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Contratto tra le lenzuola: Harmony Destiny
Contratto tra le lenzuola: Harmony Destiny
Contratto tra le lenzuola: Harmony Destiny
E-book163 pagine2 ore

Contratto tra le lenzuola: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

In nome degli affari...
Per Tamara Kendle la proposta di Armand De Luca dovrebbe rappresentare l'occasione per rifarsi una vita. Ma lei non ha intenzione di rinunciare all'amore per soddisfare le esigenze di un uomo arrogante, sbucato dal nulla. Anche se è l'esemplare più sexy che abbia mai visto.

o dell'amore?
Armand ha deciso di chiedere a Tamara di diventare sua moglie pensando di riuscire a tenere a bada l'attrazione che prova per lei. Ma ha fatto male i calcoli e la chimica fra loro si dimostra più potente della sua volontà. Con Tamara stretta tra le sue braccia, lui dubita seriamente che quell'unione potrà mai essere solo una questione di affari.

Può un matrimonio celebrato per i motivi sbagliati rivelarsi incredibilmente "giusto"?
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2019
ISBN9788858995921
Contratto tra le lenzuola: Harmony Destiny
Autore

Robyn Grady

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Contratto tra le lenzuola - Robyn Grady

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Magnate’s Marriage Demand

    Silhouette Desire

    © 2007 Robyn Grady

    Traduzione di Giuseppe Biemmi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-592-1

    1

    Tamara Kendle pareva non riuscire a staccare gli occhi dall’uomo dal fascino tenebroso che se ne stava seduto da solo sulla panca della prima fila nella cappella del cimitero. Era come una statua, immobile e con lo sguardo fisso davanti a sé.

    Un senso di colpa la pervadeva ogni volta che distoglieva l’attenzione dal prete davanti al leggio. Era venuta a dare l’addio a una persona speciale, che le mancava tremendamente. Si sentiva devastata, ed era come sospesa fra incubo e realtà.

    Eppure, alla sinistra della bara in palissandro e della cascata di gigli che la ricopriva, il proprietario di quel paio di spalle larghe sottolineate da una giacca dal taglio impeccabile continuava a intrigarla. Sebbene non si fossero mai incontrati direttamente, Tamara lo conosceva di fama.

    Armand De Luca, magnate dell’acciaio e multimilionario australiano, ultimo discendente della sua dinastia.

    O così pensava lui.

    Tamara aveva già preso posto quando De Luca era entrato nella cappella di famiglia. Per tutta la durata del servizio funebre, il suo profilo dalle linee classiche aveva trasudato quella sicurezza che gli uomini ammiravano in lui e della quale le donne si innamoravano immediatamente. Mascella squadrata, naso e labbra ben proporzionati, e degli occhi di un blu intenso, tremendamente vigili.

    «Grazie a tutti per essere intervenuti.» L’attenzione di Tamara scivolò nuovamente sul ministro del culto. Un sorriso solenne gli addolciva il volto lungo e magro. «Per coloro che desiderano riunirsi a commemorare Marc Earle, ricordo che si terrà una veglia nell’edificio attiguo.»

    Tamara si fece il segno della croce, recitò mentalmente una preghiera, quindi esalò un sospiro sofferto. Marc era stato il suo migliore amico. Avevano riso e scherzato insieme, si erano confidati reciprocamente. E, pochi mesi prima, quando una serie di sventurati eventi avevano minacciato di travolgerla...

    Le lacrime le salirono agli occhi, ma le ricacciò indietro.

    Lei era abituata a combattere. Crescendo, aveva dovuto imparare a farlo per forza. Ma quella sera aveva avuto bisogno di avere qualcuno al proprio fianco e, come sempre, Marc era stato presente.

    Quando si alzò in piedi, Tamara avvertì un brivido gelido correrle giù per la schiena. Mentre tutti si incanalavano nello spazio fra le due file di panche per lasciare la chiesa, Armand De Luca stava avanzando lungo la passatoia scura, diretto verso il feretro. Il viso una maschera di pietra, abbassò lo sguardo e quindi allungò la mano per toccare il legno lucido.

    Un’ondata di nausea montò nello stomaco di Tamara. Scostandosi i lunghi capelli scuri dal viso, chiuse gli occhi e si premette delicatamente una mano appena al di sotto della vita. Inspirò a fondo, quindi espirò lentamente. Quando la nausea del mattino svanì, guardò di nuovo davanti a sé. De Luca se ne era andato.

    Accusando un freddo improvviso, si strinse fra le braccia e seguì la folla, procedendo lungo la navata trafitta da una serie di lame di luce che cadevano dall’alto attraverso le vetrate che si aprivano nelle arcate. Fuori, si infilò gli occhiali scuri per nascondere gli occhi arrossati prima di affrontare una parata di volti, alla maggior parte dei quali non avrebbe saputo dare un nome. Le persone stavano sfollando lentamente, muovendosi sulla musica dell’organo come fantasmi impegnati in un valzer lento.

    Due amiche di Marc le si avvicinarono. Identiche in tutto tranne che nei capelli, le gemelle Kristin e Melanie si erano spesso rivolte al loro disponibile vicino per farsi aiutare in piccoli lavoretti domestici o chiedere un parere neutrale in caso di feroci discussioni fra loro. Adesso le due avevano un’aria smarrita.

    Kristin scosse sconsolatamente la folta chioma bionda. «Sono ancora sotto shock.» Le sopracciglia le si inarcarono. «Gli avevo detto di non comperare quella stupida motocicletta.»

    Melanie si soffiò il naso, e bastò quel gesto perché i suoi vaporosi boccoli di un rosso tiziano ondeggiassero impercettibilmente. «Non avrebbe mai dovuto accadere una cosa del genere a una persona buona come Marc.» Sospirando, guardò Tamara. «Non riesco proprio a immaginare dove trovi la forza per andare avanti. Prima la tua attività che va all’aria, poi l’incendio di casa e adesso questo.»

    Mentre Tamara si sforzava di trovare le parole per replicare, Kristin riprese la sorella. «Ma ti pare il momento, Mel? Tamara non ha certo bisogno che tu le ricordi gli ultimi eventi.»

    «Volevo solo dire che tre batoste del genere di fila...» Melanie si morsicò la lingua. «Be’, insomma, dev’essere dura.»

    Tre batoste?

    Tamara vacillò.

    Facciamo quattro.

    Altre persone si unirono al terzetto. Ascoltando distrattamente la conversazione, Tamara lasciò correre lo sguardo verso la città che si stendeva ai piedi della collina sulla quale si stavano svolgendo le esequie. Le strutture in vetro e metallo, ferme come sentinelle a guardia delle calme acque del porto di Sydney, solitamente le trasmettevano energia ed eccitazione. Quel giorno non accadde nulla del genere.

    Quando il senso di nausea aumentò e i partecipanti al funerale si diressero in un ambiente dove li aspettavano dei sandwich, del tè caldo e un’ulteriore dose di luttuosa angoscia, lei sgattaiolò nel bagno vicino. Qualche momento più tardi, stringeva le mani attorno ai bordi non proprio comodissimi di un lavandino di porcellana.

    Oh, Signore, stava per sentirsi male. Per fortuna, era sola nella toilette. Piegata in avanti, la fronte appoggiata su un avambraccio, si abbandonò allo sconforto e all’immagine che continuava a ronzarle in testa: la faccia di Marc la notte in cui aveva appreso che sarebbe presto diventato padre. Le aveva detto di amarla. Che voleva sposarla. Come avrebbe potuto confessargli che gli voleva bene anche lei... ma non proprio come lui si aspettava?

    Il profumo del disinfettante mescolato a quello dei gladioli da poco recisi la riportò al presente. Un battito di ciglia dopo, tese l’orecchio e si irrigidì. Sbagliava, o avevano bussato?

    Si accasciò di nuovo. No, probabilmente era uno scherzo giocatole dall’immaginazione e dai nervi tesi. Gemendo, unì le mani a coppa sotto il rubinetto aperto. Un altro spruzzo di acqua fresca sul volto non avrebbe potuto farle che bene.

    «Mi scusi, signorina Kendle.»

    Al suono di quella voce virile e avvolgente, il cuore di Tamara si fermò. Dopo aver ripreso il controllo, girò repentinamente su se stessa per volgersi verso l’entrata e osservare la figura maschile che sbarrava l’unica porta del bagno. Con il palmo premuto contro la giacca del tailleur nero all’altezza del cuore, deglutì e ritrovò il dono della parola. «Buon Dio, mi ha quasi spaventata a morte!»

    Un sopracciglio scuro si sollevò e un sogghigno indolente piegò l’angolo della bocca del suo interlocutore. «Le mie scuse. Essendosi trattenuta a lungo qui dentro, ho temuto di non averla vista uscire e di essermela persa. Sono Armand De Luca. Il fratello di Marc.»

    Il fratello a lungo perso di vista, lo corresse mentalmente lei, notando che non avevano nulla in comune, né nei modi, né nell’aspetto fisico. Per la verità, anche Marc aveva gli occhi azzurri, ma il suo sguardo era aperto e fiducioso, mentre quello di suo fratello appariva quasi predatorio. Ma non c’era da stupirsene, considerato ciò che sapeva della sua rigida infanzia, dominata da un padre eccessivamente ambizioso, senza alcuna figura materna a occuparsi di lui. Tamara poteva anche sentirsi dispiaciuta per lui, ma De Luca non era certo un uomo in cerca di commiserazione. Lo si capiva dal suo sguardo deciso, oltre che dall’intelligenza e dal fascino che trasudavano dal suo viso.

    Tamara sospirò e, chiudendo il rubinetto dell’acqua, sfoderò un sorriso educato. «Marc mi ha parlato di lei.»

    «Ne sono contento.» Lui ricambiò il sorriso. «Sa, speravo che io e lei potessimo fare due chiacchiere insieme.»

    Lui le rivolse un’espressione amichevole ma intensa, e impulsivamente lei si sentì spinta ad annuire. Ma una prolungata conversazione era fuori questione. Non oggi, in ogni caso. Non quando aveva la sensazione che il suo mondo stesse andando sempre più a rotoli.

    Tamara sfilò dall’apposito dispensatore della carta per asciugarsi le mani. «È stata una giornata sfiancante, ma sono sicura che troverà diverse persone disposte a parlarle di Marc.»

    «Non ho molto tempo, signorina Kendle. E desidero parlare solamente con lei.»

    Tamara gettò la carta usata in un cestino, mentre il suo sorriso si faceva stiracchiato ma incuriosito. «Devo preoccuparmi?»

    «Marc mi aveva detto che era un tipo sveglio.»

    Il cuore le sussultò nel petto, non tanto a quelle parole, quanto per il modo in cui quegli occhi la esaminarono, come se stessero cercando di strapparle il suo più prezioso segreto. Come se De Luca sospettasse già la notizia che lei non era ancora disposta a condividere con nessuno.

    Con espressione distaccata, lei prese la borsa dal ripiano su cui l’aveva appoggiata e se la mise a tracolla. A essere sincera lui la intimidiva, ma non glielo avrebbe mai fatto capire, nemmeno sotto tortura.

    Tamara lo guardò dritto negli occhi. «Non mi pare tipo da perdere tempo. Dunque, mi dica, di che si tratta?»

    Lui la studiò per un lungo istante, quindi si spostò dalla zona in ombra accanto alla porta fin sotto la fredda luce artificiale che illuminava la stanza. Aveva l’attaccatura dei capelli alta e la fronte spaziosa. Sopra la mascella forte, delle piccole rughe facevano da cornice a una bocca sensualmente scolpita. Armand De Luca non era soltanto affascinante. Sotto quella sua aria decisamente raffinata, possedeva un malcelato magnetismo animale. L’effetto d’insieme, quindi, più che interessante era innegabilmente pericoloso.

    Un muscolo gli si contrasse nella mascella. «Lei è incinta» dichiarò a bruciapelo, «del figlio di Marc».

    Il suo annuncio la colpì come un diretto allo stomaco. Le ginocchia minacciarono di cederle, mentre le domande le si rincorrevano in testa. La nausea del mattino si era accentuata, ma lei non l’aveva dato a vedere. Che De Luca possedesse una sfera di cristallo?

    Tamara socchiuse gli occhi. «Come fa a saperlo? A Marc l’avevo detto solo un’ora prima dell’incidente.»

    L’espressione impassibile di lui non cambiò. «Mi ha telefonato per darmi la grande notizia. Da quando ci siamo ritrovati, io e mio fratello ci tenevamo in contatto abbastanza regolarmente.»

    Tamara non sapeva granché della loro storia, a parte che i loro genitori si erano separati quando i ragazzi erano piuttosto giovani. Quando se ne era andata, sua madre aveva portato con sé Marc lasciando Armand col padre; da quel momento i due fratelli non si erano più sentiti fino alla morte del padre, avvenuta un anno prima. Marc non amava parlare del passato, e lei non aveva voluto chiedergli spiegazioni che, evidentemente, non era pronto a darle.

    Eppure oggi il passato di Marc si era affacciato nel presente, proprio mentre il futuro di Tamara prendeva vita dentro di lei.

    L’orgoglio materno le fece sollevare il mento. «Sì, sono incinta. Ma non c’era bisogno di venire a importunarmi in una circostanza come questa. Le garantisco che non ho affatto intenzione di abbandonare il paese.»

    «Ma io sì. Il mio jet parte per Pechino fra poche ore. Starò via un paio di settimane.»

    Lei sfoderò un sorriso falsamente cordiale. «Allora parleremo fra due settimane.»

    Nel momento stesso in cui terminava la frase, fu colpita da una considerazione. Dato che non c’era nulla che la trattenesse a Sydney, forse lui temeva che potesse sparire e che non gli facesse vedere il futuro nipotino. Be’, l’ultima cosa

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