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Memorie fluttuanti: Ritratti del Novecento
Memorie fluttuanti: Ritratti del Novecento
Memorie fluttuanti: Ritratti del Novecento
E-book94 pagine1 ora

Memorie fluttuanti: Ritratti del Novecento

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Il mare è il grande protagonista in queste vite vissute nel secolo scorso, ha determinato i destini degli uomini, di uomini alla ricerca di un nuovo futuro. Le acque uniscono le diverse civiltà da sempre, portano le speranze,nutrono lo spirito di avventura, diffondono il sapere. Questo universo liquido,che ancora non conosciamo completamente, e che si cela al nostro sguardo nei suoi abissi,è stato dalla notte dei tempi il nostro nume tutelare. Ritratti del Novecento sono racconti di vita, ognuna con le sue pene e i suoi drammi, raccontate sul filo di una memoria ormai lontana, alcuni mettono in evidenza l'ideale o l'obiettivo dell'uomo raggiunto con le proprie capacità intellettive e il suo coraggio, in qualche caso sono esperienze di guerra da leggere consapevoli e decisi di un non ripetersi della storia. Sono ricordi colloquiali con una atina spensierata, in occasione di incontri o di viaggi nello scenario dei nostri giorni, quindi un parallelo narrativo: un confronto tra ieri e oggi, i conflitti del passato maestri di un sereno avvenire.
LinguaItaliano
Data di uscita2 dic 2012
ISBN9788875638184
Memorie fluttuanti: Ritratti del Novecento

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    Anteprima del libro

    Memorie fluttuanti - Rita Parodi Pizzorno

    Introduzione

    Memorie fluttuanti è il titolo di questa nuova raccolta di racconti di Rita Parodi Pizzorno. Infatti le memorie fluttuano in un andirivieni tra presente e passato come le onde del mare, che è il grande protagonista della narrazione, quasi una divinità onnipresente, che cela nei suoi abissi insondabili ora ricordi di viaggio, sereni e dorati, ora memorie di guerra incrostate di eroismo.

    Emerge in particolare la storia di un marinaio della prima Guerra Mondiale: è lui stesso che ricorda i giorni a bordo del sommergibile, quando incerto era il destino e poche le ore di sonno. Il marinaio prosegue nel racconto e tinge di colori le sue parole: Ho negli occhi colori del cielo e del mare al sorgere del sole sulle onde e il rosseggiare sulle acque al tramonto. Rivedo la luna illuminare la notte e le acque si animano di guizzi lucenti cavalcando le onde… Il Destino, però, non mi ha dato tregua, mi ha inseguito… e si conclude così la mia vicenda terrena nel 1919 a 23 anni.

    Il Destino che non dà tregua: in questa definizione è implicito il rimpianto del marinaio, che non avrebbe voluto morire così giovane. Forse non si è allontanato del tutto dalla terra come capita – così si racconta – alle anime dei morti in giovane età.

    Qualche volta le ascolto ancora, sono solo voci lontane e confuse riportate in un soffio, dice ancora il marinaio. Qui l’autrice sfiora con grande delicatezza il tema dell’Oltre, immaginando che il mondo dei trapassati si possa collegare con quello dei vivi e che la voce dei viventi giunga in qualche modo nell’Aldilà, soprattutto a chi ha subito una morte prematura.

    E la figura della donna che scrive è quanto mai significativa, ovviamente chiaroscurata da elementi autobiografici della scrittrice: L’esperienza vissuta è stata ricca di pathos, è entrata nel mondo sconosciuto, ne ha vissuto per un poco le vicende, l’atmosfera.

    Ma nel flusso dei ricordi appaiono alla superficie scene più liete: riemergono dal passato le sagome imponenti dei grandi transatlantici con le serate di gala e i rituali mondani: memorie di amicizie e di amori ondeggiano fra il sogno e il rimpianto.

    Dal mare alla terra. Il racconto s’intreccia con un altro racconto: al mare liquido e fluttuante subentra la concretezza di una scena, in cui il nonno racconta ai nipoti, seduto sulla vecchia poltrona e riscaldato dalla fiamma del caminetto, la sua storia che ha l’andamento della fiaba.

    Anche in questo caso ritorna la stessa formula narrativa: i contorni della realtà presente, confortati dalla serenità e dall’agiatezza, lasciano spazio, come quando l’onda si apre e lascia scoperto il fondo del mare, al ricordo della disumana condizione degli emigranti stipati nei dormitori della terza classe, così malati e denutriti da morire su quelle onde fluttuanti senza toccare la terra promessa, l’America dei loro sogni. Ancora una volta il sentimento dell’autrice è partecipe del dolore altrui: si avverte che la pena e la sofferenza di un’umanità, condannata ingiustamente alla miseria, fanno vibrare di compassione, da intendersi nel senso etimologico di comunanza di sentimento, la sua scrittura.

    Come l’onda indietreggia prima di rimbalzare sulla riva così l’autrice sospinge il lettore indietro nel tempo, ma non si sente lo sciabordare dell’acqua, bensì il suono di un violino che intreccia le note dell’amicizia e il rimpianto della gioventù perduta. Così tra il mare e il cielo, tra lo sfarzo dei colori della natura e i dolori dell’uomo si alza alta la musica, la grande consolatrice.

    Il commento lirico, che conclude ogni racconto, rispecchia non solo l’altra vocazione della Pizzorno, che ha pubblicato con successo alcune raccolte di versi, ma è l’efficace sintesi dell’odissea umana:

    Un ciclo tragico

    di speranza e di pianto

    governa le leggi del mondo.

    Clara Rubbi

    Angelo e il suo violino

    Guardo il tuo volto illuminato dai capelli bianchi, tra sete e pizzi, ti mormoro con un fil di voce e un sorriso: Arrivederci Angelo, ci rivedremo lassù, in un’altra dimensione, ancora amici con l’affetto di sempre. Parleremo di arte e di poesia, citerai ancora Orazio e Catullo in latino, oppure la divina Saffo ed io ti ascolterò attenta, come nei nostri viaggi ad Arenzano, mentre il treno correva e la Riviera appariva a sprazzi di mare, di azzurro e di luce, tra una galleria e l’altra, come scene da un immaginario poetico sepolto nell’inconscio e che d’improvviso salgono alla luce… irreali, come la nostra amicizia insolita, fuori dal tempo, incomprensibile a molti.

    Nel foyer del teatro, una domenica pomeriggio di qualche anno fa: Ciao Angelo, come stai? Tu sei un assiduo del teatro! Sono contenta di rivederti. Lui risponde con il suo sorriso al mio lieto saluto: Ciao. Lo sai, sono abbonato.

    La conversazione si avvia spensierata a tre: lui, mio marito ed io. Intorno a noi si crea un vortice vociante, una girandola festante di volti sorridenti, di signore in pelliccia e di uomini in abito scuro.

    Lo spettacolo sta per cominciare e noi ci avviamo insieme verso la platea. L’amico è solo, come spesso accade, anche se numerosi volti, in particolare femminili, gli sorridono con un cenno di saluto.

    Si spengono le luci nella sala, mentre i riflettori puntano il palcoscenico. Il silenzio avvolge la platea che si appresta all’ascolto: ha inizio la commedia.

    Si apre il sipario su un interno, una scena di famiglia. La trama, come un gomitolo, inizia a srotolarsi piano piano, lanciando sugli spettatori i presupposti di una vicenda familiare: una donna rinuncia a formarsi una famiglia per dedicarsi completamente alla madre anziana e bisognosa di cure. L’amore filiale imprigiona le ali di farfalla della protagonista, che sente la rinuncia bruciante.

    Ognuno nel buio della sala s’immedesima, e confronta la vicenda con le proprie esperienze. Sussurro all’amico in un soffio: Sì, quante volte ognuno di noi ha subito, anche indirettamente, questo tipo di ricatto. Continua in un

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