Il tempo della bellezza: Un viaggio attraverso il bello fuori e dentro di noi
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Info su questo ebook
Da sempre gli esseri umani hanno apprezzato la bellezza perché la capacità di goderne è innata e istintiva: è uno dei più grandi doni che abbiamo ricevuto nascendo. In questo nuovo libro Giovetti avvia quindi un percorso attraverso il bello naturale e artistico che ci circonda ma affronta anche il concetto di bello, come nasce e come si evolve nel tempo.
La bellezza esalta ed è capace di giocare ruoli importanti negli stati d’animo di chi la riconosce. Non per niente i greci, che di bellezza se ne intendevano, usavano dire: kalos kai agathos, cioè “bello e buono”, volendo con questo dire che ciò che è bello è anche buono, cioè produce bontà. La bellezza infatti ci salva dalla depressione, dalle paure, da odio e violenza. In poche parole: ci rende migliori e ci aiuta a vivere meglio.
Ma il percorso che affronta l’Autrice analizza anche la nascita del senso del bello e la bellezza come motore dell’evoluzione. Sfogliando le pagine di questo libro ci aspetta quindi un viaggio attraverso arte, religione, scienza e visioni chiaroveggenti dei grandi spiriti dell’umanità.
Indice
La bellezza ieri e oggi Bellezza, appagamento dell’anima
La bellezza, motore dell’evoluzione
La bellezza 40.000 anni fa
Dio, natura e bellezza
Grecia: la nascita della bellezza
La filosofia greca: la codificazione del Bello
La mitologia greca: Afrodite ed Elena
Il mito di Orfeo ed Euridice
La splendida età di Lorenzo il Magnifico, innamorato del Bello
Primavera di Sandro Botticelli: tutta la bellezza immaginabile
La bellezza che stordisce: la sindrome di Stendhal
L’ideale di bellezza di J.J. Winckelmann: “Nobile semplicità e quieta grandezza”
Goethe in Italia alla ricerca della bellezza
La bellezza dell’amore: l’antica e sempre nuova fiaba di Amore e Psiche
Imparare a guardare la bellezza
La bellezza è un giardino sempre in fiore e uno stormo d’angeli sempre in volo
Musica, respiro dell’Eterno
La bellezza del sapere e dei libri
Il fascino della danza
Luoghi di culto e di bellezza
Le Ninfee di Claude Monet: arte e natura, una cosa sola
La Bellezza Interiore
Belli fuori, belli dentro
Cambiare fuori, cambiare dentro. Il processo di identificazione di C.G. Jung
La bellezza che non invecchia
Una “bella persona”!
Custodire La Bellezza
La bellezza che cambia
Bello, brutto e politica
Patrimonio artistico, identità e responsabilità
Il cammino a ritroso
Il FAI, custode della bellezza
La Bellezza Che Viene Da Fuori
Il mistero della creatività
Cantami, o diva…
Il Trillo del diavolo
L’incredibile creatività di Wolfgang Amadeus Mozart
I dolori del giovane Werther
La sagra della primavera
Arte e creatività
Scienza e creatività
L’artista sacerdote della bellezza
Momenti Di Forza E Bellezza
Esperienze di vetta
Il “faraone eretico” Akhenaton
“In hoc signo vinces”
La Madonna di Guadalupe
L’angelo di Franz Kafka
Dialoghi con l’angelo
Il rabbino ElioToaff e l’ispirazione che viene dall’alto
“La più bella esperienza della mia vita è stata la mia morte”
“Fermati, sei bello!”
La Bellezza Del Cosmo
La bellezza e l’armonia del cosmo avvicinano a Dio
L’universo come opera d’arte. L’esperienza cosmica di C.G. Jung
Come siamo piccoli di fronte all’immensità dell’universo!
Immensità, bellezza e mistero dell’universo: la parola ai poeti della penna e del pennello
Due parole di conclusione
Bibliografia
Paola Giovetti
Nata a Firenze, risiede a Modena. È laureata in lettere ed ha svolto attività di insegnamento coltivando al tempo stesso l'interesse per le tematiche di confine. Da alcuni anni si dedica esclusivamente alla ricerca spirituale e alla divulgazione in questo campo. È redattrice di "Luce e Ombra", la più antica rivista italiana di parapsicologia, e svolge anche su riviste a larga diffusione la sua attività giornalistica. Ha partecipato a programmi radiofonici e televisivi e a numerosi congressi, sia in Italia che all'estero.
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Anteprima del libro
Il tempo della bellezza - Paola Giovetti
Premessa
La bellezza… Noi in Italia ne siamo letteralmente circondati, non abbiamo che da guardarci intorno per accorgercene. Innanzi tutto la natura, che ci ha generosamente favoriti: mare, monti, valli, laghi, fiumi – una messe infinita di bellezza difficilmente riscontrabile altrove. Anche straordinaria varietà: come confrontare le Dolomiti con i faraglioni di Capri o il lago Maggiore? Eppure siamo sempre in Italia, un Paese piccolo, con una posizione geografica insolita e un clima diversificato.
Oltre alle bellezze naturali di cui disponiamo in misura irripetibile, abbiamo un quantitativo di opere d’arte unico al mondo. Etruschi, greci, romani e altri antichi popoli hanno riempito il nostro territorio di capolavori straordinari che, restaurati e custoditi con cura, rappresentano un’attrattiva irresistibile per i turisti che da tutto il mondo raggiungono il nostro Paese: basti pensare a Pompei che continua a restituire sorprese e capolavori. Ma non solo: l’Italia è stata divisa per secoli in una miriade di regni, principati, ducati, contee, marchesati, piccoli e grandi, con regnanti che hanno fatto a gara per abbellire il loro territorio di opere d’arte: chiese, monumenti e palazzi che a loro volta contengono affreschi, quadri, sculture e altro ancora: si pensi alle nostre tante città d’arte, uniche al mondo. I grandi artisti del passato, pittori, scultori, musicisti, architetti, orafi sono stati protetti e – diremmo oggi – sponsorizzati, a volte anche contesi dai diversi signori, laici ed ecclesiastici. Così che non esiste borgo per quanto minuscolo che non possieda qualcosa di pregevole, a volte autentiche meraviglie tutte da scoprire.
Ma tutto il mondo è bellezza. Meravigliosi sono gli oceani, anche quando sono in tempesta, meravigliose le montagne la cui maestà ha fatto sì che spontaneamente i popoli le interpretassero come dimora degli dei, meravigliosi i deserti con i loro spazi senza fine.
E poi, volgendo lo sguardo più in alto, come descrivere la meraviglia del cosmo, degli spazi infiniti dell’universo in cui la nostra mente si spaventa e si perde, come con tanta efficacia cantò Leopardi due secoli or sono?
E, ritornando sulla terra, bello è il volto umano anche quando manca di bellezza estetica perché la luce interiore, l’intelligenza, la bontà, la lealtà, il coraggio possono renderlo rivelatore dell’anima.
Non è però soltanto di questo sterminato patrimonio di bellezza che parlerò in questo libro: parlerò anche dell’importanza del concetto di bellezza e di come essa abbia addirittura avuto un ruolo sorprendente nell’evoluzione delle specie. Dirò dei nostri lontani progenitori che già 40.000 anni fa dimostrarono di capire e cercare la bellezza e ne lasciarono tracce stupefacenti, e dei greci che della bellezza furono i codificatori; parlerò dell’evoluzione nel tempo del concetto di bellezza, di bellezza e natura, di bellezza e arte e anche di politica e bellezza. Parlerò della bellezza che avvicina a Dio, che fa intuire il Trascendente, della necessità di imparare a vedere
la bellezza, del dovere di proteggerla e custodirla; dirò anche di quando la bellezza è tale da creare sofferenza: la famosa sindrome di Stendhal
.
Cercherò poi di raccontare una bellezza che è al tempo stesso più e meno di quella tradizionalmente intesa: più intima e meno evidente, ma meravigliosamente forte e creativa – la bellezza interiore, quella che spesso ha dato lo spunto a realizzazioni straordinarie. Mi riferisco alle esperienze di vetta (peak experiences in linguaggio moderno) che sembrano mettere in contatto con una dimensione superiore, di quei momenti di forza e bellezza ai quali dobbiamo nuovi pensieri, nuove iniziative, nuovi eventi creativi; parlerò di quando lo Straordinario sembra irrompere nella vita degli esseri umani e li fa andare al di là di se stessi; di incontri
che superano ogni logica, in cui ciò che è in alto e ciò che è in basso si toccano e procedono mano nella mano. E qui si va dal campo religioso a quello artistico, dalle scoperte scientifiche alle visioni chiaroveggenti dei grandi spiriti dell’umanità.
Sarà un lungo viaggio, che ci porterà lontano nel tempo e nello spazio.
Mettiamoci in cammino.
La bellezza ieri e oggi
Bellezza, appagamento dell’anima
La qualità capace di appagare l’animo attraverso i sensi, divenendo oggetto di meritata e degna contemplazione: così recita il Devoto-Oli, Dizionario della Lingua Italiana, descrivendo una delle parole più usate e amate al mondo: la bellezza.
Appagare l’anima attraverso i sensi
significa vedere e percepire prima con gli occhi – e col cuore – e poi con la mente: il momento della riflessione e della contemplazione viene un attimo dopo. Ciò vale per le meraviglie della natura, per la bellezza dell’essere umano, per le tante manifestazioni dell’arte.
Da sempre gli esseri umani hanno apprezzato la bellezza perché la capacità di goderne è innata e istintiva: è uno dei più grandi doni che abbiamo ricevuto nascendo. Un dono che va affinato, coltivato, accresciuto. Si può infatti imparare a vedere e ad apprezzare la bellezza, ovunque si presenti, per goderne ancora di più, per impregnarci di bellezza e divenire persone più belle
, cioè più partecipi, più generose, più attente. Ed è doveroso insegnare a vederla, indicarla ai bambini fin da piccolissimi, per far scoprire loro le infinite meraviglie che ci circondano.
La bellezza, quella vera, consola, conforta, arricchisce, eleva. Non per niente i greci, che di bellezza se ne intendevano, usavano dire: kalos kai agathos, cioè bello e buono
, volendo significare che ciò che è bello, ciò che viene percepito e vissuto come tale è anche buono, cioè produce bontà, rende migliori. Sentimento intuitivamente condiviso anche da chi vive in modo contrario a ogni bellezza, perché la bellezza di quaggiù riempie di meraviglia e indica un’altra bellezza: fa godere un avangout, come direbbero i francesi, un anticipo del vero mondo al quale apparteniamo. La bellezza, in altre parole, parla del Divino, fa intuire il grande Mistero. Simone Weil diceva: È attraverso la bellezza che si vede Dio.
La bellezza può salvarci dalla depressione, dalla paura, dall’aggressività, dalla collera, dalla violenza, dalla sete di dominio, può indicarci la via da percorrere per vivere al meglio la vita, per alzarla di livello. Non ci si sente forse migliori al cospetto di un bel paesaggio, di un cielo stellato, ascoltando un brano di Chopin, leggendo una poesia di Giacomo Leopardi, ammirando una delle stupende figure femminili del Botticelli? Non ci si commuove guardando il volto sorridente dei bambini, che un poeta ha definito piccole divinità domestiche
? Tutto questo è bellezza.
Ma se vogliamo veramente parlare di bellezza, prima di tutto occorre chiedersi: quando è nato il sense of beauty, il senso della bellezza, la capacità di apprezzarla e di goderne?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare molto indietro nel tempo, addirittura prima della comparsa dell’uomo sulla terra.
La bellezza, motore dell’evoluzione
Alfred Russel Wallace (1823-1913), naturalista, geografo, bio-
logo, esploratore e antropologo gallese, formulò una teoria dell’evoluzione per selezione naturale molto simile a quella che nello stesso periodo stava mettendo a punto Charles Darwin (1809-1882). Viaggiò molto e concepì l’idea dell’evoluzione delle specie durante una lunga permanenza in Amazzonia. In seguito soggiornò per otto anni nell’arcipelago indo-maltese dove completò le sue osservazioni, comprendendo che la selezione naturale poteva essere il meccanismo responsabile della modificazione degli organismi e anche della comparsa di alcune specie. Su questo tema scrisse un saggio che mandò per un giudizio a Darwin, il quale rimase sconvolto constatando l’analogia tra le sue scoperte e quelle di Wallace. Restò a lungo indeciso sul da farsi e poi con grande correttezza acconsentì a pubblicare il saggio di Wallace insieme ad alcuni suoi scritti inediti. L’articolo congiunto, apparso nel luglio 1858, significò l’annuncio ufficiale agli scienziati della teoria della selezione naturale. L’anno successivo Darwin si affrettò a dare alle stampe una prima versione de L’origine delle specie.
Wallace, che era spiritualista e spiritista convinto, non si sentì mai di estendere il meccanismo evolutivo allo sviluppo delle facoltà intellettive e morali dell’uomo. Secondo lui in tale ambito avrebbero agito forze spirituali ancora ignote, testimoniate anche da ciò che avveniva nelle sedute medianiche.
Ma dov’è che entra in gioco la bellezza? Sia Wallace che Darwin si imbatterono nei loro studi in creature e situazioni che contraddicevano nettamente la teoria della selezione naturale.
Nella primavera del 1857 Wallace si trovava su un’isola dell’arcipelago maltese e finalmente vide l’uccello del paradiso: un esemplare rarissimo, molto difficile da avvistare, caratterizzato da dimorfismo sessuale: i maschi, a differenza delle femmine, sono provvisti di strepitose penne allungate o arricciate, che stimolate emettono addirittura dei suoni. Il piumaggio maschile presenta colori vivaci o iridescenze, mentre le femmine sono di colori molto più sobri e di corporatura più ridotta. I rituali di corteggiamento con cui i maschi si esibiscono per attirare le femmine sono curiosi e complessi.
Alla vista dello splendido uccello, Wallace, come scrisse in seguito, non poté fare a meno di esclamare: Ci vogliono tutte le capacità poetiche per riuscire a descrivere le emozioni che agitano la mente del naturalista quando finalmente ha sotto gli occhi l’oggetto a lungo agognato; l’oggetto che fino a quel momento aveva conosciuto solo attraverso le descrizioni e i disegni… esso è di incomparabile rarità e bellezza!
Passato però il primo entusiastico stupore, Wallace si chiese: a che scopo tanta bellezza? Ovviamente non per l’uomo, che non è certo un abituale frequentatore delle foreste tropicali…
La stessa cosa si stava chiedendo Darwin di fronte alla spettacolare e ingombrante coda del pavone, agli incredibili ornamenti del fagiano argo che addirittura gli impediscono di volare, al babbuino che pesa il doppio della femmina ed è ornato di una vistosa criniera che gli copre collo e spalle. Di fronte a tali straordinari esempi di dimorfismo Darwin comprese che per produrre risultati di quel genere la selezione doveva essere guidata non da una logica di adattamento ma da elementi diversi: e cioè quella che chiamò la scelta estetica
delle femmine. Si convinse in altre parole che il maschio del fagiano argo ha acquisito la sua bellezza gradualmente, nel corso di molte generazioni, per la preferenza delle femmine per i soggetti più ornati. Il gusto estetico quasi umano
(sono parole di Darwin) che guida la scelta femminile spiega il dimorfismo sessuale e i caratteri ornamentali dispendiosi e apparentemente inutili dei maschi.
La strepitosa coda del pavone è un richiamo sessuale
La scelta estetica femminile è quindi il potente motore delle variazioni animali.
Va da sé che nell’animale il piacere provocato dalla percezione della bellezza è legato solo al desiderio sessuale, e la bellezza è il tramite attraverso cui tale desiderio si attiva. Il fatto che per esempio un pavone sia più bello di un altro rappresenta il fattore determinante per le sue possibilità di accoppiamento.
In un celebre articolo dal titolo L’origine animale dell’estetica¹ il filosofo tedesco Wolfgang Welsch, autore di moderne teorie sull’estetica, si chiede: Quando ha avuto origine l’atteggiamento estetico nel corso dell’evoluzione? E se l’estetica non fosse un’invenzione esclusivamente umana, bensì fosse comparsa già prima dell’uomo, tra gli animali? L’estetica umana è probabilmente una forma evoluta di estetica animale
.
Welsch per altro si affretta a precisare che le raffinate pratiche estetiche umane non si ritrovano affatto tra gli animali, e che tra di loro non è reperibile alcun Picasso. Tuttavia, spiega, l’atteggiamento estetico in quanto tale, sia pure in forma embrionale, potrebbe essere sorto già nel mondo animale – e l’estetica umana potrebbe essersi sviluppata da una radice animale.
Altra domanda: come ha