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Passione ad Atlantide (eLit): eLit
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Passione ad Atlantide (eLit): eLit
E-book319 pagine6 ore

Passione ad Atlantide (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Nelle profondità sottomarine di Atlantide vivono le creature più seducenti che mai siano state create dagli dei. Tanto che mai una donna ha saputo resistere alla voce ammaliante e alle carezze di Valerian, il loro sovrano. Soltanto la timida, schiva Shaye sembra immune dal suo fascino. Ma quando un ninfo trova la sua compagna, rimane legato a lei per tutta la vita. E Valerian, certo che Shaye sia la sua anima gemella, è disposto a ricorrere alle più fantasiose tecniche di seduzione pur di conquistarla.



Atlantis:

1)Il guardiano di Atlantide

2)Il gioiello di Atlantide

3)Passione ad Atlantide

4)Il vampiro di Atlantide

5)La maledizione dell'amazzone
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2017
ISBN9788858966228
Passione ad Atlantide (eLit): eLit
Autore

Gena Showalter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Passione ad Atlantide (eLit) - Gena Showalter

    successivo.

    1

    Atlantide

    Valerian, re dei ninfi, si svegliò e cercò di districarsi dalla stretta della donna nuda e addormentata accanto a sé... solo per scoprire che le sue gambe erano intrecciate a quelle di altre due donne nude e addormentate.

    Con un risolino soddisfatto e arrochito dal sonno tornò a distendersi sul letto morbido, mentre scure ciocche femminili gli ricadevano su una spalla. Morbidi riccioli ramati fluttuavano sul suo stomaco, intrecciati ai capelli biondi di un'altra donna.

    In quel momento nel palazzo c'erano quattro donne, tutte umane e tutte sexy. Qualche settimana prima, poco dopo che la sua armata aveva preso possesso della fortezza, le donne avevano attraversato per caso il portale che collegava Atlantide con il mondo in superficie. Gli dei dovevano sorridergli, dato che tre di esse ora scaldavano il suo letto.

    Valerian osservò le bellezze che dormivano sazie e serene intorno a lui, tutte alte, morbide e abbronzate, con espressioni che andavano dall'audace al tenero.

    Lui comunque non si curava del loro aspetto. Amava le donne, amava il proprio potere su di loro e non se ne vergognava. Anzi. Gli piaceva assaporarle e divorarle.

    Nessuna costituiva mai più di un passatempo temporaneo, eppure ne adorava ogni aspetto: la dolce morbidezza, i gemiti ansimanti, i profumi inebrianti. Amava il modo in cui le loro gambe gli stringevano la vita o la testa e lo accoglievano in paradiso, permettendogli di penetrarle con uno slancio gentile e una spinta incalzante, a seconda delle sue preferenze del momento.

    Mentre Valerian giaceva a letto, la luce che filtrava dalla cupola di cristallo sopra di loro immergeva le sue compagne in un alone scintillante. L'aria era carica di un desiderio quasi palpabile e i corpi emanavano un calore inebriante, creando una sorta di bozzolo di pericolosa seduzione intorno a loro.

    Sì, la sua vita era davvero dolce.

    Alle donne bastava guardarlo per desiderarlo. Odoravano il suo profumo erotico e si sentivano già pronte al piacere, sentivano la sua voce profonda ed erano disposte a spogliarsi davanti a lui. Una singola carezza era sufficiente per suscitare in loro un acuto struggimento e indurle a implorare altre meravigliose sensazioni. Valerian non se ne vantava, il suo potere di seduzione era un dato di fatto.

    In quel momento la donna con i capelli neri si svegliò e gli posò una mano piccola e delicata sul petto. Janet? Gail? Non era sicuro del nome. In realtà, non ricordava mai come si chiamavano le donne con cui andava a letto. Erano solo una lunga sequenza di corpi che gli davano piacere e lo accoglievano felici dentro di sé.

    «Valerian» lo chiamò la mora in tono implorante. Aveva ancora un'espressione assonnata, ma la mano cominciò a muoversi con lentezza fino a raggiungere il suo membro, carezzandolo su e giù e risvegliandolo.

    Senza neanche guardarla, lui la fermò prendendole la mano e portandosela alle labbra per un casto bacio. Lei ebbe un fremito e i capezzoli le si inturgidirono contro il suo fianco.

    «Stamattina no, dolcezza» disse, parlando nella lingua della donna. Ci aveva messo due settimane, ma ormai la padroneggiava con sicurezza, come se l'avesse sempre conosciuta. «Tra poco devo andare. C'è bisogno di me altrove.»

    Gli sarebbe piaciuto rimanere e concedersi un'altra ora o due di baldoria, ma i suoi uomini lo aspettavano nell'arena delle esercitazioni. Là li avrebbe aiutati ad affinare la loro abilità con la spada e a scacciare la frustrazione che li tormentava da giorni, dimenticando i bisogni carnali sempre presenti grazie alla prospettiva della guerra imminente.

    Guerra, sospirò tra sé. Da quando il suo esercito aveva conquistato quel palazzo, strappandolo ai draghi già indeboliti da un precedente scontro con gli umani, la guerra era diventata inevitabile. Valerian lo accettava, ma ora i suoi uomini erano indeboliti dalla mancanza di sesso e questo era inaccettabile.

    Il sesso li aiutava a conservare le forze, il suo popolo era fatto così. Forse avrebbero dovuto portarsi dietro le loro donne, ma per tenerle al sicuro aveva preferito lasciarle lontane, senza prevedere che sarebbero rimasti separati tanto a lungo.

    Conclusa la battaglia iniziale, Valerian le aveva convocate, ma le ninfe non si erano fatte vedere. Purtroppo non ne avevano trovato traccia nella Città Interna e neanche in quella Esterna e lui era sempre più preoccupato. Aveva inviato un battaglione a cercarle, con l'ordine di uccidere chiunque avesse tentato di far loro del male. Per i nemici sarebbero stati guai.

    L'ira dei ninfi era terribile.

    Nonostante l'ansia che lo attanagliava, Valerian non poteva escludere che le ninfe avessero incontrato un gruppo di uomini e fossero ancora impegnate in orge sfrenate. Anche loro, dopotutto, avevano un disperato bisogno di sesso.

    «Mmh, sei fantastico» mormorò la donna dai capelli neri. «Stare con te è meglio che fare l'amore con qualsiasi altro uomo.»

    «Lo so, dolcezza» borbottò Valerian distratto.

    L'astinenza dei suoi uomini si sarebbe probabilmente prolungata ancora per molto tempo e dunque lui avrebbe dovuto sentirsi in colpa per gli eccessi della notte. Forse sarebbe stato così, se avesse chiamato quelle donne in camera, ma erano state loro a seguirlo, strappandogli i vestiti di dosso e leccando ogni centimetro del suo corpo ancor prima che mettesse piede in quella stanza.

    Aveva cercato di liberarsene e di mandarle dai suoi uomini, ma loro gli si erano attaccate con insistenza ancora maggiore. A quel punto cosa poteva fare, se non cedere?

    Magari, dopo l'esercitazione, avrebbe suggerito ancora una volta a quei deliziosi bocconcini di cercarsi un altro amante.

    «So che devi andartene, ma io muoio dalla voglia di toccarti, Valerian» dichiarò la donna con i capelli neri mettendo il broncio. Si puntellò su un gomito e gli piazzò davanti agli occhi il seno florido. «Non dirmi di no» lo implorò, seguendo il contorno del capezzolo con la punta di un dito. «Stanotte ti sei preso tanta cura di me e ora vorrei ricambiarti.»

    La donna dai capelli rossi al suo fianco si svegliò. «Mmh... buongiorno» lo salutò assonnata.

    La terza donna si stirò come un gatto e si mise a sedere, con i lunghi capelli dorati che le ricadevano sulle spalle simili a una splendida cascata lucente. «Buongiorno» lo salutò a sua volta con voce arrochita.

    «Sei stato incredibile» dichiarò la rossa, gli occhi azzurri colmi di soddisfazione al ricordo degli sfrenati eccessi condivisi quella notte.

    «Anche tu... dolcezza.» Valerian cercò ancora una volta di ricordare il suo nome, ma invano. Si strinse nelle spalle: in fondo non era importante. Per lui erano tutte dolci. «È mattina; è ora che ognuno di noi si dedichi ai suoi doveri.»

    «Non mandarci via. Non ancora» lo implorò la mora. Il suo respiro caldo gli sfiorò l'orecchio e la lingua seguì la curva della guancia. «Lascia che ci godiamo... ancora un assaggio» aggiunse, intervallando le parole con baci e morsetti.

    Tre paia di mani e di seni furono su di lui, bocche calde e avide lo succhiarono e tre fessure femminili umide e ardenti si strusciarono contro il suo corpo, mentre un inebriante odore di desiderio lo avvolgeva.

    «Solo starti vicina mi fa morire dalla voglia di venire» dichiarò una voce rauca.

    «Sai sempre quello che voglio prima di me» ansimò un'altra. «Non riesco mai a saziarmi di te.»

    «Sei come una droga» sussurrò la terza. «Morirei senza di te.»

    Gemiti e grida di piacere gli risuonarono nelle orecchie e un fuoco ardente si propagò in tutto il suo corpo, dandogli quella forza che solo il sesso poteva fornirgli. In occasioni come quella Valerian prendeva le sue amanti con una selvaggia intensità, più adatta al campo di battaglia che al letto. Forse poteva aspettare il pranzo per raggiungere i suoi uomini.

    Il sudore scorreva sul petto nudo di Valerian, mentre roteava la pesante spada di metallo e colpiva quella dell'avversario.

    Broderick barcollò all'indietro e cadde sul sedere, mandando schizzi di fango in ogni direzione. Alcuni imbrattarono gli stivali appena puliti di Valerian.

    «Alzati» gli ordinò, quando Broderick non accennò a muoversi.

    «Non ce la faccio» rispose l'amico ansimando.

    Valerian si incupì: era la quarta volta in un'ora di esercitazioni che l'altro finiva a terra. In genere Broderick era forte e possente come lui, quindi tanta debolezza era davvero sconcertante.

    Il senso di colpa che fino a quel momento era riuscito a tenere a bada lo investì. Avrebbe dovuto mandare le donne dai suoi uomini. Ora lui era più forte che mai e loro debolissimi.

    «Maledizione» imprecò Broderick. Era ancora a terra, la voce tesa, la testa china e i capelli biondi che gli ricadevano sugli occhi. «Non so quanto potrò resistere ancora.»

    «E gli altri?» Valerian infilò nella sabbia dell'arena la punta della spada, modellata come un cranio allungato e letale, capace di infliggere danni tremendi. Per questo l'aveva chiamata Teschio.

    Il suo sguardo si spostò sul resto dell'armata: alcuni erano seduti su una panca e affilavano le armi, altri appoggiati a un muro di pietra bianca e argentea, lo sguardo vacuo. Soltanto Theophilus pareva in buone condizioni; era anche l'unico a prestargli ascolto.

    No, non proprio l'unico. Joachim lo fissava con furia, i gomiti appoggiati alle ginocchia.

    Perché il cugino era così arrabbiato?

    «Mettetevi in riga» ordinò Valerian. «Subito.» Il suo tono duro ottenne finalmente la loro attenzione.

    Gli uomini formarono una riga alquanto irregolare e solo pochi assunsero un atteggiamento vigile e battagliero. Il cipiglio di Valerian aumentò. I suoi uomini erano tutti alti e muscolosi, con la pelle abbronzata e i tratti perfetti. La loro bellezza era tale che a volte vedendoli le donne si mettevano a piangere, ma ora mostravano rughe di tensione intorno agli occhi e alla bocca e gambe tremanti e instabili.

    «Ho bisogno che siate forti e capaci e invece siete deboli come neonati.» Darius, re dei draghi, avrebbe saputo da un momento all'altro che Valerian aveva conquistato il palazzo e a quel punto li avrebbe attaccati. Se la sfida fosse avvenuta quel giorno, i suoi guerrieri sarebbero caduti in fretta, uno dopo l'altro.

    La sconfitta era inaccettabile; meglio morire, piuttosto. Un guerriero doveva sempre vincere.

    Broderick sospirò e si passò una mano sul viso, fissandolo cupo. «Abbiamo bisogno di fare sesso, Valerian. E ne abbiamo bisogno ora.»

    «Lo so.» Purtroppo le tre umane esauste che ora dormivano nel suo letto non sarebbero riuscite a reggere l'impatto di tutti i suoi avidi guerrieri in una volta sola.

    Poteva mandare un battaglione nella Città Esterna, a catturare delle sirene, una razza di donne che adorava il sesso quanto i ninfi. Erano pericolose, certo, amavano sedurre e poi uccidere, ma unirsi a loro era così inebriante che valeva la pena di correre quel rischio.

    Tutte le volte che i suoi uomini erano entrati in città nelle ultime settimane, però, le donne di ogni razza si erano nascoste, quasi fossero dei mostri o dei demoni. Nessuna di loro voleva ritrovarsi preda dell'irresistibile fascino dei ninfi, pronta a perdere la propria identità e a esistere solo per compiacere l'amante. E questo valeva anche per le loro compagne, che erano trattate come un tesoro prezioso, ma erano schiave come le altre.

    «Sentire l'odore delle umane su di te rende il mio bisogno ancora più intenso» disse Dorian. Con i suoi capelli nerissimi, i tratti perfetti e il malizioso senso dell'umorismo, attraeva donne di tutte le razze. Ora però non c'era niente di allegro e malizioso in lui; anzi, pareva irradiare gelosia e risentimento. «Se ne avessi le forze ti ucciderei.»

    Valerian si sentì ancora più in colpa. Per quanto odiasse ammetterlo, c'era un solo modo di risolvere quella sgradevole situazione.

    «Volete attraversare il portale?» chiese, intrecciando le mani dietro la schiena. Da quando avevano scoperto la strana pozza verticale nelle caverne sotto il palazzo, la stessa usata dalle donne per viaggiare dalla superficie ad Atlantide, i suoi uomini lo avevano implorato innumerevoli volte di utilizzarla. Ogni volta Valerian aveva risposto di no. Secondo il suo amico Layel, re dei vampiri, gli abitanti di Atlantide non potevano sopravvivere a lungo in superficie.

    Inoltre, aveva bisogno che i suoi uomini restassero là a combattere e a difendere il palazzo conquistato. Deboli com'erano in quel momento, però, non sarebbero certo riusciti a sconfiggere i draghi.

    Se c'era la possibilità di trovare altre umane, valeva la pena di correre il rischio di un viaggio in superficie.

    «Ebbene?» li incalzò.

    Gli uomini sorrisero e lo circondarono, mentre un coro di assenso usciva dalle loro bocche. Solo Theophilus rimase in silenzio, ma d'altra parte lui non aveva bisogno di visitare la superficie, visto che si era accoppiato con la quarta umana presente nel palazzo.

    Accoppiato, pensò Valerian cercando di non rabbrividire. Quando un ninfo trovava la sua compagna, quell'unione durava per tutta la vita. L'età e le circostanze non avevano importanza, a quel punto il suo corpo non desiderava nessun'altra, il suo cuore batteva solo per lei. Gli avevano detto che l'avrebbe riconosciuta al primo sguardo e lei avrebbe fatto lo stesso, scegliendolo fra tutti gli altri.

    Come molti dei suoi uomini, Valerian era troppo legato alla libertà e temeva il giorno in cui avrebbe trovato la sua compagna. Non riusciva a immaginare di desiderare una sola donna. Non riusciva a concepire che una sola donna potesse attirare il suo interesse e saziare le sue passioni per più di una notte.

    Forse non era destinato a trovare una compagna... o almeno lo sperava.

    «Varcheremo il portale?» chiese uno dei suoi uomini, riportandolo al presente.

    «Sì» rispose Valerian, allargando le braccia in segno di resa.

    «Quando partiamo?» volle sapere Broderick.

    «Grazie, grande re» disse Shivawn.

    «Per gli dei, ho bisogno di un po' di attenzioni femminili!» esclamò Dorian.

    Le loro voci erano cariche di sollievo, gli occhi accesi di desiderio. Non poteva biasimarli, anche lui si sarebbe ridotto a uno stato bestiale, se fosse rimasto senza sesso a lungo come loro. D'altra parte era sicuro che quel destino non gli sarebbe mai toccato. Il suo fascino era superiore a quello di tutti gli altri, tanto che nessuna donna poteva resistergli.

    «La maggior parte di voi dovrà restare di guardia nel palazzo e quelli che andranno non potranno trattenersi più di un'ora o due» li informò in tono fermo. «Ne riporteremo indietro il maggior numero possibile e poi ognuno potrà scegliere la donna che preferisce.»

    «Avremmo dovuto farlo giorni fa» borbottò Joachim.

    Valerian decise di ignorarlo. Era la frustrazione a spingere il cugino a parlare così, lo sapeva.

    «Non possiamo trattenerci più a lungo?» chiese Dorian, di nuovo accigliato.

    «Ricordate, non sappiamo niente della superficie, dei suoi abitanti e delle loro armi, mentre sappiamo con certezza che i draghi ci attaccheranno presto. Dobbiamo prendere le donne che vogliamo e tornare indietro di corsa» stabilì Valerian.

    «Dobbiamo?» ripeté Broderick.

    «Vi guiderò io, naturalmente.» Valerian non intendeva mandare i suoi uomini in un territorio sconosciuto senza di lui. «Non preoccupatevi, non reclamerò una donna per me. Le tre donne in camera mia mi forniscono stimoli a sufficienza.» Per il momento, almeno. «Lascerò a voi la scelta.»

    2

    Un matrimonio in Florida, completo di una lunga spiaggia bianca, onde turchesi, magici tramonti e brezze profumate. Petali di rose bianche erano sparsi sulla sabbia finissima e il vento li sollevava in una danza turbinosa, mente la coppia in procinto di giurarsi amore eterno si fissava negli occhi tenendosi per mano.

    Esisteva al mondo qualcosa di più dolce? Di più romantico? Di più... vomitevole?

    Shaye Holling si lasciò sfuggire l'ennesimo sospiro di frustrazione e abbassò lo sguardo sul costume simile a uno stravagante bikini: la parte superiore era costellata di finte conchiglie e quella inferiore era una sorta di gonnellina che imitava i fili d'erba. Tutte le damigelle indossavano quell'orrenda tenuta, in modo da far risaltare ancora di più la bellezza della sposa.

    Shaye aveva la pelle e i capelli chiarissimi e nel corso degli anni si era sentita chiamare Fantasmino, Regina delle nevi, Vampiro e Albina. L'unico colore che spiccava nel volto pallidissimo era quello degli occhi di un caldo castano.

    Avrebbe potuto usare l'autoabbronzante che la madre le aveva mandato per posta in preparazione di quell'evento, ma le conseguenze dell'ultima applicazione di quel tipo di prodotto erano ancora fin troppo fresche nella sua mente. La sua pelle aveva assunto un'orribile sfumatura arancione e si era coperta di macchie e foruncoli, suscitando gli sguardi inorriditi di chiunque incontrasse.

    All'improvviso, guardando la sposa, che era anche sua madre, le venne una nuova idea per la sua piccola impresa di anti-biglietti. Devo ammetterlo, hai portato la religione nella mia vita: adesso credo nell'inferno.

    Shaye sospirò di nuovo e i lunghi capelli di un bianco argenteo le ondeggiarono sulle spalle, imitando il movimento del vestito di satin color crema che fluttuava intorno alle caviglie della madre. Esisteva al mondo una donna più bella di Tamara, presto signora Wendell, più rifatta e più incline a passare da un uomo all'altro, come fossero kleenex da usare e gettare via?

    Se non si sbagliava, quello era il suo sesto matrimonio.

    Proprio in quel momento la madre incontrò il suo sguardo e corrugò la fronte. «Stai diritta. Sorridi» le ingiunse muovendo le labbra in silenzio.

    Come al solito Shaye finse di non notarla e concentrò l'attenzione sul sacerdote. Qualche frammento del suo solenne discorso giunse fino a lei trasportato dalla brezza, prima che l'insofferenza la inducesse a bloccare del tutto la sua voce.

    Amore... come odiava quella parola. La gente la usava come scusa per comportarsi in modo ridicolo. Mi ha ingannato, ma resterò con lui perché lo amo. Mi ha picchiato, ma resterò con lui perché lo amo. Mi ha rubato tutti i risparmi, ma non lo denuncerò perché lo amo. Quante volte aveva sentito la madre pronunciare quelle parole?

    Quante volte gli uomini con cui stava la madre l'avevano molestata, sostenendo di non amare più Tamara e di esseri innamorati di lei? Le prime volte Shaye era ancora una bambina.

    E suo padre non era migliore. Lascio tua madre perché mi sono innamorato di un'altra. Nel corso degli anni quella dichiarazione si era ripetuta spesso.

    Dopo che la sua ultima moglie l'aveva imbrogliato, per poi chiedere il divorzio, Shaye gli aveva mandato un biglietto che diceva solo: Mi dispiace tanto. In realtà avrebbe voluto fargli notare che finalmente si beccava quello che meritava, ma non c'erano biglietti di quel tipo. Per questo aveva cominciato a scriverli lei e ora la sua piccola impresa andava a gonfie vele. Pareva proprio che ci fosse molta gente ansiosa di mandare il prossimo a farsi fottere, naturalmente senza dirglielo in modo così diretto.

    Shaye lavorava ottanta ore la settimana, ma ne valeva la pena. Grazie a biglietti popolari come: Sto così male senza di te che sembra quasi che tu sia qui, o: Puoi ottenere di più con una pistola e una parola gentile che solo con una parola gentile forniva lavoro a ventitré altre donne simili a lei e faceva più soldi di quanto avrebbe mai creduto possibile. A un certo punto si era resa conto di non riuscire a mandare avanti tutto da sola e aveva promosso a socia la sua efficiente segretaria. Da allora le cose erano andate ancora meglio.

    La vita finalmente sorrideva alla strana bambina che non era mai stata all'altezza delle aspettative dei genitori.

    «Ora può baciare la sposa» disse il pastore.

    Shaye sospirò di sollievo e rilassò le spalle, mentre la tensione si scioglieva.

    Di lì a poco avrebbe preso l'aereo per Cincinnati e sarebbe tornata al suo appartamento piccolo e tranquillo, dove niente, nemmeno un gatto, la disturbava.

    Tra gli applausi scroscianti, lo sposo dai lineamenti rifatti e l'abbronzatura artificiale piazzò un bacio umido sulla bocca della madre di Shaye, poi la coppia raggiante si girò e cominciò a camminare tra le ali di invitati. Shaye si avvicinò all'acqua, ansiosa di allontanarsi mentre tutti gli altri riempivano la grande tenda montata per il rinfresco.

    Aveva fatto un'altra volta il suo dovere di figlia e non aveva alcun motivo per rimanere. Inoltre, il costume di conchiglie ed erba le provocava uno sgradevole prurito.

    «Dove vai, sciocca?» le chiese una delle altre damigelle, prendendola sottobraccio. La sua stretta aveva una forza sorprendente, per una persona così snella. «Dobbiamo fare le foto e servire gli ospiti.»

    Dunque la tortura non era ancora finita, pensò Shaye con un gemito.

    Dopo aver posato per un'ora per un fotografo che alla fine rinunciò al tentativo di farla sorridere, si ritrovò a servire la torta a una fila di invitati con un debole per lo champagne. La maggioranza la ignorò, limitandosi a prendere la fetta di torta e andarsene. Qualcuno cercò di attaccare discorso, ma si ritirò in fretta davanti alla sua risposta brusca.

    Quando finirà? Voglio tornare a casa. La fila si era fermata. Un uomo aveva preso la fetta di torta, ma invece di allontanarsi la fissava.

    «Posso aiutarla?» chiese Shaye.

    «Prenderei una fettina anche di te, se è possibile» dichiarò questi, tenendo in equilibrio il piatto in una mano e la coppa di champagne nell'altra. I suoi occhi verdi la fissavano divertiti e maliziosi.

    Portava una camicia bianca aperta sul collo, si era allentato il farfallino nero e i capelli color sabbia avevano un taglio perfetto. Era uno dei testimoni dello sposo, ricordò lei.

    «Signore, sta bloccando la fila» gli fece notare Shaye in tono duro e severo. Poi riprese a tagliare la torta e a sistemare le fette nei piatti. Aveva imparato fin da piccola a tenere la gente a distanza; se questo voleva dire farsi odiare, a lei non importava. Non poteva permettersi di ammorbidirsi, perché era proprio quel tipo di emozioni a causare delusione, rifiuto e sofferenza. «Si muova. Subito» gli ingiunse.

    L'uomo non obbedì. «Pensavo che forse...»

    «Shaye, tesoro» trillò la madre avvicinandosi. Il suo profumo costoso l'avvolse, mescolandosi all'aroma di zucchero e spezie. «Sono così contenta che tu abbia conosciuto Preston, il tuo nuovo fratellastro.»

    Oh, no, un altro! Shaye non sapeva che il nuovo marito della madre avesse dei figli, anche perché l'aveva conosciuto solo un'ora prima delle nozze.

    Lanciò un breve sguardo a Preston. «Non ho mai legato molto con gli altri» borbottò a mo' di scusa.

    «Già, l'ho sentito dire» ridacchiò lui.

    Quando rideva così era ancora più bello. Shaye distolse lo sguardo, raccolse due piatti e li passò agli invitati in fila dietro di lui. «È stato un piacere conoscerti, Preston, ma devo finire di servire gli altri ospiti» cercò

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