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Un Pastis al Bar Marco: La prima indagine sanremese di un barista-investigatore
Un Pastis al Bar Marco: La prima indagine sanremese di un barista-investigatore
Un Pastis al Bar Marco: La prima indagine sanremese di un barista-investigatore
E-book168 pagine2 ore

Un Pastis al Bar Marco: La prima indagine sanremese di un barista-investigatore

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Info su questo ebook

È domenica pomeriggio 22 marzo 1981 e al Bar Marco tra i tavoli da carte e il rumore dei flipper riecheggiano le partite di calcio. Tutti seguono la radiocronaca e controllano la schedina. A Sanremo, a pochi passi dai lustrini luccicanti del Casinò, dall’aristocratica clientela degli hotel dell’Imperatrice e dagli splendori delle ville liberty, il Bar illumina un quartiere sorto rapidamente, senza anima apparente ma stracolmo di umanità parallele. Qui sui tavoli del biliardo si sfiorano senza incontrarsi, destini impegnati a sopravvivere alla vita e vite impegnate a sopravvivere ad un destino. Vite in movimento apparente, vacuamente oscillanti al caso come la pallina della roulette, e destini sfilacciati, duri da mordere, incatenati ad un filo di necessità. Destini appesi al bancone del Bar Marco, fra un bicchiere di troppo e una sigaretta mai spenta, in attesa del tredici che ne cambierà per sempre segno e direzione. Una vincita milionaria, il furto della schedina, un mistero da risolvere in un intreccio di emozioni e traiettorie. Un ingorgo di miserie, furbizie, espedienti e sudore che trova la
sua perfezione provvisoria nella geometria euclidea del biliardo, nella esatta corrispondenza della sponda, nella fredda pazienza del ragno che tesse l’ineludibile disegno della tela. Una melodia distillata in infinite modulazioni fra tonalità maggiori e minori, scale ascendenti e discendenti, alla ricerca di una cifra armonica che riempia e sazi gli spazi dell’anima ruota intorno a Mario, il barista-investigatore dalla debordante umanità.

Morena Fellegara è nata nel 1975, secondogenita di un complicato parto trigemellare. Una nascita che segna un posto di mezzo in un destino ternario. Come il pallino che scorre sul levigato panno verde del biliardo del Bar Marco, punto di attrazione fra le due bocce. Come il suo lavoro di infermiera, punto di equilibrio fra tecnicalità e umanità, fra medici e pazienti. Un’articolazione triplice della realtà che si allunga sul suo tempo libero, scandito dal ritmo del triathlon. Questo è il suo romanzo numero uno, ma qualcosa suggerisce che è solo questione di tempo…
LinguaItaliano
Data di uscita26 mag 2020
ISBN9788869434471
Un Pastis al Bar Marco: La prima indagine sanremese di un barista-investigatore

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    Anteprima del libro

    Un Pastis al Bar Marco - Morena Fellegara

    I

    Marco grosse scarpe e poca carne

    Marco cuore in allarme

    Con sua madre e una sorella

    Poca vita, sempre quella

    Se chiude gli occhi lui lo sa

    Lupo di periferia

    Marco col branco

    Marco che vorrebbe andar via

    E la luna è una palla ed il cielo è un biliardo

    Quante stelle nei flipper sono più di un miliardo

    Marco è dentro a un bar

    Non sa cosa farà

    Poi c’è qualcuno che trova una moto,

    si può andare in città

    Lucio Dalla, Anna & Marco

    "Attenzione Ameri! Sono Ciotti, la Juventus ha segnato su calcio di rigore, goal di Liam Brady all’85°. Juventus-Perugia 1-1. A te la linea".

    È una domenica pomeriggio di inizio primavera, e come sempre il Bar Marco è sintonizzato su Radio Uno. Tutto il calcio minuto per minuto riecheggia tra i tavoli di carte e il rumore del flipper nel silenzio di una via Martiri deserta, oggi i negozi sono chiusi.

    Tutti si riposano allegramente come vuole la tradizione e anche la legge, che difende il diritto dei commercianti di osservare il riposo settimanale, con esclusione della settimana del Festival, delle festività e dei mesi di luglio-agosto, essendo Sanremo una località turistica. Tutti si riposano. Eccetto Mario. Sulla porta del bar si legge Questo pubblico esercizio è aperto dalle ore 6.00 alle ore 3.00 - giorno di chiusura il Venerdì.

    Mario sta bevendo il suo caffè corretto Fernet, grembiulino legato in vita, camicia bianca con le maniche arrotolate, perché mica ti puoi mettere le maniche corte dietro a un banco, è una questione di rispetto. Oggi però è un po’ nervoso.

    Cristo, come si fa a pareggiare in casa?.

    Mario! Mica si può sempre vincere quest’anno non la vedo facile, ormai.

    Nando, detto il Barbè, sta bevendo la sua spuma bianca al banco, lui è uno sportivo, un cicloamatore, capisce poco di calcio, ma ha la calma e la tranquillità di un passista. Lui che a quarant’anni ha iniziato a correre in bici, che sale in via Martiri con il capellino e la visiera ribaltata, divisa del Pedale Sanremese.

    In tanti lo ammirano, colleziona coppe e medaglie oltre a correre ogni anno la Milano-Sanremo amatoriale.

    No, quest’anno la davano favorita e ora guarda la classifica!.

    Mentre Mario lava i bicchieri la voce di Ciotti riecheggia nel bar.

    Scusa Ameri. Scusa Enrico. La Juventus ha segnato all’88mo, goal di Marocchino. Bellissima azione, Marocchino riesce a battere Mancini al termine di una mischia. Goal di Marocchino.

    Juventus-Perugia due a uno.

    Tiè!

    E parte un gesto dell’ombrello. Geppo sta giocando a flipper, ascolta in silenzio e freme. Fa girare vorticosamente le palline, ogni luce si illumina, dà colpi ai due lati della macchina, evitando scrupolosamente di mandarla in tilt, in quell’attimo si gira e con un sorriso:

    Mario una birretta alla spina va’, ora che sei contento me la fai con poca schiuma, eh!.

    Dalla scaletta del piano di sopra, sigaretta in bocca e sorriso beffardo si affaccia Flavio Zumbo, affezionato giocatore e sfacciato vincitore al Totip, Totocalcio e, dicono, anche alle scommesse sui cavalli, che però va a fare direttamente alla Sala Corse, perché i bar mica hanno la licenza per i giochi d’azzardo.

    Una domenica come tante, la porta del bar è aperta perché ieri è iniziata la primavera.

    Nel silenzio di via Martiri oltre alla radiocronaca delle partite di calcio, si sentono i tacchi di donne che vanno in centro a passeggiare.

    Di tanto in tanto entrano clienti, qualcuno aspetta la moglie, altri non aspettano più niente.

    Si danno al bere fin dal mattino e si autocondannano ad una diagnosi infausta che li attenderà puntuale, ma forse è proprio quello ciò che la loro anima chiede.

    Chissà, esistono tanti modi per mandare all’altro mondo questo corpo che ci è dato in prestito.

    Tanti invece cercano affetto. Conforto non solo in un bicchiere ma nelle parole di Mario. Lui che ascolta tutti. Osserva il mondo non solo da dietro il banco, spesso si siede al tavolino insieme alla gente. E ascolta. E racconta.

    La sua vita è una vita, più quella di tutti gli altri. È una vita che ne vive molte insieme.

    Di chi da ormai tredici anni entra qui tutti i giorni, racconta e cerca consigli. Mario è un padre per i ragazzi in pericolo, un figlio per i vecchi, un confidente. Non si rende conto di quello che riesce a creare. Qui sembra una grande famiglia.

    Ma di famiglia lui ne ha già una grande, quattro figli e un passato a lavorare per tutti, sorelle, fratelli e madre vedova. In Africa a costruire una diga, la Rhodesia è molto lontana. Le cartoline impiegano venti giorni ad arrivare, pensa Lina ogni volta che lo aspetta per mesi.

    La fatica e i sacrifici rendono migliori e più umani, ci si rende conto di cosa voglia dire aver bisogno e lui lo ha capito bene. Il suo sguardo è una certezza. Un porto in cui approdare.

    La radio fa le bizze, bisogna muovere un po’ l’antenna ma ecco continua la giornata di partite la Roma pareggia a Catanzaro. Mentre la voce di Enrico Ameri conferma uno sorprendente zero a zero del Napoli ad Avellino.

    Alla notizia dell’X in schedina del Napoli esplode un urlo dal piano di sopra.

    Sììììììì!!!.

    A Flavio Zumbo cade la sigaretta dalla bocca e inizia a saltare. Scende la scaletta due a due.

    Ho fatto tredici!.

    E tutti iniziano a gridare, ridere, saltare.

    Mario apri un paio di bottiglie!.

    Comincia la festa. Si beve. Parte la sigla di 90º minuto.

    Davanti al bancone c’è circa una ventina di clienti che festeggia con Zumbo. Si sente il rumore di bicchieri che tintinnano all’ennesimo brindisi, tra le risate e le battute dei presenti. Qualche passante si affaccia sulla porta:

    Vieni a bere!.

    Gli grida Zumbo, lui è un grandeur.

    Angelo l’amico di Zumbo prende la chitarra che è custodita nello sgabuzzino del bar al piano di sopra e partono a cantare, i soliti amici Angelo, Roby, Ugo e Mario che fa gli acuti. E salti, e risate.

    Intanto aspettano le quote dei tredici.

    Non tutti quelli che ridono e festeggiano portano, ahimè, nel cuore una gioia vera. Spesso la fortuna altrui suscita invidia e chiacchiere. In fondo alla sala si mormora.

    Piove sempre sul bagnato, vè!.

    Però si beve e mangia, tanto paga lui!.

    Si sentono voci dalla sala biliardo, i quattro giocatori hanno interrotto una goriziana ai 400. Tanto con ’sto frastuono non ci si riesce più a concentrare.

    Mario è anche contento, stasera vuole festeggiare Zumbo, non ha voglia di sentire le lamentele dell’inquilino del piano di sotto, il signor Parente, giornalista scapolo dell’Eco della Riviera.

    È un periodo che tutte le sere entra al bar a protestare oppure telefona ai vigili, gli da fastidio il rumore delle stecche e delle bilie.

    Ma come si fa? pensa Mario, ogni volta che Parente tira fuori qualche lamentela.

    La domenica il bar è popolato dai soliti affezionati. Tra i tanti Mimmo, detto stecca, Nando Il Barbè; è scesa pure la signora Lina da casa con un paio di testi di sardenaira appena sfornati.

    François, napoletano doc dal nome francese conquistato nei pochi mesi di residenza in un carcere di Marsiglia, pelle scura, sguardo fiero e numerose cicatrici su volto e braccia, gioca a ramino.

    È appena uscito da Santa Tecla, bellissimo forte situato nei pressi del Porto Vecchio, edificato nel ’700 per volere della Repubblica di Genova come baluardo difensivo per contrastare le insurrezioni popolari, ma ahimè adibito a casa circondariale dopo l’Unità d’Italia.

    Povero François! I mesi di galera lo hanno ridotto pelle e ossa ma l’istinto napoletano lo fa tirare avanti a suon di espedienti.

    All’anima di chi t’è muort e stramuort! dice a denti stretti, lanciando sul tavolo la carta appena pescata. Anche in questa mano ha ancora quasi tutte le carte, uno degli avversari sta per chiudere. Stasera la posta era alta.

    Per lui la ruota proprio non vuole girare.

    II

    Ricordo solo che ero al bar.

    Il dottore non capisce

    Ma come fa uno a non ricordarsi di aver vinto al Totocalcio? pensa e intanto prosegue l’esame neurologico.

    Si tocchi tre volte la punta del naso.

    Eh, no! Con gli occhi chiusi, così sono capaci tutti!.

    Esame neurologico negativo. L’alcolemia è ormai rientrata nei valori normali ma Mario dice di avergli servito soltanto tre bicchieri di Pinot e i soliti Pastis, ricorda che il primo lo ha trangugiato mentre Paolo Valenti, dopo aver letto la colonna vincente ha dato le quote dei tredici e dei due dodici.

    Perché Flavio Zumbo aveva giocato un sistema, ovviamente.

    Totale 32 milioni e 855mila lire.

    Piove sempre sul bagnato. È stato recuperato dalla moglie, addormentato nel motocarro, parcheggio di via Galilei, via popolare poco distante dal bar. La povera donna ha pensato subito a una bella ciucca e si è fatta aiutare da uno spazzino a portarlo a letto. Alle otto del mattino si è svegliato e quando la donna, informata dalle amiche del quartiere, gli ha detto della vincita lui non si ricordava più nulla.

    E nel nulla era finita anche la schedina vincente.

    Al Pronto Soccorso le infermiere sono tutte incuriosite.

    Beato lui! Trentadue milioni non li vedrò mai, neanche se risparmio per tutta la vita!

    È il pensiero di tutte, ma non sanno che nel frattempo il maresciallo Farfuglia della guardia di finanza, amico di Mario, ha già dato il verdetto.

    Senza schedina non si può riscuotere nessuna vincita e nel bar della schedina non vi è neanche l’ombra.

    A volte la fortuna sembra che venga sconfitta dalla troppa invidia.

    Il sentimento di gelosia è insito in ogni persona, fa parte della natura umana. Sta a noi farne un punto di forza e di imitazione. Oppure distruggere l’oggetto della nostra invidia, sminuirlo, disprezzarlo, ostacolarlo. Rubargli la schedina. Per farci cosa?

    Tanto la riscossione deve venire qui a farla, caro maresciallo!

    Eh no Mario, basta andare a Genova al centro del Totocalcio regionale

    Ormai sono le dieci del mattino, il maresciallo parla fitto al telefono del bar. Riattacca la cornetta.

    "Sono desolato, il bottino è già stato ritirato. Si è presentata una bionda, ben vestita ma dal modo di fare un po’ volgare, ha saputo corrompere molto bene l’impiegato appena assunto, anziché rispettare le pratiche, che richiedono alcuni giorni, ha ottenuto subito l’assegno. E quando dico corrompere

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