Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Goethe a Roma: Un grande poeta nell'Italia del Settecento
Goethe a Roma: Un grande poeta nell'Italia del Settecento
Goethe a Roma: Un grande poeta nell'Italia del Settecento
E-book337 pagine4 ore

Goethe a Roma: Un grande poeta nell'Italia del Settecento

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

L'Autrice accompagna il poeta nel suo celebre viaggio dalle Alpi fino alla Sicilia, con attenzione particolare per la città di Roma, dove Goethe visse durante la maggior parte del tempo che trascorse in Italia. Ripercorre le emozioni e il significato che il grand tour ebbe per lui, cercando di capire perché fu un evento fondamentale, un mutamento radicale che si ripercosse poi in tutti i successivi anni della sua vita. Emerge così la complessa personalità dell’uomo, un modello avanti anni luce rispetto ai suoi tempi e anche rispetto ai nostri. Goethe non fu, infatti, soltanto il grande poeta, il saggio maestro di vita che tutta l’Europa conobbe: fu il prototipo di un nuovo modello umano al quale ancora aspiriamo, che non cessa mai di ricercare, indagare, scoprire, il grande europeo capace di far sua la sapienza dell’antichità, dell’Occidente e dell’Oriente, e insieme il grande educatore delle generazioni future. Concreto e realista, Goethe credeva nell’azione creativa, nell’operosità instancabile; conosceva tutti gli errori, le tentazioni, gli abissi dell’anima, ma seppe portarli all’armonia e trasformarli in ricchezza.
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2014
ISBN9788827224731
Goethe a Roma: Un grande poeta nell'Italia del Settecento
Autore

Paola Giovetti

Nata a Firenze, risiede a Modena. È laureata in lettere ed ha svolto attività di insegnamento coltivando al tempo stesso l'interesse per le tematiche di confine. Da alcuni anni si dedica esclusivamente alla ricerca spirituale e alla divulgazione in questo campo. È redattrice di "Luce e Ombra", la più antica rivista italiana di parapsicologia, e svolge anche su riviste a larga diffusione la sua attività giornalistica. Ha partecipato a programmi radiofonici e televisivi e a numerosi congressi, sia in Italia che all'estero.

Leggi altro di Paola Giovetti

Autori correlati

Correlato a Goethe a Roma

Ebook correlati

Storia europea per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Goethe a Roma

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Goethe a Roma - Paola Giovetti

    COPERTINA

    goethe_roma.png

    Goethe a Roma

    image.png

    Un grande poeta nell’Italia del Settecento

    Paola Giovetti

    logo.png

    Copyright

    Goethe a Roma - Un grande poeta nell’Italia del Settecento

    di Paola Giovetti

    In copertina:

    J.H. Tischbein, Goethe nella campagna romana.

    L’originale del quadro è custodito a Francoforte presso lo Staedelschen Kunstinstitut, nella Casa di Goethe a Roma, in via del Corso 18, si trova un’ottima copia.

    ISBN 978-88-272-2473-1

    Prima edizione digitale 2013

    © Copyright 2013 by Edizioni Mediterranee

    Via Flaminia, 109 - 00196 Roma

    www.edizionimediterranee.net

    Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma

    droppedImage.png

    Presentazione

    La lezione migliore si trae da un ambiente globale.

    J.W. Goethe, Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister

    Il più grande tedesco di tutti i tempi. Secondo un’indagine demoscopica svoltasi recentemente in Germania, per la maggioranza dei suoi connazionali odierni questo titolo spetta a Johann Wolfgang von Goethe, borghese di nascita e di mestiere poeta, scienziato, critico d’arte, politico, romanziere e filosofo. Nei sondaggi precede di poco figure assai diverse, come il popolare cancelliere Konrad Adenauer e il premio Nobel Albert Einstein. All’estero invece Goethe è considerato il più importante scrittore tedesco. Anche le generazioni dell’era digitale restano affascinate dalla profonda conoscenza della psicologia umana espressa nel suo modernissimo Werther. Altrettanto attuale è il Faust, ossia la storia di colui che vende l’anima al diavolo, perché rappresenta il destino umano di tutte le epoche.

    Come per la maggior parte dei grandi artisti, il lascito letterario di Goethe è inscindibile dalla sua vita pubblica e privata. Per comprendere oggi a fondo l’opera, per poterla gustare appieno, occorre familiarizzare con la biografia del principe dei poeti. Ma lo studio della vita di Goethe è un piacere a sé stante, una rivelazione, anche se non si dovesse conoscere nulla della produzione letteraria dell’ultimo genio universale. Un’esistenza che si svolge come un romanzo intrigante, ricca, lunga e appagante. Dove la dimensione del viaggio è un elemento altrettanto inscindibile dalla sua vita. Il più importante itinerario è quello che porta Goethe dal 1786 al 1788 nell’agognata Italia – un’avventura che lo cambia per sempre – come uomo e intellettuale. L’ormai ministro e amministratore del granducato di Weimar si concede quasi due anni sabbatici, segnati dalle parole-chiave rinascita e libertà. Nel Bel Paese perfeziona il suo spirito di osservazione. Impara a fare uso diverso dei suoi occhi e disegna moltissimo: Applicandomi, come faccio, a vedere e a percepire ogni cosa com’è, lasciando che l’occhio sia luminoso, spogliandomi di qualsiasi presunzione, mi trovo perfettamente a mio agio, immensamente, intimamente felice. Non in ultimo, grazie alla leggerezza e felicità acquisita in Italia, Goethe, una volta ritornato in Germania, potrà affrontare il suo lungo percorso artistico ed esistenziale con uno spirito diverso, arricchito, e diventare l’icona per eccellenza della cultura tedesca. Oggi, la presenza di un museo – interamente finanziato dal Governo tedesco – nella dimora romana di Goethe, testimonia l’importanza del viaggio goethiano per la cultura tedesca ed europea e in particolar modo per tutta la successiva letteratura di viaggio.

    Tuttavia Goethe ha da offrire qualcosa anche a ciascuno di noi, ai non addetti ai lavori. La sua biografia e il celebre Viaggio in Italia ci spingono ad affrontare gli avvenimenti della vita come occasioni per trascorrere in armonia la nostra esistenza e al tempo stesso maturare: è un invito a trarre il meglio dalle condizioni e dalle opportunità che ci offre l’unico mondo in cui viviamo. Il presente libro ci può aiutare in questo percorso, raccontandoci i dettagli di un’esperienza che ha segnato un’epoca. Ci confronta con l’Italia della Goethezeit, la sua Italia, un paese che nessun altro avrebbe potuto sperimentare in quella maniera. Siamo invitati a (ri)prendere in mano gli scritti di Goethe, a non trascurare l’immensa ricchezza che ci possono donare solo i classici.

    Dorothee Hock

    Casa di Goethe, Roma

    Premessa - Perché un libro su J.W. Goethe?

    Perché ancora un libro su J.W. Goethe, un personaggio per il quale sono stati versati fiumi di inchiostro e col quale da quasi due secoli si confrontano letterati, filosofi, poeti, scienziati, teologi, storici?

    Il motivo è da ricercarsi nella complessa personalità del poeta, che nella distanza temporale si rivela sempre più universale, un modello avanti anni luce rispetto ai suoi tempi e anche rispetto ai nostri. A lungo e con competenza si è parlato del Goethe rivoluzionario, del Goethe classico, del Goethe olimpico, del grande esteta, del prediletto degli dei, del Goethe tuttofare che nella sua lunga vita, oltre a scrivere opere immortali, si è occupato a livelli altissimi di ogni possibile tematica, da quelle artistiche (letteratura, poesia, arti figurative, numismatica, archeologia, musica, teatro e altro ancora) a quelle scientifiche: e qui si va dalla geologia alla botanica, dall’osteologia dove fece importanti scoperte all’analisi approfondita e sperimentale dei colori, dalla meteorologia allo studio delle nuvole, dalla ricerca della pianta originaria a un primo tentativo di teoria evoluzionistica, in qualche modo prefigurando le scoperte di Darwin. Del Goethe sportivo che va a cavallo, fa lunghissime camminate, pattina sul ghiaccio, nuota, scala montagne. Del Goethe ministro del duca di Weimar con incarichi in campo politico, amministrativo, artistico: e si occupa infatti di finanza, di miniere e viabilità, ristruttura – riducendolo considerevolmente – l’esercito del piccolo ducato, progetta la costruzione di edifici per la corte, cura la sistemazione del grande parco che si trova alle spalle del castello, realizza l’orto botanico dell’università di Jena – nel contempo vive una vita umanamente intensissima, coltivando amori, affetti e amicizie. E innamorandosi ancora una volta a 74 anni. Del Goethe viaggiatore attentissimo, collezionista di minerali, disegni, stampe, quadri, monete, calchi in gesso delle statue dell’antichità. Del Goethe internazionale, che sino alla fine fu attento a ciò che accadeva da Oriente a Occidente, includendo nei suoi interessi anche il nuovo continente, l’America, tenendosi al corrente delle tendenze letterarie e delle vicende politiche e sociali di tutto il mondo a quel tempo raggiungibile. Del Goethe disegnatore, che prende lezioni di prospettiva e di anatomia e a lungo resta incerto sulla propria autentica vocazione: la scrittura, le scienze o il disegno? In Italia si renderà conto di essere essenzialmente uno scrittore. Del Goethe tuttofare, che per la corte di Weimar organizza feste, spettacoli, serate di lettura, balli in maschera, passatempi di ogni genere.

    Goethe però è più di tutto questo: la sua universalità si rivela via via che lo si conosce più a fondo, un’universalità che non fu un dono gratuito a lui concesso dall’alto, ma una conquista faticosa conseguita giorno per giorno e durata tutta la vita. Un esempio unico, da tenere ben presente.

    Goethe non è soltanto il grande poeta, il saggio maestro di vita che tutta Europa ha conosciuto: è il prototipo di un nuovo modello umano al quale ancora aspiriamo. È l’uomo costantemente attivo, che non cessa mai di ricercare, indagare, scoprire: è il grande europeo capace di far sua la sapienza dell’antichità, dell’Occidente e dell’Oriente, e insieme il grande educatore delle generazioni future. Concreto e realista, Goethe credeva nell’azione creativa, nell’operosità instancabile; conosceva tutti gli errori, le tentazioni, gli abissi dell’anima, ma seppe portarli all’armonia e trasformarli in ricchezza.

    Il suo simbolo è il Faust: Possiamo assolvere chi, sempre guardando verso l’alto, instancabilmente opera. Queste parole riferite a Faust, che dopo esperienze ed errori di ogni genere, e una vita operosissima e generosa, viene accolto in cielo grazie appunto alla sua costante tensione, hanno certamente un’impronta autobiografica.

    Goethe vuole vivere in maniera universale, vuole sfruttare al massimo tutte le potenzialità che un essere umano possiede. Non si ferma mai, aspira a un ideale di uomo alla ricerca di ogni possibile esperienza conoscitiva, per superare l’innata limitatezza e indagare i misteri del mondo e dell’anima umana.

    E questo in ogni età della vita: la giovinezza tempestosa, l’attivissima maturità e gli anni sorprendentemente operosi e aperti della terza età non lo videro mai tiepido o inattivo e hanno prodotto opere straordinarie, per alcune delle quali la comprensione è venuta col tempo: in particolare il romanzo Le affinità elettive e la seconda parte della tragedia Faust.

    In una lettera all’amico Fréderick Jakob Soret scritta il 17 febbraio 1832, un mese appena prima di morire, una sorta di lucida confessione, Goethe delinea come meglio non si potrebbe la sintesi della sua vita e della sua opera:

    "Io ho raccolto e utilizzato tutto ciò che è passato davanti ai miei occhi, alle mie orecchie, ai miei sensi. Alle mie opere hanno contribuito migliaia di persone, pazzi e saggi, gente di spirito e sciocchi, bambini, adulti e vecchi, tutti sono venuti e mi hanno portato i loro pensieri, il loro sapere, le loro esperienze, la loro vita e la loro personalità; e così io spesso ho raccolto ciò che altri hanno seminato. L’opera della mia vita è quella di un essere collettivo, e quest’opera porta il nome di Goethe".

    Il viaggio in Italia, iniziato pochi giorni dopo aver compiuto 37 anni e durato quasi due anni, rappresentò per Goethe un evento fondamentale, una vera e propria cesura con ciò che era avvenuto prima, un mutamento radicale che si ripercosse poi in tutti i successivi anni della sua vita.

    Per questo ho scelto il grand tour, il gran viaggio, come momento centrale e focale. Un viaggio compiuto lentamente, spesso camminando a piedi accanto alla carrozza, in continuo contatto con la natura e con la gente, vedendo e sperimentando il paese palmo a palmo; un viaggio diversissimo dai viaggi moderni che avvengono in pochi giorni, il più velocemente possibile, in treno, in automobile oppure in aereo, senza la possibilità e l’occasione di incontri imprevisti e di contatti al di fuori degli itinerari prestabiliti – un viaggio quindi tanto più ricco e affascinante.

    Viaggio in Italia, il libro che Goethe scrisse sulla sua esperienza in Italia, un paese che amò profondamente e di cui con il suo profondo sguardo indagatore vide e studiò ogni aspetto – paesaggio, arte, architettura, letteratura, teatro, antichità classiche, musei e gallerie, vegetazione, geologia, umanità, vita sociale e altro ancora – costituisce anche uno straordinario ritratto dell’Italia della fine del Settecento e ne rivela aspetti che dal punto di vista storico, artistico, sociale e del costume è molto interessante ripercorrere.

    Dal soggiorno nel Bel Paese, a contatto con la natura, con l’arte, con i reperti dell’antichità e anche con un modello di vita più libero e spontaneo, Goethe emerse rinato e, come lui stesso scrisse, placato per tutta la vita.

    Accompagniamo dunque il poeta nel suo viaggio dalle Alpi fino alla Sicilia, con attenzione particolare per la città di Roma, dove Goethe visse durante la maggior parte del tempo che trascorse in Italia.

    In Italia!

    "Sono partito da Karlsbad¹ alle tre del mattino, all’insaputa di tutti, ché altrimenti non mi avrebbero lasciato partire. Gli amici, che avevano voluto festeggiare con tanta cortesia il 28 agosto, mio genetliaco, s’erano acquistati anche il diritto di trattenermi un po’ di più; ma ormai non mi era più possibile differire. Mi son gettato in una carrozza di posta, solo soletto, non avendo per bagaglio che un portamantelli e un valigetta di pelo di tasso…".

    Con queste parole comincia il Viaggio in Italia² di J.W. Goethe: un viaggio che iniziò il 3 settembre 1786, durò quasi due anni, costituì una tappa fondamentale nella vita del poeta e diede voce alla nostalgia dei popoli nordici per l’Italia, il paese dove fioriscono i limoni.

    Il libro che porta il titolo Viaggio in Italia fu scritto molti anni dopo quell’esperienza, sulla base – oltre che dei ricordi del poeta – anche e soprattutto dell’accurato Diario che Goethe aveva scritto durante il viaggio per la signora Charlotte von Stein, la donna amata per molti anni, e delle tante lettere inviate agli amici in Germania.

    La partenza, apparentemente improvvisa ma in realtà a lungo meditata e preparata, rispondeva a una necessità esistenziale: Goethe, che pochi giorni prima, il 28 agosto appunto, aveva compiuto 37 anni, doveva liberarsi dai molteplici impegni legati alla sua carica di ministro del duca di Weimar, impegni che l’avevano allontanato dall’attività artistica. Era arrivato a Weimar undici anni prima, nel novembre del 1775, su invito del giovanissimo duca Carl August, sull’onda del successo de I dolori del giovane Werther, l’opera giovanile scritta di getto ad appena 25 anni che l’aveva reso famoso in tutta Europa, e da allora aveva scritto ben poco.

    Weimar era a quel tempo una cittadina che contava appena 6000 abitanti, la cui famiglia regnante però dava grande spazio alla cultura: oltre a Goethe, furono a Weimar in quegli anni poeti e letterati come Johann Gottfried Herder, che era pastore e che fu Sovrintendente Generale e predicatore della chiesa ducale; il poeta illuminista e traduttore Christian Martin Wieland, precettore dei giovani principi, e il grande drammaturgo Friedrich Schiller, che insegnò storia a Jena, la città universitaria che faceva parte del ducato, ma visse anche a Weimar e fu legato a Goethe da profonda amicizia. Weimar divenne in quegli anni il centro culturale più importante della Germania, il luogo dove nacque e si sviluppò quello che fu chiamato Weimarer Klassik, il classicismo di Weimar, un fenomeno culturale di primaria importanza e unico nel suo genere per la cultura tedesca, e non solo.

    A Weimar Goethe avrebbe dovuto fermarsi qualche mese, ma vi rimase tutta la vita, cioè per quasi sessant’anni: morì infatti nel 1832 a 83 anni. Nei primi undici anni di soggiorno a Weimar aveva svolto attività di ogni tipo: sovrintendente alle miniere, alla viabilità, alle finanze, al teatro, alla biblioteca ducale, consigliere segreto del duca, suo grande amico e compagno di giovanili scorribande di caccia e di avventure erotiche nelle campagne del ducato. Aveva spesso accompagnato il duca anche nei suoi viaggi, nelle sue missioni diplomatiche e nelle sue campagne militari. Logico che a risentirne fosse la sua attività letteraria, che in quegli anni si ridusse drasticamente.

    Goethe aveva bisogno di allontanarsi anche perché doveva dare finalmente una svolta alla lunga e per certi aspetti frustrante relazione con la baronessa Charlotte von Stein, donna di grande fascino intellettuale, dama della corte di Weimar, sposata e madre di vari figli, più anziana di lui di sette anni: relazione rimasta quasi certamente a livello platonico per la calvinistica rigidità di lei. Il viaggio in Italia segnò la fine della lunga relazione con la signora von Stein, certamente la donna più importante della vita di Goethe, colei che con la sua guida sapiente aveva avviato il passaggio dal giovane impetuoso autore del Werther al poeta classico della maturità, e diede un’impronta diversa anche al suo rapporto con il duca e agli impegni politici e amministrativi.

    J.W. Goethe doveva ritrovare se stesso – e questo poteva avvenire soltanto in Italia, il paese sognato fin dall’infanzia, il paese dell’arte e del sole. Già il padre, ricco borghese di Francoforte, aveva fatto in Italia il suo viaggio di istruzione, il grand tour³, esperienza tipica dei giovani di buon rango dell’epoca: viaggio che l’aveva entusiasmato e di cui infinite volte aveva parlato ai figli. Nell’anticamera della grande ed elegante casa di Francoforte Goethe padre aveva appeso varie stampe della città di Roma, e da Venezia aveva portato una gondola in miniatura, con la quale il figlio aveva giocato da piccolo. Insieme alla sorella Cornelia, Johann Wolfgang aveva ricevuto regolari lezioni private di italiano (ma il poeta conosceva bene anche il francese, l’inglese e naturalmente il latino), così che, arrivando in Italia, fu subito in grado di esprimersi senza problemi e con grande soddisfazione nella lingua locale.

    Ma chi è stato Goethe, il massimo poeta tedesco e uno dei Grandi dell’umanità? Quali le sue circostanze di vita? Quali i suoi scritti, il suo pensiero, le sue esperienze? Prima di raccontare Goethe in Italia, è opportuno raccontare i trentasette anni vissuti dal poeta prima del grande viaggio che segnò un autentico capovolgimento nella sua vita e nella sua attività culturale e poetica.

    Solo conoscendo l’uomo e l’artista è infatti possibile apprezzare fino in fondo il significato e il valore di quella che Goethe stesso definì la fuga in Italia.

    Vita di J.W. Goethe fino al viaggio in Italia

    Nascita e prima infanzia

    Sono venuto al mondo a Francoforte sul Meno il 28 agosto 1749 al suono delle campane di mezzogiorno. La costellazione era fortunata: il sole era nella Vergine, al culmine di quel giorno, Giove e Venere gli ammiccavano amichevolmente, Mercurio senza ostilità, Saturno e Marte erano indifferenti; solo la Luna, quasi piena, esercitava la sua forza avversa con maggior intensità perché entrava nella sua ora planetaria. Essa si oppose dunque alla mia nascita, che non poté succedere fin che quell’ora non fu passata. Questi elementi fortunati, ai quali in seguito gli astrologi diedero molta importanza, possono ben essere stati causa della mia conservazione, perché per inabilità della levatrice io venni al mondo come morto, e solo con molti sforzi riuscirono a farmi vedere la luce….

    Con queste parole Goethe, nelle prime pagine del suo libro autobiografico Poesia e Verità⁴, descrive il momento della propria nascita, delineando così con molta chiarezza il suo interesse e il suo rispetto per l’astrologia e per l’esoterismo in generale.

    Figlio primogenito della diciannovenne Catharina Elisabeth Textor, Goethe ebbe una nascita molto difficile; venne al mondo infatti asfittico e solo l’intervento deciso della nonna paterna Cornelia fu in grado di risolvere la situazione. Cornelia lavò il piccolo in acqua calda, gli massaggiò la regione cardiaca col vino, e finalmente il neonato aprì gli occhi, quegli occhi grandi e inquisitori con i quali per tutta la vita osservò e studiò il mondo intorno a sé. Consigliera, è vivo!, esclamò la nonna piena di gioia rivolgendosi alla nuora, ancora sofferente per il difficile parto e ansiosa per la sorte del suo bambino.

    La mortalità infantile era a quel tempo purtroppo frequentissima e la nascita era il momento più pericoloso, non solo per il bambino ma anche per la madre. Se sopravviveva a quel difficile momento, il neonato veniva battezzato subito il giorno dopo. Così fu per il futuro poeta, che fu chiamato Johann Wolfgang come il nonno materno Textor, suo padrino al battesimo.

    Molti anni dopo, negli Zahme Xenien, Goethe così descrisse i genitori e ciò che riteneva di aver preso da loro:

    Del padre ho la statura,

    la severa condotta di vita,

    della mamma la natura lieta

    e il piacere di favoleggiare⁵.

    Anni dopo la madre di Goethe ebbe a scrivere: Fin da quando lo portavo in grembo sentivo che cosa sarebbe diventato il mio bambino. E non ho dubitato un solo istante, da quando è venuto a mondo, che di questo mondo sarebbe stato un protagonista salvifico.

    Piena di fantasia, allegra, ironica e naturale come dimostrano le sue lettere, Catharina Elisabeth Textor costituiva un ottimo elemento di equilibrio al marito, uomo severo, serio, piuttosto arido e pedante, tendente alla malinconia e all’ipocondria.

    La famiglia di Johann Wolfgang Goethe, sia da parte paterna che materna, viveva da generazioni a Francoforte sul Meno, libera città imperiale che rispondeva soltanto all’imperatore. Il Sacro Romano Impero di Nazione Tedesca era composto da circa 300 piccoli stati e libere città; l’imperatore risiedeva a Vienna. La ricca borghesia di Francoforte, che con le proprie forze e le proprie capacità era artefice del proprio benessere, si sentiva pari alla nobiltà e aveva un giustificato orgoglio del proprio stato. Nel Settecento la città, che contava circa 35.000 abitanti, aveva ancora una struttura medioevale con stradine strette e contorte ed era circondata da mura le cui porte la sera venivano chiuse e le chiavi consegnate al borgomastro. Famoso centro commerciale, Francoforte ospitava due volte l’anno, in primavera e in autunno, la grande fiera che portava tra le sue mura vento europeo. Fin dal 1562 Francoforte era anche la città nella quale venivano incoronati re e imperatori, e Johann Wolfgang poté assistere a quattordici anni ai festeggiamenti per l’incoronazione di Giuseppe II, evento che gli lasciò una durevole impressione e che descrisse nel suo libro di memorie Poesia e Verità. La religione dominante era il protestantesimo e anche i genitori di Goethe erano luterani.

    La famiglia Goethe era dedita da generazioni all’artigianato e al commercio da cui veniva l’agiatezza di cui il padre di Goethe godeva: il nonno Fridericus Georg era stato sarto e aveva portato da Parigi, dove aveva soggiornato alcuni anni, la più raffinata moda francese. Morta la moglie, si era risposato con una vedova che gli aveva portato in dote il miglior albergo di Francoforte, e anche come albergatore, ristoratore e commerciante di vino il nonno Goethe aveva avuto successo. I Textor erano invece da generazioni una stimata e rispettata famiglia di giuristi.

    Sia i Goethe che i Textor avevano ottimi rapporti con tutte le personalità di rilievo della città, così che il giovane Johann Wolfgang poté fare esperienze e ricevere impressioni in molti ambienti diversi.

    Il padre di Goethe, Johann Caspar (1710-1782), aveva studiato diritto e dopo la laurea (era divenuto doctor juris utriusque) aveva intrapreso il classico viaggio di formazione dei giovani di famiglia abbiente; tra il 1739 e il 1741 aveva visitato Vienna, l’Italia, Parigi e Strasburgo. Soprattutto l’Italia gli aveva lasciato un’impressione incancellabile, al punto che aveva scritto in italiano un diario che intitolò Viaggio per l’Italia; per migliorare la sua lingua si era fatto aiutare da un insegnante di italiano. Tornato a Francoforte, era riuscito a ottenere per una notevole cifra il titolo – solo onorifico – di consigliere imperiale che gli dava il diritto di essere chiamato Eccellenza. Non lavorò mai, visse dei propri beni, ma non per questo rimase inattivo: mise insieme una biblioteca di 1800 volumi, raccolse una notevole collezione di opere d’arte, fu uomo di molte letture, si occupò con passione, anche se con una certa pedanteria, dell’educazione dei suoi figli.

    La famiglia Goethe viveva in una grande casa al margine della città sul grande Hirschgraben⁶, che era stata acquistata da Cornelia Goethe quando era rimasta vedova; lì era vissuta con la famiglia del figlio fino alla morte, avvenuta nel 1754. L’anno successivo Johann Caspar aveva fatto ristrutturare e ampliare l’edificio e quando dopo un anno di lavori la famiglia vi si trasferì, la prima cosa che fu messa a posto fu la biblioteca, della quale Goethe scrisse in Poesia e Verità: La prima cosa che si riordinò fu la biblioteca di nostro padre, di cui i migliori volumi rilegati in pelle o in mezza pelle dovevano adornare le pareti del suo studio. Egli possedeva le belle edizioni olandesi degli scrittori latini, che cercava di procurarsi tutti in quarto, per averli tutti dello stesso formato; e poi molti lavori sulle antichità romane e la giurisprudenza più elegante. Non mancavano i migliori autori italiani, ed egli mostrava una grande predilezione per il Tasso. C’erano anche i migliori libri moderni di viaggi ed egli stesso si compiaceva di fare correzioni e aggiunte al Keyssler e al Nemeiz⁷. Si era anche circondato dei libri più necessari di consultazione, di dizionari di lingue straniere e di lessici, e anche di tanti altri libri utili e dilettevoli⁸.

    A 38 anni, quindi già abbastanza avanti con gli anni, Johann Caspar aveva sposato la diciottenne Catharina Elisabeth Textor, un ragazza vivace, di carattere espansivo e affettuoso, graziosa, spiritosa e piena di interessi. Johann Wolfgang nacque un anno dopo il matrimonio e appena un anno dopo di lui Cornelia, l’amatissima sorella; vennero poi quattro altri figli, che però – come purtroppo avveniva spesso a quel tempo – morirono bambini. Nel suo libro autobiografico Goethe ricorda in particolare un fratello minore di lui di tre anni e una bambina molto bella e simpatica che morì nel 1759, a due anni, così che, scrive Goethe, dopo alcuni anni io e mia sorella Cornelia ci vedemmo unici superstiti e ci legammo con tanta più intimità e amore⁹.

    Cornelia non era bella, ma aveva grandi occhi espressivi ed era colta, sensibile e intelligente. Non aveva un carattere fortunato: le mancavano la serenità e lo spirito della madre, la sua capacità di sentirsi in armonia col mondo, l’ottimismo. Il fratello, che l’amava moltissimo, definì il rapporto con lei "il

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1