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Demon's desire (eLit): eLit
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Demon's desire (eLit): eLit
E-book470 pagine13 ore

Demon's desire (eLit): eLit

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Info su questo ebook

I Signori degli Inferi: seducenti guerrieri immortali, legati da un'antica maledizione che nessuno è mai riuscito a infrangere...

Un guerriero terribilmente sexy... Una donna condannata a vivere per ferire...

Custode del demone della Promiscuità, Paris è dotato di un fascino irresistibile che è anche la sua condanna. Perché se non fa sesso ogni notte con una donna diversa rischia di morire. Prima di conoscere Sienna non ha mai permesso che il desiderio si mescolasse con l'amore. Eppure l'ex Cacciatrice, un tempo sua acerrima nemica e poi sua amante, è riuscita a smuovere qualcosa nel suo cuore indurito. E pur sapendo che non potrà mai essere sua, Paris è disposto a tutto per salvarla dall'orribile destino a cui Crono l'ha condannata. Anche a scatenare una guerra tra angeli e demoni.
LinguaItaliano
Data di uscita31 ago 2017
ISBN9788858973905
Demon's desire (eLit): eLit
Autore

Gena Showalter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Demon's desire (eLit) - Gena Showalter

    Inferi

    Prologo

    «La sua rabbia...»

    «Lo so.»

    In alto nei cieli, Zacharel guardava il mondo al di sotto, dove Paris uccideva un altro dei suoi nemici, un Cacciatore. Non avrebbe saputo dire quanti ne avesse eliminati nell’ultima ora. E se anche si fosse fermato a contare, il risultato sarebbe cambiato un attimo dopo, quando le lame intrise di sangue del guerriero avrebbero abbattuto un altro corpo.

    Ansimante e sudato, Paris si girò ad affrontare altri due Cacciatori. I suoi movimenti avevano una grazia fluida e letale ed erano inarrestabili come una valanga.

    All’inizio pareva giocare, ridendo e lanciando le peggiori maledizioni: un pugno era sufficiente a rompere un osso, un calcio a sfondare i polmoni. Presto però tutto ciò non bastava più al guerriero posseduto da un demone e le lame tagliavano i tendini alla sua preda, azzoppandola per facilitarne l’eliminazione.

    Paris si era trasformato in un’Esca per attirare quei Cacciatori e loro lo avevano inseguito nella speranza di rubare il demone da lui custodito ed eliminarlo definitivamente. Zacharel non poteva biasimare il guerriero perché si difendeva, anche se diversi nuovi corpi si erano aggiunti alla catasta insanguinata, ma non poteva nemmeno elogiarlo.

    Quelli non erano colpi di grazia, oppure atti di vendetta fredda e calcolata, suscitati da una rabbia altrettanto fredda, ma un’eruzione di fuoco, odio e disperazione più ardente e inarrestabile di qualsiasi cosa l’inferno avesse mai creato.

    «È come una mela avvelenata» commentò Zacharel rivolto all’angelo che gli stava vicino.

    Paris custodiva il demone della Promiscuità; tenerlo a freno non era compito degli umani tra cui viveva, bensì degli angeli dell’Unico Vero Dio, che controllavano diversi reami malvagi.

    «Un veleno simile si diffonde lentamente, ma corrompe tutto.»

    Come ormai succedeva da giorni, frammenti di ghiaccio cadevano intorno a Zacharel e il suo respiro formava nuvolette gelate di fronte al viso. Ogni cristallo ricordava i suoi recenti crimini, ma a differenza di Paris lui non si avvolgeva nella sua infelicità come se fosse un cappotto invernale, tenendosela stretta e alimentandola. Non si curava di niente.

    La missione di distruggere i demoni che gli avevano rovinato la vita lo aveva portato a uccidere degli umani innocenti e quella era la sua punizione: portare sempre con sé il segno dello scontento dell’Unico Vero Dio.

    «Altri considerano gustosa quella mela e sono sempre pronti ad assaggiare tutto ciò che lui offre» replicò Lysander.

    Zacharel spostò lo sguardo sul muscoloso angelo guerriero che gli aveva insegnato a sopravvivere sul campo di battaglia e di cui era il giustiziere: era come una torre possente, indossava una lunga veste bianca e le ali maestose parevano fiumi di oro liquido. Neanche un frammento di ghiaccio osava posarsi su di lui. Forse, come una miriade di altre creature, anche i cristalli lo temevano – e a ragione. Nel loro mondo Lysander fungeva da giudice e giuria e la sua parola era legge.

    «Dobbiamo rimuovere la tentazione?» chiese Zacharel.

    «Non intendo ordinare il suo assassinio» fu la replica risoluta. «Paris si può ancora redimere.»

    Zacharel non se l’aspettava. Nonostante la grande distanza tra i cieli e la terra, riusciva a sentire i gemiti e le urla dei suoi nemici, le vane suppliche, destinate a risuonare in eterno. Risoluto com’era quel particolare Signore degli Inferi, quello era solo l’inizio. «Cosa vuoi che faccia, allora?»

    «Paris cerca la sua donna per liberarla dalla schiavitù che il Re dei Titani le ha imposto. Devi aiutarlo e proteggere sia lui sia la ragazza. Non appena il suo legame con Crono sarà spezzato, la porterai qui, dove vivrà per sempre.»

    Quell’ordine era ancora più inaspettato. Denotava una clemenza che nel corso della sua vita millenaria Lysander aveva mostrato soltanto nei confronti di un altro immortale posseduto da un demone: Amun, l’amico di Paris. E lo aveva fatto solo su richiesta di Bianka, l’Arpia sua compagna.

    Bianka doveva aver chiesto anche quel secondo favore: tutti sapevano che Lysander non era in grado di resisterle. Per quanto innamorato, però, dominava pur sempre i cieli ed era responsabile di ciò che vi accadeva. Non avrebbe dovuto chiedere a un angelo come lui di aiutare un demone e portarne un altro a vivere là.

    Tuttavia non fece obiezioni. Nonostante non avesse mai provato desiderio, avrebbe fatto del suo meglio per guarirne Paris, in modo che al momento dell’inevitabile separazione dalla sua donna non si lasciasse andare di nuovo a quegli spaventosi accessi di rabbia.

    «Paris non vorrà perderla.» Dopo tutto ciò che aveva fatto per trovarla e salvarla e tutto ciò che avrebbe fatto presto, si sarebbe di certo opposto con foga, usando le terribili lame insanguinate per sostenere il suo punto di vista.

    «Devi convincerlo che starà meglio senza di lei» dichiarò Lysander.

    «Ed è davvero così?»

    «Naturalmente.» Nessuna esitazione.

    Come al solito, nella sua voce risuonava una nota di verità. Zacharel lo sapeva bene, Lysander non mentiva mai.

    «E se non riesco a convincerlo?» Doveva chiederlo: conoscere la punizione che lo aspettava in caso di fallimento lo avrebbe aiutato a cercare il successo a tutti i costi.

    Gli occhi azzurri di Lysander divennero gelidi, rivelando la sua natura di guerriero. «Se non ci riesci saremo perduti. La guerra più terribile che il mondo abbia mai conosciuto è imminente. La ragazza ci porterà alla vittoria, o farà vincere i nostri nemici.»

    Al momento giusto Zacharel l’avrebbe portata via, senza curarsi delle proteste di Paris, che lo avrebbe odiato e forse non si sarebbe limitato a infuriarsi. Non poteva evitarlo, vista l’oscurità che ormai lo invadeva, peggiore di qualsiasi veleno spirituale.

    Questo però non avrebbe impedito all’angelo di fare il suo dovere.

    Niente poteva impedirglielo.

    1

    Paris buttò giù tre dita di whiskey Glenlivet e fece segno al barista: ne voleva ancora. Non appena quello gliene versò un’altra dose si rese conto che non era sufficiente. Nonostante si fosse appena sfogato combattendo, la furia e la frustrazione erano come entità viventi dentro di lui.

    «Lasciami la bottiglia» sbottò, quando il barista fece per prenderla e versare da bere a qualcun altro. In realtà dubitava che ogni goccia d’alcol presente nel raggio di dieci miglia potesse aiutarlo, tuttavia le situazioni disperate richiedevano misure disperate.

    «Certo, certo. Come vuoi.» Il barista mollò la bottiglia senza troppe proteste.

    Aveva un’aria così pericolosa? Si era ripulito, no? Paris abbassò lo sguardo. Merda. Non l’aveva fatto: era coperto di sangue dalla testa ai piedi.

    Comunque quello non era un bar umano e nessuna autorità poteva creargli problemi. Si trovava a Olympia, rinominata di recente Titania. Un tempo potevano entrarci solo dei e dee, ma una volta riconquistato il trono Crono aveva cambiato le regole, aprendo il suo regno celeste anche a vampiri, angeli caduti e altre creature oscure. Un bello sfregio per Zeus, il re precedente.

    Richiama il barista. Lo voglio, lo incitò Promiscuità.

    Il demone intrappolato dentro di lui lo incalzava, irritante. Ti ricordi quando volevo la monogamia e la fedeltà?, replicò Paris nella mente. Be’, non sempre otteniamo quello che vogliamo.

    Un ringhio familiare risuonò nella sua testa.

    Ingollò la seconda dose di whiskey, seguita da una terza e una quarta, che gli bruciarono il petto e l’addome, e inondarono le vene. Bene.

    Le sue emozioni restavano cupe come prima: l’incapacità di salvare la donna non poi tanto innocente che avrebbe dovuto odiare – e che odiava, almeno un po’ – ma che desiderava anche con fervore era come un’incessante spina nel fianco.

    «Se ti chiedessi di andartene, lo faresti?» chiese una voce monotona alle sue spalle. Una voce accompagnata da una raffica di aria gelida.

    Paris non aveva bisogno di voltarsi per sapere che Zacharel, straordinario angelo guerriero e spietato assassino di demoni, lo aveva raggiunto. Si erano conosciuti poco tempo prima, quando il feroce giustiziere era venuto a Budapest per finire il suo amico Amun. Se il vecchio Zach ci fosse riuscito, in quel momento si sarebbe ritrovato con due pugnali di cristallo nella schiena.

    Lo voglio, proruppe il demone.

    Fottiti.

    Finalmente vogliamo la stessa cosa.

    Ti odio proprio.

    Una volta quel demone assatanato parlava con Paris fin troppo spesso, poi aveva smesso, limitandosi a incitarlo a scoparsi chiunque, senza curarsi del sesso o di ciò che lui provava. Ora aveva ricominciato a parlare e la situazione era peggiorata, visto che voleva tutti, soprattutto quelli che lui non desiderava.

    «Ebbene?» lo sollecitò l’angelo.

    «Andarmene, dopo che ho dovuto pregare Lucien perché mi portasse qui e sapendo che la prossima volta non sarà così disponibile? Non ne ho la minima intenzione. Tu però devi dirmi perché ti interessa tanto dove mi trovo.»

    «Non mi interessa.»

    Era vero: Zacharel non si curava di niente, un’indifferenza che diventava evidente non appena si aveva a che fare con lui.

    «Appunto. Quindi sparisci.»

    Paris sorseggiò un quinto whiskey e intanto studiò la zona alle sue spalle nello specchio annerito dal fumo appeso sopra il bancone.

    Lampadari tempestati di gemme pendevano dal soffitto, i muri erano di marmo rosa venato di nero e il pavimento era costituito da splendenti diamanti frantumati.

    Uomini e donne chiacchieravano e ridevano: gli avventori del bar andavano da dei e dee minori ad angeli caduti che tentavano di rientrare nel giro.

    Era proprio l’ambiente adatto, pensò sprezzante. Che idioti! Probabilmente c’era anche qualche demone, ma lui non poteva affermarlo con sicurezza assoluta, visto che erano subdoli e malvagi: a volte si mostravano nel loro vero aspetto, esibendo fieri corna, artigli, ali e code e finendo decapitati da un angelo guerriero come Zach, oppure possedevano il corpo di un altro e andavano in giro con il suo aspetto.

    Lui aveva migliaia di anni di esperienza riguardo al secondo caso.

    «Me ne andrò dopo che tu avrai risposto a una domanda» dichiarò Zacharel.

    «Va bene.» Sapeva per esperienza che gli angeli erano terribilmente ostinati. Se non gli avesse dato retta, quello lo avrebbe seguito come un’ombra. Si girò verso l’essere dai capelli neri e gli occhi verdi e rimase senza fiato: la magnetica bellezza di quelle creature celestiali non cessava mai di ammaliarlo. A prescindere dal loro sesso o dal carattere più o meno noioso, ogni volta attiravano e trattenevano l’attenzione altrui. Per qualche ragione, lui ci riusciva meglio di altri.

    Ma quella volta non era il magnetismo dell’angelo a catturare l’attenzione di Paris: lucenti fiocchi di neve cadevano dalle maestose ali candide e dorate che si inarcavano sulle sue ampie spalle.

    «Stai nevicando» osservò. Una riflessione davvero notevole.

    «Sì.»

    «Perché?»

    «Posso risponderti, o posso farti la mia domanda e andarmene.» Con la lunga veste bianca tipica degli angeli, sarebbe dovuto apparire innocente e perbene e invece sembrava il gemello cattivo della Morte: era del tutto privo di emozioni, gelido come la neve che cadeva intorno a lui e pronto a uccidere. «Scegli tu» aggiunse.

    Paris non ci pensò a lungo. «Chiedi.»

    «Vuoi morire?» Zacharel pose quella domanda con la sua abituale semplicità. La nebbiolina che si cristallizzava davanti alla sua bocca creava un alone da sogno e ricordava a Paris il respiro della vita. O della morte.

    Sì, l’angelo era proprio pronto a uccidere, concluse. «Tu che ne dici?» replicò. In effetti non sapeva come rispondere.

    Aveva combattuto per vivere per secoli, ma ora si gettava nel fuoco e aspettava di finire bruciato. Anzi, ci sperava. Che razza di idiota pervertito era mai diventato?

    L’angelo sostenne il suo sguardo. «Dico che desideri una donna in particolare più di quanto desideri qualsiasi altra persona o cosa. Perfino la morte... perfino la vita.»

    Paris premette la lingua contro il palato. Una donna in particolare, quella che non era poi tanto innocente.

    Si chiamava Sienna Blackstone e aveva fatto parte dei Cacciatori, i suoi nemici, un irritante esercito di umani decisi a liberare il mondo dai demoni fuggiti dal vaso di Pandora. Era stata per breve tempo la sua amante ed era morta; poi era stata riportata in vita e la sua anima adesso custodiva il demone dell’Ira. Sienna era là fuori da qualche parte e soffriva. Crono l’aveva resa schiava con il proposito di usare il suo demone per punire gli avversari; una volta perso il controllo su di lei, pensava di sottometterla a forza di torture.

    Paris non apprezzava ciò che lei gli aveva fatto e, come aveva già ammesso, la odiava almeno un po’, tuttavia non riteneva che meritasse quella punizione malvagia, crudele ed eterna.

    L’avrebbe trovata e salvata: da Crono... e da se stesso. In quel momento contava solo la sua sofferenza: una volta risolta quella parte, avrebbe smesso di pensare a lei. Doveva farlo.

    «Sì, la voglio» ammise in un tono che non ammetteva repliche. «E allora?»

    Zacharel scosse le ali, provocando una nuova cascata di neve lucente. «Nonostante i tuoi desideri, io credo che il tuo demone voglia qualsiasi cosa respiri.»

    «A volte non serve neanche che respiri» borbottò lui. E quella era la verità. Sesso, come chiamava il suo oscuro compagno, desiderava chiunque, ma solo una volta. Con l’eccezione di Sienna, non gli aveva mai permesso di eccitarsi due volte per la stessa persona.

    Come mai era riuscito a stare due volte con lei? Non ne aveva idea. «E allora?» ripeté.

    «Anche se desideri quella donna in particolare, sei andato a letto con la futura moglie del tuo amico Strider» gli ricordò Zacharel. «È il custode del demone della Sconfitta e le tue azioni gli hanno creato problemi nel corteggiare l’Arpia.»

    «Ehi, stai entrando in un terreno minato» lo avvertì Paris. Non che intendesse scusarsi.

    Quell’avventura di una notte era avvenuta settimane prima che i due si mettessero insieme, o addirittura che prendessero in considerazione l’idea, dunque lui non aveva fatto niente di male. Almeno tecnicamente. Eppure ora sapeva com’era Kaia nuda, Strider ne era consapevole e tutti e tre sapevano che Sesso gli riempiva la mente di immagini del genere ogni volta che l’Arpia era nei paraggi. Una conseguenza che Paris odiava, ma che non poteva impedire.

    Zacharel inclinò la testa scura con un’aria riflessiva, resa ancora più misteriosa dalla nuvoletta gelata che si formava a ogni suo respiro. «Volevo solo farti notare che hai già fatto altre conquiste e non ti curi poi tanto delle tue scelte, il che mi porta a chiedermi perché continui a inseguire la tua Sienna.»

    Perché era l’unica con cui era riuscito a fare sesso due volte. Perché senza volerlo aveva causato la sua morte. Perché in quel momento gli era parso di perdere tutto.

    «Sei davvero irritante» sbottò. «Sono stufo di parlare con te.»

    L’angelo non si lasciò scoraggiare. «Io credo che tu ti senta in colpa per ogni cuore che hai spezzato, per ogni sogno di amore eterno che hai infranto e per ogni auto-degradazione che hai provocato quando le tue conquiste si sono rese conto della facilità con cui superavi le loro resistenze. Penso anche che tu sia patetico ed eccessivo e che non dovresti spargere tante lacrime sui tuoi problemi.»

    «Ehi, io non ho mai pianto!» Sbatté il bicchiere sul bancone con tale forza che il legno si scheggiò al centro e il bicchiere andò in pezzi. Il sangue prese a sgorgare dai tagli sulle mani, ma il dolore era minimo. «Sai una cosa? Tra un attimo ti ritroverai con parti del corpo sparse per tutto il bar.»

    E quando sarà a terra potremo farcelo!

    Chiudi il becco, Sesso.

    «Ecco qua.» Il barista fece scivolare uno straccio pulito nella sua direzione. Gli tremava il braccio: era chiaro che aveva ancora paura.

    Voglio...

    Ti ho detto di chiudere il becco!

    «Grazie» borbottò Paris. Premette la stoffa sulle mani, prima che qualcuno potesse sentire il profumo dei feromoni speciali emanati dal demone.

    Bastava odorare per un attimo quell’aroma intossicante per eccitarsi al punto che qualsiasi altra cosa perdeva importanza. La maggior parte dei presenti avrebbe desiderato Paris. Quella sera lui aveva fretta e non poteva permettersi di perdere tempo, ma gli sarebbe comunque piaciuto respingere i maschi a suon di pugni.

    Tuttavia i feromoni non lo stavano avvolgendo. Aggrottò la fronte sconcertato. Quella sera Sesso desiderava chiunque, come mai non approfittava della capacità di costringere gli avventori del bar a ricambiare il suo slancio?

    Paris tornò a concentrarsi su Zacharel, chiedendosi se l’angelo non fosse responsabile di quella novità.

    I suoi occhi di un verde intenso erano ridotti a strette fessure. «Credo che tu speri di salvare la tua Sienna e questo è un bene. Credo anche che tu voglia tenertela e questo non lo è. Per quanto la desideri, per quanto lei possa essere la tua unica possibilità di un legame duraturo, il tuo demone finirà per rovinarla. Gli umani non sono destinati a combattere i demoni e in fondo lei è ancora umana.»

    «E il suo demone?» scattò Paris.

    «Se un demone è un male, due sono senz’altro un male peggiore.»

    «Ora basta!» Se avessero continuato con quei discorsi, la furia e la frustrazione lo avrebbero consumato. Paris non voleva perdere di vista la missione che lo aveva portato là. «Non la terrò.» Se lei lo avesse voluto, però... No, era inutile sperarlo.

    «Bene. L’uomo che sei diventato non le piacerebbe.»

    Paris sbuffò e si passò una mano tra i capelli. «Non le piacevo neanche prima.» Che speranza poteva avere adesso, dopo che aveva oltrepassato in modo irrevocabile il limite tra giusto e sbagliato? Nessuna.

    Sapeva che le sue azioni erano spregevoli, ma non si era mai tirato indietro. Aveva ucciso in modo spietato, sedotto in modo metodico, mentito, ingannato e tradito ed era pronto a continuare così.

    «Eppure ti ostini a volerla salvare» osservò Zacharel.

    Già. Era un idiota come gli angeli caduti che frequentavano quel posto. Vabbe’, lo sapeva e non gli importava. «Senti, non devo rispondere a te. Non devo giustificarmi con te. E poi cosa sono tutte queste domande? Avevi detto che volevi farmene solo una.»

    «Te ne ho fatta una. Il resto erano osservazioni. E ne ho un’altra da offrirti.» Si chinò su di lui e parlò in un sussurro. «Se continui lungo questo cammino distruttivo, perderai tutto ciò che ami.»

    «È una minaccia?» Gli afferrò il colletto della veste. «Vai avanti e provaci. Vedremo se...»

    Aria. Stava stringendo solo aria.

    Lasciò ricadere il braccio con un ringhio.

    «Con chi stavi parlando?» chiese il barista con finta noncuranza, mentre puliva il bancone già pulito.

    Se un angelo non voleva mostrarsi, nessuno lo vedeva, neanche i suoi fratelli, caduti o meno. Dunque solo lui si era accorto della presenza di Zacharel. Meglio così. «Con me stesso. Noi preferiamo chiacchierare senza un pubblico.»

    Zacharel era ancora là? O si era materializzato da qualche altra parte? E perché gli aveva fatto tutti quei discorsi sulla necessità di stare lontano da Sienna? Non avrebbe dovuto curarsene.

    Paris lasciò cadere lo straccio e si girò a osservare la gente che affollava il bar. Parecchi guerrieri lo guardavano in tralice – perché? – e parevano pronti a rovinare l’eleganza della sala macchiandola di sangue. Il suo.

    Si massaggiò la nuca e scacciò dalla mente Zacharel e le sue minacce. Aveva altro a cui pensare: era là per Viola, dea minore dell’Aldilà e custode del demone del Narcisismo. Sarebbe già dovuta comparire.

    Forse aveva saputo della sua venuta e se l’era data a gambe. Se le cose stavano così non poteva biasimarla: lui e i suoi amici avevano rubato e aperto il vaso di Pandora, liberando gli spiriti malvagi racchiusi là dentro. Come punizione, una maledizione che nessuno era mai riuscito a infrangere li aveva costretti da allora a custodire quei demoni. Purtroppo c’erano più demoni che cattivi ragazzi e ragazze che potessero ospitarli e, quando il vaso era scomparso nel caos, gli spiriti rimasti erano stati assegnati dai Greci ai reclusi nella prigione per immortali chiamata Tartaro.

    Dunque Paris era in parte responsabile del lato oscuro di Viola, una di quegli sfortunati prigionieri. Non del tutto responsabile, però: la ragazza era una criminale considerata pericolosa perfino dagli dei e dalle dee le cui perfide imprese erano narrate nei libri di mitologia. Pericolosa al punto da venire confinata per sempre nel Tartaro.

    Paris non sapeva che crimine avesse commesso Viola e non se ne curava. Poteva anche ridurlo a brandelli, purché gli fornisse l’informazione che cercava: la tessera finale del puzzle di cui aveva bisogno per salvare Sienna.

    Secondo i Cacciatori che aveva ucciso quella mattina, lei frequentava quel bar ogni venerdì sera per battere gli immortali a biliardo – barando – scolarsi qualche birra e vantarsi della sua meravigliosa, irresistibile bellezza. Quei Cacciatori la sorvegliavano, pronti a rapirla e convincerla a unirsi a loro. Le aveva evitato la tortura; dunque, ragionò, in fondo lei gli era debitrice.

    Dove diavolo era finita? Si guardò di nuovo intorno, in cerca di una lunga chioma bionda, di grandi occhi color cannella e di un corpo stupendo in grado di...

    ... apparire in uno sbuffo di fumo bianco.

    All’entrata del bar c’era una splendida donna dai lunghi capelli biondi e dagli occhi di un caldo color cannella. Paris raddrizzò le spalle e si sentì vibrare di eccitazione. Ecco fatto: aveva localizzato la sua preda. Ora non gli restava che agire.

    2

    La voglio, sbraitò Sesso mentre Paris osservava Viola.

    Naturalmente.

    Gli sbuffi di fumo che avevano accompagnato la sua comparsa svanirono, rivelando un aderente abito nero. Le spalline scendevano formando uno scollo a V e mettendo in mostra un seno prosperoso, e la stoffa lasciava scoperto un ombelico trafitto da un piercing. La minigonna arrivava appena sotto l’orlo delle mutandine. Ammesso che le portasse.

    Paris sbadigliò: era stato con donne splendide, brutte e tutte le gradazioni in mezzo, e aveva presto imparato una lezione: la bella poteva nascondere una bestia e viceversa.

    Sienna apparteneva alla prima categoria, almeno per lui. Mentre era pazzo di desiderio, lei aveva tramato per rovinarlo. Forse era malvagio come il suo demone, visto che una parte di lui trovava sexy perfino quel lato: una donna sottile e minuta aveva battuto un guerriero indurito da mille battaglie e la sola idea lo eccitava.

    Sienna si considerava scialba e magari una volta Paris era stato d’accordo con quella definizione, ma fin dall’inizio aveva avvertito in lei qualcosa di stuzzicante che lo attirava in modo irresistibile. Ora, ogni volta che la immaginava, vedeva una gemma perfetta e senza pari.

    Concentrati. Un ordine del demone, che desiderava ancora la dea minore, e un rimprovero per se stesso.

    Viola scosse la testa, facendo ricadere i capelli lucenti sulla spalla abbronzata, poi si guardò intorno. Gli uomini la fissavano a occhi sgranati e le donne cercavano invano di nascondere la gelosia dietro una maschera di indifferenza. Lei si fermò a squadrare Paris dalla testa ai piedi, poi lo scioccò distogliendo gli occhi per continuare la sua perlustrazione.

    L’ultima volta che il suo demone non era riuscito ad attrarre una potenziale compagna di letto risaliva a poco prima dell’incontro con Sienna. Poteva significare...? La trepidazione aumentò al punto da fargli vibrare le ossa. Quella sera avrebbe ottenuto le risposte che cercava. A qualsiasi costo.

    Si avvicinò a Viola con espressione ammirata, formulando velocemente un piano: prima avrebbe sfoderato il suo fascino, ammesso che sapesse ancora usarlo, e poi, se necessario, sarebbe ricorso alla forza. Su quello non aveva problemi di memoria.

    Viola lo ignorò e si chinò per estrarre dallo stivale di pelle nera un luccicante cellulare rosa. Alle sue spalle esplosero grida e acclamazioni, come se gli uomini avessero appena ottenuto un assaggio di paradiso. Perfino gli immortali potevano essere infantili.

    Io no.

    Lei non si curò del tumulto e prese a digitare sulla minuscola tastiera del telefonino.

    Paris aggrottò la fronte. «Cosa stai facendo?»

    La domanda e il tono d’accusa non erano certo adatti all’approccio che aveva in mente, ma se lei pensava di chiedere aiuto, convocando là qualcuno pronto a combatterlo, o magari un Cacciatore deciso a ucciderlo, presto si sarebbe ritrovata nel ruolo di ostaggio, oltre che di informatrice.

    «Sto postando... la versione immortale dei cinguettii di twitter» rispose lei senza guardarlo. «Ho più di sette fantastiliardi di ammiratori.»

    Ok. Paris non se l’aspettava. Aveva passato molto tempo con gli umani e sapeva che amavano condividere futili pensieri, ma una dea dei Titani dedita a quel passatempo... era proprio novità.

    «Che cosa stai dicendo?» Crono faceva parte dei suoi contatti? E Galen, il capo dei Cacciatori? E quante persone corrispondevano esattamente a sette fantastiliardi?

    «Forse sto raccontando di te.» Le labbra tumide e rosse accennarono un sorrisetto, mentre Viola continuava a digitare a ritmo frenetico. «Il Signore del Sesso è sporco e pare pronto a cuccare. Non sono interessata, ma dovrei aiutarlo ad aumentare il suo punteggio con qualcun altro?» Invia. Viola puntò gli occhi color cannella su di lui. «Ti farò sapere quando arriveranno le risposte. Fino a quel momento, c’è qualcos’altro che vuoi sapere di me, prima che ti molli qui?»

    Signore del Sesso, aveva detto. Dunque sapeva chi era, eppure non si era avventata su di lui insultandolo e invocando la sua esecuzione. In fondo era un buon inizio. «Sì, c’è. Una questione privata che per me è molto importante.» Sottotitolo: che non ti venga in mente di twittare su questo argomento!.

    «Ohhhh. Adoro le questioni private e importanti di cui non dovrei parlare. Ti ascolto, io lo faccio sempre, perché sono coooosì altruista.»

    Aveva smesso di digitare. Bene. «Voglio vedere i morti» spiegò Paris. «Come posso riuscirci?» Sienna era un’anima senza corpo e lui non riusciva a vederla né a percepirla. Solo chi comunicava con i morti poteva vederla, udirla e toccarla, ma si diceva che Viola conoscesse un trucco in grado di rendere superflua quella capacità.

    Lei batté le palpebre e Paris notò che le ciglia erano di un rosa lucente simile a quello del cellulare. «Hai parlato solo di te. E io?» sbottò offesa.

    Paris strinse i denti. C’erano i tipi affascinanti e c’erano gli sfigati. Lui non era uno sfigato. Non sempre, almeno. «Ora ci arrivo: tu puoi vedere i morti e ora mi insegnerai a fare la stessa cosa.» Un ordine a cui le conveniva obbedire.

    Lei arricciò il naso. «Perché ti interessa vedere le anime? Se sono ancora qui, possono provocare guai e... Oh, oh, aspetta.» Batté le mani, saltellò e girò su se stessa. «Con la mia eccezionale intelligenza ho già risolto questo piccolo mistero» si vantò con fierezza. «Tu vuoi vedere la tua amante umana assassinata.»

    La furia di Paris affiorò con travolgente intensità: non voleva che qualcuno parlasse di Sienna in quel modo. Non Zacharel e certo non quella strana dea minore con un debole per i pettegolezzi. Toccava a lui proteggere Sienna. «Io...»

    «Oh, non c’è bisogno che confermi la mia geniale intuizione.» Gli diede un colpetto sulla spalla, come se volesse consolarlo per la sua inferiorità mentale. «Soprattutto considerato che non posso aiutarti.»

    Cercò di allontanarsi.

    Paris la prese per un polso. «Non puoi o non vuoi?» C’era una bella differenza. Nel primo caso non poteva fare niente, nel secondo sì. Se Viola avesse insistito in quell’atteggiamento, avrebbe presto scoperto fino a dove lui era disposto ad arrivare per farle cambiare idea.

    «Non voglio. Ci vediamo.» Ignara della furia che rischiava di scatenare, la dea si liberò della sua stretta e si avviò ancheggiando verso il fondo del bar.

    Paris la seguì inviperito, spingendo via chiunque gli sbarrasse il passo. Risuonarono ringhi e brontolii: i predatori presenti non gradivano quel trattamento brutale, era chiaro. Nessuno però cercò di fermarlo: avevano capito che tra loro c’era un predatore ancora più temibile.

    «Come fai a sapere chi sono?» chiese non appena ebbe raggiunto Viola. Intendeva cominciare di lì e poi proseguire fino a farle cambiare idea, nel caso le due cose fossero relazionate.

    Lei girò ancora su se stessa, come una modella alla fine del suo giro in passerella. Data la sua altezza, Paris era abituato a torreggiare sulle donne, ma Viola era così piccola ed esile che vicino a lui sembrava quasi scomparire.

    Sienna invece aveva l’altezza giusta: in piedi, inginocchiato o disteso, poteva raggiungere senza problemi tutti i suoi punti migliori.

    «So tutto quello che c’è da sapere sui Signori degli Inferi» rispose Viola. «Mi sono interessata a voi quando sono fuggita dal Tartaro e ho saputo che ero stata rinchiusa là dentro per colpa vostra.»

    Dunque ce l’aveva con lui per via del demone che era costretta a custodire. E profumava di rose, si rese conto trasalendo, invaso da un caldo senso di pace. Lucien, il custode del demone della Morte, faceva lo stesso con i suoi nemici, calmandoli prima di dar loro il colpo di grazia.

    La furia e la frustrazione scacciarono in fretta la pace. «Smettila» abbaiò.

    «Ehi, che cipiglio torvo! Non ti sta molto bene, devo dire» aggiunse lei. Poi prese a studiare le unghie dallo smalto color corallo. «Che carine.»

    Toccala.

    Doveva assolutamente trovare il modo di intimidirla, decise Paris. Se il prossimo tentativo di seduzione fosse fallito, avrebbe dovuto scatenare la belva... e non parlava del demone del Sesso. Ora dentro di lui c’era una grande oscurità, che l’avrebbe spinto a fare tutto il necessario per raggiungere quello scopo, senza fermarsi davanti a niente.

    Poteva prendersela solo con se stesso, dato che era stato lui a lasciarla entrare. All’inizio era stato come uno spiraglio, un’incrinatura in una finestra, ma una volta accolta una brezza non c’era modo di fermare ciò che seguiva. Poteva essere un vento, una tempesta, tuoni e fulmini, e alla fine non si riusciva più a raggiungere la finestra per chiuderla. E in fondo non lo voleva neanche. Quella nuova oscurità dentro di lui era il male allo stato puro, un’entità simile al demone, pronta a pungolarlo di continuo.

    Doveva mentire, imbrogliare, tradire... come aveva sempre fatto.

    Si chinò addolcendo l’espressione e costringendo i desideri del demone a diffondersi da tutti i pori. Costringendo il sangue a scaldarsi e l’aroma muschiato dell’eccitazione a fluttuare intorno a lui, sensuale come champagne e inebriante come cioccolato. Sesso non usava i feromoni? Bene, ci avrebbe pensato lui. Paris odiava ricorrere a quel sistema perché loro due diventavano insaziabili e ossessionati dal sesso. E ancora peggio... il ricordo delle cose che aveva costretto gli altri a fare e a desiderare...

    «Viola, dolcezza, parla con me. Dimmi quello che voglio sapere.» Il suo tono era come una carezza sensuale, sicura e deliziosa. Eppure, voleva una sola donna. E non si trattava di quella.

    «Desidero ringraziarti per il mio demone» continuò lei, come se lui non avesse aperto bocca. Come se non emanasse un profumo inebriante. «È il migliore! Mentre cercavo di rintracciare la vostra fortezza a Budapest, però, mi sono dimenticata di tutti voi. Sono sicura che mi capirai.» Scosse i capelli, rendendoli ancora più vaporosi, poi distolse lo sguardo e salutò qualcuno alla sua destra. «Dunque, visto che sei qui, ti ringrazio. Riferiscilo pure agli altri. Ora devi solo... Aaargh! Chi ha messo uno specchio là?» strillò.

    Non appena cominciò a studiare il proprio riflesso quella rabbia furiosa fu sostituita da un’espressione incantata ed estatica.

    «Guardami.» Si girò da una parte, come in posa, poi cambiò ancora angolatura. «Sono splendida

    «Viola.» I secondi passavano, e lei non smetteva di ammirarsi. Arrivò perfino a lanciare un bacio alla propria immagine riflessa. E va bene, avrebbe provato un’altra tattica. «Posso fare in modo che tu implori il mio tocco davanti a tutti. Credimi, mi supplicherai e piangerai, ma senza ottenere soddisfazione. Ci penserò io. E... sai una cosa? Questa non è neanche la cosa peggiore che ti farò.»

    Passarono altri secondi senza che lei rispondesse.

    Furia...

    Frustrazione...

    Un’oscurità crescente...

    Paris voleva colpire, ferire e uccidere.

    Inspirò, trattenne il respiro, sentì un profumo di rose e lo lasciò andare. Bene. Era riuscito a calmarsi, evitando l’esplosione di quelle bombe emotive.

    Poi si rese conto che forse la dea non poteva fare altro. Come sapeva bene, tutti i demoni fuggiti dal vaso di Pandora avevano un difetto. Quello poteva essere il suo: dopotutto custodiva il demone del Narcisismo e amava solo se stessa.

    Deciso a mettere alla prova quella teoria, le si piazzò davanti, impedendole di vedersi allo specchio. Il corpo di Viola si irrigidì, lo sguardo guizzò a sinistra e a destra, come alla ricerca di qualche intruso pronto a farle del male mentre non poteva reagire. Non si avvicinò nessuno, la tensione svanì e il respiro divenne più regolare.

    «Sbudellerò il colpevole!» sussurrò feroce.

    Paris aveva visto giusto sul suo unico difetto. «Concentrati su di me, Viola.» La prese per le spalle, stringendola più di quanto intendesse e scuotendola fino a quando gli occhi color cannella si sollevarono a incontrare i suoi. «Dimmi quello che voglio sapere e te ne andrai di qui incolume.»

    Lei si liberò della sua stretta: non era ancora riuscito a intimidirla, dunque. «Come sei impaziente! Ormai dovrei esserci abituata, ma gli uomini che mi cascano addosso sono un tale peso.»

    «Viola!»

    «E va bene. Vediamo cos’hanno risposto i miei adoratori.» Sollevò il cellulare e cominciò a leggere le frasi che apparivano sullo schermo. «Quattrocentoottantacinque voti per: Aiutalo dandogli il mio numero. Duecentosette per: Sei stupida? Scalalo come se fosse una montagna. E centoventitré per: È mio, troia, sgombra.» Tornò a fissarlo e questa volta un sorriso compiaciuto le distese le labbra. «Il popolo ha parlato. Va bene, ti dirò delle anime.»

    L’urgenza superò il sollievo. «Dimmelo. Ora.»

    «Ehi, tu, schifezza demoniaca.» Una voce dura risuonò dietro di lui.

    Uno dei tipi che aveva spinto da parte si decideva ad agire. Paris digrignò i denti e riportò le mani sulle spalle della dea. «Viola, avanti, dimmelo.» Lei gli avrebbe rivelato quel che voleva sapere, così se ne sarebbe potuto andare di là e cominciare davvero le sue ricerche.

    «Giù le mani dalla mia donna!»

    O forse no. La voce dell’uomo grondava aggressività e il bisogno di violenza riaffiorò in fretta in lui.

    Controllati, gli consigliava il buon senso. La vittoria è a portata di mano.

    «Un tuo amico?» indagò.

    «Io non ho amici.» Le dita affusolate di Viola sistemarono dietro un orecchio diverse ciocche di capelli. «Solo ammiratori.»

    «Sto parlando con te, demone.» Ancora l’uomo.

    Il bisogno di scatenarsi diventava sempre più intenso, simile a

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