Noi, i Fratellini
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Anteprima del libro
Noi, i Fratellini - Albert Fratellini
Capitolo 1
Sotto il segno dell’avventura
Ci sono artisti circensi che, da generazioni, trasmettono di padre in figlio i segreti del mestiere e che non immaginerebbero un solo istante in cui il patto familiare che li lega al circo possa infrangersi.
I Fratellini, da parte loro, non possono fregiarsi di antenati illustri i cui nomi brillano tra gli artisti del circo.
Fu mio padre Gustave Fratellini che, per una serie di casi, divenne il primo gentiluomo di una stirpe che avrebbe dovuto un giorno distinguersi come quella dei tre moschettieri del circo: François, Paul e Albert Fratellini. Testardo, scontroso, vendicativo, temerario, rigido con se stesso e con gli altri, ma intelligente, colto e amico del gentil sesso, mio padre non avrebbe mai accettato che i suoi figli avessero potuto svolgere una professione diversa da quella che aveva scelto, seppure con alcune varianti.
È dunque con Gustave Fratellini, mio padre, nato nel 1842, che comincia la nostra storia. Non manca di episodi pittoreschi e vari, che un giorno potrebbero tentare un cineasta.
Firenze è la patria della nostra famiglia – ma posso parlarne poco, poiché non ho mai veramente conosciuto questa città se non in età matura, in occasione di una tournée in Italia. Tuttavia, Firenze mi è familiare come lo era per i miei fratelli, e potrei camminare a occhi chiusi per i calli¹ e le vecchie strade patrizie che mio padre e mia madre non smettevano di ricordare.
Per quanto strano possa sembrare, Gustave Fratellini era quello che veniva detto ‘figlio di papà’. Trascorse l’esistenza opulenta e dorata di un giovane borghese che non si deve preoccupare del domani. I suoi zii, cugini, parenti, erano tutti uomini di legge o di chiesa, e la fama di alcuni si è diffusa in tutta la Toscana e anche al di fuori di essa².
Un canonico, amico di mio nonno, ebbe cura del giovane Gustave e, a poco a poco quest’ultimo, rispettando i dolci ordini del suo confessore, aveva sentito nascere in lui la vocazione religiosa. È così che, rivestito dell’uniforme di panno blu con i bottoni d’oro dei collegiali dell’epoca, lo troviamo a circa dieci anni, ospite del piccolo seminario di Firenze.
Questo ‘bravo ragazzo’, devoto e docile, dovette tuttavia, nel corso degli anni, adottare un comportamento poco conforme all’educazione che aveva ricevuto e, malgrado i brillanti successi, cominciò a odiare l’andamento di una vita quotidiana priva di ogni