Oltremondo: Le Regole del Buio (vol. 3)
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Anteprima del libro
Oltremondo - Marta Leandra Mandelli
Oltremondo - Le regole del buio
Marta Leandra Mandelli
© Edizioni A.Car srl - 2015
Edizioni A.Car. s..r.l.
V.le Rimembranze 43/B
20020 Lainate (MI)
www.edizioniacar.com
info@edizioniacar.com
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
isbn: 978-88-6490-350-7
collana: FANTASY BOOK
realizzazione grafica: www.edizioniacar.com
Realizzazione grafica copertina: © Fabio Porfida - www.scrignodicarter.it
Stampa: Andersen S.p.a. - Borgomanero (No)
Prima Edizione: Ottobre 2015
La presente è un’Opera di fantasia. Ogni riferimento a luoghi, cose o persone è del tutto casuale e/o se usati sono utilizzati solo per dare veridicità alla narrazione stessa
Senza l’autorizzazione dell’Editore è vietata ogni tipo di riproduzione totale e/o parziale dell’Opera con qualsiasi mezzo conosciuto. Ogni violazione potrà essere perseguita a termine di legge.
Versione digitale realizzata da Streetlib srl
Ai sognatori e a quanti credono
che la magia esiste
Our hopes and expectations
black holes and revelations
Ciò che non sapete, o meglio che non potete sapere,
è più importante di ciò che sapete.
Il buio non distrugge ciò che nasconde.
Anonimo
INDICE
PROLOGO
PARTE PRIMA: AL BUIO
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
PARTE SECONDA: DI LUCE E D’OMBRA
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
PARTE TERZA: L’ULTIMA MASCHERA
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Epilogo
APPENDICE PERSONAGGI
RINGRAZIAMENTI
PROLOGO
«Che cosa ho fatto?» mormora Albert nel cupo silenzio dei suoi pensieri.
All’inizio, era una domanda di cui non conosceva la risposta. Tuttavia, a ogni ripetizione le parole hanno acquisito un significato greve, sinistro quanto l’urlo della Fiamma.
La voce della creatura è sfumata in un rantolo spezzato, ma Albert può ancora sentirla vibrare nell’aria di Oltremondo. Se avesse un corpo, tremerebbe. Invece, non può fare altro che restare tra le mura dell’Ateneo, solo insieme al suo senso di colpa. Per amore dell’Ateneo e di tutto quello che ha significato per Oltremondo, per amore di un avvenire che potrebbe essere compromesso per sempre, Albert è sceso a patti con il diavolo.
«Che cosa ho fatto...» ma non può saperlo e nessuno può rispondergli.
Soltanto Selwyn ha la chiave del mistero e la custodisce in un luogo dai subdoli confini, in un buio impenetrabile che Albert nemmeno immagina, fatto del lezzo di un’ossessione che marcisce nel rancore. Questo buio si cela nella sua anima e non vuole essere esplorato: è fitto di emozioni che hanno deragliato verso binari contorti. Non esistono sentieri da percorrere, né bussole per orientarsi; l’unico indizio è Selwyn stesso, e l’unica persona che potrebbe averlo compreso è ora alla sua mercé.
«Che cosa vuoi?» continua Albert nelle sue fosche considerazioni. Anche questa è un’altra domanda a cui non può rispondere.
Solo un viaggio ai confini del buio può sciogliere l’arcano prima che sia troppo tardi, prima che i fili del destino svaniscano come un soffio nella vastità delle Dimensioni.
PARTE PRIMA
AL BUIO
Adesso c’è soltanto il sentimento di un buio in cui stiamo sprofondando.
F. Fellini
1
La smisurata massa d’acqua sfida i confini del cielo per accattivarsi i favori dell’orizzonte. Non è ancora chiaro chi vincerà, ammesso che possa esserci un premio per chi si spinge così lontano.
Settimane fa, la massa d’acqua era un oceano brulicante di vita. Ruggiva di migliaia di onde e odorava di salmastro, musiche e profumi familiari che avevano messo radici nell’anima. Sole e luna baciavano le increspature che la brezza si divertiva a disegnare, sprigionando incantevoli scintille. A perdita d’occhio si poteva godere del blu profondo, ricco di sfumature come se mostrasse la sua personalità.
Ora, Adrian contempla ciò che resta di Miramar senza Siobhan. Dal suo rapimento il tempo si è fermato: giorno e notte si sono persi in un limbo che non li vuole, ma non li lascia nemmeno andare. L’azzurro del cielo diventa sempre più sbiadito, sempre più simile ai territori agli estremi del Creato che seguono regole diverse. Il vento ha lasciato Oltremondo, portandosi via gli aromi, gli uccelli e anche l’oceano. Quella massa d’acqua immobile, stagnante e svuotata dei suoi figli non assomiglia più a ciò che era; non ha più senso chiamarla oceano.
I gigli bianchi che erano sbocciati per le loro nozze adesso sembrano imitazioni, nature morte imbalsamate in un’istantanea che perde colore ogni momento.
Nulla ha più senso
pensa Adrian.
Abbassa le palpebre e cerca Siobhan nei suoi ricordi per stringerla a sé, anche solo per un istante. Invece, non gli è concesso di allontanarsi dall’ultima immagine che ha di lei: il baldanders che la ghermisce e la porta via attraverso il Portale. Ci è voluto un attimo, né lui né nessun’altro ha potuto fermarlo. Ha cancellato tutte le avversità contro cui hanno combattuto in nome del loro destino e del loro amore. Solo un attimo, e ogni cosa ha perso significato, perfino l’ordine naturale della Vita.
Adrian serra i pugni e si appoggia contro le vetrate della Sala del Consiglio. Il dolore, la frustrazione e la stanchezza gli pesano sulle spalle quasi volessero schiacciarlo, in un duello contro cui sente di combattere ad armi impari.
Non ha più tenuto il conto dei mondi che ha visitato, rincorrendo invano una scia magica che lo portava sempre un po’ più in là, sempre un po’ più lontano. Sempre fuori strada. Luoghi inesplorati e realtà affollate, all’inseguimento di qualcosa che lo conducesse da lei, di un indizio che testimoniasse che c’era ancora speranza. Sono state settimane lunghissime, e la situazione si è aggravata.
Non si tratta solo di Siobhan e del figlio da cui dipende il futuro delle Dimensioni: l’Immobilità che si è abbattuta su Miramar sta dilagando, e può varcare i confini di Oltremondo. La sua mente rievoca scorci di altre dimensioni che, sotto i loro occhi, sono state corrotte dall’inspiegabile morbo.
Che cosa ti sta facendo?
Adrian scuote la testa, rinchiuso in una fatale impotenza.
Nemmeno Tyler può aiutarli. Anche se è sempre stato legato a Siobhan, da prima ancora di conoscerla, il Veggente è ora imprigionato in un’oscurità senza confini.
«Vieni via, siedi. Sei allo stremo, Adrian» sussurra Rowan, posandogli una mano sulla spalla.
Intuisce cosa l’oceano fermo insinua nella sua testa, perché per lei e per tutti loro è lo stesso. Adrian la osserva come se non comprendesse le sue parole, e si trattasse di un altro significato perso nelle pieghe della realtà. La strega lo conduce per mano verso il suo scranno e lui la segue docilmente, abbandonandosi contro lo schienale.
«Non possiamo starcene con le mani in mano!» esclama Ian mentre colpisce la tavola con un pugno.
«Ogni volta che attraversiamo il Portale, portiamo l’Immobilità con noi. Se continuiamo come abbiamo fatto in queste settimane, contagerà le Dimensioni» replica Basil, torvo.
«Ma se non troviamo Siobhan, l’Immobilità non cesserà mai.» La voce di Arjuna suona atona tra le mura della Fortezza. In silenzio, il dio guerriero ricorda un insegnamento senza soluzione: Agire porta alla rovina, non agire porta alla rovina
medita a occhi bassi. Cerca rifugio nella sua calma divina, ma è una condizione che al momento non sa trovare. Un fascio di luce bianca esonda dalle sue sclere e tutto il corpo si tende come se stesse per attaccare. Inspira a fondo per domare i nervi, ma avverte la collera chiedere giustizia.
Dopo settimane sono in stallo, di fronte a una via senza uscita. Si sono rivolti alla Fiamma, ma non hanno nemmeno ottenuto udienza. La creatura vortica incessantemente all’interno delle maglie dorate dell’Orologio e combatte una strenua battaglia contro l’Immobilità. Il complesso macchinario minaccia di rallentare il suo moto perpetuo, con conseguenze disastrose. Il ciclo della Vita rischia di essere compromesso, portando alla morte o forse peggio: nessuno è in grado di prevedere cosa stia per succedere, nemmeno la Fiamma. Vortica e cerca senza risparmiarsi, ma con esito nullo.
Le porte della Sala del Consiglio si aprono di colpo, lasciando entrare Tyler e Carla. La ragazza lo guida al suo posto con una pena infinita, aspettando pazientemente che il Veggente riesca a seguirla.
Tyler ha perso la vista. Da principio, nei giorni successivi al rapimento, Tyler provò brividi incontrollabili, reagendo ogni volta che il Portale veniva materializzato. Cercò di seguirne la scia, ma i brividi erano troppi e troppo intensi, lo lasciavano spossato. Il Portale si nutriva della magia dei gemelli, sprigionando una forza che lo investiva e lo lasciava sull’orlo dell’incoscienza. Infine, non ci furono più passaggi. Tyler lo avvertì subito, con una certezza che non poteva spiegare, ma seppe che Siobhan e Selwyn erano giunti a destinazione, ovunque fosse. Quando ciò accadde, la paura lo avvinse in una presa funerea che non aveva mai conosciuto in precedenza, e torna puntuale a morderlo in quel buio senza misura che ancora lo tiene prigioniero. La vista, sia quella fisica sia la capacità di scrutare nelle Dimensioni, è legata al destino di Siobhan e Tyler, come la Fiamma, è alla frenetica ricerca di uno spiraglio.
Al braccio di Carla, il Veggente raggiunge il suo posto, sotto lo sguardo preoccupato degli altri.
«Ci deve essere un modo!» sbotta Adrian prendendosi la testa tra le mani. «Ci siamo già trovati davanti alla complessità delle Dimensioni, abbiamo già affrontato viaggi che non comprendevamo.»
«Era diverso» dice Basil e non osa aggiungere altro.
Adrian lo fissa piccato; detesta la verità della sua affermazione. Ognuno di loro la conosce e la odia, ma non cambia lo stato delle cose.
Cercare Siobhan sino in capo ai mondi e lasciare che l’Immobilità li investa, oppure tentare di preservarli attendendo un indizio valido?
Il dilemma li tortura.
Un cupo silenzio grava sulla Sala del Consiglio, di quel genere che tutti vorrebbero riempire, senza sapere come. Brancolano nel buio e non sono gli unici, ma non ne hanno ancora compreso l’entità, né il significato, né tantomeno quanto sia viscido e veloce. Così come scese sulle nozze di Adrian e Siobhan, il buio sta per guizzare via e i suoi confini stanno per scivolare, anche se per poco. Uno spiraglio di luce: durerà pochi istanti, ma non sarà l’ultimo.
Tyler sgrana gli occhi e si alza dalla tavola del Consiglio con lo sguardo perso nel vuoto. All’improvviso, un baluginio si intrufola nell’oscurità.
2
Un lembo impalpabile scivola via dalla mia mente, come se fossi avvolta da un manto oscuro che, senza preavviso, si disfa a partire dai bordi. È stretto, opprimente e mentre si sfalda mi lascia spossata e intorpidita. Credo di aver dormito, ma non so quanto a lungo e non ho riposato. Sono esausta, mi sento come se avessi i postumi di una medicina troppo forte.
Cerco di sgranchirmi, ma non posso muovermi: ceppi alle caviglie e ai polsi mi immobilizzano in una specie di giaciglio di fortuna, e le mie mani sono rinchiuse in... non so cosa di gelido metallo. Fa freddo, un freddo terribile di cui non mi ero accorta prima. Tento di divincolarmi, voglio almeno mettermi seduta per proteggermi e guardare attorno, ma non mi è possibile.
Fasci di luce azzurra si infiltrano dal soffitto con una crudeltà sinistra; mi ricordano solchi di coltellate inferte a una vittima sacrificale. Rabbrividisco all’idea e cerco di scacciarla dalla mente, attribuendo gli spasmi al freddo. Indosso ancora il mio abito da sposa, che mi era stato donato per quello che avrebbe dovuto essere il giorno più bello della mia vita. Invece, si è trasformato in un incubo che è solo l’inizio.
«Adrian, aiuto!» grido con tutto il fiato che ho in corpo.
La mia voce riecheggia tra le spoglie pareti, dileguandosi in tetri corridoi che posso solo intravedere. Non conosco questo posto: sembra una grotta, è gelata e non mi dà l’impressione di essere abitata, nemmeno da animali selvatici.
Dove mi trovo? In quale mondo mi trovo?
Potrei essere ovunque, persa nell’infinità delle Dimensioni che Adrian e i miei amici non avranno mai il tempo di esplorare.
Questa certezza mi annichilisce e mi abbandono contro il giaciglio in uno sferragliare di catene. Osservo le mie mani: qualcuno si è dato molta pena per serrarle in rozze moffole rigide, che mi impediscono di toccare alcunché. Non posso usare il mio dono e, senza la magia della Prescelta, sono inerme, qualunque cosa vogliano farmi in questo antro abbandonato.
Adrian, dove sei? Mi puoi sentire?
Spero almeno che la telepatia possa soccorrermi, ma in cuor mio so che non è così.
L’unica cosa che mi conforta è la sensazione che provo al ventre: nostro figlio è ancora con me e sta bene. Avverto la sua linfa vitale, non ha sofferto e, almeno su questo, non ho dubbi. L’intenso sollievo mi bagna gli occhi di lacrime e sono spaventata come raramente mi è capitato.
Ti proteggerò a qualunque costo, lo prometto. Mio fratello e il suo demone non ti faranno del male.
Non so se può sentirmi, né se può comprendere quello che gli ho detto ma, comunque vada, voglio che lo sappia.
Alle mie spalle percepisco la vicinanza di altre persone. Mi sforzo per voltarmi, riesco solo a scorgere alcune bocche buie nella caverna. C’è qualcosa là dentro, sento anche la presenza di fonti di energia artificiale. Non so di cosa si tratta, non appartiene a Oltremondo. Selwyn si è organizzato bene, ha trovato il modo di creare una sorta di accampamento, di covo. Fa parte del suo piano, io faccio parte del suo piano e, anche questa volta, l’ha studiato nei minimi particolari. Si è dato un gran daffare e solo il Cielo sa quale sia il prezzo. I continui varchi dimensionali e il lavorio tra le maglie dell’Orologio che la Fiamma aveva ravvisato hanno portato a tutto questo. Il mio gemello ha tramato affinché nessuno di noi potesse scorgere le sue mire, e nemmeno anticiparle. Ancora adesso non riesco a comprenderle. Tuttavia, so che c’è una logica: Selwyn non è un pazzo, ma un freddo calcolatore.
«Sono qui, aiutami! So che ci sei, avverto la tua aura.»
Passi veloci ticchettano verso di me, poi si fermano. Chiunque sia, resta sulla soglia. Inarco la schiena per voltarmi all’indietro, ma colgo solo una breve istantanea del mio carceriere. Non l’ho mai visto prima: è un ometto basso, dai tratti orientali; non credo sia di Oltremondo. Non ha affatto la prestanza di un guerriero, né la ieratica eleganza di un mago. No, Selwyn deve averlo richiamato da un’altra dimensione. Quello che più mi colpisce è la sua espressione: è sconvolto. È qui contro la sua volontà ed è terrorizzato da mio fratello.
Il suono di altri passi sopraggiunge dall’oscurità: sono leggeri e veloci, testimoniano una sorta di zelo che istintivamente mi incute paura. Mi fanno pensare a un’ancella, a una vestale solerte che esegue un rituale ignoto, senza interrogarsi sulle proprie azioni. Scommetto che si tratta di un succube su cui Selwyn esercita il pieno controllo. Ormai, ho imparato cosa significa essere soggiogati da lui: il suo carisma può spingere oltre confini di cui non si sospettava nemmeno l’esistenza.
I due si profondono in un concitato scambio di battute, ma parlano a bassa voce e non riesco ad afferrarle. Mi sembra che l’uomo conosca solo alcune parole nella nostra lingua.
All’improvviso, giunge il suono che aspettavo: passi lenti, sicuri e imperiosi si avvicinano alle mie spalle. Esprimono quel tipo di grazia che può vantare solo chi possiede un’autorevolezza innata, ma il silenzio che si crea tutto attorno sa di timore reverenziale. Appartengono a colui che detiene il supremo grado gerarchico, una differenza così sostanziale e incolmabile che è al di là di ogni sfida.
Selwyn.
Il cuore mi batte forte e, nonostante quello che è successo, nutro ancora la speranza che tutta questa brutta storia possa concludersi con un lieto fine. È più forte di me e sono consapevole di quanto io stia cercando di convincermi. Sto mettendo a dura prova la mia stessa fede nel futuro, nel fatto che in ogni persona ci sia del buono, e sto facendo sempre più fatica. Il dolce epilogo che tanto anelo si sta allontanando su una zattera malconcia, in balia di correnti che non posso contrastare con una semplice preghiera. Una parte di me mi sta già mettendo in guardia e mi ammonisce con una smorfia sarcastica, ma cosa mi rimarrebbe se smettessi di credere che tutto andrà a posto? Nulla, un vuoto spropositato che inghiottirebbe ogni mio slancio. Forse Selwyn non sa che sono incinta, forse ignora quanto sia importante il figlio che porto in grembo. Aveva detto di non volere la distruzione delle Dimensioni, di volere soltanto me. Questa è la sua occasione di dimostrarmi che non arriverà a metterle a repentaglio.
«Ben svegliata, sorella cara.»
Selwyn torreggia su di me, studiandomi con una luce negli occhi che non gli avevo mai vista prima. C’è qualcosa di diverso in lui, ma non so dire cosa. Scorgo lame nel suo sguardo, una durezza inaccessibile che mi dà i brividi. Questa volta non è il freddo, Selwyn non mi aveva mai guardata così.
Mi studia e storce le labbra in un sorriso malevolo. Non so cosa dire, e annaspo in una sensazione insolita: il nostro legame è spezzato per sempre e niente potrà ricucirlo. Una sorda angoscia mi scuote nel profondo, mentre mi rendo conto che questo splendido uomo non è più mio fratello. Non lo conosco e non so cosa aspettarmi da lui. Questo affascinante rompicapo è capace di tutto, e io ho molto da perdere.
«Sei silenziosa, non ti senti in forze?»
La sua voce è una coccola seducente e, prima che io possa rispondere, mi sfiora la tempia ravviandomi i capelli e un’intensa calma ovattata mi avviluppa in una torpida anestesia. I miei pensieri deragliano. Un sorriso stanco affiora sulle mie labbra.
«Bene così, devi restare calma. I turbamenti nuociono al bambino e noi vogliamo che cresca sano e bello, vero?» continua Selwyn.
Annuisco, il bambino è in cima ai miei pensieri.
«Adesso devi mangiare, dopodiché potrai dormire ancora. Mi prenderò cura io di te, non temere.»
Una strana scintilla gli illumina il viso, ma non ha importanza. Io devo restare calma. Lui si occuperà di me e io mi occuperò del bambino.
Raccoglie una pappa biancastra con un cucchiaio e mi imbocca. Io mangio senza protestare, lo assecondo. Ha un sapore sconosciuto, estraneo a Oltremondo, ma nemmeno questo è importante. Ci farà bene e tanto mi basta.
«Brava Siobhan, adesso è ora che riposi.» Selwyn mi sfiora il viso con la mano, invitandomi ad abbassare le palpebre.
Ha ragione, devo riposare e avverto già il dormiveglia circuire la mia mente. Riesco solo a catturare qualche altra parola, dopodiché il buio mi reclama nel suo abbraccio.
*
A che punto sei? Abbiamo perso fin troppo tempo.
"La macchina è quasi pronta, mio Signore" risponde Tatsuharo mentalmente.
Bene, tra poco potrò iniziare il trattamento
medita Selwyn.
Il principe di Miramar osserva Siobhan addormentata. Nelle ultime settimane ha trascorso ore a osservarla mentre era priva di conoscenza. Era il suo grande amore, e stava per sposare il suo rivale più odiato. Ma tutto questo appartiene a settimane fa, anche se a lui sembra che sia passato molto più tempo. L’ha osservata nel suo abito nuziale, chiedendosi perché lei gli abbia voltato le spalle e sputato su tutto ciò che poteva offrirle. Con lo scorrere dei giorni, i sentimenti si sono tramutati in oscure pulsioni, finché non è rimasto nulla.
Selwyn si accomoda il bavero del cappotto attorno al collo ferito, e un’espressione di dolore gli inasprisce i tratti sottili. Le conseguenze della sfera di Adrian sono ancora impresse nelle sue carni e lo trafiggono a ogni gesto. La ferita non guarirà mai, il suo corpo tradirà per sempre quella insopportabile imperfezione che la magia non è in grado di sanare.
Ogni volta che ci ripensa, la ferita palpita con maggiore intensità, come se avesse una sua identità e lo schernisse di continuo.
Puoi ridere e affliggermi quanto vuoi, ma non puoi vincere contro di me. Io sono e sarò sempre un passo avanti.
Poi, rivolgendosi alla dottoressa Savant: «Claire, devi tenerla monitorata e sii pronta per quando partorirà. Il bambino è la nostra priorità.»
3
«Sono qui, ti sento!» urla Tyler nel silenzio della Sala del Consiglio. Allunga una mano per sfiorare il viso di Siobhan, sospeso a mezz’aria in un regno che non è di nessun mondo. La cecità si è dissolta in un istante e lo consegna a un’immagine fugace, fatta di un turbine di sensazioni che lo stordiscono con la loro verità. Un freddo pungente gli increspa le braccia di pelle d’oca, e lui si circonda il torace per proteggersi. Ma non può farlo: le sue mani non rispondono, sono intrappolate e avverte qualcosa di duro e metallico sotto i polpastrelli.
Che cosa ti stanno facendo?
Tyler si guarda attorno spaesato: la Fortezza è un ricordo lontano, cancellato dalla gelida cavità in cui è tenuto prigioniero.
Non conosco questo posto, dimmi dove sei!
continua in un delirio allucinato.
Ma non è un’allucinazione, lo strano legame con Siobhan si è riallacciato, come se qualcuno avesse inserito la presa nella corrente.
La prospettiva cambia: ora scorge cunicoli nell’ombra e persone nei cunicoli. Siobhan non è sola e, attraverso la loro inspiegabile connessione, avverte la sua paura, ma anche il sollievo.
Poi, un rumore di passi e il cuore batte forte perché lo ha riconosciuto. Il rumore porta con sé un carico troppo grande e Tyler ricade pesantemente sul suo scranno, schiacciato da tutte quelle emozioni. Affondano radici che non si possono recidere con la semplice volontà, si nutrono di ombre segrete e luci sospirate.
«Siobhan» mormora, perso nella dimensione di mezzo in cui nessuno lo può seguire.
Il viso di Selwyn appare davanti ai suoi occhi. Risplende nel buio come una divinità personificata e sente quanto la sua presenza turbi Siobhan. C’è qualcosa di diverso in lui, ma non riesce a orientarsi nelle coltri della persuasione. È troppo forte e Tyler ha poco tempo.
«Io vedo, ma non capisco!» inveisce frustrato.
Siobhan sta di nuovo precipitando nel vuoto e lui non può fare niente per trattenerla.
«Ti prego resisti, non lasciarmi andare» una mano la sfiora e quel tocco è troppo bello, troppo perfetto per non lasciarsi convincere. Tyler si gratta la tempia, nel tentativo di scacciare una carezza che non l’ha mai raggiunto.
«Lasciala stare, non la toccare, non...» le sue parole si spengono in un balbettio confuso e il buio cala su di lui.
Lo assale un fortissimo capogiro, e lo stropiccia come un foglio di carta da gettare. Tuttavia, qualcosa è stato scritto su quel foglio, non è più inutile. Presto o tardi, altre tracce lo vergheranno e lui sarà lì ad aspettarle.
L’intensità della visione lo lascia senza fiato, cieco e circondato dallo spettro di ciò che è apparso e subito svanito. Tyler allunga le braccia alla ricerca di un appiglio, non