativa: Strategie e applicazioni

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    Anteprima del libro

    Osservazione operativa - Emanuele Pellicci

    L'Osservazione

    L'atto di osservare è soggetto a molti elementi disturbanti che ne influenzano l'efficacia. Il tipo di ambiente in cui ci troviamo, l'orario, la nostra condizione psicofisica e altre variabili nate casualmente sul momento e che portano distrazione. Molte differenze possono avvenire tra un osservazione statica (esempio piantonando un'area specifica) oppure dinamica (come un pedinamento di un soggetto). Quindi è necessario stabilire delle linee di base a cui attenersi e da cui non discostarsi, salvo emergenze o motivi operativi prioritari.

    Elementi psicofisici dell'osservazione

    In molti ambiti militari e delle forze dell'ordine vi sono addestramenti particolari per poter adeguare il proprio fisico e la propria mente a gestire situazioni di stress. In questi ultimi anni diversi istituti di formazione privata hanno diffuso anche nel contesto privato della sicurezza certe tecniche utili al mantenimento del buon servizio operativo. Partendo da un osservazione, statica o dinamica che sia, è necessario imparare ad ascoltare le proprie spie fisiche e mentali, ovvero segnali che indicano una necessità di variare ciò che stiamo facendo, altrimenti calerà l'intensità dell'attenzione. Prendiamo per esempio un operatore che nota il passaggio di un soggetto che risponde a determinate caratteristiche di soggetto sospetto e magari l'operatore si trova in ambiente ricco di distrazioni, come un centro commerciale che porta a stress visivo e uditivo. In questa dinamica l'operatore probabilmente entrerà immediatamente in uno stato giallo (Codice a colori di Jeff Cooper – vedi figura in capitolo immagini), dove il consumo delle sue risorse psicofisiche aumenterà in modo significativo rispetto ad alcuni secondi prima, quando era semplicemente un osservatore passivo. Questa nuova modalità non potrà durare molto a lungo, nonostante la buona salute e l'effettivo riposo precedente. Quindi dovrà prestare costantemente attenzione alla propria modalità di respiro intervenendo con una così detta respirazione operativa/tattica, per consentire all'organismo di mantenere sufficienti livelli di efficienza. Se la gestione psicofisica è ottimale il nostro operatore in questo momento ha estrema lucidità ed è in grado di assorbire nel modo migliore ogni dettaglio dalla sua azione osservativa. Egli è al tempo stesso recettivo sotto ogni forma, quindi anche preparato a interagire con un soggetto ostile percependo in modo immediato ogni tipo di eventuale comunicazione (sia verbale ma soprattutto non verbale). Questa particolare modalità operativa ha un costo e a presentare il conto sarà molto presto l'adrenalina. Di fatti essa sta scorrendo velocemente nel corpo dell'operatore in fase di azione operativa e tale condizione è logorante, portando in tempi previ l'operatore in uno stato di recoil da adrenalina. In concreto il nostro operatore percepirà un senso di estrema e improvvisa spossatezza fisica e mentale. Una sensazione sul momento ingestibile e che porta inevitabilmente allo stato rosso, nel quale l'azione osservativa è pressochè inibita e del tutto inutilizzabile. E questo passaggio non è più controllabile dal soggetto in quanto il cervello aziona la sua parte atavica e la volontà di autocontrollarsi è disattivata completamente. Da quell'istante le nostre spie psicofisiche di avvertimento sono ormai inutili. Ecco perché è fondamentale fin dal primo secondo in cui si entra in un osservazione attiva, magari con un codice giallo, monitorare la nostra condizione psicofisica. Di fatti ci troviamo nel punto cruciale dove far riferimento giustappunto alle spie. Ad esempio l'ascolto fondamentale della nostra respirazione, che essa sia a un livello accettabile e non porti all'irregolarità respiratoria, perché in tal caso si deve subito contrastare l'anomalia con la respirazione tattica. Inspirazione lenta di circa 5 secondi, alla fine dell'inspirazione lenta fare pausa respiratoria di 5 secondi, poi espirazione lenta in 5 secondi per fare una pausa respiratoria di 5 secondi. Immaginiamo un circuito respiratorio a quadrato (respirazione quadratica). Cicli da ripetere 5 volte, non di più e non di meno. Quando la capacità osservativa operativa risulta però compromessa: fermati, respira, pensa e agisci. Mantieni quest'ordine a qualsiasi costo! E la respirazione ristabilirà in alcuni secondi un funzionamento psicofisico più adeguato alle nostre necessità operative. Purtroppo talvolta diventa complicato dare spazio a tale respirazione o all'ascolto delle nostre condizioni psicofisiche perché eventi disturbanti, come un'improvvisa corsa oppure una dinamica stressor in svolgimento (furto, aggressione, ecc), portano a mettere in primo piano altri fattori operativi. Ciò nonostante è vitale, per l'operatività, riuscire anche solo per un paio di secondi a focalizzare il nostro stato psicofisico, perché questo è ciò che determina un buon servizio operativo ma soprattutto è ciò che in certe situazioni vi fa tornare a casa specie se siate sopraffatti dagli eventi. A proposito di focalizzare è utile fare un cenno all'effetto tunnel (vedi figura in capitolo immagini). Il nostro cervello elabora la visione suddividendo ciò che rientra nel nostro campo visivo in aree ben precise. Ogni area ha priorità e funzioni specifiche ed esse sono direttamente gestite dal cervello. E' opportuno comprendere che vediamo il mondo da un'area centrale proiettata davanti a noi, nella quale cogliamo i dettagli, e un'area di visione periferica dalla quale cogliamo unicamente i movimenti generici che avvengono intorno a noi. Questa modalità ordinaria di funzionamento viene automaticamente modificata dal cervello in situazioni di stress. Possono chiaramente essere date da operatività pericolose oppure da operatività che richiedono un immediato apporto di processo attentivo alla dinamica in corso. Ecco per esempio che un operatore che nota un soggetto che sta occultando qualcosa all'interno di un giubbotto, porterà il nostro operatore ad attivare immediatamente una visione a tunnel dove per alcuni istanti il cervello ottimizzerà la situazione non prendendo più in considerazione la visione periferica ma riversando tutta la propria capacità osservativa nell'area centrale. Questo, per quanto utile al servizio, comporta però tre elementi penalizzanti di altro tipo, ovvero il campo visivo è drasticamente ridotto (quindi un aggressione laterale non è percepibile), perdita della visione ravvicinata (saranno sfocati gli elementi da gestire innanzi a noi), perdita della percezione di profondità (sarà più complesso per esempio stabilire in un verbale a che distanza si trovavano certi elementi, o ancor peggio sarà più difficile reagire a un aggressione non potendo stabilire immediatamente a che distanza dal noi si trova l'elemento offensore). La visione a tunnel è una modalità che prima o poi un operatore dovrà saper gestire a proprio vantaggio e soprattutto rendersi consapevole di quando egli sia inesorabilmente soggetto a tale fenomeno. Ricordiamoci in conclusione che la preparazione, la formazione e l'esperienza dedicata alla conoscenza delle due nostre armi operative principali, ovvero il fisico e la mente, devono essere il primo strumento da mettere nel nostro zaino tattico quanto andiamo a svolgere un servizio.

    Elementi di tecnica dell'osservazione operativa

    Come già accennato c'è un importante relazione durante la fase di osservazione, di qualsiasi livello e intensità, tra il nostro apparato psicofisico e il metodo con cui lo mettiamo in funzione. In particolare vi è la necessità di monitorare i nostri livelli attentivi e le riserve che ci consentono di svolgere un servizio in modo ottimale. Le tecniche di autocontollo ci sorreggono in questo sforzo e ci mettono in preallarme nel caso in cui dovessimo intervenire per ristabilire la corretta potenzialità psicofisica. Vi sono tuttavia le tecniche operative durante il servizio che hanno importante funzione di prevenire un dispendio inutile di energia per la fase di osservazione. Queste tecniche sono quasi sempre parte del bagaglio privato ed esperenziale dell'operatore e tali metodologie vengono talvolta trasmesse dalla propria struttura di lavoro, tra un team soprattutto, per condividere conoscenze e nozioni. Di fatti non è auspicabile divulgare pubblicamente e in modo palese determinate tecniche perché in fin dei conti andremmo ad aiutare la controparte criminale, verso la quale invece intendiamo agire in modo efficace senza regalare nessun vantaggio. Tuttavia alcune nozioni di base possono essere qui prese in considerazione per far comprendere al nuovo operatore che è da una base tecnica generale che egli deve costruire il proprio servizio futuro. Una tecnica di tipo generale, una fra tante, è per esempio quella dell'appostamento occultato in ambiente pubblico di tipo commerciale (supermercato, gallerie commerciali, parcheggi, aree di afflusso e deflusso, ecc), che deve poi passare spesso per motivi contingenti di servizio da una dinamica generica a una estremamente specifica. Per esempio quando un servizio inizia con l'ispezione generale di un ambiente e passa poi improvvisamente nel dettaglio delle informazioni su un soggetto sospetto. Per consentire alle nostre necessità osservative di essere più efficaci sarebbe buona norma plasmare le tecniche di servizio con le effettive circostanze di tempo e luogo, possibilmente eseguendo anche un sopralluogo preventivo in campo per pianificare meglio eventuali accorgimenti tecnici di sicurezza. Perché la regola generale di essere posizionati in buona copertura da oggetti o altre persone può essere migliorata se non vi sono per esempio intorno a noi vetrine o superfici riflettenti (che segnalerebbero la vostra presenza a eventuale soggetto criminale, particolarmente esperto e che è ben preparato a tali accortezze). Diventa fondamentale costruire una propria tecnica specifica per ogni specifico servizio che si deve svolgere. E con il tempo, quando i risultati arriveranno perché si otterranno le prove che la nostra osservazione ha realmente colpito il bersaglio giusto, allora sarà opportuno incamerare nel nostro modo di lavorare quel tipo di tecnica. Ed essa sarà solo nostra. Non per egoismo ma perché quando la singola tecnica arriva a essere molto precisa e raffinata, e soprattutto efficace, sarà essa una metodologia che avrà assorbito inevitabilmente anche i nostri aspetti psicofisici soggettivi. Le nostre potenzialità in determinati luoghi e orari saranno diverse da quelle dei nostri colleghi, quindi non tutto è generalizzabile e trasmissibile come una nozione teorica. E' in campo a emergere la differenza. In definitiva una tecnica generale è sempre applicabile ma perché essa divenga una tecnica particolarmente efficace deve divenire una tecnica personale. Aggiungo un aneddoto per far comprendere ancor più quanto sia fine, ma al tempo stesso forte, il nesso tra tecnica personalizzata e tecnica generale. Stavo svolgendo un servizio di tipo investigativo privato per conto di un committente che aveva rilevato un problema di ammanco merceologico in uno dei suoi famosi punti vendita. Una delle varie tecniche osservative, per comprendere intanto che tipo di movimento avvenisse in quell'ambiente, era un classico appostamento con finalità osservativa. Dopo un sopralluogo decisi in che punto potevo avere una buona visuale senza subire eccessive distrazioni o disturbi sia dai passanti che dall'ambiente in generale. L'area prescelta era un disimpegno tra l'atrio di ingresso del punto vendita e il corridoio interno dei dipendenti. Purtroppo il giorno del servizio non avevo considerato che vi era un intervento di elettricisti proprio sui pannelli del luogo dove avrei dovuto fare osservazione operativa. Il luogo prescelto era saltato e non avevo molto tempo per riformulare la cosa. Quindi la tecnica generale non avrebbe funzionato completamente. Tuttavia con il tempo avevo personalizzato a mio modo quella tecnica osservativa a intersezione tra due ambienti (atrio e corridoio nel caso specifico) trasformando inoltre una modalità di servizio occultata in modalità di palese mia presenza. Può essere un paradosso ma in alcune dinamiche tanto più è ovvio che vi è la mia presenza e meno essa desta sospetto (interazione questa con altro tipo di tecnica operativa). Tuttavia anche il mio modus operandi e relativo atteggiamento avrebbero dovuto essere differenti dalla tecnica generale di osservazione e quindi, assicurandomi che il responsabile della struttura avesse capito che io ero in servizio, così da non creare fraintendimenti o allarmismi nella struttura, svolsi una

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