La bottega del caffè
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Carlo Goldoni
Carlo Goldoni was born in Venice in 1707. While studying Law in Pavia he was expelled from his College for having written a satirical tract about the people of Pavia. He continued his legal studies in Modena and finally graduated in Law in Padova. After practising this profession for a short while, he abandoned it in favour of the theatre. An extremely prolific theatrical career followed spanning over sixty years. Goldoni was a prolific playwright, widely regarded as the Italian Molière. He died in Paris in 1793.
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Anteprima del libro
La bottega del caffè - Carlo Goldoni
Gauguin
Nota biografica
1707: Carlo Goldoni nasce a Venezia il 25 febbraio.
1723: Dopo aver compiuto gli studi a Perugia, presso i gesuiti, e poi a Rimini, si iscrive all’Università di Pavia, assecondando i desideri del padre che lo volevo avvocato. Fu però espulso tre anni dopo a causa di una satira scritta sulle ragazze del posto.
1731: Dopo una parentesi a Modena e un soggiorno a Feltre, conclude i suoi studi a Padova e comincia ad esercitare l’avvocatura.
1734: Inizia la sua collaborazione col capocomico Imer.
1738: Compone il Momolo cortesan, che segna il primo passo della riforma goldoniana, scrivendo la parte del protagonista e lasciando il resto all’improvvisazione.
1743: Compone La donna di garbo, prima commedia interamente scritta.
1744: Si trasferisce a Pisa, dove pur esercitando l’attività di avvocato, continua con fervore la sua attività teatrale. Dell’anno successivo è il canovaccio scritto de Il servitore di due padroni, nel quale si può notare il passaggio dalla maschera della commedia dell’arte al carattere del teatro moderno.
1748: Incontra il capocomico Medebac, col quale inizierà un sodalizio durante il quale scriverà alcuni dei suoi capolavori.
1750-51: Goldoni scrive ben sedici commedie, tra cui La bottega del caffè.
1752: Compone La Locandiera.
1753: Interrompe la collaborazione col Medebac e passa al teatro di San Luca del nobile Vendramin, dove rimarrà per nove anni. Di questo periodo sono altri suoi capolavori: Il campiello (’56), I rusteghi (’60), La trilogia della villeggiatura e Le baruffe chiozzotte (’61).
1761: Stanco degli attacchi della critica conservatrice, che non vedeva di buon occhio le novità del suo teatro, Goldoni accetta l’invito di dirigere la Comédie italienne e si trasferisce a Parigi. Qui sarà anche insegnante di italiano delle principesse reali.
1764: Compone l’ultimo suo capolavoro, Il ventaglio.
1771: Compone in francese Il burbero benefico, che riscosse un buon successo nella sua versione italiana.
1784: Attende alla stesura dei Mémoires, un’autobiografia dalla quale emerge lo stretto connubio tra la sua vita e il teatro.
1789: A seguito della Rivoluzione, rimane in povertà, essendogli stato tolto il vitalizio concessogli dal re.
1793: Muore a Parigi il 6 febbraio, proprio il giorno prima che la Convenzione discutesse la proposta del poeta Chénier di restituirgli la pensione.
Antologia della critica
Le commedie del Goldoni non svolgono un fatto caratteristico, definito, un tema di racconto. Sono, più che azioni, quadri di vita, con quel tanto di psicologia, di colore e d’atmosfera che è necessario perché il quadro si definisca e si mova. Quindi non sono regolate da uno svolgimento logico, rette da una costruzione quadrata, ma da una tecnica sparpagliata, più istintiva che riflessiva, che conserva nella sua leggerezza inafferrabile il ritmo brioso della vita osservata e trasfigurata dal Goldoni.
Esse sono la vita del Settecento, e particolarmente del Settecento veneziano, vista da uno degli spiriti più schiettamente settecenteschi del secolo.
Il Goldoni è, come l’Ariosto, l’immagine, non la coscienza del proprio tempo. […] Il Goldoni vede la superficie del secolo. Egli è realista in quanto prende dalla realtà il movimento e certi colori, non il volume, la profondità, i problemi che si irradiano dal suo interno. Sopprime l’arbitrio della commedia dell’arte, ma ne conserva la mobilità spensierata; rinunzia – nelle buone commedie – al romanzesco del teatro classicheggiante, e attinge all’osservazione della vita in una sfera più larga e meno ideale che quella del Metastasio ma – come il Metastasio – è artista garbato, non potente.
I suoi temi esulano dalle zone drammatiche della vita. E anche quando egli svolge argomenti come la lotta fra la generazione vecchia e la giovane (I rusteghi), l’innamoramento di un misogino (La locandiera), la rovina finanziaria per le soverchie spese di una moglie capricciosa (La casa nova), vede non le pene ma il ridicolo della situazione. E dello stesso ridicolo vede più l’aspetto divertente che l’aspetto morale. Perciò il carattere sovrano del suo teatro è la tranquillità e l’ilarità.
Attilio Momigliano, Saggi Goldoniani, Istituto per la collaborazione culturale, Roma, 1959
Letterariamente, la riforma goldoniana, negando la commedia all’improvviso e sostituendole un lavoro tutto scritto, si inseriva nella battaglia che già la generazione precedente aveva combattuta, nelle Colonie di Arcadia, contro il cattivo gusto
seicentesco, contro le sregolatezze e le bizzarrie del Barocco. In questo senso e da questo punto di vista la riforma del Goldoni completa quella del Metastasio e dello Zeno nei riguardi del melodramma; quella degli Arcadi tutti nei riguardi della lirica e della prosa; si ricollega alle nuove poetiche razionalistiche del Muratori e del Gravina; nasce sotto il segno della nuova mentalità cartesiana; si colloca sotto le insegne di Ragione e Natura in una ricerca di razionalità, di ordine, di disciplina intellettuale e morale.
Per questo Goldoni, nei modi discreti che gli erano propri, polemizzò anche lui contro il Seicento, dichiarò che in quel secolo era prevalso l’incantesimo della verità
, ebbe sempre simpatia e stima per l’Arcadia, pensò che occorresse estendere alla commedia quella verità e quel buono stile
ai quali essa sola era ancora rimasta estranea. […]
Così a poco a poco, tra le difficoltà che sappiamo, passò da una commedia a soggetto nella quale solo la parte del protagonista fosse scritta a commedie tutte scritte; sostituì alle maschere fisse dei personaggi tolti dal Mondo
, com’egli diceva, dalla vita reale, come noi diremmo; alternò per alcun tempo commedia e canovaccio con commedie scritte; si piegò, quanto il pubblico e gli antagonisti ve lo costrinsero, al romanzesco e all’esotico; ma intanto, pazientemente, riformò il teatro, costruì una commedia nuova, scritta, moderna, realistica, tutta semplicità e buon senso, tutta natura e ragione.
Giuseppe Petronio, da Carlo Goldoni, Commedie, Rizzoli, Milano, 1958
In questo mondo veneziano, per molti aspetti imprevedibile, il Goldoni non si addentra, però, solo con l’occhio dell’osservatore curioso dello spettacolo pittoresco, o del poeta comico in cerca di facili occasioni d’intreccio. Vi entra, piuttosto, con l’occhio e con l’animo del borghese, col temperamento prosaico e metodico del mercante veneziano, che dà subito proporzioni diverse a questa realtà, esteriormente multicolore: già Momolo, un ducato el se lo fa valer un zecchin
. Il mercante vende, investe, presta, soppesa il valore di ogni cosa, impone certe doti di concretezza e di puntualità, scruta più addentro i nessi della convivenza sociale; suggerisce le massime che valgono a mantenere credito e riputazione; trae insomma, da un’attività economica e da una conseguente condotta sociale, gli spunti di una nuova moralità legata alla valutazione di elementi fino a quel momento impliciti, e secondari, nell’intreccio della commedia. […] Il mercante affronta la realtà mondana sul terreno basilare dell’attività economica, si mantiene a forza di lavoro, e di prudenza, è in ogni giornata responsabile della sua fortuna o della sua rovina. Ha dunque, come tipo, un principio di operosa individualità. Esso determina l’evoluzione della maschera di Pantalone, dalla quale il Goldoni, nella prefazione al