Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Milano vertigo: 1979, la terza indagine del commissario Negri
Milano vertigo: 1979, la terza indagine del commissario Negri
Milano vertigo: 1979, la terza indagine del commissario Negri
E-book135 pagine1 ora

Milano vertigo: 1979, la terza indagine del commissario Negri

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Una telefonata della cara mamèta: “Renato, devi indagare su un caso”. Tra tutte le persone che Negri poteva figurarsi che gli affidassero un’indagine per omicidio, certo la sua mamma era l’ultima. Il commissario indagherà sulla morte di un certo Achille Bracchi, caso chiuso dal commissariato di Chiavari come suicidio ma che, evidentemente, non convince la signora Rosalba Maria Barbieri vedova Negri. Cosa c’entra con il Bracchi? Sembra che in un torrido luglio del 1979, Achille Bracchi si sia lanciato da quella che pensava sarebbe diventata la sua miniera d’oro: Colonia Fara, un edificio realizzato durante il Ventennio fascista a strapiombo sul bel mare ligure della riviera di Levante. Per questo caso, il commissario si avvarrà dei suoi fidi aiutanti, il suo vice Palamara, e l’ispettore Coviello ma sarà un’indagine che dovrà condurre in solitaria e in cui dovrà fare, soprattutto, i conti con se stesso.

Oscar Logoteta è nato a Milano il 13 aprile 1983. Creativo, scrittore e padre. O, almeno, ci prova. Nel 2014 esce il suo romanzo di esordio intitolato A come Armatura edito da Memoria del Mondo Editrice da cui è stata tratta, nel 2016, l’omonima graphic novel. Nel 2017 esce Milano disillusa, la prima indagine del commissario Negri e, nel 2018, esce Milano sottozero, la seconda indagine, entrambi editi da Fratelli Frilli Editori. Milano vertigo è la terza indagine del commissario Negri.
LinguaItaliano
Data di uscita26 nov 2021
ISBN9788869435782
Milano vertigo: 1979, la terza indagine del commissario Negri

Leggi altro di Oscar Logoteta

Correlato a Milano vertigo

Ebook correlati

Noir per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Milano vertigo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Milano vertigo - Oscar Logoteta

    I

    Luglio 1979

    Il Negri stava viaggiando sulla sua Alfasud bianca elaborata di tutto punto.

    Il compare del Negri, il Beppe, con l’aiuto di quel mascalzone di Sepe, l’aveva fatta diventare un vero bolide. Unico neo: il pieno di Super era da fare abbastanza spesso. Faceva i 7, forse massimo i 6 con un litro.

    – René, con le modifiche che abbiamo fatto alla carburazione, con questa tranquillo arrivi fino – poi si fermava, lo sguardo diventava solenne e, guardando un punto non ben precisato del bar, diceva – non ti esagero René: arrivi tranquillo a Chiavari.

    Non ti esagero, diceva il Beppe al Negri, sgrammaticato come al solito.

    Infatti, all’altezza di Tortona dovette fermarsi a fare già il primo pieno.

    A Chiavari ’sto cazzo pensò il Negri, mentre vedeva la lancetta della benzina calare senza freni verso la spia della riserva.

    Almeno c’era arrivato in fretta a Tortona: piazzale Lodi-Stazione di servizio Tortona Est, 32 minuti esatti. Un vero bolide.

    Anche per il portafogli.

    Il commissario non si stava recando nella ridente Chiavari per una meritata villeggiatura in una bella pensione completa e, magari, con camera vista mare. Macché. Era in viaggio perché chiamato dalla sua cara e amata mamèta, la signora Rosalba Maria Barbieri vedova Negri.

    II

    Erano le tre del pomeriggio di una calda domenica di luglio dell’anno domini 1979. Dopo il caso di Anna e la storiaccia con il Gatto, l’anno era filato via liscio. Poca roba insomma.

    Era un luglio talmente torrido che, oltre alla finestra che si affacciava al corridoio della casa di ringhiera, il Negri aveva la porta aperta 24 ore su 24. Ma mica leggermente aperta, nossignore, proprio spalancata. Faceva capolino di tanto in tanto Vecchia Aquila, il suo vicino di appartamento, per proporgli la variante estiva del caffè: un caffè freddo con ghiaccio che poi diventava sempre corretto – Commissario, ce lo mettiamo un goccino di Nardini, eh? – e alla fine si finiva per avere più caldo di prima.

    Il Negri aveva individuato, in un punto preciso del ballatoio comune, il luogo dove forse passava un filino di aria in più e lì aveva piazzato una brandina, Se non dà fastidio a nessuno, eh aveva chiesto il commissario ai suoi vicini e a Vecchia Aquila prima di occupare lo spazio comune.

    Alle tre di quel caldo pomeriggio, dunque, squillò il telefono.

    Il Negri già tremava.

    Sapeva che poteva essere il suo vice, Nicola Palamara, ad annunciargli chissà quale catastrofe che richiedeva assolutamente la sua presenza. Oppure, peggio ancora, poteva essere l’ispettore Tommasino Coviello che gli annunciava chissà quale altra catastrofe – dove già era presente il Palamara – che richiedeva comunque urgentemente la sua presenza.

    Rispose.

    Fortunatamente non erano né il Palamara, né il Coviello. Era la sua mamèta, che comunque gli avrebbe annunciato una catastrofe che richiedeva urgentemente la sua presenza.

    Dopo i soliti convenevoli – Quando ti sposi? Quando mi dai un nipotino? Quando metti la testa a posto? eccetera eccetera – la mamèta era andata al vero motivo della chiamata.

    – Renato, ma lo sai chi è morto?

    – Chi? – chiese il commissario curioso dato il cambio di registro delle argomentazioni e con un mezzo ghigno pensando sempre a quei cretini del bar cui la risposta era sempre ‘sto cazzo. La mamèta sentì una risatina sommessa dovuta al pensiero goliardico e subito lo richiamò all’ordine.

    – Ma… Renato, cosa ridi?

    – Ma no, no mamèta, non è per la tua domanda è che... Va be’ dai, insomma, chi è morto?

    – L’Achille Bracchi. Te ne avevo mai parlato?

    Il Negri cadde dal pero.

    – Ah, cavolo! – disse. E poi aggiunse – Ma chi è?

    A malapena riusciva a tenere vicino la cornetta del telefono: un luglio così caldo, a memoria, non se lo ricordava mica. Il mercurio dentro il termometro appeso a fianco alla porta era a quota 37 gradi. Faceva talmente caldo che il Nino, il barista ex pugile proprietario dell’omonimo bar sotto casa del Negri, si era rifiutato di accendere fuochi, fornelli, forni e affini e quindi al massimo due olive e un po’ di giardiniera; non che solitamente preparasse granché di più eh ma nessuno aveva il coraggio di dirglielo.

    La mamma del Negri riprese a parlare.

    – Ma come? L’Achille Bracchi, era tanto tanto amico del papà. Non ti ricordi che ci invitava sempre nella sua casa a Bellano?

    Il Negri pensò che la sua cara mamèta cominciava a perdere qualche colpo. Quel ti ricordi, probabilmente, era riferito a quando il Negri poteva avere poco più di tre anni, forse quattro. La mamma capì, allora decise di rinfrescargli la memoria.

    – Renato, ma come fai a non ricordarti? È stato compagno d’armi del tuo povero padre e quando era podestà a Menaggio, l’Achille ci portava sempre al mare, a Chiavari, ai Bagni Marinella. Lì abbiamo passato le estati dal ’34 al ’37. Ti portavo sempre alla colonia, che dalla cima della colonia si vedeva tutto il mare: sembrava fossimo in cima al mondo! Ti piaceva così tanto ed eri così bello da bambino. E poi...

    – E poi cosa mamma?

    – Ma niente... Che l’eri più carino da picinin!

    Il Negri, che era ormai prossimo alla sublimazione per via del caldo, decise di tagliare corto.

    – Senti mamma mi hai chiamato solo per ricordarmi che quando avevo tre anni ero più carino di ora o c’è anche qualche altro motivo?

    – Dai Renato, qualcosa ti devi ricordare.

    – Ma mamèta, ma come faccio? Ero poco più che neonato!

    – Davvero Renato, qualcosa devi ricordare! La terrazza da cui guardavamo il tramonto non puoi averla dimenticata: dicevamo che il sole andava a dormire dietro il mare e diventava rosso dalla vergogna.

    Al Negri scattò una scintilla: un fievole ricordo, un’immagine sfocata che forse, qualche volta gli era giusto tornata in sogno o chissà in quale altro momento di lavoro intenso del cervello. La parola che fece scattare la scintilla fu terrazza. Il Negri aveva davanti agli occhi questa scena: il sole infuocato che illuminava di rosso uno stanzone dalle cui vetrate si vedeva solo mare sconfinato, bellissimo, luccicante. Solo questo. Ma ricordi legati a quel tale, l’Achille Bracchi, neanche l’ombra. Il Negri decise comunque di non dirle di quel piccolo ricordo riaffiorato da chissà quale cassettino della memoria.

    – Senti Mamèta, sono un po’ preso in questo momento – cosa assolutamente non vera, ma, oltre al caldo, al Negri quella conversazione cominciava a parere un pochino surreale – C’è qualcosa che devo fare? Dillo subito che così mi organizzo, va bene?

    Il Negri sentì un lungo silenzio provenire dall’altra parte della cornetta.

    S’immaginò che sarebbe stato ancora più surreale se la conversazione fosse ripresa nuovamente dall’inizio con sua madre che gli rispondeva Ah ciao Renato, perché mi hai chiamato?. Era già pronto a chiamare l’Aldo, suo fratello, medico, che abitava lì vicino alla mamèta per fissargli subito un appuntamento con un neurologo, ma uno di quelli bravi. Comunque, fu un momento che passò immediatamente quando la mamma del Negri pronunciò le parole più inaspettate in quel momento. Disse testualmente:

    – Renato devi indagare e scoprire chi è stato.

    Non era mica una domanda o una richiesta di favore; era un vero è proprio ordine.

    Il Negri rispose con un pacato – Mamma, ma sei impazzita completamente? Devo indagare su cosa? E perché poi?

    La mamma rispose risentita.

    – Renato! Non mi mancare di rispetto, sai? Se te lo chiedo è perché c’è un motivo ben preciso dietro.

    La signora Rosalba Maria Barbieri, vedova Negri, anche se contava una novantina di primavere sulle spalle, sapeva il fatto suo.

    Si era sposata con il Palmiro Negri nel 1918 che ancora odorava di Grande Guerra. Quando nel ’32, il Palmiro divenne Podestà, per la signora Rosalba Maria Barbieri Negri la vita cambiò sensibilmente, ci fu la vera svolta. Lei, che arrivava da una famiglia umile e abituata a lavorare, abbandonò il suo impiego alla Tessili di Menaggio e diventò, a titolo pieno, la moglie del Podestà. Una Sciura vera, insomma. Ed era anche un discreto donnino la signora Rosalba Maria eccetera eccetera: aveva dei begli occhi azzurri, una bella chioma bionda e anche un bel davanzale, che al Palmiro non dispiaceva che lo mettesse in mostra ché così tutti potevano ammirare quanto fosse bella la moglie del Podestà. Con gli studi non era andata molto in là, ma ci teneva che un qualche titolo davanti al nome, oltre a Signora, venisse messo. Anche nobiliare andava bene, tipo Marchesa o magari Contessa. Era anche generosa la nostra Contessa: le sue ex colleghe operaie sapevano che un premio extra per loro era sempre assicurato. La signora Podestà diede alla luce tre bei maschietti per la gioia del Palmiro

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1