Delitto a Villa delle Rose
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Info su questo ebook
Letizia Manzo vive a Napoli da più di venti anni ma, appena gli impegni lavorativi glielo consentono, parte per un nuovo viaggio accompagnata dalla sua inseparabile Lonely Planet. È appassionata di storie, miti e leggende. Tra i suoi scrittori preferiti c’è sicuramente Agatha Christie a cui si ispira questo breve racconto giallo. In ambito editoriale, il suo racconto Nina, il mare e le perle di vetro è stato selezionato e pubblicato nella raccolta antologica L’amore nel buio. Storie ordinarie di passione e follia della Terebinto Edizioni nel 2021.
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Anteprima del libro
Delitto a Villa delle Rose - Letizia Manzo
Letizia Manzo
Delitto a
Villa delle Rose
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-6806-5
I edizione novembre 2022
Finito di stampare nel mese di novembre 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Delitto a Villa delle Rose
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
1
Sarah Brown si guardò intorno: ogni volta che finiva di pulire e mettere in ordine nella sua bella ed enorme cucina le sembrava che tutto fosse tornato al suo posto. Anche nella sua testa.
Le piaceva moltissimo: era di un bel verde salvia con i piani di lavoro in betulla, in perfetto stile country, piena di spezie e libri di ricette. Oltre che dalla consueta finestra sul lavello, alla maniera inglese, prendeva luce da un’enorme porta finestra che dava sulla veranda annessa, incorniciata da bellissimi rampicanti all’esterno e con all’interno un enorme tavolo di legno che poteva ospitare fino a otto commensali comodamente. L’ambiente era caldo ed accogliente e lei amava starsene appollaiata su uno degli alti sgabelli dell’isola centrale con una bella tazza di tè fra le mani a rimuginare sui risultati del suo nuovo progetto.
Era un nuvoloso e freddo venerdì pomeriggio di inizio novembre e doveva organizzare una lezione di cucina per la serata.
Con gesto abituale si portò una ciocca dei suoi lunghi capelli biondi dietro l’orecchio destro e sorseggiò con soddisfazione il suo tè. Appoggiò il mento sul palmo della mano guardando fuori dalla finestra del lavello che dava sull’orto. Pensò che stava venendo su proprio bene, mentre il giardino era solo all’inizio: il vecchio giardiniere, che prima era stato a servizio di suo zio, stava facendo un gran lavoro.
Nella bellissima serra vittoriana, che aveva fatto costruire la zia di Sarah, aveva una grande quantità di piante che sarebbero state messe a dimora nel terreno appena le condizioni del tempo l’avrebbero consentito.
Di corporatura snella, con un bell’ovale e il naso all’insù, Sarah portava bene i suoi trentacinque anni.
Passò in rassegna mentalmente gli ospiti del suo Bed & Breakfast Villa delle Rose che, a giudicare da quanto avevano commentato a colazione, si erano creati una certa aspettativa per quella serata.
«Non vedo l’ora di immergere le mani in un bell’impasto per lavorarlo con calma! Sono sicura che mi rilasserà come poche altre cose al mondo!», aveva esclamato Luigia De Rosa, una bella signora che aveva passato da poco i settanta, capelli corti ancora ostinatamente brizzolati, occhi e labbra nobilmente sottili. Alta e snella, appartenente alla buona società romana, soggiornava a Villa delle Rose con la sua ormai inseparabile amica Liala Pintozzi che l’accompagnava da più decenni di quanti fossero disposte ad ammettere e che risultava, agli occhi di chi la guardava per la prima volta, come inversamente proporzionale alla sua amica: di altezza, a voler essere buoni modesta, capelli completamente bianchi, occhi tondi a palla e bocca piccola e carnosa.
«Impasto da lavorare? Troppo faticoso per me! Io affetto cose se ci saranno cose da affettare!»,