Il Grand Tour dell’arborato cerchio. Lucca, una tappa elitaria del viaggio di formazione settecentesco
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Anteprima del libro
Il Grand Tour dell’arborato cerchio. Lucca, una tappa elitaria del viaggio di formazione settecentesco - Sara Franceschi
Copyright
© Copyright Tralerighe libri
© Copyright Andrea Giannasi editore
Lucca, luglio 2021
1° edizione
Tutti i diritti sono riservati. Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633).
ISBN 978-88-32281-68-2
I lettori che desiderano informazioni possono visitare il sito internet: www.tralerighelibri.com
"Girare in tondo mi dava una meta
- il ritorno -
ch'era assente se tagliavo dritto"
(da Strade Blu
, di William Least Heat-Moon)
Introduzione
Questo lavoro nasce da una fascinazione: quella per il Grand Tour, il caratteristico viaggio circolare intrapreso dai rampolli dell’aristocrazia e dell’alta borghesia dell’Europa del Settecento; viaggio che non fu soltanto conoscitivo o di diletto, ma formativo, a tratti iniziatico. Il fatto che l’Italia rappresentasse la meta ambita e prediletta per il popolo dei grandtourists ha innescato in me la curiosità di scoprire se anche la città di Lucca avesse costituito un passaggio interessante per questa particolare categoria di viaggiatori; tanto più che la circolarità del giro di mura
, consuetudine per i cittadini e per i turisti di ogni tempo, appare come una sorta di petit tour che si compie incessantemente da secoli e consente di scoprire aspetti sempre nuovi di ciò che è custodito all’interno dell’arborato cerchio.
Dopo aver affrontato la tematica del viaggio come esperienza di formazione, viene approfondito quello che appare essere il viaggio di formazione per eccellenza: il Grand Tour; fenomeno estrinsecatesi in un ampio arco temporale, sorto agli inizi del Settecento – ma tutti i prodromi ci sono già nel secolo precedente - e tramontato sul finire del secolo, succeduto dagli albori del turismo di massa. Partendo da una breve analisi del contesto storico, vengono descritti gli aspetti organizzativi e delineati gli itinerari più battuti dei percorsi italiani che andavano a toccare le principali città d’arte. L’accento è stato posto sugli aspetti didattico-formativi e sulla vasta produzione sia letteraria, in termini di diari, resoconti e guide di viaggio, sia iconografica (vedute, ritratti e caricature commissionati dagli stessi grandtourists con l’obiettivo di conservare traccia tangibile del viaggio - presto divenuto consuetudine e poi vera e propria moda - una volta rientrati in patria).
Attraverso le parole degli stessi viaggiatori sono stati evidenziati quegli aspetti non immediatamente apprezzabili se si affronta il Grand Tour come mero fenomeno storico: disavventure rocambolesche e bizzarrie variegate, che oggi fanno sorridere, costituivano problematiche fondamentali per i viaggiatori settecenteschi e la loro narrazione contribuisce a rendere il Grand Tour una sorta di lungo romanzo d’avventura.
Capitolo a parte è stato dedicato alla Lucca del Settecento vista con gli occhi di quei viaggiatori che scelsero di fare una deviazione rispetto ai consueti itinerari per visitare quella che allora era una piccola Repubblica indipendente. È tramite i loro sguardi che viene offerto un resoconto accurato degli usi e costumi, della vita intellettuale, delle curiosità locali, delle arti e dei mestieri della città dell’arborato cerchio nel Secolo d'Oro dei viaggi. In particolare si è scelto di mettere a confronto le diverse esposizioni sulle stesse tematiche, evidenziando il considerevole ed inatteso apporto personale che ogni viaggiatore immetteva in quei resoconti che, secondo i dettami del tempo, avrebbero dovuto essere il più possibile oggettivi. Questo aspetto è apparso come il seme della successiva letteratura di viaggio romantica, nella quale l’io del narratore avrebbe prevalso sugli aspetti descrittivi.
Viviamo il tempo della formazione continua, tuttavia non esiste un viaggio simile al Grand Tour. Paragonabili sono i progetti in stile Erasmus, grazie ai quali giovani studenti hanno la possibilità di trascorrere un periodo di formazione all'estero. Ma veri e propri Tour attraverso il continente, mossi dall' amore della varietà, sono lasciati all'iniziativa personale: ecco che la valenza formativa di quella che fu una vera e propria accademia itinerante
si estrinseca in tutta la sua potenza se osservata con gli occhi del presente e sollecita una deriva immaginifica
se proiettata nel (prossimo?) futuro. Deriva che permea l'ultimo capitolo di questo elaborato: infatti, per quanto le informazioni raccolte sul Gran Tour raccontino la storia di una tradizione di viaggio estremamente concreta, è a causa della testimonianza di un particolare viaggiatore, Heinrich Heine, che – a conclusione di questo lavoro – viene introdotto tale concetto. Sue infatti sono le parole che raccontano Lucca in un modo che si potrebbe definire onirico
, quasi che la città non rappresenti che un pretesto per il filosofo tedesco, più incline a descrivere le suggestioni emotive ricevute piuttosto che gli usi e i costumi delle genti locali. Heine, con la sua fascinazione per Don Chisciotte - tra il serio e il faceto - può essere considerato il capostipite di una generazione di visitatori/pellegrini/turisti che ormai da anni hanno scelto Lucca per celebrare, appunto, la passione del fantastico. L’atmosfera cosmopolita che si respira nel corso della manifestazione Lucca Comics and Games, tanto simile a quella dei salotti popolati di intellettuali che, nel Secolo dei Lumi, amavano disquisire su svariati argomenti ed interessi, ha ispirato, oggi come allora, la mano e l’ingegno di artisti contemporanei, maestri riconosciuti e apprezzarti in tutto il mondo per il proprio lavoro legato alla visualizzazione del fantastico, che ogni anno fanno tappa a Lucca per incontrare e scambiare idee ed esperienze con colleghi e pubblico, formato da gente di ogni tipo: giovani e meno giovani, maschi e femmine, famiglie, solitari e comitive sfilano per le vie di Lucca per quasi una settimana – a cavallo tra Ottobre e Novembre - dando corpo ad una sorta di processione pagana che conduce in giro vessilli e costumi fatti della stessa sostanza dei sogni
IL VIAGGIO COME ESPERIENZA DI FORMAZIONE
Parlare di formazione, oggi, significa esprimere un concetto complesso, che sintetizza e supera quelli di istruzione ed educazione e che si concretizza all'interno di molteplici ambiti in cui concorrono soggetti che presentano sensibilità e conoscenze caratterizzate da una grande diversità. Formazione che investe sia il lato professionale, con acquisizione di saperi e competenze, sia il lato personale, favorendo la conoscenza del sé individuale e sociale. Formazione che si fa Lifelong Learning, realizzandosi sì nell'ambiente scolastico, ma anche in ogni altro contesto di vita, in ogni luogo e in ogni tempo.
In quest'ottica, appare chiaro il motivo per cui il viaggio sia una delle esperienze la cui preponderanza formativa è universalmente riconosciuta. La persona che parte non è la stessa che torna; non solo perché ha imparato cose nuove arricchendo il proprio bagaglio cognitivo ed esperienziale, ma anche perché, come sostenne il poliedrico Bruce Chatwin – archeologo, esperto d’arte, giornalista, esploratore e narratore del secolo scorso - in Anatomia dell’Irrequietezza: "Il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma".
Viaggio nella storia del viaggio
Eric J. Leed, professore associato di storia alla Florida International University, ne La mente del Viaggiatore indaga il modo in cui quella che a primo acchito potrebbe essere considerata una semplice transizione spaziale riesca in realtà a modellare le strutture di significato degli individui e delle società: "La storia del viaggio ci permette di vedere certi aspetti della modernità – l'individualità, la democrazia [...] la separabilità delle persone dalle strutture sociali, la centralità delle comunicazioni e dei mercati, i rapporti sociali tra estranei e perfino l'anomia che costituisce il rovescio della libertà e della separabilità - come caratteristiche di società plasmate dalla mobilità e riscontrabili nelle società viaggianti antiche"
L'uomo, con scopi e modalità diverse, si sposta dalla notte dei tempi. I primi viaggi dell'umanità nascono con essa: i nostri antenati preistorici migravano alla ricerca di cibo, di condizioni climatiche favorevoli, di foraggio per il bestiame. Nell'antico Egitto gli uomini vivono una certa stanzialità nella mezzaluna fertile, zona compresa tra le valli del Nilo, del Tigri e dell'Eufrate e culla delle prime civiltà agricole. Il termine viaggiare
per gli ideatori dei geroglifici si riferiva sostanzialmente al salire
o scendere
la corrente del Nilo, a testimonianza dello stretto legame del vivere quotidiano con il fiume africano.
La frenesia Fenicia di solcare i mari alla volta di terre lontane in cerca di scambi con popoli sconosciuti favorirà lo sviluppo dei commerci ed i Persiani viaggeranno via terra dando vita alla prima rete stradale costellata di punti di sosta in cui il viandante poteva trovare ristoro.
Il fascino del viaggio si fa preponderante nella letteratura dell’epoca successiva: personaggi come Ulisse od Enea sono - di fatto - divenuti parte integrante dell’immaginario collettivo grazie alle loro incredibili