Talento, vocazione e lavoro: al servizio del bene comune
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Nelle pagine di questo libro si traccerà un percorso utile per fronteggiare tanto scoraggiamento, rimettendo al centro dei percorsi educativi la persona e la sua spiritualità, invitando a far emergere le capacità, le inclinazioni, il carattere dell'individuo, guidandolo sin dai primi anni di vita alla scoperta dei propri talenti e vocazione.
Non si può dare un senso alla propria vita se non si acquista la consapevolezza di chi si è e del cosa si è chiamati a fare nella società.
Solo dalla consapevolezza di se, da una sana autostima, nasce la propositività e si possono gettare le fondamenta per un progetto di vita e lavorativo.
Annarita Quarta nasce a Galatina nel 1970.
Si laurea in Scienze bancarie nel 1995 presso l’Università del Salento a Lecce. Nel 2019 consegue la laurea in Scienze Religiose presso l’ISSR Don Tonino Bello di Lecce.
Dopo aver intrapreso vari percorsi di specializzazione, si dedica all’attività di Orienta-trice percorsi di formazione e lavoro.
È esperta nella realizzazione di progetti e creazione di impresa, ed opera come libera professionista fiscalista e tributarista. Il problema della disoccupazione continua ad essere centrale in un'epoca segnata da profonde trasformazioni, contrassegnata dalla precarietà e dall'insicurezza. Questo clima sta incidendo fortemente sulla vita di milioni di famiglie, preoccupate per il futuro delle nuove generazioni e a motivo delle ristrettezze economiche.
Nelle pagine di questo libro si traccerà un percorso utile per fronteggiare tanto scoraggiamento, rimettendo al centro dei percorsi educativi la persona e la sua spiritualità, invitando a far emergere le capacità, le inclinazioni, il carattere dell'individuo, guidandolo sin dai primi anni di vita alla scoperta dei propri talenti e vocazione.
Non si può dare un senso alla propria vita se non si acquista la consapevolezza di chi si è e del cosa si è chiamati a fare nella società.
Solo dalla consapevolezza di se, da una sana autostima, nasce la propositività e si possono gettare le fondamenta per un progetto di vita e lavorativo.
Annarita Quarta nasce a Galatina nel 1970.
Si laurea in Scienze bancarie nel 1995 presso l’Università del Salento a Lecce. Nel 2019 consegue la laurea in Scienze Religiose presso l’ISSR Don Tonino Bello di Lecce.
Dopo aver intrapreso vari percorsi di specializzazione, si dedica all’attività di Orienta-trice percorsi di formazione e lavoro.
È esperta nella realizzazione di progetti e creazione di impresa, ed opera come libera professionista fiscalista e tributarista.
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Talento, vocazione e lavoro - Annarita Quarta
Annarita Quarta
Talento, vocazione e lavoro
al servizio del bene comune
Pubblicato da
Infinity Books Ltd – Malta
www.infinitybooksmalta.com
Copyright © 2020 Annarita Quarta e Infinity Books
Tutti i diritti riservati
Nessuna parte di quest’opera potrà essere riprodotta in alcun modo, in stampa o digitale, diffusa o trasmessa, senza il consenso scritto dell’editore.
ISBN: 9798572104004
INDICE
INTRODUZIONE . . . . 007
Capitolo 1
LA VALORIZZAZIONE EDUCATIVA DEL TALENTO
La differenza tra passione e talento.013
Il talento tra dono e servizio..016
Educare a scoprire il talento..021
Educare a coltivare il talento..026
Educare a donare il talento..030
Capitolo 2
VOCAZIONE E PROGETTO DI VITA
Educazione e vocazione in prospettiva religiosa033
La vita come risposta ad una chiamata.040
La vocazione tra gioia e servizio..044
Capitolo 3
EDUCARE AL LAVORO, EDUCARE ALLA VITA
Idee e pregiudizi sul lavoro da parte dei giovani051
Il lavoro oltre il salario...060
Dignità umana e lavoro..070
Il tema del lavoro nelle Encicliche Sociali70
La dignità del lavoro e la cultura dello scarto 80
4. Il lavoro come espressione dell’umano . 085
4.1 La fatica di creare, trasformare,
realizzare se stesso . . . 085
4.2 Formazione ed educazione dei giovani
al lavoro . . . . . 087
4.3 Gli strumenti messi a disposizione
dei giovani per l’ingresso nel mondo del lavoro 93
CONCLUSIONI . . . . 099
BIBLIOGRAFIA . . . . 107
INTRODUZIONE
Il problema della disoccupazione continua ad essere centrale in un’epoca segnata da profonde trasformazioni, contrassegnata dalla precarietà e dall’insicurezza. Questo clima sta segnando fortemente la vita di milioni di famiglie che, preoccupate del futuro per le nuove generazioni e dalle ristrettezze economiche, si privano spesso del dono della genitorialità.
Il paradosso è però che, se da una parte, quasi tre milioni di giovani, in Italia, non trovano occupazione, dall’altra ci sono imprese che faticano a trovare lavoratori che occupino posti di lavoro che nessuno vuole fare.
È chiaro che esiste un problema, non solo legato alle politiche sociali e sull’occupazione ma formativo e culturale perché Il lavoro nelle fabbriche, artigianale e della terra è considerato ancora, troppo di frequente, umiliante non rendendosi conto che è invece una risorsa fondamentale per la nostra società.
I giovani sembrano assorbire passivamente il malessere diffuso. I più crescono sfiduciati e disincantati, senza impegno per la costruzione del loro futuro.
Sono giovani non supportati, neanche dai loro genitori che, in molti casi, proiettano sui figli le proprie aspettative non realizzate o che sono troppo occupati nella corsa imposta dai ritmi frenetici del nostro tempo che spesso porta al vuoto.
Non sono giovani incapaci, poco dotati o insensibili ma semplicemente sono una generazione bersagliata da stimoli subliminali ed effimeri, a volte dipendenti da internet e dai social, assorti in relazioni virtuali e che hanno difficoltà a dialogare guardando gli occhi dell’interlocutore, convinti che l’unico obiettivo della vita sia apparire e che l’impegno nello studio, nella formazione abbia poco valore in un mondo in cui pare si sia perso il significato della parola meritocrazia.
Non solo i cervelli
, ma anche chi cerca un normalissimo lavoro sta scappando all’estero alla ricerca del o di un lavoro che consenta di avere un minimo di sicurezza economica o nella migliore delle aspettative potersi realizzare.
Con l’evoluzione moderna del lavoro, non si riesce più ad attribuire alla propria attività altra funzione ed altro senso che non sia guadagnare il necessario per garantirsi la sussistenza nell’immediato.
Da ciò consegue che viene meno la dimensione dell’autorealizzazione e del riconoscimento sociale che deriva dal lavoro stesso.
È più difficile formulare una progettualità. Karl Marx diceva che il «progetto
distingue il lavoro del peggiore architetto umano da quello delle api»[1].
Se non esiste una motivazione di fondo, il lavoro diviene una condanna.
In queste pagine si vuole mettere in evidenza che per fronteggiare tanto scoraggiamento è necessario rimettere al centro dei percorsi educativi la persona e la sua spiritualità.
È necessario far emergere le capacità, le inclinazioni, il carattere di un individuo guidandolo sin dai primi anni di vita alla scoperta dei propri talenti e dalla vocazione.
Non si può dare un senso alla propria vita se non si acquista la consapevolezza del chi si è e del cosa si è chiamati a fare nella società.
Nelle società moderne, l’uomo fa fatica a riconoscersi, perché omologato. Non gli viene riconosciuto il suo valore in quanto individuo, non si rispetta il ruolo ben definito che è chiamato ad avere e la sua unicità.
È dalla consapevolezza di se, da una sana autostima che nasce la propositività e si possono gettare le fondamenta per un progetto di vita e lavorativo.
Il lavoro non è solo il mezzo per soddisfare bisogni, ma un bisogno primario esso stesso: perché l’uomo non è fatto per l’ozio ma per la generazione di senso.
All’inizio del racconto della Genesi Dio viene descritto come colui che lavora
per creare il mondo da affidare all’uomo. Si coglie il senso della fatica ma anche della gioia derivante dal fatto che ogni azione è intenzione e libertà.
Dunque, se l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, anch’egli dovrebbe lavorare con libertà ed intenzionalità e compiacersi della sua opera.
È proprio a partire da ciò che molti pontefici, con alcune encicliche sociali, hanno contribuito allo sviluppo della Dottrina Sociale della