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Ho ritrovato la voce
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E-book262 pagine3 ore

Ho ritrovato la voce

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Info su questo ebook

La ricerca entusiasmante di cosa

significa scoprire o meglio,riscoprire il talento. Un'avvincente

biografia di un'artista, una preziosa guida per una voce che va di pari

passo con la vita, ne scandisce i ritmi, ne segna i cambiamenti, ne

evoca i ricordi. Un bellissimo libro da leggere: per darsi

un'opportunità, per ascoltarsi, per apprezzarsi,per valere. Ogni persona

è originale e in essa è nascosta la perla più preziosa: la propria

personalità, un tesoro intangibile, un talento unico e irripetibile. In

questa perla è nascosta una scintilla divina. La Biografia racconta da

dove è partita la voce, com'è cambiata nel tempo, dov'è arrivata. Vi

narrerà la sua avventura e la sua metamorfosi. Come inseparabili

compagne, nel mare calmo e burrascoso della vita, la voce e l'autrice si

imbatteranno in nuovi traguardi da raggiungere, perché un vero viaggio,

per dirsi tale, ha un inizio, ma mai una destinazione.
LinguaItaliano
Data di uscita22 ott 2021
ISBN9791220364027
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    Anteprima del libro

    Ho ritrovato la voce - Marilena Marino

    1 La voce: assenza presenza in un'esperienza di vita

    Dal buio alla luce, dal caos all‟esistenza

    Ero come una massa informe di doni che non sapevo neanche si chiamassero doni, talmente frammischiati di fango umano, vizi e pubbliche virtù, difetti conditi per lo più da una dose inaudita di timidezza, che difficilmente, riuscivo a giostrarmi nel marasma di sentimenti che avevo dentro.

    Come un poppante terrorizzato che si mette a farfugliare confusi vagiti e rigurgiti d‟incerte vocali, percuotevo l'aria col primitivo vocabolario di alcune parole che portavo sempre con me, forte, soltanto, della speranza nel domani, caricandomi sulle spalle il marsupio di un'infanzia e un‟adolescenza oscillante, trascorse in moto fluttuante e, come galleggiante sospeso, tra l‟amaro e il dolce fluire della vita...

    Ricordo che l'unico strumento sicuro a disposizione che mi permettesse di veicolare genuinamente col mondo esterno, era la voce.

    E che voce!

    Morbida, avvolgente, calda e cristallina, che riuscivo a modulare in talentuose note, apostrofando, con maestria, versi d‟innumerevoli canzoni, intonate, a detta di molti, anche molto bene!

    I gusti son gusti e, in fatto di voci, ognuno ha il suo.

    Sono sicura che piacesse a tanti, il mio modo di cantare! Anche quando, da bambina, allestivo di punto in bianco per i vicini, splendidi concertini in cima a una sedia.

    Mi muovevo con disinvoltura, come una provetta ballerina, davanti agli occhi sgranati dei miei parenti che non perdevano occasione di venir alle feste, ad ascoltare un‟esuberante Shirley Temple di provincia! Magari, era spesso criticata perché rubavo sempre la scena agli altri…

    Bè, che colpa ne ho io, dicevo tra me e me… Possono provarci tutti, a far vedere quanto valgono… Avanti, su, coraggio, signori e signore… dimostratelo! Salite su questo palco...

    Questa ero io, e se anche a qualcuno non potevo piacere per la mia spavalderia, ero comunque io e quella, era, nonostante tutto, la mia voce, la stessa di cui mi vantavo grandemente e di cui andavo molto fiera!

    Gli applausi scroscianti erano sempre il gradito regalo per il gran finale: mi stupivo di come riuscissi a ricordare alla perfezione tutte le canzoni trasmesse dalla televisione.

    Si trattava di un canto veramente virtuoso, di un carosello brillante e vivace che offrivo agli astanti, come un colorato ventaglio che, a suon di ariose note, sventolava sugli spettatori e sulle spettatrici dai buffi baffi e dalle paffute guance ricolme di cipria!

    Sì, perché, i nonni e le nonne assomigliavano, proprio, a dei curiosi personaggi usciti da certi impolverati quadri stile ottocento, con tanto di doppiopetto, pizzi, merletti al seguito, come se venissero a teatro, e, dopo essersi seduti sulle sedie di velluto, si preparassero eccitati, ad ascoltare il mio concertino, come un‟opera di musica classica!

    Evidentemente, a giudicare dal successo che riscuotevo, intuivano, che in me, ci fosse qualcosa di particolare!

    A quell‟età, non sapevo neanche di possedere, in coscienza, quella splendida voce!

    Fino a quando, arrivata l‟adolescenza, mi sentii in grado di gridare, felice, a tutti, a squarciagola, come una liberazione:

    Sono libera, finalmente! Posso fare, adesso, quello che mi pare, cantare quello che mi piace e andare dove voglio!

    Fu così che, la dolce cinciallegra, si tramutò in ribelle felino!

    Grande onore alla voce, dunque!

    Essa fu per me, il dolce vincolo che si rannodava alla gente, il ponte che permise di collegarmi al loro cuore e instaurar la prima acerba forma di dialogo col pubblico.

    Che spettacolo!

    Respiro dell'anima, libera farfalla colorata, fu per me la voce!

    Sentivo, nel profondo, di ringraziare, assai, mia madre, per avermi partorito sotto la buona stella, chiedendole spesso da chi avessi mai ereditato quel talento!

    Se lei avesse pensato agli anni che avrei trascorso più tardi in esilio volontario, lontano dalla mia casa, non avrebbe magari gioito tanto, per il giorno dei miei natali e per quella stella, la stessa, che si accendeva ogni volta quando salivo sul palco!

    I miei genitori non mi avrebbero mai immaginata in un‟altra città, anche se si auguravano uno splendido futuro per l‟unica figlia femmina che avevano e che rallegrava quella casa con le sue canzoni e i suoi sogni di gloria!

    Dal palcoscenico alla penna, dal teatro alla scrittura, la voce si trasformava spesso in creatività, altra grande e preziosa alleata di vita: ne avevo estremo bisogno per combattere soprattutto una certa forma di pigrizia che mi sorprendeva, alcune volte, non permettendomi di metter mano a certi progetti che avevo in mente di portare a termine.

    Forse dietro quella mollezza di azione si nascondeva la paura?

    E quale paura?

    Provavo una sorta di straordinaria resistenza, per esempio, nel rileggere testi di canzoni o di qualsiasi pagina da me scritta: credo fosse la paura dell‟autocritica e del giudizio degli altri!

    Forse ero troppo esigente con me stessa o, probabilmente, c‟era stato, in passato, qualche sporadico episodio che aveva urtato profondamente la mia sensibilità.

    Ora che ricordo, in un quaderno che aveva in copertina un bellissimo uccello del paradiso dai mille colori, una volta, scrissi una lettera agli zii d'America.

    Che curiosa missiva era!

    Diversa dai comuni messaggi che si mandano solitamente per comunicare o ricevere informazioni dalle persone!

    Ispirata da quel bellissimo disegno, per scrivere, utilizzai un linguaggio, sin d‟allora, molto poetico, suggestivo, anche un po' surrealista, che si perdeva nella descrizione della natura, dei sentimenti, esplorando persino alcuni stati d‟animo; insomma, tutte sensazioni che a me piacevano davvero assai, perché, quello, era il mio modo di esprimermi e lo trovavo molto naturale!

    Questo, però, fu tante volte, motivo di profonda ironia da parte di chi leggeva le mie lettere prima che fossero spedite!

    Non è scritto da nessuna parte, però, che bisogna solo parlare di cose pratiche o descrivere il quotidiano vivere, per mettersi in relazione con gli altri in una lettera, tanto più che vedevo raramente i miei parenti d‟oltre oceano! Mi sembrava abbastanza romantico, quindi, poter loro raccontare di come mi sentissi in quel periodo, cosa facessi di bello, invece di starli ad annoiare con altri tipi di discorsi…

    Be‟, sta di fatto, che questi episodi canzonatori, farciti d‟ironia e pungente sarcasmo, influenzarono parecchio la mia personalità, lasciandomi delle ferite in fatto di autostima e, persino, un recondito timore del giudizio altrui.

    Nei dialoghi che si tengono spesso in alcune famiglie, la materia di discussione di solito è: il denaro, il risparmio, la concretezza della vita, la fatica del vivere, la routine di tutti i giorni, la noia.

    Ritengo invece sia fondamentale aprirsi ad argomenti più profondi, più edificanti, specialmente riguardo a tematiche come: il senso della vita, la bellezza di sedere attorno a un tavolo assieme, in famiglia, per esempio… la gioia di stare con i figli, condividerne i problemi, scherzare anche un po', parlare di quel che fanno gli amici...

    Nella mia casa d‟infanzia, notavo spesso, che rari spazi si concedevano alla fantasia, alla leggerezza, anche se i miei genitori erano persone molto intelligenti, spiritose e anche fantasiose!

    Quelle che mia madre, però, definiva spesso sciocchezze di vita, per la sottoscritta, invece, erano cose, davvero importanti: mi arrabbiavo spesso, infatti, dentro di me, perché, mentre esteriormente, da una parte, ero sempre gratificata per le esibizioni canore, dall‟altra, invece, non mi veniva riconosciuto un aspetto interiore del carattere a cui tenevo molto, che era quello più marcatamente sensibile e delicato!

    Mi sarebbe piaciuto avere più intimità con lei, per esempio, averle confidato certi miei segreti, ma, evidentemente, non c‟era alla base l‟educazione storica per condividere certi aspetti… forse, era vissuta in altri tempi e, a sua volta, non aveva avuto neanche lei, un rapporto di stretta confidenza col proprio genitore!

    I miei amati fratelli maschi che amavo moltissimo, non potevano essere sempre gli amici più fidati…

    Erano presi dai loro impegni, e, così, spesso, mi rifugiavo nei miei tranquilli silenzi, per meditare.

    Stavo cercando intorno a me un ambiente più aperto, che mi consentisse di poter cantare, scrivere, creare e vivere appieno la dimensione universale della voce!

    A fasi alterne, come una luce opaca che offusca la mente, avvertivo come la libertà di pensiero, l‟espressione della fantasia, il respiro dell‟anima, fossero soffocate all‟istante, nel momento in cui avvertivo, attorno a me, certe tensioni nell‟aria, che non mi permettevano più di spaziare dove volessi.

    Lontano da certe forme materialistiche di vita, come, ad esempio, l‟attaccamento al denaro, la fatica del risparmio, certi tipi di affanni inutili, il grigiore di alcune ripetitive discussioni...

    Questo contribuiva a farmi sentire prigioniera di un destino senza via d‟uscita: era come avere sulla testa un cielo chiuso e, per tetto, ammassi di tegole e grondaie ripiegate su se stesse.

    Anelavo ad una specie di emancipazione etica, diciamo, volevo sentirmi libera anche dai condizionamenti di una mentalità maschilista!

    Ciò incise molto nella formazione della mia personalità, non che in quella casa non ci fossero sprazzi di genuina e pura genialità o momenti di grande condivisione, anzi!

    Ogni tanto quel tetto si scoperchiava e le tegole si schiudevano, cadevano per terra come squame di pelle che lasciavano il posto alla nuova ricrescita.

    La memoria mi viene incontro felicemente, in momenti in cui mi sorprendo a ripensare ai miei genitori, per esempio; a quando, a loro modo, riuscivano a far riecheggiare di risate e di stornelli paesani, intere giornate trascorse in campagna.

    Che nostalgia!

    Com‟erano belle quelle mattine riscaldate dal sole d‟autunno, quando l‟allegria del mosto dell‟uva nei tini si faceva odorare e bere, con tanta spumeggiante ebbrezza!

    Ci radunavamo tutti insieme nell‟aia, per gustare un croccante pollo arrostito allo spiedo, preparato per l‟occasione dagli zii.

    Ci sorprendevamo affannosamente a rincorrerci tra cugini, giocando a nascondino fino a sera, dopo aver sgranocchiato, volentieri, calde spigole di grano cotte alla brace…

    Non c‟era, in quei momenti, nessuna nube scura all‟orizzonte, si pensava a restare, così, felici, uniti, incuranti del tempo che passava, ascoltando le lunghe chiacchierate di mio padre che si raccontava nei suoi mitici aneddoti di vita, le sue esperienze passate a lavorare duramente all‟estero e, poi, in Italia…

    Era spiritoso, il mio papà, e tratteggiando il suo rugoso viso col pennello dei ricordi, mi veniva spesso alla mente quella naturale simpatia che suscitava nelle persone, quando irrompeva, nel bel mezzo del discorso, in certe fragorose risate che lo rendevano anche affascinante, a suo modo!

    Ai miei occhi assomigliava a un mitico eroe, a un impavido soldato di guerra che riusciva sempre a farla franca, nonostante i clamorosi bombardamenti cui era andato incontro…

    Era veramente un bel tipo, sì, e assieme a mia madre, formavano un‟atipica coppia o, sull‟orlo sempre di una crisi di nervi, o in preda a una serafica pace momentanea, ma, comunque, avvinghiati eternamente a un‟esagerata, viscerale e tenera forma di amore reciproco!

    2 La Voce dei ricordi

    Di notte, più del canto dei grilli, m‟impressiona il silenzio di miliardi di formiche che ascoltano (Tudor Vasiliu)

    La quaglietta (così mi definiva con amore la mia cara professoressa d‟italiano), si chiedeva che spazio potesse avere, una come me, in una società che vedevo già da lontano, stagliarsi come dura roccia, bisbetica e ostile, senza il senso poetico che a me piaceva tanto!

    Ci pensavo di frequente, quando mi chiudevo a chiave nella camera del silenzio, costruita dalla mia coscienza, mattone dopo mattone...

    Una vera e propria zona comfort che mi recava tanta pace e grande senso d‟intimità, dove non invitavo mai nessuno, perché, se anche la solitudine mi chiamava spesso lì, a rapporto, quel posto aveva il divieto d‟accesso: nel fortino entravo soltanto io!

    Sapete che mi dimenticavo, a volte, di essere una cantante ?

    Anche se avevo stampato nel DNA questa grande vocazione, mi ritrovavo, molte volte, talmente assorbita nella dimensione temporale, che, quando la vita assumeva aspetti poco esaltanti, veniva a crearsi in me, una vera e propria lotta, un serio combattimento... Vedevo la scena: sul ring della mia anima, due pugili completamente opposti, lottavano tra loro: ambedue, tenaci e forti, si contendevano alacremente la vittoria...

    Si chiamavano Arte e Vita e non volevano cedere, né l‟uno, né l‟altro!

    Forse erano la stessa persona, pensavo, e non sapevo per chi fare il tifo, né, m‟importasse più di tanto, capire chi avrebbe conquistato il primo posto… forse tutti e due, forse l‟uno, forse l‟altro… o nessuno...

    Mi accorgevo, soltanto, che entrambi se le davano spesso di santa ragione, si scontravano frontalmente, finivano per ferirsi, nonostante ci fossero spessi guantoni a parare i loro colpi... e io che facevo?

    Stavo lì ad assistere imperterrita, restavo bloccata, non prendevo posizione, ero come disorientata…

    Aspettavo pazientemente che la sorte decidesse per loro e per me, sperando che mettesse presto fine, alla singolar tenzone!

    Col passare del tempo, alle scuole medie, venne a galla l'amore per la scrittura e una folle passione per la lingua italiana.

    Avevo 11 anni.

    Non credevo davvero di riuscire alla perfezione in questa disciplina… invece, fu davvero un bel banco di prova per le mie capacità, una scoperta che portò a un‟esaltante vittoria!

    Nell‟esposizione scritta e orale, la lingua italiana si rivelò ben presto una gran conquista... sembravo nata anche per parlare, oltre che per cantare!

    Fu così che la voce divenne comunicazione scritta, vocabolario eccellente, forma letteraria dalle mille sfumature, loquacità orale perfetta.

    Nelle interrogazioni, l‟insegnante, restava stupita di come esponessi le lezioni di storia, di filosofia, di come sapessi recitar le poesie, i sonetti, raccontar la vita degli autori, e di quanta ricchezza di vocaboli impiegassi per scrivere i temi!

    Potevo definire tutto questo, il canto della scrittura

    Infatti, era proprio come un gran spettacolo, quel cantare con la penna… solo che, invece del palco, planavo sulle righe del quaderno, per far la mia performance!

    Ci ballavo dentro, quasi, nel foglio, e, tra una piroetta e l‟altra, tra virgole, punti esclamativi e interrogativi, mi divertivo a descrivere paesaggi, stati d‟animo, riflessioni di ogni tipo…

    Il quaderno diventava la mia piattaforma preferita color acquarello, tutta bella, rivestita di specchi, porporina, strass luccicanti!

    Quando, in classe, poi, venivano distribuite le tesine corrette, mi agitavo tutta e non vedevo l‟ora di sapere l‟esito per poterlo riferire, a casa, ai miei genitori!

    Puntualmente, alla consegna, mi accorgevo che questi compiti risultavano essere ineccepibili: nella sintassi, nella parte concettuale, con rarissimi errori, poche virgole mancanti, o nessuna, e con dietro, meraviglia, il bellissimo voto autografato dalla penna blu dell‟amata prof che non lasciava spazio a dubbi!

    Mi convinsi che la lingua italiana, di cui m‟infatuai all‟istante, esprimesse alla perfezione le mie linee di pensiero!

    Era la custode dei miei sentimenti, il morbido cuscino su cui riposar la mente, quando la vita diventava troppo dura per esser sognata, era la rinfrancante ancella che mi metteva al riparo dalle critiche, che ricevevo spesso da adolescente, quando annotavo pensieri e mi dicevano che la mia scrittura era troppo prolissa ed elaborata!

    L‟italiano, ricchissimo di variegati nomi, aggettivi, iperboli e quant‟altro, rappresentava, però, ciò che volevo essere e che non riuscivo, molte volte, a esprimere, fuori, nel mondo.

    Ero affascinata, soprattutto, dalla parte descrittiva dei testi, dalla prosa, dalla forma orale e riassuntiva di alcuni brani antologici, in cui mettevo una particolare energia quand‟ero interrogata.

    Questa lingua si rivelò, per me, un forte mezzo di comunicazione, rilassante, catartico, per poter parlare ad alta voce, raccontare, leggere, trasudar sentimenti, emozioni, proprio come una canzone!

    Anche quando cantavo, provavo questo sentimento dal sapore inconfondibile!

    Nessuno può descrivere a mano, infatti, la sensazione di libertà e di gioia quando ti ritrovi sul palcoscenico e ti muovi senza vincoli, nell‟aria!

    Un'azione liberatoria e trascendente simile, m‟investiva, quando esponevo la lezione davanti all‟insegnante e ai miei compagni: studiata a memoria, senza cedimenti o pause, veniva declamata con espressioni colorite e suggestive, attraverso la voce che fendeva l‟aria e che, a tratti, raggiunto il culmine, sembrava, quasi, rarefarsi... Una sospensione dal gusto etereo aleggiava in classe, e nessuno osava proferir parola...

    Quando alla fine, l‟insegnante, dopo avermi messo alla prova, aprendo a caso, molte volte, il libro di testo durante l‟interrogazione, mi chiedeva di tornare a posto, mi sentivo proprio soddisfatta, compiaciuta grandemente della meravigliosa prova superata, a dispetto di chi aveva sempre scarsamente creduto nei miei profitti scolastici!

    Trattare da un argomento all'altro di un racconto, frapponendo considerazioni personali ad analisi e sintesi concettuali di alcuni brani di letteratura italiana, mi riscaldava davvero il cuore e godevo di un lirismo quasi sublime dentro di me, come in una performance musicale, quasi stessi cantando, dipingendo, recitando o viaggiando, in libertà, da qualche parte dell‟universo!

    Tutte queste considerazioni mi spinsero, così, a dirigere i miei interessi di studio verso le materie umanistiche: scelsi il Liceo Classico che terminai, però, più avanti, in un altro paese.

    Parlai col preside della scuola, comunicandogli che non avrei terminato l‟anno scolastico, né giorno più, né giorno meno, dal momento che non mi sentivo più a mio agio in quell‟istituto e che un‟altra vita mi aspettava, ormai, fuori, dai confini dell‟amata regione!

    Dopo il Ginnasio e la prima Liceo, in un clima personale molto precario, segnato da vicissitudini quotidiane abbastanza profonde, mi convinsi che non avrei conseguito lì, la maturità.

    Mi stavo preparando a cucire la debole ragnatela della mia vita, di donna adolescente raminga, in cerca solo di se stessa, nell‟agguerrito deserto della vita!

    Ero presa da altri pensieri, ero cresciuta, non mi bastava più quel mondo, volevo espandermi fuori da quei limiti fisici, allontanarmi da certi parametri mentali ristretti!

    Mi chiedevo, tra una pausa e l‟altra dei concerti, come la parola sarebbe diventata comunicazione dialogica con le persone e, soprattutto, dove e come, mi avrebbe proiettata nel futuro, adesso che vedevo aprirsi, invitante, dinanzi ai miei occhi, una nuova possibilità di vita!

    Mi domandavo come sarebbe stata la mia voce, dopo aver dedicato le maggiori energie allo

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