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Al di là della realtà
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E-book105 pagine1 ora

Al di là della realtà

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Info su questo ebook

La serenità (forse apparente) è una costante nella vita di Gaia, la sicurezza di poter ripetere le stesse giornate con il suo compagno, la tranquillità di non dover cercare nulla di più di quello che ha. Poi, all’improvviso, tutto cambia, qualcuno o qualcosa interviene ad abbattere il suo castello di carte così ben costruito e curato negli anni.
Il sogno e la realtà si mescolano e niente è più come prima. L’inspiegabile irrompe nella sua vita e in quella di qualcuno che forse esiste solo nella sua testa.
A volte anche la felicità può far paura...

Nata a Capri il 21.12.1990 vive attualmente nel grazioso comune di Anacapri con suo marito e sua figlia. 
Ha mosso i suoi primi passi nel negozio di famiglia dove ha appreso piano piano l’arte del commercio e il senso di cordialità e accoglienza verso il turista. Dopo essersi diplomata all’istituto tecnico commerciale ha avuto una piacevolissima esperienza a Vancouver dove per tre mesi ha lavorato chiedendo in cambio solo vitto e alloggio portandosi in cambio un baule stracolmo di bei ricordi ed un fluente accento inglese.
Tutt’oggi lavora ad Anacapri nello storico negozio che nel frattempo ha trasformato in un workshop insieme al marito ceramista.
Ha incominciato a scrivere dall’oggi al domani dopo aver visto un finale di un film che l’ha particolarmente colpita ispirandosi ad un sogno realmente avvenuto.
LinguaItaliano
Data di uscita17 ago 2022
ISBN9788830670624
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    Al di là della realtà - Martina D'Urso

    LQ.jpg

    Martina D’Urso

    Al di là della realtà

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-6398-5

    I edizione settembre 2022

    Finito di stampare nel mese di settembre 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Al di là della realtà

    A Tilde

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Capitolo 1

    Il tepore primaverile stava riemergendo dal lungo letargo, gli infreddoliti vicoli emanavano calore attraverso il riecheggiare dello scricchiolio invitante dei caldarrostai, dagli ambulanti di pizzette fritte e dal vociare indistinto che veleggia nei mercati. La primavera, come l’autunno è una stagione intermedia che porta cambiamento, ti tiene per mano facendoti attraversare le ultime settimane della fredda stagione trasportandoti piano piano a farti cullare da una timida estate.

    Il cambiamento è sempre un qualcosa di inatteso che porta a travolgere quel poco di stabile che poteva esserci nella tua vita e non è sempre ben accetto. Quando meno te lo aspetti bisogna cambiare strada interrompendo bruscamente quella vecchia senza a volte neanche avere il tempo di guardarsi indietro e di riflettere su cosa ha portato a quella brusca sterzata nella tua vita e che tu lo voglia o meno ti ritrovi ad essere diverso e a ricalcolare di nuovo il tutto.

    L’inverno si era fatto sentire anche lì, in quella città dove c’è quasi sempre il sole, il vento era stato tagliente e vorticoso con piogge scoscese e rumorose, ma quando si ha la fortuna di vedere il Vesuvio innevato gli animi si rincuorano facendo spazio a sereni sentimenti.

    A mio avviso Napoli d’inverno non mostra il suo vero potenziale, come tutte le città che si affacciano sul mare d’altronde, d’altro canto essendo ricca di chiese e monumenti la si può girare per dei mesi interi perdendosi completamente tra le sue bellezze. Ciò che davvero riempie il cuore è passeggiare lungo San Gregorio Armeno, via storica in pieno centro, celebre per i suoi presepi. Si respira aria natalizia tutto l’anno ma ovviamente a partire dal mese di novembre l’aria si fa molto più intensa. È uno dei pochi luoghi dove c’è ancora la vera tradizione nel Natale partenopeo, dove si preferisce il presepe all’albero, dove si parla di Gesù bambino e non di Babbo Natale, dove si debbono acquistare le due versioni dei re magi se vuoi fare un presepe come si deve: quelli piccoli in groppa al cammello che danno un senso si lontananza da posizionare sui monti o su di una collina e quelli un po’ più grandi in piedi o in ginocchio con in mano i doni da mettere rigorosamente il 6 di gennaio davanti alla natività, senza parlare di Benito, il pastore dormiente figura chiave di ogni presepe, ma essendo la lista talmente lunga che si potrebbe scrivere un libro solo riguardo a questa questione mi fermo qui.

    Gaia il suo presepe lo faceva sempre e a regola d’arte come vuole la tradizione, come suo padre le aveva insegnato, le ricordava la sua fanciullezza, i suoi Natali spensierati e anche i suoi momenti di imbarazzo al ritorno a scuola dove rigorosamente il 7 gennaio il tema fisso della maestra di italiano era: Cosa ti ha portato Babbo Natale e lei ogni anno doveva ricordare alla maestra che in casa sua, nella sua casa cristiana, i regali non li portava Babbo Natale ma si aspettava il 5 gennaio sera che arrivasse la Befana. Forse molti se lo sono dimenticati ma l’Epifania è la festa cristiana che celebra la rivelazione di Dio agli uomini in suo Figlio, il Cristo ai Magi. Infatti, in greco, epipháneia, significava apparizione o rivelazione. Per questo la Chiesa Cattolica festeggia il giorno dell’Epifania il 6 gennaio. Babbo Natale è una figura che probabilmente ha anche un’origine profonda ma non è la nostra, non è cristiano e non fa parte del nostro retaggio.

    Dopo ormai trent’anni non aveva ancora ben chiaro quale stagione preferisse: l’inverno la rincuorava

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