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Un Detective Fuori dal Comune
Un Detective Fuori dal Comune
Un Detective Fuori dal Comune
E-book204 pagine2 ore

Un Detective Fuori dal Comune

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Info su questo ebook

Per tutta la sua esistenza, a Thordric era stato detto che la sua magia era pericolosa e che quindi non doveva mai usarla. In tutta Dinia, i mezzi maghi ricevevano il solito trattamento, la loro magia era etichettata come pericolosa e senza controllo.


Quando l’Alto Mago Kalljard muore in circostanze misteriose, tocca a Thordric risolvere il caso. Il problema? Il delitto era stato provocato usando la magia e sebbene Thordric sia un mezzo mago, non ha mai usato a pieno i suoi poteri.


Per dimostrare il suo valore e trovare il responsabile, Thordric dovrà imparare a controllare i suoi poteri. Ma ce la farà ad imparare abbastanza in fretta da risolvere il caso in tempo?

LinguaItaliano
Data di uscita5 gen 2022
ISBN4824114853
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    Anteprima del libro

    Un Detective Fuori dal Comune - Kathryn Wells

    UNO

    THORDRIC

    «Le sto dicendo, Ispettore, che è un giovane sensibile».

    Thordric sentì l'Ispettore Jimmson sospirare. Sua madre era nell'ufficio dell'Ispettore da più di un'ora, cercando di negoziare con lui per trovare un lavoro a Thordric. «Non ne dubito, Maggie, ma non si può negare la sua vera natura». L'Ispettore abbassò la voce, così che Thordric dovette sforzarsi per sentirlo. «È un mezzo mago, per l'amor di Dio. Se venisse fuori che uno del suo genere lavora qui...»

    «Deluso genere? Ispettore, le assicuro che quella specifica parte di lui è completamente sotto controllo», ribatté sua madre.

    «Maggie, Maggie. Pensa a cosa mi stai chiedendo di fare. Lo sai che sei il miglior patologo con cui potessi mai sperare di lavorare, e non vorrei fare nulla per farti arrabbiare, ma la reputazione della stazione...». Ci fu un momento di silenzio. «Non posso lasciare che il ragazzo lavori qui».

    Thordric sentì una delle sedie grattare indietro. «Allora non sei l'uomo che pensavo tu fossi», disse sua madre. La porta dell'ufficio si aprì e lei uscì, tenendo la testa alta e schioccando i tacchi alti con orgoglio. «Dai Thordric, andiamo a casa».

    Thordric si alzò, un misto di sollievo e delusione gli riempì lo stomaco. Si voltarono per andare via, ma poi la porta dell'ufficio si aprì di nuovo. L'Ispettore uscì e guardò Thordric dall'alto in basso, contraendo i suoi folti baffi. Thordric cercò di non deglutire sotto lo sguardo scrutatore dell'Ispettore.

    «È assunto», disse bruscamente l'Ispettore. «Inizia a lavorare domani mattina, alle sette e mezzo in punto. Non fargli fare tardi, Maggie».

    «Grazie, Ispettore», disse sua madre. Thordric pensò di aver visto un sorriso tremolare sulle sue labbra.

    Più tardi quel giorno, lo portò dal sarto per far prendere le misure alla sua uniforme. Dato che doveva solo essere il galoppino dell'Ispettore, non aveva bisogno della divisa completa da poliziotto.

    «Bene», disse il sarto, sollevando il metro sul petto di Thordric. «Non credo di averne di così piccole. No, in effetti, dovrà essere una giacca semplice, anche se delle dimensioni giuste per un ragazzo, credo».

    Prese le misure, scarabocchiando i numeri sul suo taccuino rilegato in pelle. Thordric allungò il collo per cercare di vedere che cosa avesse scritto, ma il sarto alzò la mano. «Per favore, signore, non si deve preoccupare dei dettagli. Quelli lasciateli a me». Si rivolse quindi alla madre di Thordric e abbassò leggermente la voce. «È sicura che abbia quattordici anni? Ad essere onesto, signora, sembra non avere più di dodici anni».

    «Ho quattordici anni e mezzo», disse indignato Thordric. Il sarto sorrise debolmente e continuò a prendere le misure.

    Poche ore dopo, Thordric uscì con la sua nuova divisa in mano, pronto a tornare a casa, ma sua madre lo prese per un braccio e lo portò invece dal barbiere. «Che cosa ci facciamo qui?» disse, trovandosi di fronte all'ingresso a guardare il palo rosso e bianco attaccato al muro che girava e rigirava su se stesso.

    «Vorrai sembrare intelligente domani, vero?» disse lei dolcemente.

    Anche il barbiere trovò in lui qualche stranezza, lamentandosi del fatto che i capelli di Thordric erano in così cattive condizioni da non poter assolutamente realizzare un taglio da poliziotto (non che non ci avesse provato). Dopo tre ore di tentativi, il barbiere frustrato aveva dichiarato che l'unica cosa che poteva fare per far apparire Thordric intelligente era quella di raderlo completamente.

    «Oh, smettila di agitarti, Thordric», disse sua madre dopo che il barbiere aveva finito. «Se il barbiere ha preferito rasarti allora vuol dire che era la cosa migliore da fare».

    «Ma... ma sono così corti. Sembra di avere della barba ispida in testa. Tutti rideranno di me».

    «Sciocchezze», lo rimproverò. «Ti dà un'aria molto intelligente. Sono sicura che nessuno ti dirà niente di brutto».

    Sfortunatamente per Thordric, si sbagliava.

    Alle sette e mezzo in punto lo lasciò all'ingresso della stazione di polizia, e rimase lì in piedi con i suoi vestiti nuovi e la testa così calva da riflettere la luce del mattino. L'agente alla scrivania lo guardò e gettò la testa all'indietro, ridendo così forte da far fare capolino a tutti gli agenti per dare un'occhiata. Alcuni ridacchiarono o cercarono di soffocare i loro sbuffi, ma la maggior parte scoppiò a ridere esattamente come l'agente della scrivania.

    «Guardalo», Thordric sentì sussurrare uno di loro. «Non è altro che uno spilungone. Da cosa è stato posseduto l'Ispettore per assumerlo?»

    Tutta quella confusione fece uscire l'Ispettore da dietro l'angolo, il suo volto era simile alla nuvola di tempesta che aveva inzuppato l'intera città la sera prima. Tutti i poliziotti lo guardarono e si dileguarono, fuggendo alle loro scrivanie e seppellendo la testa nelle scartoffie.

    «Eccoti, ehm, Thorbid», disse, i suoi occhi scrutarono ogni dettaglio dei vestiti e del fisico di Thordric. «Assomigli a malapena a un poliziotto, ma suppongo che farai il tuo. Vieni con me».

    «Ispettore?» Disse Thordric con una voce stridula. «È Thordric, non Thorbid».

    «Zitto ora, Throbay. Seguimi».

    Thordric lo seguì docilmente, oltrepassarono le scrivanie degli agenti e si diressero nell'ufficio dell'Ispettore. Era una stanza ordinata, arredata con librerie in legno scuro e una scrivania in legno. Non c'era un solo granello di polvere. «Ora», disse l'Ispettore, sedendosi sulla sua ampia sedia in cuoio. «Sono sicuro che tua madre ti ha già spiegato i tuoi doveri. Tuttavia, non vedo alcun motivo per non ricordarteli di nuovo. Il tuo ruolo qui è quello di essere il mio galoppino. Farai quello che ti dico, recupererai le cose e le riporterai a me, imbucherai tutte le lettere che devono essere spedite e preparerai il tè ogni volta che ne sentirò la necessità. Tu non, e ripeto NON, parlerai con nessuno dei poliziotti e ti è assolutamente vietato assisterli in qualsiasi compito di polizia. E se qualcuno scopre che sei un tu-sai-cosa, allora sarai fuori di qui più velocemente di quanto i tuoi piedi siano capaci di correre. Capito?» disse, accarezzandosi i folti baffi a cespuglio.

    «Sì, signore», disse Thordric, con la voce che si spezzava goffamente.

    «Ispettore», disse l'Ispettore.

    «Cosa, signore?»

    «Devi dire Sì, Ispettore».

    «Oh, certo», borbottò Thordric. «Sì, Ispettore».

    «Bene», disse allegramente l'Ispettore. «Vai a farmi una tazza di tè e prendimi dei Jaffa Cakes».

    Thordric passò il resto della mattinata a portare all'Ispettore delle grandi tazze di tè ("No, no, Thorble, due zollette e non tanto latte!"), a recapitare messaggi avanti e indietro per tutta la stazione e a fingere di non trovarsi lì ogni volta che uno dei poliziotti gli passava davanti. Ebbe a malapena il tempo di fare una visitina a sua madre durante la sua pausa pranzo, e quando lo fece scoprì che non aveva alcun tipo di comprensione per lui.

    «Non so cosa ti aspettassi, Thordric. Sapevi che la vita alla stazione sarebbe stata dura».

    «Sì, ma non pensavo così dura».

    «Oh, Thordric. Non sei più un bambino, hai quasi quindici anni».

    «Lo so», disse, chinando la testa. «Ma perché non sono potuto andare all'Accademia come tutti i miei amici?»

    Sua madre espirò lentamente. «Sai perfettamente il perché. Questo è l'unico modo che ho per garantirti un futuro». Bevve un sorso di caffè, una miscela speciale sviluppata dal Consiglio dei Maghi per aiutare a ri-energizzarsi e concentrarsi. «Dovresti andare adesso, l'Ispettore ti starà cercando».

    «Ma non ho ancora mangiato niente!»

    «Avresti dovuto pensarci prima di venire correndo qui da me. Non dovresti venire qui mentre lavori. Sto benissimo».

    «Sì, mamma», disse Thordric, tornando alla stazione.

    Quando arrivò lì, l'Ispettore lo stava aspettando, aveva i baffi arricciati mentre fissava Thordric. «Thormble! Dov'eri? Ti ho cercato dappertutto! Vai a prendermi una copia del giornale locale».

    «Sì, Ispettore», disse, camminando il più rapidamente possibile senza dare l'idea che stesse scappando.

    Pioveva quando uscì; la nuova polvere per ricreare i colori dell'arcobaleno era così popolare tra gli adolescenti della sua età. Alzò gli occhi e vide dei ragazzi spargere la polvere arcobaleno dal tetto della biblioteca direttamente nella pioggia e, mentre polvere e acqua si mescolavano, le gocce si colorarono di un rosso acceso, di arancione e rosa.

    Gli sarebbe piaciuto unirsi a loro, fare un tentativo come facevano loro, ma gli era proibito toccare qualsiasi cosa il Consiglio dei Maghi avesse mai prodotto. Sua madre gli aveva detto che se lo avesse fatto, sarebbe stato incredibilmente pericoloso. Poteva succedere di tutto se la polvere si mescolava con la sua magia da mezzo mago. Sua madre si era assicurata che fosse cresciuto conoscendo il rischio, raccontandogli storie di maghi che avevano cercato di sperimentare e avevano finito per perdere vari arti, oppure erano stati trasformati in animali o, in un caso particolarmente sfortunato, in una zucca.

    Queste storie lo avevano spaventato quando era più giovane, ma ora desiderava poter provare a tutti che si sbagliavano. Voleva mostrare loro che la magia del mezzo mago non era sempre dannosa, che la sua magia non era dannosa, ma sua madre non lo avrebbe mai perdonato se ci avesse provato. Aveva voluto educarlo come un giovane rispettoso, e ignorare il suo lato da mago, dimenticando che fosse lì. Ma lui non poteva. Il suo lato magico aveva assunto il controllo dei suoi sogni, volendo che lui provasse a fare delle cose e una o due volte aveva persino preso il controllo del suo corpo.

    Si ricordava di una volta quando era stato alle medie; uno dei ragazzi più grandi aveva scoperto che cosa realmente fosse e aveva deciso di dirlo a tutti. Thordric ne era stato talmente turbato che con un semplice battito di mani aveva fatto dimenticare a tutti l'accaduto, insegnanti compresi. Sfortunatamente, il ragazzo che aveva iniziato era stato colpito direttamente dai poteri di Thordric, causandogli la perdita completa della memoria.

    La scuola lo descrisse come un incidente strano, ma la madre di Thordric sapeva la verità. Lo aveva fatto sedere e gli aveva chiesto gentilmente che cosa fosse realmente successo. Lui le raccontò l'accaduto, sapendo bene di aver sbagliato, ma aggiunse semplicemente che non era stato in grado di controllarlo. Lei lo aveva confortato, ma aveva detto che se si fosse ripetuto qualcosa di simile, glielo avrebbe dovuto dire subito.

    Purtroppo, nonostante le sue buone intenzioni, sua madre era stata vittima del successivo attacco di potere, mentre gli diceva di aver fatto confusione nel suo studio. Il ragazzo aveva spontaneamente battuto il piede a terra e l'aveva mandata su una linea di pensieri completamente diversa, e dato che lei non sembrava averlo notato, pensò che fosse meglio lasciarla fare e non dirle cosa era successo.

    Ripensando a quei giorni in cui era più giovane, si chiese tristemente quanto sarebbe stato diverso se fosse nato normale. Una delle gocce di pioggia colorate gli atterrò sul naso e con un cenno della testa si ricordò che avrebbe dovuto recarsi in edicola per prendere una copia della gazzetta di Jard Town da portare all'Ispettore.

    Accelerò il passo, ma quando arrivò lì scoprì che erano finite. Il venditore gli disse che avrebbe potuto provare ad andare al chiosco dall'altra parte della città, e quindi dovette correre lì per prenderne uno. Quel venditore stava leggendo l'ultima copia rimastagli e la vendette a Thordric per il doppio del suo attuale costo, vedendo che aveva molta fretta.

    «Oh, non sei il solito galoppino dell'Ispettore, vero?»

    «No, signore», disse Thordric, facendo per correre via.

    «Quando hai iniziato allora?» insistette il venditore.

    «Ehm, oggi, in realtà», disse Thordric e scomparve prima che potesse chiedergli qualsiasi altra cosa.

    Corse di nuovo alla stazione arrivando in tempi record, e fu così colpito da se stesso che non vide l'Ispettore in piedi sulla soglia del suo ufficio. L'incidente che ne derivò echeggiò in tutto l'edificio, e ancora una volta tutti gli agenti si precipitarono a dare un'occhiata. Trovarono l'Ispettore disteso sul pavimento con la testa nel cestino della carta straccia. Thordric aveva rimbalzato sulla mole considerevole dell'Ispettore per poi atterrare vicino alla libreria con una copia del Manuale del Detective aperto sulla testa. Il suo sguardo era assente mentre gli agenti gli passavano accanto per vedere se l'Ispettore stesse bene.

    «Ispettore?» uno disse, provando a scuoterlo leggermente. «Ispettore Jimmson, può sentirmi?»

    L'Ispettore borbottò qualcosa di incoerente. L'agente si girò verso Thordric. «Guarda cosa hai fatto, galoppino! Non ti ha detto nessuno che non si corre dentro alla stazione?»

    Thordric non lo sentì. L'agente lo schiaffeggiò forte. «Sto parlando con te, galoppino».

    «C-cosa?» Disse Thordric, i suoi occhi iniziarono a mettere di nuovo a fuoco. Vide l'Ispettore, semi-cosciente e immobile. «Blimey, cosa è successo all'Ispettore?» disse. L'agente lo colpì di nuovo.

    «Ahi», disse. «E questo per cos'era?»

    «Oh, non importa», disse l'agente, rinunciando. Si rivolse a uno degli altri poliziotti. «Fred, vedi se riesci a riportare questo uccellino a casa. Non servirà a nessuno per il resto della giornata. Io mi occuperò dell'Ispettore».

    L'agente noto come Fred afferrò Thordric e lo trascinò fuori dalla stazione fino all'obitorio, sentiva di dover informare sua madre dell'accaduto. Era meno che colpita.

    «Thordric Manfred Smallchance! Come hai potuto? E durante il tuo primo giorno di lavoro!» Alzò le mani in aria, dimenticando completamente di averle ricoperte del sangue dall'ultima povera anima su cui stava eseguendo un'autopsia. «Lo porti a casa, agente, e chiuda a chiave la porta in modo che non possa più causare problemi».

    DUE

    LA SORELLA DELL'ISPETTORE

    Thordric si svegliò al suono di sua madre che batteva sulla porta della sua camera da letto. «Thordric. Thordric! È ora di alzarsi!»

    Aggrottò la fronte, gli occhi troppo pesanti per aprirsi.

    «Thordric, alzati», continuò sua madre, bussando ancora alla porta. «Devi andare e scusarti con l'Ispettore». La sentì sospirare e voltarsi.

    All'inizio non registrò ciò che gli aveva detto, ma poi si ricordò. Si era scontrato con l'Ispettore e lo aveva lasciato in uno stato di semi incoscienza. Cercando di mandar giù l'improvviso nodo alla gola, si arrampicò fuori dal letto e armeggiò con i suoi vestiti prima di andare di sotto.

    Quando arrivò giù, sua madre lo stava aspettando. Pensava che fosse particolarmente carina oggi. I suoi capelli scuri e ondulati erano sciolti sulle spalle e indossava i suoi tacchi rossi, ma sapeva che se glielo avesse detto, l'avrebbe presa come una sorta di arruffianamento. Questa era una cosa che lei odiava.

    «Spero che tu ti renda conto della gravità del danno che hai fatto ieri», disse lei seccata. «Quando alla fine il povero Ispettore si è ripreso, ho dovuto supplicarlo per ore per darti un'altra possibilità».

    «Io...» Thordric iniziò, ma scoprì che non sapeva cosa dire.

    «Mi aspetto che tu non commetta mai più un errore del genere. Se l'Ispettore non avesse dato prova di un'enorme magnanimità, allora tutto ciò ci sarebbe costato il mio lavoro e il tuo. Viste le cose come stanno, apprezza

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