Il fantasma del Castello di Sorci e il mistero del drago perduto
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Info su questo ebook
Da secoli, cerca senza sosta Intrepido, il suo fidato drago, nascosto chissà dove dalla defunta moglie, la bella Annalena Malatsta.
Inizia così per Matilde, Marco e Carlo una caccia al tesoro lunga una notte, tra l sale incatnate e nascondigli segreti, aiutati da una mistriosa sfera di luce e da una civetta canterina.
Riusciranno i tre bambini a ritrovare il drago perduto e a dare pace a Baldaccio Bruni? Realtà e fantasia si fondono in una magica avventura, dedicata ai giovani lettori
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Anteprima del libro
Il fantasma del Castello di Sorci e il mistero del drago perduto - Marta Leandra Mandelli
IL CASTELLO DI SORCI
Primetto Barelli aveva una faccia simpatica.
Agli occhi di Matilde era vecchissimo, in quell’età indefinibile che la ragazzina di tredici anni associava ai capelli bianchi e alle rughe attorno alla bocca. Tuttavia, il proprietario del castello di Sorci aveva uno sguardo vispo, limpido, e una parlantina tranquilla che coinvolgeva Matilde nel racconto dell’antica dimora e del fantasma che la infestava.
Era da poco arrivata al castello insieme al padre e agli altri tre, che lei rifiutava di considerare la sua famiglia. Avevano appena avuto il tempo di parcheggiare e fare un giro all’esterno del complesso, che altri turisti erano giunti per la visita guidata. Primetto Barelli in persona li aveva accolti e li stava conducendo tra le sale e i segreti di Sorci. Il castello vantava diversi edifici costruiti a partire dal XII secolo e sorgeva su una collina che dominava la campagna circostante. Aveva un fascino speciale che fece subito presa su Matilde, rischiando perfino di strapparle un’esclamazione di stupore. Però, prima che qualcuno potesse scoprirla a bocca aperta in contemplazione della solennità di Sorci, le due scimmiette erano balzate fuori dalla macchina, due animaletti selvatici sotto le mentite spoglie di bambini paffutelli, e avevano subito iniziato a correre per il cortile facendo un chiasso terribile. Matilde, storcendo il naso, aveva incrociato le braccia davanti al petto, come se quel gesto potesse assicurarle la necessaria distanza da Marco e Carlo. Detestava i figli di Rosaria, la nuova fidanzata di papà. Parlavano in continuazione e spesso bisticciavano tra loro per delle sciocchezze. Non stavano fermi nemmeno per un istante! Avevano anche la seccante abitudine di ficcanasare tra le sue cose, e lei non sopportava di vedere le loro zampette nella sua valigia o, peggio, tra i suoi libri. Era convinta che, a causa di un dispettoso complotto ben organizzato, più cercava di respingerli, più loro volevano avvicinarla, peggiorando così il suo malumore.
Ciò nonostante, a Matilde piaceva tantissimo il castello di Sorci. Mentre si addentrava nelle sale medievali cullata dalla voce di Primetto Barelli, sentiva di camminare in un reame incantato, fatto di sussurri e immagini di un passato che non sembrava affatto sepolto. Erano in viaggio da oltre una settimana, a zonzo per la Toscana, ed era merito di Rosaria se ora si trovavano lì: era stata lei a insistere per visitare il castello e fermarsi per la notte. Era stata un’idea geniale, ma Matilde non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura.
A proposito di tortura, ora si trovavano proprio in una sala interrata, di pietra grigia, che ospitava ancora gli antichi strumenti usati un tempo per sciogliere la lingua ai malcapitati. Primetto Barelli stava raccontando le terribili sofferenze di cui la sala fu testimone e, a dispetto dei flash delle macchine fotografiche, Matilde percepiva la penombra dell’interrato come se fosse una creatura viva. Era lugubre e fredda; sembrava che l’estate fosse rimasta all’esterno di quelle mura, forse con lo stesso infido timore che provava lei in quel momento. Anche le due scimmiette erano rimaste impressionate e avevano smesso di saltellare dappertutto, con quel loro modo insolente. Non fece in tempo ad accorgersene che Marco, il maggiore dei due, le si avvicinò e la prese per mano. Matilde sobbalzò e lo fulminò con lo sguardo. A nulla valsero gli occhioni lucidi di Marco che la studiavano con aria interrogativa da sotto la zazzera di capelli biondi. Cos’hai che non va?, era la muta domanda che le rivolgeva. Matilde